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Autore: Asmodeus    01/07/2020    3 recensioni
Una raccolta di momenti dolci e demenziali su due giraffe innamorate troppo carine, ovvero Martino e Niccolò.
Pillole di vita quotidiana, baci, momenti stupidi e altre piccolezze simili, per provare a strapparvi un sorriso e per celebrare questa splendida coppia.
| Raccolta di brevi one-shot e flashfic partecipante alla challenge "Just stop for a minute and smile" organizzata da Soul_Shine sul forum di EFP.
- I capitoli #12 e #13 partecipano alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
- Il capitolo #17 partecipa al contest "Countdown" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP
Genere: Demenziale, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Martino Rametta, Niccolò Fares
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un piccolo particolare

MERCOLEDÌ
16:52
1 luglio 2020


Roma è un vero e proprio forno a cielo aperto, e Martino ha appena realizzato come deve essere la dura vita di un ghiacciolo: puoi anche essere splendido e buonissimo appena estratto dal freezer, ma tempo due minuti e di te non resta altro che una pozza appiccicosa e forse un po’ puzzolente – almeno stando alle strane teorie olfattive di Niccolò.
L’androne del palazzo offre un po’ di refrigerio con la sua ombra, mentre le chiavi di casa continuano a scivolargli dalle mani sudate e le buste della spesa minacciano di rompersi da un momento all’altro.
Martino si inerpica per le scale, maledicendo il giorno in cui ha deciso di convivere con Niccolò proprio nella vecchia casa di sua nonna – il piccolo particolare che fosse al quarto piano di uno stabile senza ascensore era stato accuratamente taciuto da quel furfante di Fares, così come la simpatia della signora Arnalda del terzo piano.
Tra improperi e scalini, la scalata verso l’agognato interno 4/C sembra più dura che quella per l’Everest, ma è al pianerottolo del terzo piano che lo aspetta la vera sfida.
Martino prega e bestemmia durante la salita, sperando che il bulldog francese dell’Arnalda non sia di guardia davanti alla porta della padrona.
Un’ultima rampa di scale, ed ecco che ovviamente l’orrido cane è lì che lo aspetta.
Martino ha sempre amato i cani, e lui e Niccolò avevano anche carezzato l’idea di prenderne uno, prima di conoscere Paco e l’Arnalda.
Come la padrona, anche il bulldog francese del terzo piano sembra avere particolarmente in antipatia Martino, o meglio le sue caviglie e le sue scarpe: per questo, trovarselo di fronte una volta superato il secondo pianerottolo è un incubo.
Il cane demoniaco, nero come l’attuale umore di Martino, sta però dormendo: il ragazzo se ne accorge dal mancato ringhiare e abbaiare nervoso che accompagna Paco ogni volta che fiuta il suo odore – e che sudato com’è, dev’essere individuabile a chilometri di distanza.
Martino innalza preghiere a tutti i santi dell’universo e si arresta un momento per riprendere fiato, poi ricomincia la scalata verso la salvezza più silenzioso di un ladro.
Paco sembra una gigantesca mosca nera girata di schiena contro la porta del 3/C, e nel silenzio Martino può udire il suo russare sommesso.
Non riesce a vedergli il muso sbavante, ma ciò è solo un bene: più quei denti sono lontani da lui, meglio è – in realtà Paco non lo ha mai morso sul serio, solamente leccato prepotentemente le caviglie, ma meglio non rischiare nemmeno stavolta.
Martino riesce a superare l’ostacolo senza problemi, quatto come un gatto: in poche, ampie e silenziose falcate è già sul terzo ballatoio, a pochi scalini dalla salvezza.
La porta del paradiso, dietro cui si nasconde sia il condizionatore acceso che la salvezza da Paco, è finalmente all’interno del campo visivo del roscio.
Martino non sa se quelle che gli imperlano gli occhi sono lacrime di gioia o litri di sudore della fronte, ma si passa da una mano all’altra le buste della spesa mentre estrae le chiavi di casa, le avvicina alla toppa e…
Un frastuono assordante lo avvolge, mentre una delle buste in plastica riciclabile cede definitivamente e lascia andare a terra tutto il proprio contenuto.
Il mascarpone si fionda fuori dalla busta insieme alle pesche, che si lanciano come enormi pallettoni ovunque per il pianerottolo inseguite dai pacchi di biscotti: ma è il vino che Martino ha comprato apposta per quella serata che crea il disastro più grande.
La bottiglia di Passito impatta con prepotenza sul pavimento, fracassandosi in mille schegge e svegliando ovviamente Paco, che comincia ad abbaiare furioso e spaventato dal piano di sotto.
Martino caccia un urlo disperato, aprendo di scatto la porta e si fionda in casa per posare la busta ancora integra; poi scatta di nuovo all’esterno, cercando di recuperare la spesa sparsa in giro senza ferirsi con i cocci di vetro schizzati ovunque.
«Marti?! Ma che cazzo è successo?» gli urla da dentro Niccolò: lo sente alzarsi di scatto dalla scrivania e avvicinarsi verso di lui, mentre l’abbaiare forsennato di Paco copre solo parzialmente le urla dell’Arnalda, scattata ad aprire la porta anche lei.

 


Martino si lascia cadere sulla sedia della cucina esausto, le mani nei capelli fradici di sudore per il caldo, la salita, Paco e il disastro del pianerottolo.
Niccolò ripone mocio e secchio usati per ripulire il tutto nello sgabuzzino, poi si accuccia davanti a lui.
«Sono un completo disastro!» si lamenta il piccolo, scuotendo la testa e fissandosi le ginocchia: sono bagnate, non sa se di vino, di sudore o entrambi; anche le sue scarpe sono infradiciate, e dovrà lavarle sicuramente o puzzeranno di alcool per tutta l’estate.
«Non dire così, può capitare a tutti!»
Niccolò cerca di consolarlo con uno dei suoi soliti sorrisi ampi e particolari, e gli prende le mani tra le sue stringendole forte.
«Seh, come no!» sbuffa il piccolo. «Almeno gran parte delle cose si sono salvate…» afferma gettando un’occhiata alla spesa ancora sistemata alla bell’e meglio sul tavolo.
«Credi ancora di riuscire a fare la torta? Che poi è meglio se ti aiuto io, Nì…»
Le “doti” culinarie del moro sono famigerate, e per quanto Niccolò voglia preparare almeno la torta per sua madre da solo, Martino non è sicuro che sia una buona idea.
Meglio tenersi buona la suocera, dopotutto, ed evitare che Anna Fares rimanga avvelenata proprio la sera del suo compleanno: non sarebbe una bella impresa da aggiungere al curriculum, dopotutto.
«Eravamo d’accordo che l’avrei preparata da solo, ricordi?» sbuffa divertito Niccolò, strappando un sorriso al suo ragazzo con una smorfia esagerata.
«Comunque, non serve più. Andiamo a cena fuori, quindi niente torta…» continua il moro, con una faccia sempre più scocciata e teatrale.
Niccolò conclude il teatrino riportando lo sguardo su Martino, che è rimasto pietrificato. Lo sta fissando dritto negli occhi, la bocca congelata in una smorfia indecifrabile.
«La farò per te, però!» prova a consolarlo, stringendo le loro mani in un finto gesto di vittoria.
Nessuna reazione: Niccolò comincia ad essere preoccupato. Che sia un colpo di calore in ritardo?
«In…in…in che senso "andiamo a cena fuori"?» riesce infine a balbettare Martino.
«Ma sì, mamma ha deciso che è meglio così. Le ho detto che avresti cucinato tu per tranquillizzarla, ma ha insistito per cenare fuori…» comincia a spiegare brevemente.
«E quando lo ha deciso, scusa?»
Martino ha la bocca spalancata: che si sia offeso per colpa di sua madre?
«Domenica. Ma guarda che non pensa che cucini male eh, penso volesse solo evitarci una faticaccia e…»
Niccolò non riesce a concludere la frase, perché Martino è diventato paonazzo.
«Domenica» dichiara asciutto. «Te lo ha detto domenica, e me lo dici solo adesso
Niccolò osserva preoccupato il proprio ragazzo: la sua faccia è diventata come i suoi capelli.
«Scusami, mi sono dimenticato, io…» prova a difendersi.
«Nì? Quanto hai studiato oggi?» cambia improvvisamente discorso. Sembra si stia trattenendo dall’urlare.
«Lo hai visto Marti! Da stamattina a quando hai urlato, poco fa! Perché?»
«Perché me so’ fatto mezza Roma pe’ il vino e la roba per la torta de tu madre, e il cane quasi me magnava prima, solo perché te dovevi studia’, ecco perché. Controllavo l’avessi fatto pe’ davvero».
Martino ha alzato un po’ il tono, ma non sembra più arrabbiato come prima. Era poi rabbia quella? si chiede Niccolò a quel punto, in silenzio.
Il viso del piccolo si distende e pian piano torna a un colorito normale, mentre gli prende la testa tra le mani e la avvicina alla sua. Martino gli dà una leggera capocciata, continuando a fissarlo, poi lo tira un po’ più a sé.
«Nì. Baciami». Il tono è quello di un ordine, e Niccolò obbedisce, ancora interdetto.
Le labbra di Martino sono sudate come tutto il resto di lui, e quello più che un bacio è una schermaglia rabbiosa; ma quando si separano, è tutto tornato nella norma.
Martino ha imparato a portare pazienza; e poi sotto esami, chi non sbaglia? Lui ora è libero, ma Niccolò ha tutta la sessione estiva davanti.
«La prossima volta, vedi di ricordarti questi piccoli particolari» gli mormora sulle labbra. «Vorrei evitare di lasciarti vedovo per colpa di Paco».
Martino scoppia a ridere, e quel sorriso continua ad essere la cosa più bella del mondo.
Niccolò vorrebbe comunque farsi perdonare, dunque abbozza: «Una torta è abbastanza come scusa?»
Lo guarda con quegli occhi da cerbiatto innocente che condividono entrambi.
«Mmh, credo di no» ammette il più piccolo tornando serio e severo.
Poi gli sorride malizioso.
«Però… ora devo proprio farmi una doccia. So’ zuppo di vino e sudore. Una mano mi farebbe comodo, sai?»
Niccolò non se lo fa ripetere due volte.
Dopotutto, ci sono modi ben peggiori per farsi perdonare.



[1463 w.]

🦒💙🦒

[Prompt 8. "E me lo dici solo adesso?"]

Buonasera a tutti con questa quinta clip!

Lo so, sto giro sono stato abbastanza cattivo con Martino: povero cucciolo, non si meritava tutte queste sfighe in effetti! ^^"" Ma cercavo un pretesto per introdurre il nuovo personaggio di Paco e la rottura delle borse della spesa (di cui ormai sono un campione indiscusso - purtroppo) mi sembrava capitare a fagiolo! Per farmi perdonare, manderò una bella torta gelato a Martino, sperando che basti visto che non posso usare il metodo di Niccolò purtroppo.

Ma veniamo al nuovo arrivato, Paco, che in realtà esiste davvero: non è un bulldog francese nero ma uno splendido e simpaticissimo carlino color panna, ed è stato mio vicino di casa durante il mio Erasmus in Spagna. La padrona è una cara amica, e da lei ho preso spunto per la signora Arnalda: certo, il rapporto di questi vicini con Martino è tutto fuorché idilliaco, ma conto di farli diventare amici col tempo. Sono giorni che ripenso a loro in queste giornate afose che mi ricordano l'Andalusia, e dovevo per forza inserirli in queste storie - manderò una torta di scuse anche a loro per farmi perdonare per averli resi degli "antagonisti" per il momento ahahah

Ora la smetto con tutti questi deliri, vi auguro una buona notte rinfrescante e alla prossima clip!

   
 
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