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Autore: Stillintoyou    03/07/2020    0 recensioni
{Fourquel di "Benvenuta nella radura"}
‹‹ Elicottero. C'è un elicottero in avvicinamento. ›› disse.
Non sapevo come caspio facesse a saperlo, ma provai ad ipotizzare che fosse per via della sua esperienza militare, o qualcosa del genere.
‹‹ È una cosa positiva o negativa? ››
‹‹ Positiva, forse. Se è quello che penso io, ovviamente ›› inclinò la testa, ma non aveva un'aria molto convinta ‹‹ l'Hae ››
‹‹ E sarebbe? ››
‹‹ L'associazione a cui il governo Coreano affidò il compito di testare quella medicina di cui vi ho parlato prima ››
‹‹ Praticamente la C.A.T.T.I.V.O. coreana ›› disse Newt, toccandosi il labbro inferiore in modo nervoso. Non gli faceva piacere l'idea di avere a che fare con un'altra associazione simile, e non faceva piacere nemmeno a me.
‹‹ Più simili all'Eden. A differenza della C.A.T.T.I.V.O., mandano degli elicotteri a controllare le zone come questa per vedere se ci sono sopravvissuti o intrusi almeno una volta alla settimana. E cosa non meno importante: non vedono di buon occhio la C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ Cosa significa Hae? È un nome? ››
‹‹ Significa sole ››
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa, Thomas
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati giorni e giorni da quando eravamo partiti per Seul.

Non ne avevo tenuto conto, e non volevo nemmeno farlo.

Temevo che se l'avessi fatto, tutta quella calma sarebbe scemata, rivelandosi essere solo un sogno e niente di più.

L'unica cosa che sapevo, era che Jorge aveva fatto un giro molto più lungo del dovuto.

Mi sembrava di vivere in un mondo parallelo, dove al momento l'unica cosa che importava davvero, era riuscire a mantenere dei rapporti stabili con i propri compagni di viaggio.

Era buffo, ora che eravamo tutti insieme e relativamente lontani dai pericolosi radar della C.A.T.T.I.V.O. – o ciò che ne rimaneva – sembrava che la tanto amata e cercata libertà non ci desse poi tutta quella scarica di adrenalina che ci dava la sua ricerca.

Anche se ora eravamo liberi, non ci davamo comunque pace. Non per tutto il giorno almeno, l'unico momento di tranquillità, era quando poggiavamo la testa sul letto per dormire.

O almeno, questo valeva per noi “giovani”, ma non per Jorge.

Lui guidava tutto il tempo, e sembrava non volersi prendere una pausa nemmeno di cinque minuti.

Gli unici momenti in cui si staccava dalla guida del mezzo, era per andare in bagno.

Dormire? No, mai, era diventato caffè dipendente, e mi chiedevo se a lui stesse veramente bene così.

Non voleva nessuno di noi in cabina, eccetto Huan, che ci stava impiegando più tempo del dovuto a decriptare i file scaricati da Nathan.

Non voleva distrazioni, ma solo guidare, così da raggiungere Seul il prima possibile.

Huan non era un peso, e non lo distraeva. Anzi, era perennemente attaccato al computer, e gli faceva praticamente da navigatore. Gli indicava le zone sicure, quelle dove non c'erano radar o il rischio di incombere in qualche zona pericolosa. La prudenza non era mai troppa.

Ma Huan non era l'unico che lavorava.

Come ho detto prima, nessuno di noi si dava pace.

Newt, per esempio, era ancora sul piede di guerra, e passava gran parte del tempo seduto al tavolino assieme a Thomas, Teresa e me, in cerca di progettare una creatura ben più temibile dei dolenti, o di qualsiasi altro essere mai stato creato in quell'inferno in terra.

Minho, invece, da quando eravamo partiti in cerca di Evangeline, sembrò essersi totalmente spento.

Come se qualcuno avesse premuto in bottone... mai, prima d'ora, avrei pensato che potesse esistere un modo per spegnere la fiamma di iper attività del mio migliore amico.

Sebbene per la maggior parte del tempo era silenzioso, tanto da non accorgerci della sua presenza in stanza, c'erano alcuni momenti in cui diventava suscettibile, e rispondeva male alla domanda anche più innocua.

Rimaneva seduto per la maggior parte del tempo, il che, per uno come Minho, era un'assurdità.

Era entrato in una sorta di stato ansioso, scattava ad ogni singola scossa della berga, ma cercava di fare finta di nulla.

Anche se non lo voleva ammettere, nonostante Minho fosse generalmente la persona più strafottente dell'opinione altrui e non temesse praticamente nulla, ora temeva l'abbandono.

C'eravamo resi conto che faceva di tutto per non rimanere solo, e noi cercavamo in tutti modi di stargli accanto, di tirarlo in ballo nei nostri progetti, di coinvolgerlo in qualche modo.

Ci faceva male vederlo così spento e sapere di poter fare veramente poco per lui.

Probabilmente, il fatto di vedere i propri migliori amici vivere le proprie relazioni in una maniera piuttosto tranquilla, non faceva altro che fargli sentire il vuoto lasciato dalla solitudine.

Quando scendeva la quiete, quell'attimo prima di addormentarci e mettere a riposo la mente, Newt e Thomas osservavano silenziosamente il comportamento di Minho, senza però farglielo notare o pesare. A quanto diceva Thomas, Minho passava ore ed ore a fissare un punto indefinito della berga, prima di addormentarsi. E questo, di certo, non giovava alla sua salute.

Newt non osava ipotizzare nulla, ma ogni volta che entravamo nel discorso, si mordeva nervosamente il labbro inferiore, rivolgendo all'amico uno sguardo preoccupato.

Anche senza che dicesse nulla, avevo capito che sospettava che Minho avesse contratto l'eruzione.

Quella possibilità mi faceva venire la pelle d'oca.

Per quanto quei comportamenti un po' lunatici in effetti dessero parecchio da pensare, noi sapevamo che non poteva succedere. Minho era immune, e lo sapevamo per certo.

Eppure, qualcosa in lui non andava.

 

Fu un brusio fastidioso a svegliarmi. Insolito, come se qualcuno stesse graffiando la superficie della berga con delle unghie appuntite.

Era tutto buio, eccetto per una piccola luce posizionata in fondo alla stanza, nell'angolino, così da non infastidire nessuno.

Ero già pronta ad accusare Thomas per quel suono fastidioso, ma ragionandoci bene, non poteva essere lui: era un suono esterno.

Il braccio di Newt era saldamente legato attorno alla mia vita, il suo respiro mi sfiorava il collo in modo delicato.

Eppure, qualcosa non andava. Per quanto il mio sonno fosse pesante, quel suono era fin troppo fastidioso.

E poi, sentivo le voci di Huan e Jorge provenire dalla cabina del pilota nonostante non stessero gridando.

Forse per via del silenzio notturno le loro voci si sentivano molto più forti di quanto dovrebbero essere.

Lentamente, facendo attenzione a non svegliare Newt, mi spostai fino a scendere giù dal letto.

‹‹ Dove vai? ›› mugugnò Newt.

A quanto pare, però, il mio tentativo di non svegliare il ragazzo, fallì miseramente.

‹‹ Di là ›› risposi sussurrando ‹‹ non preoccuparti, non sparisco ››

‹‹ Vorrei anche vedere, siamo a non so quanti metri d'altezza su una caspio di cosa che vola ›› ridacchiò sottovoce, poi si mise seduto sul materasso ‹‹ comunque, vengo con te ››

Annuii debolmente, poi, in punta di piedi, camminai verso il piccolo salottino improvvisato al centro della berga.

Ora che avevamo abbandonato la “camera da letto”, quel brusio sembrava essere sparito.

Newt accese la luce ed osservò Minho, che era sdraiato con i piedi rivolti allo schienale del divano.

Non fece una piega all'improvviso contatto con la luce, non si girò nemmeno per chiederci come mai eravamo ancora svegli.

Niente. Non disse assolutamente niente, ed io, di certo, non volevo forzarlo.

L'unica cosa che fece Newt, fu sedersi accanto a lui e guardarlo con un sorrisetto appena accennato.

Prima che potesse parlare, Minho si girò e gli sbuffò praticamente in faccia

‹‹ Fossi in te tornerei a letto ›› sussurrò Minho ‹‹ Pive ›› concluse.

‹‹ Ohw, dai, via quel broncio ›› rispose lui ironicamente, dandogli un pizzicotto sulla guancia.

E no, Minho non lo apprezzò, ma ruotò gli occhi verso il soffitto e si girò, dando le spalle all'amico.

Newt mi guardò con la coda dell'occhio, e la sua espressione, da giocosa che era, divenne preoccupata. Mi fece un cenno col capo, in una richiesta silenziosa di aiuto.

Così, mi passai una mano tra i capelli ‹‹ Minho, non hai una bella cera ››

‹‹ Sto benissimo, Beth ›› mentiva, e lo sentivo nel suo tono di voce. Non stava bene, stava da schifo.

Sapevamo tutti com'era fatto Minho, e vederlo così instabile era preoccupante.

Era come se si stesse abbandonando all'idea che ormai era tutto perduto, quando invece, finalmente, eravamo relativamente fuori pericolo.

Sospirai pesantemente, e prima che potessi parlare, sentii il pavimento mancarmi da sotto i piedi.

Il mio mento si schiantò contro il pavimento, provocandomi un forte dolore lungo il collo e i denti.

Fortunatamente non mi morsi la lingua.

Lo scossone che ebbe la berga fece spostare anche i mobili, e Minho era volato giù dal divano, cadendo sopra Newt, che imprecò a voce piuttosto alta – ed aveva tutte le ragioni di questo mondo –

Mi misi seduta a fatica, il pavimento continuava a muoversi ed i mobili ad essere sbattuti un po' ovunque. No, quello non era un buon segno.

Le spie rosse della berga cominciarono a lampeggiare, emettendo un rumore fortissimo che, per via dell'acustica del veicolo, rimbombava nelle pareti, facendo fischiare le orecchie in maniera fastidiosa.

‹‹ Ma che caspio sta succedendo?! ›› gridò Newt, sovrastando il rumore della sirena.

Minho si sforzò di rimettersi in piedi, ma traballava per via dell'instabilità del veicolo.

Thomas e Teresa ci raggiunsero, camminando poggiati alla parete che, in tutta quella situazione, era l'unica cosa di sicura.

Thomas teneva una mano poggiata sul naso, lasciando intendere che avesse tirato una facciata da qualche parte.

‹‹ Cos'è stato? ›› chiese Teresa, gridando anche lei.

Ma nessuno di noi sapeva darle una risposta.

Ci guardammo in faccia con aria confusa e preoccupata. Non sapevamo cosa stesse succedendo, ma sapevamo che non poteva essere niente di positivo.

Una turbolenza? Disattenzione da parte di Jorge?

La sirena smise di suonare, ma questo non ci fece sospirare di sollievo, considerando che, nel frattempo, Huan era corso al centro della sala.

Il suo volto era pallido, e respirava velocemente.

Gli occhi del ragazzo erano sgranati, e si guardava attorno in modo frenetico.

Tutti i mobili della stanza erano o ribaltati o spostati in punti totalmente differenti dalla loro posizione principale.

‹‹ State tutti bene? ›› chiese con un tono di voce balbettante, squadrandoci tutti dalla testa ai piedi come una mammina apprensiva. Si reggeva al muro, come se temesse che da un momento all'altro la berga avesse qualche altro sbalzo.

‹‹ Sì ›› risposi, dando una rapida occhiata ai miei amici.

Se escludevamo le facciate date al muro ed al pavimento, sì, stavamo bene.

Non avevamo nulla di rotto, infondo. Avevamo passato di peggio.

‹‹ Che è successo? ›› chiese Teresa, che ancora non aveva ricevuto risposta a quella domanda.

Huan sollevò lo sguardo al soffitto ‹‹ c'è una tempesta in corso, ed un fulmine ha colpito la berga, fortuna che questi cosi non esplodono così facilmente. Jorge sta cercando un punto abbastanza sicuro dove poter fare un atterraggio di emergenza per controllare che i motori non siano totalmente danneggiati ›› spiegò, ma appena finita la frase, le luci si spensero totalmente.

Ebbi un sussulto, ed un improvviso senso di vuoto d'aria m'intrappolò.

Da lì all'essere sbalzata in aria una seconda volta passarono veramente pochi secondi.

La sirena riprese a suonare, e l'unica luce visibile, fu quella rossa che lampeggiava.

Sentii chiaramente la berga incrinarsi, e Huan che gridava di provare ad aggrapparsi a qualcosa.

Ma come potevamo farlo, se ormai eravamo sbalzati come dei fantocci.

Sentii la mano di Newt che provava ad afferrare la mia, ma scivolò via come l'acqua tra le dita mentre il mio corpo sbatté contro il soffitto della berga.

Sembrava di stare in una scatola che rotolava giù dalle scale, con la differenza che quel posto era fin troppo grande, ed i mobili, non avendo più il pavimento stabile, si spostavano anche loro.

Nel panico, non vidi se qualcuno venne schiacciato o meno, ma sentii chiaramente il rumore di questi che sbattevano un po' ovunque, proprio come stavo facendo io.

Dall'adrenalina che avevo in corpo non sentivo nemmeno dolore, fortunatamente non avevo ancora sbattuto la testa.

L'unica cosa che sentivo era il mal di stomaco causato dal continuo volteggiare della berga e dal senso di vuoto d'aria.

La berga tremò ancora, come se stesse cercando di riavviare i motori, ma sembrò tutto inutile.

Non sentivo le voci di nessuno, e in quel buio spezzato solo da quella luce rossa, non riuscivo a vederli.

Feci leva con le braccia, o almeno, ci provai, ma la gravità mi teneva incollata a quella superficie fredda sulla quale ero poggiata.

‹‹ Quindi, questa è la fine? ›› pensai, ed accennai un sorriso tra me e me, pensando a quanto fosse ironica la cosa.

L' unica cosa che potevamo fare ora, era aspettare il momento dello schianto.

Un conto alla rovescia. E non passò troppo tempo.

Era strano, perché in un certo senso, ebbi quasi la piena consapevolezza di ciò che stava accadendo attorno a me, come se fossi esterna alla cosa e stessi guardando tutto con gli occhi di un semplice spettatore.

Provai a sforzarmi di perdere i sensi, o di trovare una sensazione di pace per potermi addormentare.

Non volevo sentire niente, volevo provare a dormire e, se proprio dovevo morire, farlo nel sonno.

Poco tempo, e poi, ecco il momento dello schianto. Il rumore assordante mi invase le orecchie, e la mia testa sbatté contro la parete.

  
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