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Autore: Tenue    02/07/2020    1 recensioni
[Taekook] [AU]
Taehyung si ritrova in cura in una clinica psichiatrica a causa della sua eccessiva empatia, che lo porta ad immedesimarsi fin troppo in ogni persona gli stia accanto, specie nei momenti peggiori. Proprio per questa sua caratteristica che non riesce a controllare, cerca di stare il più solo possibile e soprattutto chiede esplicitamente di non avere compagni di stanza. Tuttavia un giorno si ritrova in camera un ragazzo che non riesce a parlare a causa di qualcosa che lo blocca e i medici vogliono che sia proprio Taehyung, vista la sua bravura nel comprendere le persone, ad aiutarli a capire cosa c'è che non va.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Se c’era una cosa che Yoongi era riuscito a capire negli ultimi due giorni, era che aveva molto meno controllo di sé stesso di quanto avrebbe potuto pensare. Se prima gli avessero chiesto “Cosa succederebbe se ti chiudessero due giorni in una stanza bianca, con solo un letto e il bagno, tre pasti al giorno e nessuna interazione con le persone?” lui avrebbe risposto che probabilmente avrebbe confidato nella sua immaginazione, avrebbe riposato, pensato a qualche nuova canzone da scrivere, inventato una storia o si sarebbe fatto qualche film mentale pensando ai personaggi della sua serie tv preferita, che di solito gli concedevano di guardare il martedì sera in saletta. Era come se avesse sempre creduto di avere un piano di emergenza in caso di necessità, per non cadere nella disperazione, come se avesse voluto dire “toglietemi tutto, datemi anche solo quattro mura bianche e la mia mente basterà a riempire il vuoto” eppure si era dovuto ricredere.
La sua parte creativa si era spenta durante quelle quarantotto ore, e allora gli erano rimasti davvero quattro mura, il letto e il bagno. Di sicuro sarebbe andato nel panico più totale se dopo sette ore dall’inizio dell’isolamento non si fosse accorto che la texture delle piastrelle del pavimento non era uniforme ma aveva striature di grigio più chiare e più scure. Quando l’inserviente gli aveva portato la colazione il secondo giorno lo aveva trovato per terra a tracciare figure immaginarie col dito sulle piastrelle con sguardo molto concentrato. Gli avevano aperto la porta alle cinque del pomeriggio del giorno seguente, lo avevano fatto uscire e camminare lungo il corridoio con le altre stanze blindate e quasi si sorprese di sentirsi ancora più a disagio di quando era entrato. Non sentiva sollievo dal fatto che tutto quello fosse finito, ma al contrario non riusciva a smettere di chiedersi, se non aveva controllo su sé stesso come poteva pensare di averlo su tutto il resto.
Proprio mentre stava per lasciare il reparto di isolamento captò appena una conversazione tra due medici riguardo ad un ragazzo arrivato la mattina del giorno in cui era finito in isolamento. Si voltò e il suo sguardo si incrociò con quello di un ragazzo, un paziente come lui, trattenuto da due infermieri, una lunga cicatrice sulla guancia e il corpo tremante di collera, ma furono i suoi occhi a scatenargli un brivido lungo la colonna vertebrale. Yoongi lo aveva già visto. 
Il ragazzo si accorse di lui e il suo corpo scattò in sua direzione, ma Yoongi era già stato portato fuori e le urla del ragazzo erano diventate presto indistinguibili. Yoongi si sentì confuso per tutto il tragitto fino alla sua camera e cominciò a pulsargli la testa; gli occhi di quel ragazzo avevano scatenato qualcosa dentro di lui. In un lampo, sono per una frazione di secondo, aveva rivisto quella scena, che da quasi un anno non riusciva a ricordare, ma era sparita dalla sua mente prima che potesse registrarla. Era tornata a nascondersi da qualche parte nel suo inconscio, ma ora sapeva che c’era. 



Era passata quasi un’ora da quando Namjoon aveva riaccompagnato Jungkook nei dormitori a metà dell’ora di terapia occupazionale. Per qualche motivo Jungkook si rifiutava di entrare in camera sua, perciò Namjoon si offrì di farlo stare nella sua stanza per un po’, finché non si fosse tranquillizzato.  
Namjoon incrociò le braccia al petto e osservò la figura minuta del ragazzo seduto sul suo letto che non riusciva a stare fermo. Jungkook era ricurvo su sé stesso, con respiro pesante e gli occhi fissi nel vuoto, eppure non riusciva a tenere ferme le mani. Le sue dita continuavano senza sosta a tracciare linee invisibili contro alle sue cosce e Namjoon osservandole notò che ripeteva uno schema preciso. I movimenti si fermarono nell’istante in cui anche il respiro tornò normale.  Namjoon aspettava un qualsiasi segno che gli facesse capire che il compagno stesse effettivamente bene, ma sapeva di non essere bravo come Taehyung a capirlo, in fondo Jungkook non si sforzava nemmeno di farsi capire e Namjoon alla fine si era detto che se quel ragazzino se ne stava zitto e fermo non poteva farci molto. Si avvicinò alla sua scrivania e prese il quaderno che usava per le lezioni di matematica e una penna, porgendoglieli, ma Jungkook non sembrò nemmeno vederli e dunque glieli poggiò accanto, sul letto.
-Quando sei pronto- cominciò Namjoon -voglio che mi spieghi cos’è successo.-
Jungkook fece un lieve gesto del capo, per far capire di aver sentito, ma persino quel movimento sembrava essergli costato fatica. In quel momento si sentiva così estraniato dalla realtà che gli era difficile concentrarsi, ma era cosciente del fatto che Namjoon lo aveva appena calmato e accolto in camera sua, e che probabilmente si aspettava delle risposte. 
-Sicuro che non vuoi che chiami Tae?-
Jungkook annuì, questa volta con più convinzione. 
Gli serviva solo qualche altro minuto per capire cosa fare. Avrebbe dovuto spiegare tutto, niente, oppure solo una parte? A Namjoon poteva dire cos’era successo nella serra con Tae? Probabilmente sì, concordò con sé stesso almeno su quello; ma avrebbe dovuto spiegargli anche tutto il resto, dall’inizio?
Una parte di lui lo desiderava, voleva disperatamente disfarsi del suo problema, dirlo a qualcuno e farsi aiutare, mentre un’altra parte aveva paura di rivelare un segreto e di non poter poi tornare indietro. Ci poteva pensare.
Un’ultima domanda che si poneva era se lo poteva parlare anziché scrivere, ma la risposta era già chiara dentro di sé. Aveva sperato fino all’ultimo che Tae lo avesse liberato dal divieto di parlare impresso della sua testa ma era concio che certe cose non sparissero con tanta facilità.
Prese il quaderno e cominciò a scrivere, bloccandosi però dopo un paio di parole. Le sue labbra di aprirono di poco e si richiusero subito dopo.
Sentì un’improvvisa frustrazione e quasi gli venne da piangere, perciò Namjoon si inginocchiò accanto a lui -So che è fastidioso, ma ho bisogno di saperlo.-
Da quelle parole Jungkook intuì che si sentiva in colpa per aver lasciato Tae da solo nella serra dopo quello che gli aveva detto, tuttavia non ce l’aveva con lui. Aveva studiato Namjoon abbastanza da sapere che non avrebbe mai voluto fare volontariamente del male a Tae; era probabile che fosse semplicemente arrivato al limite.
Voleva davvero confortarlo, quindi riprese a scrivere.


Tae non riusciva a fermarsi. Quasi non riusciva a respirare ma non poteva smettere di muovere le gambe, non finché non fosse riuscito a trovare Jungkook. Appena messo piede nel padiglione centrale, aveva controllato l’infermeria, ma era deserta e provare a controllare gli altri edifici sembrava davvero una cattiva idea. Gli era bastato l’urlo di Seokjin quando si era precipitato nel cortile appena finita l’ora di terapia occupazionale a fargli passare la voglia di fare qualcosa di avventato senza pensarci. 
Tae aveva passato molto tempo in quell’istituto, eppure non era raro che dimenticasse di non avere completa libertà lì dentro e che nonostante fosse uno dei casi meno gravi, allontanarsi all’improvviso dagli infermieri comportava qualche problema gran parte delle volte. C’era uno spazio ristretto dove gli era concesso gironzolare dove volesse per la maggior parte del tempo, e comprendeva i piani dei dormitori, la sala comune, l’infermeria e tutta la parte che arrivava fino alla mensa e alla biblioteca. 
Corse su per le scale fino al corridoio di dormitori, ma trovò la sua stanza vuota e silenziosa, perciò pensò di controllare quella di Namjoon. Cercò di calmarsi e camminò fino alla stanza del compagno, esitando e abbassando la testa non appena passò davanti alla camera di Yoongi. Camminando spedito con lo sguardo basso quasi non si accorse di una porta che si apriva di colpo.
-Ah, Tae.-
Taehyung deglutì guardando la figura di Namjoon uscire dalla sua stanza -Hey…-
Namjoon chiuse la porta dietro di sé. Passarono alcuni secondi prima che riuscisse ad alzare lo sguardo -È qui.- disse, davanti all’evidente preoccupazione di Tae -E sta bene. Sta dormendo adesso.-
Tae espirò e chiuse gli occhi -Okay…- mormorò, sentendo la tensione lasciare il suo corpo -Okay.-
-E credo… - aggiunse incerto Namjoon -che quando si sveglierà la prima persona che vorrà vedere sarai tu.-
Tae annuì piano e i due rimasero in silenzio per un po’, ancora incapaci di guardarsi negli occhi.
Namjoon si fece coraggio e inspirò rumorosamente spostando lo sguardo sull’amico.
-Tae ascoltami, Jungkook ha un… problema.-
-Questo lo so.-
Namjoon si morse il labbro -Non ti sei mai accorto di… sai, strani atteggiamenti o… gesti particolari.-
Tae ci pensò su -Bhe sì, ma non vedo dove vuoi arrivare.-
-Senti, lui…- Namjoon non poté finire la frase che il ragazzo in questione comparve alle sue spalle, una mano a stropicciarsi un occhio e la postura instabile. Namjoon gli toccò delicatamente la schiena e sostenendolo lo portò avanti. Il viso di Jungkook si distese non appena vide Tae. Fece un unico lieve sorriso e lasciò che i suoi occhi parlassero per lui. Tae non sapeva cosa aspettarsi da Jungkook dopo quello che era successo nella serra. Odio, rabbia, tristezza, ma sinceramente non immaginava di percepire che Jungkook fosse sollevato di vederlo. Gli occhi di Jungkook trasmettevano semplicemente questo, sollievo, e Taehyung non poteva che esserne grato. 
Jungkook gli porse un foglio di carta senza esitazioni e Tae lesse la domanda “possiamo parlare?”.
Namjoon incrociò le braccia al petto, e senza dire nulla rientrò in camera, non prima di aver lanciato a Jungkook e Tae uno sguardo preoccupato.
Tae gli fece un lieve sorriso e poi guardò Jungkook -C’è un posto qui dove nessuno può sentire nulla.-

Tae conosceva un'unica finestra senza inferiate e si trovava nel bagno vicino infermeria, al quarto piano. Il vetro opaco della finestra non lo dava a vedere, ma una volta aperta Tae poté sporgersi, trovandosi proprio sopra ad una scala antiincendio che scendeva nel cortile interno. Superando il davanzale, Tae saltò sul ripiano in ferro della scala, voltandosi verso Jungkook. -Vieni.- disse, allungando una mano. Jungkook la prese e scavalcò la finestra. Si trovarono in piedi l’uno di fronte all’altro, abbastanza vicini da poter sentire i respiri reciproci farsi più pesanti.
-Jungkook…- Tae respirò a fondo -Puoi parlare di nuovo, per favore?-
Jungkook rimase fermo per un po’ poi scosse la testa. Si limitò ad avvicinarsi e Tae si ritrovò senza accorgersene con la schiena contro al corrimano in ferro.
-Jungkook per favore.- mormorò Tae -dimmi cosa c’è che non va. Posso aiutarti, davvero. Voglio solo che tu stia bene.- 
Jungkook notò gli occhi di Tae inumidirsi appena e portò le mani ad afferrargli delicatamente le spalle.
Tae inspirò e lasciò che si avvicinasse al suo viso e che poggiasse piano le labbra all’angolo della sua bocca. Tae gli prese il viso tra le mani, approfondendo il bacio e smettendo di chiedere.
Si baciarono per minuti interi, incapaci di smettere. L’aria si stava facendo fredda, il cielo era completamente coperto e non mancava molto prima che iniziasse a piovere, ma la sensazione del freddo che percepivano sulle loro braccia e sui loro visi non faceva altro che rafforzare il bisogno dei due ragazzi di starsi vicino, di stringersi l’un l’altro. Jungkook aveva sempre sofferto il freddo, ma in quel momento le mani di Tae che gli carezzavano dolcemente le guance mentre lo baciava bastavano a fargli sentire calore dentro di sé, e pensò che anche se si fosse scatenata una bufera lui sarebbe potuto rimanere così e sentirsi protetto. Tae si staccò piano e Jungkook poggiò la testa contro al suo petto, chiudendo gli occhi. Per alcuni istanti non sentì nulla; non provava ansia o paura per nulla, sensazioni che invece erano solite accompagnarlo costantemente. In quel momento si sentiva calmo, il battito cardiaco di Tae era l’unica cosa che percepiva, fino a che non sentì la sua mano sfiorargli il labbro inferiore. Jungkook l’afferrò delicatamente e ne baciò piano le dita, mentre le gocce di pioggia cominciavano a cadere. 
Il vento sibilò tra le fronde degli alberi del cortile e Tae chiuse gli occhi. Quel rumore, solo per un istante, gli aveva fatto tornare alla mentre il suo nome pronunciato da Jungkook. 
-Ha iniziato a piovere.- mormorò -Torniamo dentro.- 



Tecnicamente Jungkook era l’unico ragazzo del loro reparto a non avere l’obbligo di frequentare l’ora di terapia di gruppo. Era stato effettivamente smistato in uno dei gruppi, perché Park pensava che magari ascoltando le esperienze dei suoi compagni si sarebbe potuto aprire, ma sosteneva comunque che finché non avesse almeno iniziato a dire qualche parola e avesse parlato anche lui davanti agli altri non avrebbe avuto molti risultati. Nonostante il consiglio infatti, Jungkook l’aveva sempre saltata, anche perché l’unico compagno che conosceva nel suo gruppo era Yoongi, perciò preferiva evitare e passare il tempo con Tae, e Namjoon in alcuni casi. Non l’aveva mai frequentata almeno fino a quel momento.
Non sapeva esattamente il perché si ritrovasse su quella sedia di plastica al centro della sala mensa ad ascoltare Yoongi parlare ad altri dieci ragazzi della causa del suo disturbo paranoide, che secondo Jungkook si stava palesemente inventando, e di come in quei mesi lo stesse superando. Non riusciva a capire come mai la dottoressa che dirigeva la seduta non dicesse nulla riguardo al fatto che Yoongi stesse mentendo spudoratamente di fronte a tutti. La paranoia era tecnicamente il motivo del suo ricovero, anche se Jungkook aveva potuto notare altri tratti più inquietanti della sua personalità. Oltre a dei violenti sbalzi d’umore e cambiamenti vertiginosi di atteggiamento nei confronti delle persone, Yoongi sembrava ossessionato da lui e di questo secondo ne era accorto. Jungkook aveva notato che Yoongi era alla ricerca disperata di una risposta, ma non come potevano esserlo Tae, Park o i suoi genitori. Yoongi voleva scoprire il suo segreto ma sembrava, al tempo stesso, celarne un altro.


L’ora di terapia di gruppo finì prima del previsto, ma mentre tutti i ragazzi sembravano diretti verso la sala comune o il dormitorio, Jungkook appariva perso; si guardava intorno e accennava a qualche timido passo senza però incamminarsi da nessuna parte. Yoongi si avvicinò a lui cautamente, temendo di spaventarlo e gli parlò con il tono più amichevole che riuscisse a trovare -Ti va… di venire in saletta?-
Jungkook alzò lo sguardo sorpreso ma non diede alcun segno di risposta, perciò Yoongi alzò gli occhi al cielo -Mi piacerebbe avere un po’ di compagnia dopo… sai, l’isolamento.-
A quelle parole Jungkook sollevò leggermente il mento e guardò Yoongi con un accenno di diffidenza, per poi alzare le spalle e incamminarsi con il ragazzo al suo fianco. -Ho sentito dire che tu e Tae andate di nuovo d’accordo.- commentò Yoongi, aspettandosi nient’altro che il silenzio da parte di Jungkook.
Yoongi sorrise, determinato comunque a farlo parlare. Jungkook si lasciò trascinare fino alla saletta senza obiezioni, fino a quando le domande di Yoongi non diventarono troppo insistenti.
Jungkook si spazientì e afferrò la prima penna che trovò sul tavolo portandola al braccio sinistro. Scrisse spazientito poche parole sulla propria pelle e le mostrò a Yoongi. Al suo atteggiamento, l’infermiere Hoseok si sporse leggermente dal suo sportello per assicurarsi che fosse tutto a posto.
Yoongi, rimanendo impassibile, si avvicinò a Jungkook leggendo ad alta voce la sua domanda -Perché sei tanto ossessionato dal fatto che non parlo?-
Yoongi sorrise e si strinse nelle spalle -Mmh… non è esattamente il tuo mutismo ad interessarmi.- e Jungkook aprì le braccia volendo sapere cosa volesse da lui allora. 
Si rese conto di sentirsi molto meno intimorito da Yoongi del solito, e non riusciva a capire da dove stesse prendendo tutta quella sicurezza, ma non ci pensò troppo a lungo, preferendo invece approfittarne.
-Quella sera… devi dirmi cosa hai visto.- 
Jungkook rimase immobile per qualche secondo, confuso. Poi realizzò a cosa si stesse riferendo ed impallidì. Non capiva come potesse sapere una cosa simile. Certo era a conoscenza del fatto che Yoongi avesse frequentato la sua stessa scuola e che tutti i loro compagni sapessero che una sera di dicembre fosse successo qualcosa di strano. Bene o male quasi tutti sapevano che dopo quella sera Jungkook aveva iniziato a parlare sempre meno, fino ad ammutolirsi completamente nove mesi dopo; così come si sapeva che un altro compagno presente quella sera non si era mai più visto e che Yoongi era stato ricoverato poche settimane dopo. Fino a quel momento Jungkook non aveva mai collegato l’improvvisa crisi di Yoongi nel corridoio della scuola all’accaduto di quella sera. Si sforzò di ricordare chi fosse stato presente ma non riusciva a identificare i volti di tutti i ragazzi presenti. Le parole di Yoongi però lo inquietavano, “cosa hai visto?”.
-Puoi anche scriverlo sul mio braccio per quanto mi riguarda, non m’importa, voglio solo risposte.- 
Jungkook scansò il braccio dell’altro e Hoseok si alzò in piedi -Cosa sta succedendo lì?- 
-Niente.- Fece Yoongi restando immobile, con gli occhi puntati sull’altro ragazzo -Jungkook, ho provato a fartelo venire fuori le buone, lo giuro. All’inizio avevo avuto l’idea di isolarti da tutti, in modo da poter essere l’unico rimasto a starti vicino, per farmi confidare tutto. Poi però ho realizzato che anche se fossi stata ultima persona sulla terra questo non sarebbe bastato a farti aprire con me. E bhe… l’unico che aveva una possibilità era Tae, perciò ho rinunciato al mio cercare di mettertelo contro e ho cominciato invece a favorire la vostra amicizia.- 
Jungkook non si muoveva e a malapena respirava mentre Yoongi parlava. Lui d’altra parte aveva rinunciato alla sua segretezza e stava deliberatamente scoprendo le sue carte, come se non potesse trattenersi dal suo mostrare compiaciuto il suo piano -Ad ogni modo…Tae non è riuscito a sapere niente… Certo, anche se è vero che hai parlato,- Jungkook si irrigidì a quelle parole e Yoongi continuò -ma nonostante questo non ha scoperto il perché. Che incompetente. A me non interessa se riprendi a parlare.-
Jungkook serrò le labbra ma ne uscì un debole mugugno. 
-Io voglio sapere il perché, devo sapere cosa hai visto, lo devo sapere, devi dirmelo, cazzo!- Yoongi alzò la voce e Jungkook strinse la penna tra le sue dita. -Yoongi!- Hoseok gli diede un ultimo avvertimento .
-Jungkook, devi dirmi cosa hai visto! Me lo devi dire, hai capito?- 
Una singola goccia scarlatta tracciò il profilo del labbro che Jungkook che si stava mordendo a sangue. 
-Parla Jungkook!-
-Vaffanculo Yoongi!- gridò Jungkook all’improvviso. 
La saletta calò nel silenzio e persino Hoseok, che fino a poco prima si stava avvicinando ai due, si bloccò.
Jungkook prendeva lunghi respiri, mentre la sua espressione di rabbia lasciava spazio alla realizzazione e alla paura. Arretrò di colpo, appiattendosi contro un armadietto.
Era successo di nuovo, pensava. Premendosi una mano sulla bocca, fino a farsi male, pensava di nuovo di poter in qualche modo sistemare l’errore commesso.
-Jungkook.- 
Alzò lo sguardo e incrociò l’espressione insicura e spaesata di Yoongi. -Non so che cosa ho fatto, Jungkook.- gli disse prendendosi la testa fra le mani. In una frazione di secondo l’espressione di Yoongi era passata dalla più ferma sicurezza al terrore.
Il respiro di Jungkook si calmava piano, e con la coda dell’occhio vedeva l’infermiere controllarlo, stando pronto ad intervenire nel caso in cui servisse. Jungkook si rese conto di avere ancora una potenziale arma in mano e lasciò cadere la penna.
-Jungkook, perché non vieni con me adesso?- si avvicinò con cautela Hoseok ma il ragazzo si ritrasse. 
-Non è successo niente, Hoseok, davvero.-  parlò Yoongi
-Voglio solo portare Jungkook in camera.- L’infermiere allungò una mano verso la schiena di Jungkook ma lui si scostò di poco. Si sentiva arrabbiato, era certo che se non fosse stato per il cambiamento nell’atteggiamento di Yoongi gli sarebbe saltato addosso. Il fatto era che in quel momento Yoongi gli faceva quasi pena con quell’espressione spaventata in viso. Chiuse gli occhi ed espirò pesantemente -È fatta ormai.- disse con rassegnazione. Yoongi alzò lo sguardo sconcertato e Hoseok sembrava in seria difficoltà.
-Mi ha sentito.- aggiunse, con il viso rivolto verso l’alto. Quando i suoi occhi puntarono quelli di Yoongi, lui si sentì a disagio -Devi aspettarmi qui. Devo fare una cosa. Poi torno.- disse lentamente, come a voler far riabituare la lingua alle parole. Era strano parlare di nuovo, la sua voce suonava strana alle sue orecchie e non era sicuro di riuscire ad articolare frasi più complesse senza balbettare. Abbassò lo sguardo e uscì dalla saletta. 
Gli altri ragazzi erano ancora immobili a fissare Yoongi e Hoseok; tra di loro una ragazza aveva ancora la mano alzata a mezz’aria con le sue pillole tra le dita, senza averle ancora messe in bocca. Il tempo sembrava essersi bloccato, almeno secondo quello che percepiva Yoongi.
Si calmò solo qualche minuto dopo e andò a sedersi su uno dei divani, ricordandosi di dover aspettare Jungkook che gli aveva detto di rimanere lì. Hoseok rimase al suo fianco per controllarlo, ma a Yoongi non dispiaceva. Si guardava attorno, come a voler conoscere tutto quello che succedeva all’interno di quella stanza, e si soffermò in particolare sulle piccole che la ragazza sul divano di fronte ancora non aveva messo in bocca. 
-Hoseok.- lo chiamò Yoongi -Cos’è quella roba che ha in mano? È nuova.-
L’infermiere spostò l’attenzione sulle pastiglie rosa che gli stava indicando.
-Si, sono dei nuovi psicofarmaci- rispose -o almeno, qui sono nuovi ma sono in commercio da poco più di un anno. Perché?-
-Sono delle pillole fottutamente grandi. E sono sicuro di averle già viste.-
-Yoongi sai che non è con me che devi discutere dei tuoi farmaci. E non aspettarti che Park te ne prescriva altri così facilmente, lo sai come funziona con te.- disse stancamente, dirigendosi verso lo sportello dell’infermeria per chiamare il dottor Park e riferirgli l’accaduto.
-No, no, non è quello ad interessarmi, io li ho già visti.-
-Te lo ripeto, non mi interessa se li hai già presi o se prima di venire qui eri uno di quei ragazzini che li spacciano come fosse droga. Tu ora non prenderai nulla di diverso da quello che prendi ora.-
-Aspetta cosa?- Yoongi spalancò gli occhi -Come fosse droga?-
Hoseok sospirò senza guardarlo, alzando la cornetta del telefono e cominciando a digitare il numero -Torna in camera Yoongi, non ti sbatto in isolamento solo perché ne sei appena uscito, ma datti una calmata se non vuoi direttamente cambiare reparto.-
-Jungkook mi ha detto di aspettarlo qui.- disse fermamente. 
Hoseok si fermò senza aver finito di digitare e guardò il ragazzo -No, anche Jungkook resterà in camera sua adesso.-
Premette l’ultimo tasto e dopo un paio di squilli al telefono rispose il medico. Dopo avergli riferito cos’era successo, Hoseok si appuntò su un foglio gli orari delle visite che Park intendeva fare a Jungkook, Yoongi e Tae. 
-Chiama Seokjin, non farli uscire dalle camere, arrivo tra dieci minuti in studio.- riferì Park prima di chiudere la chiamata.
Hoseok mise giù il telefono, intento a dirigersi verso i dormitori per assicurarsi che i ragazzi fossero nelle rispettive stanze. Fu sorpreso di non trovare ancora Yoongi nella saletta e si compiacque al pensiero che lo avesse ascoltato.
Ma ad ogni modo dovette ricredersi quando arrivò ai dormitori e trovò la sua camera, insieme a quella di Tae e Jungkook e quella di Namjoon, completamente deserte.



  
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