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Autore: Kiki87    04/07/2020    0 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19
Mi addormento coi sogni di casa,
dove le onde si infrangono.
L'unico posto che abbia mai conosciuto,
ora il futuro mi ha.
 
Vedo il fuoco nel cielo,
lo vedo tutto intorno a me.
Ho detto che il passato è andato,
la vita che avevo, è finita.
Ho detto che non mi arrenderò
finché non vedrò il sole [...]
 
Queste ali stanche stanno cedendo,
ho bisogno che mi afferri.

Abbracciami ora,
finché le paure non svaniscono.
Riesco a respirare a malapena.
Hold me now – Red[1]
 
 
Il volo era stato molto tranquillo e del tutto privo di perturbazioni, ma non ero riuscita a concentrarmi sul libro per oltre cinque minuti. Ero in preda a una varietà di emozioni: dalla nostalgia rispetto alla quotidianità che mi lasciavo alle spalle all'euforia di ritrovarmi tra i volti familiari. Accolsi l'annuncio dell'hostess con un sorriso, senza smettere di giocherellare con il ciondolo che mi pendeva dalla collana.
Era la cosa giusta da fare, mi ripetei.
Lasciai vagare lo sguardo sulle persone che mi circondavano, mentre attendevo che il nastro trasportatore mi rendesse il mio trolley. Mi affascinava l'idea che innumerevoli vite si stessero confondendo in quel luogo di passaggio: chi si allontanava per la carriera o per realizzare un sogno, chi si lanciava in una nuova avventura, chi era costretto a separarsi dalla persona amata e chi si stava ricongiungendo in quel momento.
Afferrai il manico della mia valigia e scorsi un nuovo messaggio sul display: stando all'orologio mancavano pochi minuti. Mi diressi verso l'uscita, cercando un viso tra la folla e un sorriso mi affiorò alle labbra, prima ancora che potesse pronunciare il mio nome. La scena era incredibilmente simile eppure diversa a quella di un anno prima: accelerai il passo e mi lasciai cingere con un sorriso.
“Bentornata...” mi disse di tutto cuore, cullandomi brevemente in un abbraccio caloroso che aveva il sapore di “casa”. Si scostò con un sorriso sbarazzino che ne fece scintillare le iridi castane e inclinò il volto di un lato: “Penso proprio che non dovremmo smetterla di incontrarci così!” dichiarò in tono solenne.
Annuii e ne baciai la guancia. “Sono più che d'accordo, ma ammetto che non mi sia affatto dispiaciuto riprendere la nostra corrispondenza cartacea, mio caro pen-friend”.
“Neppure a me” ammise e mi studiò brevemente. “Ti trovo in gran forma: ti ha fatto bene l'Italia”.
“Sì, ma ero impaziente di tornare”. Ancora una volta compresi che nel Regno Unito avevo letteralmente lasciato una parte del mio cuore.
“Le ragazze si scusano, ma come ben sai sono tutte al lavoro, anche se hanno già in serbo qualcosa di speciale per stasera...” si lasciò sfuggire salvo impallidire. “Ti prego, fingi che non abbia detto nulla negli ultimi cinque secondi”.
“Promesso!” lo tranquillizzai e uscimmo insieme dall'aeroporto.
Era una sensazione davvero difficile da descrivere: in parte mi sentivo come se il mondo non si fosse mai fermato poiché ero rimasta quasi quotidianamente in contatto con gli amici e sapevo che cosa stava accadendo nelle loro vite sentimentali e professionali. Al contempo, gustavo ogni cosa come se fosse la prima volta e, benché annunciati, trovai sconvolgenti alcuni “sviluppi”.
Il primo fu l'ingresso nel pub della “Camera dei Segreti”: benché sapessi che era in corso un restauro (e per tale motivo la saletta privata non era momentaneamente accessibile ai clienti e allo staff), si respirava un'atmosfera completamente diversa. Le pareti erano state ridipinte di colori più tenui, le luci erano più calorose ed erano spariti i quadri a tema apocalittico, sostituiti da dipinti dei meravigliosi paesaggi scozzesi. Quando vi ero passata di fronte, avevo notato un cartello con la scritta: “Cercasi cameriera con esperienza”. Non avevo potuto fare a meno di sorridere poiché l'universo sembrava darmi un segno. Come mi spiegò Madama Bumb, dopo avermi accolta con un sorriso, Dean Thomas era diventato un grafico pubblicitario e aveva trovato un impiego a tempo pieno che non gli permetteva più di dedicarsi al servizio, lasciando così vacante la sua posizione. Mi aveva sollecitato a seguirla con un guizzo di complicità inedito, prima di bussare alla porta del Signor Riddle: “Signore, avremmo una candidata dell'ultimo momento”.
“La prego, Madama, per oggi ho ascoltato abbastanza” rispose lui con tono insieme stanco e scoraggiato.
“Mi perdoni ma insisto: credo che questa persona potrebbe farle cambiare idea”.
Incoraggiata dal suo gesto, mi ero affacciata sulla soglia e gli avevo sorriso: “Buonasera Signor Riddle”.
L'uomo doveva aver riconosciuto la mia voce e il mio accento, perché aveva sollevato lo sguardo dai documenti e aveva sgranato gli occhi. Si tolse gli occhiali e si alzò in piedi, pronunciò il mio cognome esattamente come pochi mesi prima. Sorrise e mi porse la mano che strinsi con calore. “Non sapevo che aveva in programma di tornare...” mi disse con aria confusa, ma mi indicò la sedia libera. 
“Neppure io a dire il vero, ma è stata una decisione molto ponderata”. Presi posto dopo averlo ringraziato e non potei fare a meno di osservare l'ambiente con curiosità. I faldoni della libreria alle sue spalle erano gli stessi e così Nagini nella sua teca. Tuttavia c'erano dei piccoli indizi di un altro “vissuto”: sulla scrivania vi erano delle cornici e sull'attaccapanni un ombrello e un cappellino decisamente femminili. Naturalmente già conoscevo la bellissima novità che lo riguardava poiché Amy non aveva mancato di tenermi aggiornata. La sera dello spettacolo aveva rappresentato uno spartiacque nella vita del Signor Riddle sotto diversi punti di vista: lo scorso mese, aveva contattato l'agenzia della mia amica per affidarle l'incarico di restaurare le stanze del pub. Non solo. Quella sera era tornato in contatto con Sybilla Thompson. L'insegnante era divenuta una cliente fissa del locale e, recentemente, la sua nuova compagna. Mi era evidente, guardandolo in quel momento, che i cambiamenti dovuti al restauro erano solo un riflesso di una metamorfosi interiore che gli avevo augurato dal giorno in cui Silente mi aveva confidato qualche dettaglio della sua triste vicenda[2].
“Quindi sarebbe interessata a riprendere le sue vecchie mansioni? Naturalmente non dovrà ripetere la prova di una settimana” aggiunse con un alone più scherzoso che ne fece scintillare lo sguardo azzurro.
“Sto cercando un lavoro momentaneo, Signore” mi affrettai a precisare. “Perché sto per iniziare un nuovo percorso di formazione, ma sarebbe un onore per me essere nuovamente al suo servizio... naturalmente se questo sarà compatibile con le sue necessità”.
Mi scrutò per un lungo istante, giocherellando con l'asta degli occhiali, ma le labbra si incresparono in un fugace sorriso.  “Le sarebbe possibile ricominciare da dopodomani?”
 
Il secondo sviluppo che mi sconvolse persino più del precedente riguardava Amy. La poverina, anche durante la mia assenza, aveva annoverato un nuovo soggetto nella sua ormai storica collezione di “casi umani”. Il ragazzo in questione, Alexander Vahlos[3], le aveva dato l'illusione di essere un “vero cavaliere” ma si era rivelato uno degli esemplari più spregevoli di sempre. L'aveva corteggiata a regola d'arte, con tanto di premure e gesti ricercati come aprirle sempre la portiera dell'auto o la porta degli edifici. Tuttavia, non appena la loro relazione era passata al “livello successivo” aveva iniziato a rendersi sempre meno reperibile, fino a svanire nel nulla e arrivare persino a bloccarla da tutte le applicazioni di messaggistica. Superfluo dire che Morgana si fosse offerta di aiutarla a organizzare una vendetta a puntino. Gli aveva teso una trappola Lo aveva attraverso un fake di Instagram, fingendo di frequentare la sua stessa palestra e di essere interessata a lui. Naturalmente il bifolco, dopo aver evidentemente gradito le fotografie, si era detto più che disponibile, ma era stata Amy a presentarsi all'appuntamento per “concludere” la loro storia come si conveniva, mentre la nostra amica contemplava la scena a una distanza di sicurezza. Nell'occasione erano state usate molte parolacce tra l'inglese e l'italiano e, a detta di Morgana, la sua voce aveva raggiunto decibel sconosciuti persino alle cantanti liriche. Al ragazzo, inoltre, non era stata risparmiata una vera e propria “esecuzione” a suon di colpi di borsetta.
Il vero e proprio shock, tuttavia, giunse in quella bellissima serata: le ragazze mi avevano organizzato una festa di bentornata che era stata anche l'occasione per festeggiare, seppur in ritardo, il mio compleanno. Era stato un immenso piacere poter riabbracciare alcune delle persone con le quali avevo legato di più in Accademia e al pub, ma avevo finalmente potuto contemplare di persona le interazioni bellicose o i reciproci “trattamenti del silenzio” tra Amy e un'altra mia vecchia conoscenza.
Christian Coulson.
In una lunga video-chiamata, Amy mi aveva fornito un resoconto più che dettagliato di tutti i loro momenti cruciali e mi ero resa conto che la loro diatriba era iniziata ben prima che io partissi per l'Italia, ma l'aveva tenuta nascosta a tutti. L'incidente in auto aveva dato inizio a tutto: per sdebitarsi con lui, dopo che le aveva ritrovato il braccialetto[4] che aveva perduto al pub, lei si era offerta di dargli un passaggio in auto mentre rientrava dal suo lavoro, poiché lo aveva sorpreso sotto la pioggia. Il ragazzo, seppur riluttante per la sua tipica riservatezza, aveva acconsentito, ma l'auto di Amy aveva slittato a causa dell'asfalto sdrucciolevole, fino a uscire dalla carreggiata e a urtare un lampione. Gli airbag si erano attivati e fortunatamente erano rimasti illesi ma Christian, in preda a una crisi isterica, aveva imprecato a lungo e l'aveva aggredita verbalmente, prima di uscire frettolosamente e continuare il suo tragitto a piedi. Amy era rimasta troppo sconvolta dall'urto e dalla sua reazione per provare a difendersi. Le cose non erano affatto migliorate dopo “l'incidente al parco”. Amy stava portando a passeggio Penny, il labrador che le era stato affidato da un amico, ma un altro cane, di taglia ben più piccola, aveva cercato di aggredirla. Una sfortunata coincidenza aveva voluto che il padrone del cane fosse lo stesso Christian. Quest'ultimo aveva colto quell'occasione per formulare altri giudizi piuttosto sgradevoli sulla sua incapacità di guidare un'auto e di gestire un cane, tanto da cacciarla malamente. Amy, anche in quell'occasione, era sembrata incapace di reagire con la tipica grinta e, per non creare ulteriori sceneggiate in pubblico, se n'era andata. Tuttavia, da quel giorno, aveva iniziato a rimuginare sui due episodi e sul comportamento scorretto e prepotente del ragazzo in questione. Dalla mortificazione e dall'imbarazzo iniziali, era subentrata una vera e propria voglia di riscatto, tuttavia in quel periodo non frequentava più il pub (a causa della lite con Riddle) e aveva provato a cercarlo nello stesso tragitto in auto. Invano. Fino a quando, non aveva scoperto che Christian frequentava la sua stessa palestra. Quasi incredula di quel “regalo” del destino, si era avvicinata al giovane che sembrava intento a chiacchierare amorevolmente con una ragazza. In quel momento aveva lasciato andare tutta la rabbia, l'umiliazione e il rancore accumulati e si era riversata su di lui con parole dure, ammonendo anche la sconosciuta a non fidarsi di lui, raccontandole del suo comportamento ignobile dopo l'incidente in auto. Quest'ultima era rimasta così scandalizzata dall'assecondare Amy e dal scaricare il ragazzo con uno sguardo schifato. Dopodiché la mia amica aveva dichiarato che quello era solo l'inizio. Ed era stata profetica.
Da allora le interazioni tra i due passavano da un estremo all'altro: dal prendersi in giro, soprattutto in presenza di pubblico, all'ignorarsi bellamente. Uno degli scenari più comuni era il pub in cui Christian lavorava tuttora. Un giorno, ad esempio, aveva aperto cavallerescamente la porta d'ingresso a Morgana e a Luna per poi chiuderla in faccia alla mia amica che vi aveva sbattuto contro. O, in altre circostanze, quando era costretto a servire il loro tavolo, raccoglieva gli ordini di tutti ma ignorava Amy. Per tutta risposta, lei non mancava occasione per lasciargli le impronte sul pavimento del pub appena strofinato, si premuniva di aiutare tutti i camerieri ed ex colleghi a raccogliere le stoviglie sporche ad eccezione di lui. Di quando in quando, inoltre, faceva cadere volutamente oggetti dalla tavola al suo passaggio.
Le cose non andavano meglio in palestra: Christian che seguiva un programma di allenamento per braccia e gambe, non mancava di divertirsi a guardarla durante le lezioni di zumba o deriderne la difficoltà ad andare a tempo con l'insegnante e con gli altri membri del corso. D'altro canto, Amy, memore delle offese sulla sua guida, lo aveva schizzato più di una volta, in un rapido testa-coda con l'auto, premunendosi di passare sopra una pozzanghera a velocità sostenuta.
Era piuttosto curioso rendersi conto che, in un certo qual modo, era stato in virtù di Christian che Amy si era avvicinata ad Alexander. Quest'ultimo, infatti, era intervenuto in modo cavalleresco per apostrofare Christian e intimargli di smetterla di prendersi gioco della sua “cara amica”.
“Lui sì che è un vero Cavaliere, non come quello stronzo di Christian!” aveva commentato un giorno, mentre, in una conversazione via skype, mi raccontava del loro imminente appuntamento.
“Bla, bla, bla, bla” le aveva fatto il verso Morgana. “Tanto lo so che ci finirai a letto”
“Con Alexander?” domandò Amy compiaciuta all'idea.  “Non vedo l'ora”
Morgana aveva schioccato la lingua sul palato con aria saputella, prima di scuotere il capo e rivolgerle un sorriso ironico. “Io sto parlando di Christian”.
“Ma che cazzo dici?!”
Un altro caso “strano” del destino aveva voluto che stringesse amicizia con Sean, tanto che quest'ultimo lo coinvolgeva spesso nelle serate tra amici, compresa la festa in corso nella sala che Morgana e Amy avevano affittato in un locale del centro[5]. In quello stesso momento, la mia amica lo stava scrutando con sguardo così arcigno che sembrava volerlo accoltellare tra le scapole. Da parte mia, avevo cercato di non pensare a tutti quegli episodi che mi aveva raccontato, quando mi salutò con la mano tesa e un sorriso garbato. “Ciao Sarah. Non ero di turno oggi, ma ho saputo che torni a lavorare al pub: bentornata”.
Era la frase più lunga che mi avesse rivolto da quando ci conoscevamo, ma ne avevo ricambiato la stretta con un sorriso: “Ti ringrazio, immagino che da domani ci rivedremo al lavoro”.
“Questi sono per te” mi porse una grande scatola che si rivelò essere piena di cioccolatini. “Ho chiesto aiuto a Sean: sono un disastro coi regali” aggiunse quasi a schermirsi.
“Li adoro, sei stato gentilissimo” lo ringraziai con un sorriso, riconoscendone la marca e pregustandoli con l'acquolina in bocca.
“Era il minimo. Con permesso” si congedò, quando scorse il cenno di Sean che, dal tavolo delle bibite, lo stava invitando a raggiungerlo.
Morgana, al mio fianco, rilasciò un sospiro enfatico nel guardare il saluto caloroso tra Christian e il suo ragazzo. “Chissà, forse un giorno mi amerà nello stesso modo[6]” recitò in tono ironico, strappandomi una risatina.
Quasi sussultai, invece, quando Amy apparve all'altro lato e mi strappò letteralmente di mano il cadeau per poi assumere un'espressione quasi disgustata. “Cioccolatini, eh?”
“Ne vuoi assaggiare uno?”
“Certo che no!” squittì con voce stridula. “E poi mi fanno schifo quelli al latte!”
Sbattei le palpebre: era piuttosto evidente che fosse infastidita dalla sua presenza alla mia festa, ma ancora una volta era stato Sean ad avere la meglio.
“Credo che li abbia comprati per lei e non per far dispetto a te” le fece notare Morgana, sollevando gli occhi al cielo. “Quando Sean l'ha invitato, gli ha chiesto aiuto per trovare qualcosa che potesse piacere a Sara”.
“Lo sapevo!” squittì lei, con lo sguardo ancora più infervorato, ma premunendosi di parlare a voce bassa. “E' la sua tattica: davanti ai miei amici fa il gentile e l'affabile, ma in realtà è uno stronzo!”
Rivolsi un altro sguardo ai due amici in questione: sembrava davvero difficile associare il ragazzo presente quella sera a quello che mi era stato descritto con dovizia di dettagli. Tuttavia, ricordavo ancora molto bene quell'episodio al pub nel quale, in un eccesso di ira contro Rankin, aveva frantumato volontariamente delle stoviglie.
“Tanto lo sai che finirà con voi due che vi prenderete una camera” replicò Morgana dopo aver sorseggiato un po' di spumante.
“Ti ignoro!” dichiarò l'altra, dopo averle rivolto uno sguardo di fuoco.
Da parte mia le rivolsi uno sguardo divertito: “Mi ricordate due persone che conosco”. Non potei fare a meno di ridacchiare, ripensando a Scrubs che avevo riguardato negli ultimi mesi. “Siete come JD e l'inserviente. E io, in questo frangente, sono stata la sua Elliot”.
Il paragone parve divertire la moretta che ridacchiò per risposta, ma fece ulteriormente incupire Amy che mi additò con aria minacciosa: “Dillo un'altra volta e ti faccio piangere io in un ripostiglio[7]”.
Sospirai con aria enfatica, ma nel tentativo di smussare quel momento di tensione. “Ora che mi sento di nuovo a casa” recitai e mi portai una mano al petto.
“Il paragone è legittimo...” continuò Morgana con sguardo scintillante. “Ma se tutto va come ho previsto, si ritroveranno come Cox e Jordan”.
State zitte tutte e due!” ci rimproverò con voce ancora più stridula. La osservai allontanarsi con espressione ancora stizzita, ma premunendosi di camminare dall'altro lato della stanza per non dover incrociare lo sguardo di Christian. Andò a salutare Santiago e la sua compagna che teneva in braccio una bellissima bambina dai capelli ricci e scuri come quelli del padre, la pelle olivastra e le labbra carnose. Si era illuminata all'arrivo di Amy e si era sporta in sua direzione per un abbraccio che, ne ero certa, le avrebbe fatto mettere da parte il malumore. O almeno glielo auguravo.
“Mi era mancato tutto questo...” convenni con un sorriso. “Non ci si annoia mai”.
“Direi che anche la tua estate non è stata per niente male” ribatté Morgana con un sorrisino complice. Allungò una mano verso il mio ciondolo e lo studiò con attenzione, indugiando sulla citazione. “Bel ninnolo a proposito”.
Un sorriso più dolce mi increspò le labbra e, nonostante tutto, non potei fare a meno di sospirare. Mancava solo una persona affinché quella festa potesse davvero definirsi perfetta.
 
~
 
 
Non avrei potuto dimenticare facilmente il mio ultimo compleanno, lontana da tutti i miei affetti, ma con dei nuovi progetti[8]. Tuttavia, era stata una video-chiamata a Bradley a cambiarmi letteralmente il corso della giornata e, se tutto fosse andato come speravo, anche il nostro destino. Mi ero alzata prestissimo: in verità ero impaziente di iniziare quella giornata.
Passai di fronte a Santa Maria Novella, ma mi presi un istante per ammirarla, seppur ormai mi fosse divenuta familiare come Piazza dei Miracoli ai tempi dell'università o Kelvingrove Park di Glasgow. Giocherellai con il ciondolo che portavo sempre al collo, mordicchiandomi il labbro e sorridendo nel rendermi conto che mancavano solo pochi istanti.
Lo riconobbi facilmente: era come se, ai miei occhi, spiccasse sempre anche nel bel mezzo della calca di persone che ci circondavano nel centro storico. Affrettai il passo e sorrisi di fronte a quell'immagine: si guardava intorno con un misto di ammirazione e di smarrimento, gli stessi che avevo provato nelle mie prime ore a Glasgow nel tentativo di convincermi che quella sarebbe divenuta, per un breve periodo, una parte della mia quotidianità. Aveva abbassato la fotocamera del cellulare e si era immobilizzato. Si era tolto gli occhiali da sole e, dopo aver aguzzato la vista, aveva preso a camminare per venirmi incontro.
“Bradley...” ne pronunciai il nome con una nota d'emozione e un nodo in gola.
Le sue braccia mi cinsero con la stessa naturalezza dell'ultima volta, seppur fossero passati tre mesi e mi cinse le gote coi palmi delle mani.
“Milady” mormorò sulle mie labbra, prima di fermare il tempo nel bacio che ci scambiammo.
Sorrisi nel rendermi conto che sembrava realmente che fossimo semplicemente rimasti in sospeso.
“Mi sei mancato...” avevo mormorato contro la sua guancia. “Non sai quanto”.
Mi aveva stretto così forte che sembrò smentire quelle parole.
 
Ne avevo sempre invidiato la sicurezza e la determinazione, ma mi aveva fatto sorridere con sincero entusiasmo e tenerezza scorgere il suo genuino entusiasmo nel comunicarmi che avrebbe interpretato Giuliano de’ Medici nella seconda stagione della serie tv anglo-italiana che omaggiava la più famosa famiglia nobile della Repubblica di Firenze. Ero stata orgogliosa, a quel punto, di rivelargli che il mio stesso percorso di formazione mi avrebbe vista sostare in quella città per i prossimi cinque anni, ma non ero scesa nei dettagli, preferendo affrontare la conversazione di persona. Da allora avevo contato letteralmente i giorni che ci separavano fino a quel momento.
 
“Devi raccontarmi tutto, sto morendo di curiosità...” mi disse, dopo avermi contemplato, quasi a voler appurare se vi fosse qualche cambiamento. Lo sguardo guizzò in direzione del ciondolo che ancora indossavo naturalmente.
“Stavo per dirti la stessa cosa: mio Dio, lavorerai con Sean Bean e Daniel Sharman” lo incalzai, dandogli una pacca sul braccio. “Sai che dovrai raccontarmi tutto nei minimi dettagli, vero? A Morgana e ad Amy è quasi venuto un infarto: sono orgogliosa persino io che neanche seguo Game of Thrones e neppure andavo pazza per Teen Wolf !”
Ridacchiò per risposta. “Ci penserò, non sono così sicuro di voler passare in secondo piano... senza contare che sei tu la prima a dovermi delle spiegazioni” aggiunse e mi diede un buffetto sulla punta del naso.
“D'accordo” sorrisi, con entusiasmo alla prospettiva. “Hai già fatto colazione?”
“Un caffè veloce in aeroporto conta?” mi domandò con un sorriso sbarazzino.
“Decisamente no, se vuoi italianizzarti un po': vieni con me”.
 
Si trattava di uno dei miei locali preferiti, non troppo distante dal centro storico, ma con una bella vetrata che permetteva di osservare la città e dei tavolini per stare all'aperto a quelle piacevoli temperature. Lo aiutai a identificare le voci del menù che potevano interessargli e salutai amichevolmente la cameriera prima di ordinare per entrambi.
“Non tenermi più sulle spine” mi pregò con un sorriso e lo sguardo scintillante.
“D'accordo”. Appoggiai la tazza di cappuccino ormai vuota. “Ho riflettuto molto e ho messo da parte qualche soldo con delle ripetizioni in preparazione di test universitari e dei debiti scolastici...” esordii. “Aver vissuto, lavorato e recitato a Glasgow ha fatto faville sul mio curriculum: l'inglese è molto richiesto.” aggiunsi con un sorriso. “ Ma ho dovuto interrogarmi a fondo sul mio futuro e ho capito che dovevo fare qualche passo indietro... quindi mi sono di nuovo iscritta all'Università, ma qui a Firenze”.
Mi stava ascoltando con grande attenzione e non poté che sorridere a quella precisazione finale. Mi rivolse un breve ammiccamento. “Ho l'impressione che questa città diventerà una delle mie preferite” commentò con un sorriso più suadente che ebbe l'effetto di procurarmi una piacevole morsa allo stomaco, esattamente come durante le nostre prime interazioni.  “Se non ricordo male la tua famiglia non vive molto lontano da qui”.
Annuii. “E' un viaggio breve in auto, ma piuttosto scomodo in treno, quindi ho messo da parte tutti i miei risparmi e con l'aiuto dei miei genitori, ho preso una casa in affitto, rispondendo all'annuncio di una ragazza siciliana in cerca di una coinquilina e un'auto usata...” spiegai. Era decisamente la soluzione più semplice e mi consentiva anche di fare occasionalmente trasferte a casa nel weekend.
“E di cosa ti occuperai?” mi incalzò.
Mi tesi impercettibilmente, come era già accaduto, quando avevo comunicato quella decisione ai parenti e alle amiche. “Scienze della Formazione Primaria” risposi di primo acchito. Cercai di spiegargli in inglese con una certa difficoltà, non conoscendo la terminologia esatta. Sorrisi di fronte alla sua espressione confusa e aggiunsi: “E' la laurea necessaria per diventare un'insegnante delle scuole elementari”.
“Oh”.
Aveva smesso di mangiucchiare la sua pasta ripiena e lo sguardo azzurro aveva tradito un lampo di mera sorpresa. Sembrava piuttosto disorientato e perplesso.
Il mio corpo si era irrigidito, quasi avesse percepito, prima della mia razionalità, che in quella scena vi era qualcosa di anomalo.
“Ho una discreta esperienza nell'ambito come ti accennavo...” continuai, quasi avessi bisogno di giustificarmi. “Certo, dovrei affinare le mie tecniche, abituarmi ad avere a che fare con più alunni in contemporanea, ma la volontà non mi è mai mancata. Ed è curioso che mi sia sentita dire letteralmente da tutti che ne abbia la verve” aggiunsi con un sorrisino divertito. Ricordavo ancora il giorno in cui il mio insegnante preferito delle medie, che mi aveva spronato nelle attività teatrali, fosse stato il primo a dirmelo.
Bradley si era appoggiato maggiormente allo schienale della sedia e aveva raddrizzato le spalle. “Hai dimostrato anche di fronte a degli esperti che hai del talento nell'assumere un ruolo che ti è stato assegnato” mi ricordò.
Inarcai le sopracciglia e fu il mio turno di apparire interdetta, soprattutto dai suoi modi: avevo la percezione che mi stesse trattando con “i guanti” per non essere troppo impulsivo o per non urtare la mia sensibilità.“Un ruolo che mi è stato assegnato?” ripetei il concetto, scandendo le parole, come a verificare se stessi equivocando o meno. “Forse non mi sono spiegata bene”.
Scosse il capo. “Credo di aver capito, almeno in parte, che ti piace quest'immagine che gli altri ti attribuiscono” ribatté lui cautamente. “Quello che mi domando è se questo coincida o meno con la cosa più importante: ciò che tu vuoi realmente”.
Sbattei le palpebre a più riprese e sentii una sgradevole morsa all'altezza dello stomaco, ma cercai di mantenermi calma e composta, seppur dalla sua espressione fosse evidente che il mio viso aveva tradito il fastidio che stavo provando.
“Non fraintendere, per favore” si affrettò ad aggiungere e mi cinse la mano sopra il tavolo. “Non pensare che voglia giudicarti o esserti d'ostacolo: al contrario, voglio sostenerti”.
“Beh, spero che perdonerai la mia sincerità, ma quello che interpreto del tuo atteggiamento è tutto il contrario del sostenere qualcuno!” dissi con vigore, pur cercando di non alzare la voce. “Non hai neanche finto di rifletterci per un paio di minuti, ma è piuttosto evidente che l'idea ti... ti ripugna!” conclusi con uno scuotimento del capo.
Sospirò e rafforzò la pressione della mano sulla mia. “Mi preoccupo per te, soprattutto quando mi sembra chiaro, anche da come ne parli, che questo non è davvero una tua aspirazione Lo hai detto tu stessa, chiamando in causa altre persone” dichiarò con timbro grave della voce. “Spero mi perdonerai se io non voglio far parte di quella lista per come ti conosco”.
Lo guardai con tanto d'occhi e il fastidio che avevo provato sembrò sfumare in un'improvvisa collera che mi fece letteralmente ribollire la pelle. In quel momento, mi resi conto ironicamente, avrei voluto che fosse dall'altra parte del mondo. Gli rifilai uno sguardo risentito ed esternai quello che mi passava per la testa, una volta tanto incurante della sua opinione.  “Lascia che ti dica una cosa a cui forse stenterai a credere: molte persone, me compresa, non nascono con una vocazione precisa. Devono faticare, fare sacrifici, provare diverse strade, sbagliare e ricominciare, prima di avere una vaga idea di quello che sarà il loro avvenire”.
Aggrottò le sopracciglia, ma le mie parole non parvero scalfirlo. “Questo lo so bene, ma tu non fai parte di quella categoria e se fossi abbastanza sincera con te stessa lo riconosceresti: se non hai intenzione di lottare per il tuo futuro, che io sia dannato se non ci proverò per te, anche a costo di farmi odiare”.
Mi sentii quasi tremare di indignazione e di repulsione a quell'atteggiamento quasi paternalistico, seppur ne avessi sempre amato quei modi cavallereschi e garbati. Ma quello era decisamente troppo persino per me.  Scostai bruscamente la mano dalla sua per poi affrettarmi a cercare nella borsa il portafoglio. “Sai che c'è? Ho lasciato a Glasgow un'amica che adora cercare di sistemare la vita degli altri, la mia in special modo” feci riferimento a Morgana con un sorriso ironico, prima di fulminarlo con lo sguardo. “Francamente non ho bisogno e neppure desidero che tu o chiunque altro faccia lo stesso. Anzi, ti dirò di più: ne ho fin sopra i capelli!”. Esclamai le ultime parole in italiano: ero troppo agitata per cercare un'espressione simile in inglese.
Sospirò e cercò nuovamente di trattenermi. “Perché non andiamo nel mio albergo e ne parliamo con più calma?”
“Vacci tu” lo esortai bruscamente e mi sentii quasi girare la testa per l'adrenalina che avevo in corpo. Dovevo ammettere che era piuttosto “liberatorio” concedersi quei momenti d'ira e non curarsi più dei sentimenti altrui. “Ma sta attento a non cadere dal tuo stupido cavallo bianco: le armature del Medioevo non sono certo leggere come quelle moderne” gli dissi con un sorriso sarcastico.
Sbattei la banconota da cinque euro e qualche spicciolo di mancia e mi alzai, pronta ad andarmene. Sollevai la mano come a fermarlo dal dire o dal fare qualcosa. “Spoiler alert: Giuliano de’ Medici creperà durante la Congiura dei Pazzi. Beh, Tanti auguri!” cinguettai. Avrei anche riso dell'espressione incredula che non era riuscito a mascherare. Difficile stabilire se non lo sapesse o se, semplicemente, fosse impreparato alla stoccata.
Non mi voltai, seppur ne sentissi i movimenti, ma dopo che fummo usciti dal locale, mi cinse il braccio con decisione, ma attento a non farmi male. Sospirai e feci una smorfia prima di voltarmi, imponendomi di mantenere la parvenza di controllo e di non concedergli alcuno spiraglio che gli lasciasse intuire che poteva far leva sui miei sentimenti.
“So bene che è una tua decisione” sussurrò e mi carezzò la guancia. Non rifiutai il tocco, ma dovetti inspirare profondamente per sostenerne lo sguardo e incrociai le braccia al petto, attendendo che continuasse. “Ti avevo promesso che sarei sempre stato sincero, ma questo non mi autorizza a farti sentire giudicata e tanto meno a decidere al posto tuo”.
Inarcai le sopracciglia: “Non era quello che hai lasciato intendere poco fa, te lo assicuro”.
Sospirò. “Perché non proviamo a parlarne stasera a cena? Puoi venire in albergo o io da te, come preferisci”.
Scossi il capo. “Puoi provare quanto vuoi a rendermi più accettabile la tua opinione” mormorai con uno scrollo di spalle. “Ma è evidente che la mia decisione non ti aggrada, quindi non ne vedo l'utilità...” ribattei con una nota amara. Nonostante ciò che provassi per lui, avrei dovuto capire se potevo continuare a vivere quella relazione, anche di fronte a una simile divergenza di opinioni. Dopotutto ne andava del mio futuro. Allungai la mano a sciogliere la collana. “Buona fortuna per le riprese” gli augurai sinceramente.
Glielo tesi ma lui incrociò le braccia al petto. “A cena, stasera” scandì nuovamente.
“Scrivimi l'indirizzo del tuo albergo: te la manderò per posta” replicai in tono stanco e, dopo un ultimo sguardo, mi allontanai.
Camminai a passo spedito fino al parcheggio in cui avevo lasciato l'auto. Mi tremavano le mani e non fui subito in grado di mettere in moto. Mi imprecai contro mentalmente, continuando a dirmi che la mia reazione era stata naturale e legittima. Anche ammesso che non condividesse le mie scelte, non avrebbe dovuto supportarmi a prescindere? O aiutarmi a capire piuttosto che elargire lezioni di vita gratuite? Forse in quei mesi a Glasgow lo avevo troppo idealizzato e mi era sfuggita una chiusura mentale o una tendenza al controllo che mi era insopportabile?
Stupido cavallo bianco, borbottai. Mi asciugai gli occhi, ignorai il ronzio del telefono e mi diressi verso il mio appartamento.
 
~
 
Inevitabilmente, avevamo fatto tardi la sera precedente: dopo aver congedato gli ultimi invitati, eravamo tornate nel nostro appartamento. Fortunatamente mi era stata concessa una giornata libera e ne avevo approfittato per disfare le valigie e addobbare nuovamente la mia vecchia camera da letto, accludendo qualche cornice in più che mi fece sorridere. Avevo anche fatto compere per rifornire la credenza e il frigorifero di alcune delle mie pietanze preferite. Angel mi aveva tranquillizzata più volte sul fatto che non si fosse sentita “obbligata” a lasciarmi il mio precedente posto, tanto più che aveva già stabilito con Eoin di trasferirsi da lui.
Il giorno dopo Amy era passata a prendermi per darmi uno strappo, approfittando del fatto che avesse un appuntamento con Riddle per discutere del restauro. Mi aveva raccontato, con non poca serenità, che il loro rapporto era notevolmente ridimensionato rispetto a quando era una sua dipendente: la trattava con il massimo garbo e professionalità, ma occasionalmente quella coltre di formalismo sembrava sciogliersi e concederle anche qualche consiglio da “mentore”.
Mi rimirai allo specchio con un sorriso: la divisa non era cambiata dall'ultima volta che l'avevo indossata e anche questo mi dava l'erronea sensazione che il tempo si fosse fermato. Sorrisi e non potei resistere alla tentazione di scattarmi un selfie che stavo per inviare, quando mi riscossi all'udire uno strano trambusto. Aggrottai le sopracciglia, non riuscendo ad afferrare bene le parole, ma avevo l'impressione che fosse in corso una lite e mi affrettai a uscire dallo spogliatoio. Sgranai gli occhi di fronte alla scena: Neville, con il viso arrossato, stava additando Rankin e il suo compare, Zacharias Smith al centro della stanza. Torreggiava sulle due figure e li stava aspramente redarguendo, quando la porta dell'ufficio di Riddle si aprì e giunse quest'ultimo, seguito dalla mia amica.
Che diavolo sta succedendo?” domandò il proprietario con voce cavernosa e sembrò lui stesso sotto shock alla vista di Neville. “Paciock?!”
Rankin arrossì come uno scolaretto alle prime armi e sembrò in seria difficoltà, ma riuscì a farfugliare timidamente: “A-Assolutamente nulla! Solo uno sciocco malinteso”. Sorrise con aria accattivante, evidentemente sperando che la conversazione fosse troncata sul nascere. A quelle parole, tuttavia, Neville aveva emesso una risata sarcastica, rivolgendogli uno sguardo di mero disprezzo, prima di girarsi verso l'uomo.
“Adesso glielo spiego io, Signore” si offrì in tono serafico e, per la prima volta, riuscì a sostenerne lo sguardo senza alcun timore, ma persino con una punta di orgoglio che ci lasciò tutti ammutoliti.
“No, Signore!” sembrò supplicarlo Smith. “Non è nulla che meriti la sua attenzione!”
Sta zitto, ipocrita!” gli berciò contro Neville.
“BASTA!” urlò più forte Riddle, zittendoli tutti. “Prego, Paciock: riprenda pure il suo discorso” lo invitò con un cenno del capo, incrociando le braccia al petto e scrutandoli tutti e tre con aria analitica.
“Rankin e Smith stavano facendo allusioni offensive sul suo conto e su quello di Amy” aggiunse a beneficio della mia amica alla quale rivolse uno sguardo realmente dispiaciuto. Quest'ultima parve presa alla sprovvista e impallidì visibilmente.
Mi parve che la figura imponente di Riddle si irrigidisse mentre riservava un'occhiata gelida a Percy e a Zacharias che parvero supplicare Neville con lo sguardo di non andare oltre. “Che genere di allusioni?” lo interrogò con voce simile a un sibilo che fece sussultare anche me anche se, pensai con sollievo, non ero coinvolta nell'incresciosa vicenda.
Non ero l'unica rimasta impalata, tuttavia, a osservare la scena: Christian aveva ancora tra le mani lo straccio con cui stava strofinando la superficie del bacone. Santiago, Eoin, Tom Hopper e Leon[9] si erano bloccati vicino all'ingresso con le casse di bibite ancora tra le mani e Susan fissava Neville come se non lo avesse mai visto fino a quel momento.
“Credono che Amy abbia ricevuto l'incarico di rinnovare il pub perché avrebbe in corso una relazione con lei, Signore” dichiarò Neville, senza distogliere lo sguardo.
Un silenzio scandalizzato riempì la stanza e il volto della ragazza, da pallido, divenne rubicondo. Le tremarono le labbra e sbatté le palpebre a più riprese. Santiago quasi si lasciò cadere la cassa dalle mani, ma rivolse loro uno sguardo di fuoco che sembrava promettere loro delle gravi conseguenze.
Riddle stesso sembrò senza parole per un lungo istante. Una vena iniziò a pulsargli sulla fronte e rivolse uno sguardo così furibondo che i due parvero squittire come i topolini che Nagini si divertiva a torturare prima di inghiottirli interi. “Come-avete-osato?” ringhiò.
“M-Ma Signore, glielo stavo d-dicendo” provò coraggiosamente Rankin a difendersi, muovendo un passo in sua direzione. “Si è solo trattato di un innocente equivoco e-”
“TACI!” lo interruppe l'uomo.
“Le chiedo scusa per il trambusto, Signore” intervenne nuovamente Neville. “Ma non potevo tacere, mentre una mia cara amica veniva screditata in questo modo”.
Mi ero avvicinata alla ragazza e le avevo appoggiato la mano sul braccio: “Stai bene?” le avevo domandato in un sussurro. Non parve neppure udirmi, ma sussultai quando dalle sue labbra sgorgò una risata che sembrò rimbombare nel silenzio che era sceso nella stanza. Si avvicinò ai due diffamatori e, seppur molto più piccola di statura, parve quasi farli rimpicciolire con il sorriso sarcastico che rivolse loro.
“Aha!” rise nuovamente ma senza alcuna allegria. Ero quasi certa che quell'apparente tracotanza fosse una maschera per celare la mortificazione e l'amarezza che le aveva stretto il cuore. “Avete sentito tutti quanti?!” domandò con voce altisonante, intrecciando lo sguardo di tutti i presenti per qualche secondo. “Adesso sono ANCHE l'amante di Riddle, aha!” pronunciò con voce stridula. Aggrottai le sopracciglia e mi resi conto che quella frecciatina doveva avere un altro destinatario oltre a Rankin e a Smith. I suoi occhi, infatti, avevano cercato Christian che sembrò sussultare.
“E io che pensavo di essere solo l'amante di Santiago!” alluse all'amico con un cenno del mento. Quest'ultimo arrossì visibilmente, soprattutto di fronte agli sguardi interrogativi dei due amici.
“¿Qué?[10]” domandò in spagnolo.
Lo siento, Santiago[11]” gli rispose Amy per poi indicare Christian. “Lo vedi quel cabrón[12] che finge di lavorare? Lui pensa che siamo amanti!” esclamò. Santiago appoggiò la cassa sul pavimento e gli rivolse uno sguardo di puro disprezzo, prima di far scrocchiare le dita in un gesto piuttosto eloquente.
Lei si liberò dalla mia presa e spalancò le braccia, guardandosi attorno in un atteggiamento di sfida. “Avanti, sentiamo, qualcun altro? Ovviamente a parte Neville, visto che ha preso le mie difese... Ci sarebbe anche Hopper” fece riferimento al ragazzo più alto del quartetto, “che mi ha sempre aiutato a prendere le cose dagli scaffali più alti. Oppure Eoin!” additò l'altro che parve troppo a disagio per intervenire con una delle sue proverbiali battute. “Mi racconta sempre le barzellette quindi è un ottimo candidato. Senza tralasciare Leon che mi ha sempre tenuto la porta aperta... allora, c'è ancora qualcun altro?” strillò con voce stridula. I suoi occhi fiammeggianti saettarono da Percy e da Smith, che non osavano incrociarli o replicare, a Christian che sembrava tuttora impietrito e incredulo che ciò stesse davvero accadendo sotto gli occhi di tutti i presenti.
Riddle aveva ancora le sopracciglia aggrottate, ma sembrava ormai conoscerla abbastanza da appurare che la cosa migliore fosse lasciarle sfogare la rabbia e lo sdegno.
La ragazza ormai respirava affannosamente, ma continuava a fissare i suoi interlocutori, quasi sperando che uno di loro avesse l'ardire di rispondere. Scosse il capo dopo un lungo attimo di silenzio. Fu con voce più tremula che pronunciò le ultime parole, dopo aver sollevato il mento: “Mentre qui si continua a discutere su chi sia o meno il mio amante, a differenza di alcuni, io vado davvero a lavorare...” annunciò e marciò verso la porta. Prima di uscire, rivolse un ultimo sguardo alla sala: “Andatevene tutti al diavolo!” squittì e si sbatté sonoramente la porta alle spalle.
Neville, Santiago ed io ci scambiammo uno sguardo, ma scossi il capo in un muto invito a lasciarla andare. Sarebbe stato inutile seguirla in quel momento e cercare di tranquillizzarla, al contrario c'era il rischio di esacerbare ulteriormente il suo stato d'animo.
Lasciò dietro di sé un silenzio assai teso, che fu infranto solo da Riddle che stava battendo le mani platealmente, lo sguardo ancora rivolto a Percy e a Zacharias.  “I miei complimenti, signori” sibilò. Notai che lanciò anche una fugace occhiataccia in direzione di Christian che era notevolmente accigliato. “Posso promettervi che la vostra brutta giornata è appena iniziata...” sorrise come se stesse pregustando ciò che aveva in mente. “Vi voglio nel mio ufficio entro cinque secondi”.
“S-Signore” tentò Rankin per l'ennesima volta con voce quasi piagnucolosa.
Neppure finse di averlo udito ma indicò con le dita lunghe l'orologio appeso alla parete e continuò a contare in tono minaccioso: “Quattro, tre...”
I due, seppur ancora pallidi e con aria simile a quella di due condannati verso il patibolo, si precipitarono verso l'ufficio, mentre il nostro principale percorreva la distanza in passi lievi e calcolati, quasi volesse prolungare la loro agonia con quell'attesa. Si fermò, tuttavia, prima di varcare la soglia dell'uscio: “Paciock?” lo richiamò.
“Sì, Signore?”
“Anche se non lo dico spesso, apprezzo la lealtà e la vera amicizia. Cento punti per lei e il mio sincero ringraziamento” ammorbidì la voce sul finale e gli rivolse un cenno del capo che riuscì a farlo sorridere come non mai. “Voialtri, finite di preparare la sala per le colazioni” concluse con un cenno brusco in nostra direzione.
“Sei stato meraviglioso, Neville!” gli dissi con un sorriso orgoglioso.
“Cento punti!” commentò in tono visibilmente emozionato. “E quel sorriso! Perché era un vero sorriso, non ho avuto le allucinazioni, vero?” mi domandò, strappandomi una risatina. Con la coda dell'occhio vidi Santiago dirigersi verso il bancone e sbattere la cassa sullo stesso, rivolgendo uno sguardo torvo a Christian, le mani appoggiate sui fianchi.
“Non adesso, Santiago!” lo rimproverò blandamente Leon. “Non creiamo altri problemi a Riddle”.
Il ragazzo, suo malgrado, dovette annuire, ma rivolse all'altro uno sguardo sferzante: “Ne parliamo alla fine del turno: ti offro una birra” alluse alle bibite nella cassa. Ero quasi certa che ciò che realmente intendeva era che avrebbe desiderato spaccargliela in testa. Sembrò intuirlo anche Christian che appariva piuttosto seccato, ma riprese a pulire energicamente il bancone e senza più rivolgere lo sguardo ad alcuno. Da parte mia, aiutai Susan a preparare i tavoli, ma continuai a riflettere sulle assurde teorie di Percy e di Smith e sulla reazione accesa di Amy che lasciava intuire che le punzecchiature di Christian dovessero averla esasperata più di quanto avevo realizzato dai suoi racconti.  Una cosa era certa: nessuno di noi avrebbe potuto dimenticare quell'episodio e tanto meno le urla di Riddle contro i due maligni pettegoli che avevano stabilito un record per lunghezza e intensità.
 
~
 
 
Bradley aveva provato a chiamarmi diverse volte, ma soltanto in serata, dopo aver sbollito la rabbia ed essermi sfogata con le mie amiche su Skype, avevo risposto e acconsentito a rivederlo il giorno successivo. Si erano divertite nel sentirmi ripetere alcune frasi salienti della discussione (“Aw, la vostra prima lite!” mi aveva punzecchiato Morgana), mi avevano spronata a considerare che lui fosse mosso da ottime intenzioni e da un sincero affetto, anche se le maniere erano state, a tratti, piuttosto brusche (“Meglio così,” aveva commentato Amy per smorzare i toni, “sembrava davvero troppo perfetto per essere vero!”). La nostra conversazione si era decisamente alleggerita quando Morgana mi aveva raccontato della sua prima collezione di abiti invernali a cui stava lavorando, mentre Amy aveva decantato le lodi di una nuova conoscenza, un certo Alexander Vahlos e, per compensazione, mi aveva raccontato qualche battibecco con Christian Coulson. Avevo l'impressione che l'episodio con Percy e le stoviglie gettate a terra avesse aperto uno spartiacque nella mia mente: il ragazzo educatissimo, silenzioso e garbato sembrava ancora latente, ma con Amy emergeva un lato molto più burrascoso e sarcastico. Morgana, in privato, mi aveva confidato di non riuscire più a capire che cosa le stesse accadendo: nonostante avesse iniziato a frequentare Alexander, sospettava anche un flirt con Santiago (al quale, talvolta, aveva prestato aiuto come babysitter della figlia) e sosteneva che quell'astiosità con Christian celasse ben altro sentimento.
“Io non ci sto capendo più niente!” aveva concluso in tono esasperato. “Ma sei sicura che a te non abbia detto nulla? Le hai giurato che non mi avresti detto niente, di' la verità!
“Morgana, devo ricordarti che sei tu quella che abita nella stessa città?”
“Non importa, tanto lo scoprirò”.
 
Sorrisi ancora al ricordo, ma mi costrinsi a finire di prepararmi: Bradley sarebbe arrivato entro pochi minuti e volevo assicurarmi che fosse tutto in ordine. Mi ero sorpresa a sollevare molte volte la mano verso il mio collo e a scoprirmi “nuda” in assenza del ciondolo che avevo indossato per tutta l'estate. Ero più che mai determinata a restituirglielo, a prescindere dall'esito di quella conversazione. Era un nervosismo diverso quello che provavo solitamente al pensiero del suo arrivo, ma mi affrettai ad avviarmi alla porta quando suonò il campanello.
“Ciao” mi salutò con un sorriso impacciato. “Posso entrare?”
“Certo” risposi cordialmente e mi spostai dal vano della porta. “Posso offrirti qualcosa?” gli proposi per pura proforma, ma lui scosse il capo. Lo guidai verso il soggiorno e gli indicai il divano, ma lui preferì restare in piedi.
“Mi dispiace davvero: avevi ragione” esordì con un sospiro. “A prescindere dalle mie opinioni, avrei dovuto lasciarti il tempo di spiegarti”.
“Grazie” sussurrai e mi distesi in un sorriso più sincero. “Lo apprezzo, ma anche io ho sbagliato: mi sono subito messa sulla difensiva e ho reagito impulsivamente come non accadeva da un po'” mi ero ritrovata a riflettere. Era come se, inconsciamente, mi fossi sempre sforzata di dare il meglio di me davanti a lui, ma sapevo che, con il tempo, le nostre difese avrebbero dovuto abbassarsi e mostrare i nostri difetti, se volevamo stabilire un rapporto veritiero.
Annuì e sembrò lui stesso riflettere sulla questione. “ E' un aspetto di te che mi incuriosisce, ma spero di non scoprirlo sempre sulla mia pelle” soggiunse in un fugace sorriso per smorzare la tensione. Si avvicinò, continuando a osservarmi attentamente, prima di riprendere il discorso con maggiore solennità. “Voglio solo che tu ricordi che io sono sempre dalla tua parte e se tu sei davvero convinta della tua decisione, allora ti sosterrò totalmente, hai la mia parola”. Concluse e mi appoggiò la mano sulla spalla.
Lo ringraziai, ma quelle parole, per qualche motivo, mi fecero stare persino peggio. Mi lasciai cadere sul divano e scossi il capo. Mi guardò con aria confusa e sedette al mio fianco e attese paziente che mi spiegassi meglio. “E' assurdo, ma devo ammettere che il motivo per cui mi sono arrabbiata tanto, è che avevi maledettamente ragione” confessai con un sospiro.
Notai una contrazione delle labbra e immaginai che si stesse trattenendo dal sorridere con un certo divertimento. Sollevai la mano come a bloccarlo: “Se osi dire qualcosa di simile a «te lo avevo detto», giuro che-”
Scosse il capo e mi sorrise più dolcemente: “Lungi da me farlo, promesso”. Si era fatto nuovamente serio. “Tu sai per quale motivo ero tanto spiazzato dalle tue parole?”
“Perché sei fin troppo intuitivo?”
“Non solo” replicò con un ammiccamento e lo vidi cercare qualcosa nella sua borsa. Ne estrasse un faldone che mi era fin troppo familiare e non potei fare a meno di sorridere, pur con un familiare rossore di imbarazzo a sfiorarmi le guance.
“L'hai letto...” mormorai e mi mordicchiai il labbro inferiore.
“Fino all'ultima pagina” mi assicurò e indicò il plico del secondo racconto. “Credo che la tua protagonista non sia poi così confusa, ma piuttosto bloccata dalla paura e dal salto nel vuoto che in fondo al proprio cuore sa di desiderare”.
Annuii e sollevai lo sguardo al soffitto, quasi cercando le parole successive. “A volte vorrei che la mia vita fosse un romanzo scritto da qualcuno che ha le idee chiare...” gli confessai.
“Potrà diventarlo, ma non ci sarebbe autrice più adatta di te a questo compito e non lo dico solo perché chiaramente stravedo per il personaggio che mi somiglia” soggiunse, strappandomi un sorriso, nonostante il tipo di conversazione. Mi cinse la mano e lo lasciai fare. Anzi, mi aggrappai a quel contatto, perché forse, al di là di tutto, ciò di cui avevo realmente bisogno era la consapevolezza che avrei potuto sbagliare e cadere disparate volte. Ci sarebbe stato qualcuno vicino, pronto a sostenermi, farmi da cuscinetto o, quando necessario, spronarmi a tentare.
Si alzò dopo qualche istante con aria pensierosa. “Hai già pagato l'affitto per tutto il mese?” mi domandò.
Inarcai le sopracciglia alla domanda e lo guardai confusamente prima di annuire.
Sorrise. “Allora prenditi questo mese: io dovrò comunque restare qui e potremmo farci compagnia a vicenda” propose con tono così carezzevole da farmi scivolare un brivido lungo la spina dorsale. “Cosa ancora più importante, potrai continuare i tuoi studi per il test di ingresso e chissà che magari non si sblocchi l'ispirazione per dare alla tua protagonista il finale che merita. Forse questo ti aiuterà a schiarirti le idee, ma da parte mia prometto di non tornare sull'argomento, a meno che non sia tu a chiedermelo. Che ne dici?”
Un sorriso si fece prepotentemente strada sulle mie labbra. “Mi avevi già convinta alludendo al fatto che resterai qui per lavoro”.
Lasciai che mi aiutasse a rialzarmi e che mi cingesse.  Mi rilassai nel suo abbraccio, affondai il volto contro la sua spalla e cercai di ignorare, almeno per un po', i miei dubbi e le mie ansie.
“Posso considerarmi ripristinato nel mio ruolo di Cavaliere?” mi domandò, scostandomi i capelli dal viso. “Sai, l'armatura mi sta davvero troppo bene” mi fece presente, enfatizzando sulle ultime parole con uno scintillio complice nello sguardo.
Sorrisi, pur con un briciolo di vergogna e di rimorso. “Perdonami, è stato un colpo basso”.
“Per la cronaca, l'avevo già fatto.” mi disse con un buffetto sul naso. “Temo che non sia così per il mio stupido cavallo bianco” aggiunse con aria fintamente drammatica al pensiero.
Sospirai. “Cosa potrei fare per lui?”
“Sarebbe molto felice se mi portassi in giro per la città e se ti esercitassi nell'insegnamento con me: sarei davvero felice di imparare qualche parola di italiano”.
“Tipo Giuliano de’ Medici?” gli domandai con un sorriso dispettoso.
Sorrise con aria affettata: “L'ho pronunciato in modo così terribile?”
Simulai un'espressione profondamente concentrata. “Dovrei risentirlo”.
Sospirò, ma obbedì e non potei che sorridere all'evidente inflessione inglese che faceva cadere erroneamente l'accento sulla seconda sillaba, anziché sulla prima.
Dovetti prendermi un istante per imitarne lo sguardo suadente che mi aveva rivolto al nostro primo incontro e avevo inclinato il viso di un lato. “Sei davvero molto gentile e permettimi di aggiungere che hai un accento adorabile, Milord” gli dissi, proponendo le stesse parole che mi aveva rivolto quella sera.
Colse l'allusione e ridacchiò, prima di incrociare le braccia al petto. “Credo che mi cercherò un'altra insegnante, dopotutto”.
“Non provarci neppure!” lo ammonii ma lo abbracciai di mia iniziativa. Estrassi dalla tasca la collana e gliela misi al collo.
“Sicura di non volerla più tenere?”.
Su molte cose non avevo ancora una risposta definitiva, ma non in quel caso: sembrava che le parole fossero sempre state trattenute dentro di me, da quando era entrato nell'auditorium dell'Accademia di Glasgow. “Non ne avrò bisogno, se sarai qui”.
Mi sfiorò la gota delicatamente: “E' una promessa”.
 
 
~
 
Il giorno successivo Morgana aveva insistito perché facessimo colazione al pub: nonostante il racconto dettagliato che avevamo fornito Amy ed io, sembrava volersi “gustare” l'atmosfera. La diretta interessata, d'altro canto, aveva accettato solo ed esclusivamente per riprendere la conversazione interrotta con Riddle. Da parte mia, rielaborando il tutto, ero giunta  a questa conclusione: “Il mio primo giorno di lavoro porta sempre sfiga[13]”.
Christian, dietro il bancone, non aveva battuto ciglio, ma aveva interagito cordialmente con Morgana prima di iniziare a preparare le nostre colazioni. Amy, d'altro  canto, dopo esser andata nelle cucine per ringraziare Neville, era tornata nella sala principale e non aveva fatto in tempo a sedere che Percy e Zacharias le si erano avvicinati con espressione estremamente tesa e informale.
“Volevo dirti che mi rincresce davvero di quello che è successo ieri” commentò Rankin e mi parve di scorgere un reale pentimento nella sua voce e molta meno petulanza del solito. Sicuramente aiutava che Riddle avesse previsto per lui e per Smith le mansioni più sgradite quali la pulizia dei bagni dei dipendenti e dei clienti, lo scarico delle merci sotto la direzione dei magazzinieri e la pulizia serale del locale, oltre al gettare la spazzatura, premunendosi di farne la raccolta differenziata. 
“Siamo stati inopportuni e maligni” aggiunse Zacharias con notevole sforzo.
“Ah sì?” domandò Amy, le braccia incrociate al petto e lo sguardo scettico. “E vi dispiace davvero o è solo perché Riddle vi costringe a dirlo?” domandò in tono sprezzante. Non diede neppure loro tempo di replicare che continuò: “Siete sempre stati i primi a fare rapporto sulle inerzie degli altri, ma quando si tratta di assumervi le vostre responsabilità, vi rivelate solo dei luridi vigliacchi! Mi fate schifo!”
“Senti, se non vuoi accettare le nostre scuse-” ribatté Smith in tono più stizzito e quasi rancoroso, ma fu interrotto da Percy che lo indusse a tacere e sollevò la mano in sua direzione.
“Ne hai tutto il diritto...” intervenne con voce più composta ed evidentemente a disagio. “Ma spero sinceramente che un giorno tu possa ricrederti sul mio conto”.
Personalmente non potei fare a meno di scambiare uno sguardo sorpreso con Morgana: era la prima volta che Rankin mi sembrava realmente impegnato a giudicare criticamente il proprio comportamento.
Amy stessa sembrò pensare qualcosa di simile, ma la sua espressione si incupì e si irrigidì. “Hai detto qualcosa, Coulson?” interpellò il ragazzo che stava finendo di sciacquare alcune stoviglie. Lui non diede neppure segno di sentirsi “colpevole” e si strinse nelle spalle, ma evitò di guardarla.
“Affatto.” replicò con la consueta calma. “Non ho nulla da dire”. 
Susan, poco distante, guardava in tutt'altra direzione e sembrava pregare silenziosamente che Amy non la mettesse nel mezzo. Personalmente, avevo notato, con la coda dell'occhio, che il ragazzo in questione stava assistendo alle scuse dei due accusatori e aveva borbottato tra sé e sé qualcosa di simile a: “Vuoi anche che si mettano a strisciare?”.
Era palese dall'espressione sul viso di Amy che non avrebbe lasciato correre, neppure quando Morgana ed io provammo a convincerla a sedersi al tavolo e a gustarsi la colazione. Si diresse con rapidi passi verso il bancone mentre Rankin e Smith, dopo aver esitato qualche istante, tornavano alle loro incombenze.
Sospirai, indecisa se provare a intervenire, ma Morgana scosse il capo: “Credimi, sarebbe inutile: hanno troppe questioni irrisolte... e nessuna camera affittata. Per ora.” aggiunse con un sorrisino più vispo.
“Ho capito bene?” domandò Amy in tono evidentemente stizzito. “Non pensi di dovermi dire qualcosa, invece? Magari porgermi le tue scuse?” lo incalzò e sottolineò le ultime parole con voce più stridula.
Il giovane chiuse il rubinetto dell'acqua e finalmente la scrutò. Aveva le sopracciglia inarcate a simulare un'espressione perplessa e basita e il volto inclinato di un lato: “Le mie scuse?” scandì quelle parole, quasi volendo assicurarsi di aver compreso bene.
“Sto aspettando” ribadì Amy e incrociò le braccia al petto.
Christian sbatté le palpebre e scosse il capo lentamente mentre Susan, evidentemente intimorita, si allontanava per cominciare a pulire i tavoli sporchi, giusto per fare qualcosa nel frattempo.
“E perché mai dovrei?” la interrogò, dopo aver appoggiato le mani sulla superficie del bancone che li divideva. “Io non c'entro niente, non ho pronunciato una parola ieri: anzi, sei tu che mi hai messo nel mezzo e sei tu che dovresti scusarti con me”.
“E' anche meglio di quelle soap turche per cui va pazza tua madre[14]” commentò Morgana con un sorrisetto, girando la sedia di modo da seguire la scena.
“Il Sagittario ha ancora la luna in Marte” commentò la coinquilina di Amy, come se ciò potesse giustificare tutto. 
Da parte mia, avevo abbandonato la mia colazione e non riuscivo a fare a meno di continuare a seguire quel dialogo.
Cosa hai detto?!” domandò Amy con voce persino più stridula per l'incredulità.
Christian sembrava altrettanto caparbio perché annuì e continuò la sua spiegazione con lo stesso cipiglio incupito: “Per colpa tua, il tuo amichetto latino ha provato ad attaccare briga con me e a mettermi le mani addosso!” iniziò con tono indignato. “Riddle mi ha convocato e mi ha fatto una sfuriata e sono di nuovo fuori dalla classifica del mese”. La fissò con un sorriso sarcastico. “Quindi, lo ripeto: non hai nessun diritto di aspettarti delle scuse dal sottoscritto, casomai è il contrario”.
Vidi Amy stringere i pugni lungo i fianchi e sembrò persino tremare per la rabbia. “Peccato che Santiago non ci sia riuscito!” rimbeccò in tono velenoso. “E' evidente che non hai imparato la lezione: sei persino peggio di quei due lecchini!” alluse a Percy e a Smith. “Ti fingi una brava persona, ma sei il peggiore dei villani e, come se non bastasse, sei persino misogino e razzista! Spero che Sean capisca che razza di persona sei e che-”
“Amy!” ero intervenuta, tirandola via per il braccio. “Smettila, c'è Madama Bumb” aggiunsi a suo beneficio tra i denti, ma rimasi sconvolta di fronte al repentino cambiamento sul volto del ragazzo. Un guizzo di rabbia fulminea era lampeggiato nelle sue iridi azzurre che sembravano esser divenute più fosche. La mascella era serrata e il pugno era stretto in evidente tensione. L'ultima volta che avevo scorto tale stato d'animo, aveva gettato per terra delle stoviglie e tuttora non riuscivo a spiegarmi tale gesto in modo razionale, anche se Percy lo aveva provocato più volte. Sembrò faticosamente tornare in sé alla vista di nuovi clienti.
La mia amica mi seguì ma esibiva un'espressione scornata per essere stata interrotta nel mezzo della discussione, ma dubitavo che tra lei e il ragazzo sarebbe potuto emergere qualcosa di costruttivo, soprattutto con una simile disposizione d'animo. Non ebbe neppure il tempo di sedersi per consumare la sua colazione perché Madama Bumb le riferì che Riddle l'attendeva nel suo ufficio.
“La situazione stava sfuggendo di mano” sussurrai con uno scuotimento del capo, alludendo a Christian.
“Non penserai che sia pericoloso, vero?” mi domandò Morgana con le sopracciglia aggrottate.
“No, non è questo, ma quando si arrabbia sembra trasformarsi come...  come se cedesse al lato oscuro della Forza” cercai di spiegare, gesticolando animatamente e ricorrendo a una metafora piuttosto eloquente del mondo di Star Wars.
“Lato oscuro di cosa?” mi domandò Luna e ancora una volta invidiai la sua apparente imperturbabilità.
La moretta sembrò volermi tranquillizzare. “Non è necessariamente una cosa negativa che sia passionale: non dimenticherò mai quanto fu sexy vedere Sean stendere Tom”.
Scossi il capo e gettai nuovamente un'occhiata in direzione del giovane: seppur fosse concentrato sul suo lavoro, i suoi movimenti apparivano più rigidi del solito. “Spero solo che trovino un modo civile per parlarsi prima o poi...” sospirai.
“Te lo dico e te lo ripeto: è solo questione di tempo” sentenziò Morgana.
“Se aggiungi qualcosa su una camera vuota, ti schiaffeggio io per lei” le dissi con un sorriso sarcastico, prima di controllare l'orologio e sussultare. Era più tardi di quanto avevo previsto e non avevo idea di quanto tempo ci sarebbe voluto per recarmi all'Università di Glasgow e sbrigare le pratiche burocratiche per l'iscrizione al master[15]. “Devo scappare: l'aspettate voi?” allusi alla nostra amica e lasciai loro la mia parte del conto.
Morgana annuì. “Non preoccuparti per lei, ci aggiorniamo dopo”.
“A più tardi”.
 
~
 
L'ingresso familiare dell’edificio era deserto: come un luogo del tutto privato della sua anima. Non riuscivo a capire per quale motivo mi trovassi in quel posto, con il cielo stellato e la luna piena la cui luce fatiscente era soffocata dalle nubi attorno a essa.
Non avevo timore tuttavia: avevo la certezza che nulla mi avrebbe ferito, fino a quando fossi rimasta entro quelle mura.
C'è qualcuno?” domandai e la mia voce riecheggiò nel corridoio. Mossi qualche passo e la mia vista a poco a poco si abituò alla penombra.
Ripetei la domanda ma sembrò vana. Mi lasciai guidare dall'istinto e camminai lungo la scalinata per raggiungere una meta ben nota. Sgranai gli occhi, tuttavia, quando mi ritrovai in una stanza circolare, rischiarata solo da delle candele sospese in aria, come per opera di qualche magia. Di fronte a me vi era una parete con tre porte forgiate in modo identico, con la stessa maniglia, analoghe dimensioni e colore di vernice. L'unico segno distintivo era il numero romano impresso su un cartello sopra le stesse[16].
“Benvenuta”
Trasalii per la sorpresa, ma un sorriso mi increspò le labbra. Dopotutto, era logico trovarmelo di fronte.
O forse farei meglio a dire, bentornata” mi sorrise e allargò le braccia in un implicito gesto di accoglienza.
“Professor Silente, è davvero lei?” domandai in tono confuso. Naturalmente avevo riconosciuto l'Accademia di Glasgow, ma la mia mente continuava a dirmi che lo era solo in apparenza.
Mi sorrise e riconobbi lo scintillio vivace negli occhi azzurri: “Mia cara, sappiamo entrambi che questo non ha la benché minima importanza, fin quando mi considererai una guida”.
“Non ho mai fatto un sogno simile” mi sentii dire.
“No, infatti, ma sono onorato che tu mi abbia scelto come tuo Virgilio”commentò con la consueta serenità. “Immagino che tu abbia notato l'esatta uguaglianza tra le porte”.
Annuii. “Ma immagino che abbiano tre diverse destinazioni”.
“Quali pensi che siano?”
Mi domandai se dalla mia risposta sarebbe dipeso tutto, ma pronunciai le prime parole che mi erano venute in mente. “Passato, presente e futuro.”
Sorrise. “Dickens ne sarebbe orgoglioso, immagino. La tua ipotesi è corretta, ma al contempo no” rispose con semplicità.
Aggrottai le sopracciglia e mi avvicinai, quasi sperando che una visione ravvicinata potesse svelarmi degli ulteriori dettagli, ma scoprii che non potevo avvicinarmi.
“A volte il modo migliore di andare avanti è fare un passo indietro”.
“Bradley” mormorai, ricordando che lui stesso aveva pronunciato una frase simile. Mi guardai attorno e mi mordicchiai il labbro, quasi sperando di scorgerlo.
“Non è qui” confermò e mi si avvicinò per appoggiarmi la mano sulla spalla. “Come ti dicevo: in un certo senso hai indovinato. La prima porta apre una breccia sul tuo passato. Riesci a indovinare quale persona lo incarni davvero?”
Esitai un solo attimo. Non perché non immaginassi la risposta, ma perché la temevo.
“Matteo” sussurrai.
“Esattamente. Tutti i tuoi dubbi e le tue domande irrisolte su quale sarebbe potuta essere la tua vita, se aveste fatto scelte diverse e aveste potuto disporre di un'occasione concreta” mi illustrò. Indicò la porta centrale. “Questa rappresenta una breccia di un tuo presente alternativo, ben diverso da quello odierno. Ed è associata a un'altra persona”.
Sentii una morsa all'altezza dello stomaco e un disagio persino peggiore nel pronunciare il secondo nome.  “Tom”.
Fece un cenno di assenso con la testa. “Cosa sarebbe accaduto se Tom non ti avesse regalato quel libro? Se avesse affrontato Emma onestamente, se tu non avessi deciso di prendere le distanze da lui e non avessi aperto uno spiraglio a Bradley?”.
Mi morsi il labbro inferiore e mi presi un solo istante per immaginare un futuro radioso per il ragazzo, ma non avendo alcuna certezza sul fatto che avremmo potuto essere una coppia solida e ben aggregata. Dubitavo istintivamente che avrei potuto mostrargli anche la mia fragilità e i miei pensieri più intimi. Rivolsi uno sguardo insieme timoroso e speranzoso verso la terza porta. “Il futuro che potrei avere con Bradley?” domandai.
Lo sguardo azzurro sembrò rilucere in modo misterioso. “Sì e no”. Sorrise bonariamente al mio moto di impazienza.
“Per favore, mi spieghi” lo esortai.
“Quella porta rappresenta ciò che sarebbe potuto accadere se Bradley ti avesse concesso di seguirlo a Londra e se non vi foste separati negli ultimi mesi”.
Istintivamente sollevai la mano a cercare il ciondolo della sua collana, ma aggrottai le sopracciglia nel notare che non la indossavo. Un profondo silenzio cadde tra noi ma l'uomo non sembrava avere alcuna intenzione di infrangerlo e tanto meno avere fretta di congedarsi.
“Immagino di dover passare da una di queste porte” mormorai più a me stessa che a lui. Forse uno spiraglio dei tre possibili fati avrebbe reso più facile la mia decisione? Mi avrebbe confermato che nel tempo avevo fatto le scelte giuste? Mi avrebbe aiutato a uscire da quell'impasse e vivere più serenamente il mio presente o correggere il tiro per avvicinarmi al futuro che mi era realmente assegnato.
“Credi che ognuno abbia un futuro già scritto?” mi domandò con profonda serietà e quella domanda parve persino più importante della precedente.
Sospirai. “Credevo che lei fosse qui per darmi risposte, non per alimentare i miei dubbi e le mie perplessità” non potei fare a meno di fargli notare.
Ridacchiò. “Deve essere particolarmente frustrante: avere in sé il potenziale per qualsiasi decisione, ma sentirsi inermi e bloccati”.
“Non credo che il destino sia scolpito nelle pietre” mormorai, ricordando le parole di Luna e le sue ammonizioni affinché non prendessimo troppo sul serio le sue “predizioni”. Mi ricordavano una teoria sociologica che avevo studiato accuratamente circa la possibilità che l'uomo sia in grado di far avverare o meno una  “previsione”, semplicemente convincendosi che qualcosa sia realizzabile o meno e modificando il suo comportamento, in modo tale da causarla o da prevenirla concretamente[17]. “Ma ammetto che spesso e volentieri mi sono consolata a questa idea”.
“Spaventa molto di più rendersi conto di essere i responsabili del proprio avvenire” rifletté lui in tono comprensivo e addolcito.
“Una delle tre porte” ripetei tra me e me.
 
“Io ti avrei detto di scegliere la prima!” affermò Amy dalla schermata di Skype. “Mi fa male al cuore il pensiero che tu e Matteo non abbiate mai avuto realmente un'occasione” rivelò. “Anche se Bradley ha fatto la cosa giusta, ammetto che sarebbe stato curioso anche scoprire cosa sarebbe accaduto se foste stati a Londra insieme”.
“Una cosa è certa... ” intervenne Morgana al suo fianco con un sorriso ironico. “Nessuna di noi avrebbe voluto che scegliessi la seconda porta, se non per fare un confronto e ringraziare nuovamente il cielo per l'arrivo di Bradley”.
“Allora, quale hai scelto?” mi incalzò l'altra, dopo aver annuito con vigore.
Mi strinsi nelle spalle. “Mi sono svegliata in quel momento”.
Amy si lasciò sfuggire un'imprecazione e Morgana aggrottò le sopracciglia: “Non mi sembra una gran perdita: a meno che tu non possegga un dono, sarebbero state solo le suggestioni del tuo inconscio”.
“Non saprei. Vi ho raccontato di quante volte ho avuto dei sogni premonitori? Anche Luna non li sottovaluta, anche se preferisce i segni zodiacali e i moti dei pianeti o quello che è...” cercò di spiegare Amy.
Da parte mia, volevo mantenere la mente abbastanza “aperta” da poter accettare che c'erano fenomeni che non saremmo mai stati in grado di spiegarci, neppure attraverso le affermazioni della scienza, della psicologia e della religione.
“Hai sognato quel Principe misterioso per mesi” ricordò Morgana con le sopracciglia inarcate.  “Forse ti sarà concessa una seconda occasione: sai già quale sceglierai a quel punto?”
“In tutta onestà?” domandai e scossi il capo. “Credo che, se avessi la certezza di poter tornare indietro, aprirei tutte le porte”.
“Che sarebbe come imbrogliare” sottolineò Amy. “Meglio di Being Erica[18] comunque!”
“A meno che non si tratti di una rivelazione: hai coltivato per mesi una passione segreta per Silente, alla faccia di Tom e Bradley” dichiarò Morgana in tono così serio e speculatore che non potemmo che scoppiare a ridere tutte e tre.
“A proposito di Bradley, vi state frequentando?” mi incalzò l'altra con un sorriso più allusivo.
“Lavora tantissimo” precisai. “Ma è sempre premuroso nei messaggi. Pensavo di portarlo in gita da qualche parte se avrà il weekend libero, per fargli vedere i luoghi in cui sono cresciuta, l'Università in cui mi sono laureata...”
Amy sembrò illuminarsi, come colta da un pensiero. “Prima o poi comunque dovremmo organizzare una vacanza tutti insieme”.
“Oh, sì, Sara sta fremendo all'idea di conoscere Alexander” la punzecchiò Morgana che sollevò gli occhi al cielo. “Così le farai l'elenco anche di persona di tutti i suoi attributi”.
“Beh sì, vorrei presentarglielo e allora?” sbottò l'altra, evidentemente risentita dalla sua reazione. “Finalmente incontro qualcuno di decente e perché non dovrei essere contenta di farglielo conoscere?”
Morgana non sembrò affatto sentirsi in colpa, ma le appoggiò la mano sulla spalla: “Ti do lo stesso consiglio che diedi a lei con Bradley: attenta a non idealizzarlo troppo”.
L'altra sembrò insieme indignata e preoccupata. “Non pensi che abbia già incontrato abbastanza casi umani per una vita?”
Si strinse nelle spalle. “Ho solo le mie idee” si schermì.
“Spero tu non alluda ancora a Riddle” commentai io con una risatina.
“Magari dovresti passare a lei il tuo sogno, sono ancora convinta che in una realtà alternativa sarebbero stati una gran bella coppia... o sarebbe stato un bel altro tipo di mentore”.
Risi alla faccia arrossata di vergogna e di sdegno di Amy e mi divertii a lasciarle battibeccare per qualche minuto, prima di chiedere loro gli aggiornamenti sulle loro carriere. Fui grata che non mi chiedessero se mi ero già schiarita le idee in merito all'insegnamento.
Abbassai lo schermo del portatile e rimasi a osservare un punto indefinito di fronte a me, ma mi riscossi al tonfo alla porta. Inarcai le sopracciglia, facendo mente locale e cercando di stabilire se potesse trattarsi del corriere con un pacco da parte della mia famiglia.
Fu invece con lieta sorpresa che scorsi Bradley sulla soglia, sorridente e ben curato come sempre, malgrado si notasse la stanchezza.
“Hey, come è andata?” gli domandai di impulso, spostandomi dal vano affinché potesse entrare.
“Hai del vino?” mi domandò con un sopracciglio inarcato e ridacchiai per risposta. Mi sorrise: “Che ne diresti, invece, di andare a cena da qualche parte? E' una serata incantevole, ma a una sola regola”.
“Sentiamo” lo incoraggiai in tono insieme curioso ed entusiasta alla prospettiva. Firenze era persino più incantevole al calare del sole.
“Non si parla di lavoro e neanche di studio”.
“Credo che sarebbe perfetto ed è quello che mi ci vuole, ma devi darmi tempo di cambiarmi” allusi alla tenuta domestica, tutt'altro che elegante. “Ti verso quel bicchiere di vino intanto”.
 
~
 
Amy, durante la cena, ci aveva raccontato con dovizia di dettagli della conversazione privata con Riddle: si era lamentata esplicitamente del fatto che Christian non si fosse scusato a sua volta. L'uomo l'aveva ascoltata pazientemente, ma le aveva anche riferito la giustificazione del ragazzo: aveva chiarito che i loro dissidi personali erano nati in ben altro contesto e circostanze e, per tanto, non aveva alcuna disciplina al riguardo. Tuttavia aveva ammonito lui e Santiago per la loro discussione accesa nel magazzino. L'aveva infine pregata di evitare nuove dispute durante l'orario lavorativo dei dipendenti nonché dei loro colloqui per definire il progetto di restauro del locale. All'uscita dall'ufficio, mi aveva anticipato Morgana, la ragazza aveva scambiato uno sguardo colmo di rancore con Christian ed era stato piuttosto evidente che la loro questione fosse tutt'altro che risolta.
“So che Christian in più occasioni si è comportato male con te” commentai alla fine del racconto, dopo aver sorseggiato il mio caffè. “Ma credo che Riddle abbia ragione: devi cercare di concentrarti sul tuo lavoro e lasciarlo perdere”.
“Ignorarlo, certo...” ribatté in tono ironico. “Facile a dirsi, peccato che Sean ormai lo inviti ovunque. Ha davvero trovato un rimpiazzo perfetto per Tom[19], spero che lo mandi presto al diavolo”.
Morgana fece spallucce. “Che posso dire? Evidentemente gli piacciono i tipi poco socievoli” convenne con un sorriso divertito. “Ma tanto per chiarire: io non c'entro nulla con l'origine della loro bromance”.
“Pensa che mi ha persino sgridato perché non ci vado d'accordo” rincarò la dose Amy. “Continua a dirmi: ma come fai a non andarci d'accordo? E' così a modino!” ne imitò l'accento scozzese, facendomi ridacchiare. “Il tuo ragazzo è di un'ingenuità imbarazzante!” concluse in direzione di Morgana.
Quest'ultima strinse le labbra. “Forse Christian ha una cotta per lui: non eri sicurissima che fosse gay fino a pochi mesi fa?” le fece notare in tono sarcastico.
Scossi il capo, dopo un attimo di riflessione personale. “Non conosco molto bene Christian, ma non mi sembra il tipo che si compiace delle attenzioni altrui, tanto meno un manipolatore. E a dirla tutta non credo neppure che sia misogino o razzista”.
La moretta annuì. “Neppure io, ci sei andata giù pesante sul finale”.
L'altra divenne di un colorito acceso per l'indignazione ma scosse il capo. “Mi ci manca solo di sentirvi prendere le sue difese!” borbottò in tono stizzito. “Anzi, non voglio più sentirlo nominare per stasera!” sancì e accese la televisione per cominciare a fare zapping.
“Se pensi di poterci riuscire” la punzecchiò Morgana e ignorò il mio sguardo di rimprovero.
L'atmosfera si era decisamente distesa attraverso le gesta della squadra di detective protagonisti di Brooklyn 99 e ci stavamo godendo quella maratona, prima che sentissimo i tonfi alla porta di ingresso. Amy inarcò le sopracciglia e poi sorrise tra sé con un lieve scuotimento di testa: “Questa è Luna che, come sempre, si dimentica le chiavi” convenne tra sé e sé, andando ad aprire. Penny, che fino a quel momento stava giochicchiando con un pupazzo di gomma, si era sollevata dalla sua postazione e l'aveva seguita, la coda ritta per la concentrazione.
“Sei sempre la solita distratta!” commentò in inglese, prima di schiudere l'uscio, ma il suo urletto ci fece sussultare e sollevare dal divano con uno scatto, affrettandoci a raggiungerla.
Sgranai gli occhi quando riconobbi il ragazzo alla porta che, approfittando della sorpresa di Amy, era entrato nel soggiorno. I suoi lineamenti erano nuovamente resi rigidi dalla rabbia, aveva i pugni serrati lungo i fianchi e sembrava visibilmente agitato.
“Christian?!” lo chiamai con voce incredula.
Lui degnò appena di un cenno Morgana e me, prima di volgersi verso Amy che era divenuta rubiconda per l'indignazione e la sorpresa: “CHE CI FAI QUI?!” gli inveì contro con voce strozzata per l'indignazione. “E come diavolo hai trovato casa mia?!”.
Lui non si scompose, ma la guardò con le sopracciglia aggrottate: “Dobbiamo riprendere la conversazione di questa mattina” sancì in tono asciutto, prima di guardarci tutte con aria di sfida. “Non ho intenzione di andarmene fino a quando non avremo chiarito un paio di cose” continuò in direzione della padrona di casa.
 
 
 
To be continued...
 
 
 
Credo che questo sia stato uno dei capitoli più “litigiosi” che abbia mai scritto in questa fanfiction. Non vi nascondo che sono stata particolarmente contenta di scrivere dello scontro tra Sara e Bradley ma non per mero masochismo :P Si tratta di un tema che sento molto attuale: la sensazione di incertezza e di paura del futuro, soprattutto nella difficoltà di individuare la propria strada. Non vi nascondo di aver davvero provato un po' di invidia per chi ha sempre avuto consapevolezza di cosa avrebbe voluto fare “da grande” e ha seguito quest’aspirazione. Magari fin dalla più tenera età. Uno dei motivi per cui sono felice di aver intrapreso questa revisione era proprio per toccare questo argomento delicato. Nella prima versione, me ne vergogno al ricordo, i personaggi femminili erano ridotte a delle “first lady” dei rispettivi partner e tutto l'intrigo ruotava esclusivamente intorno alla sfera romantica, non dando spazio ad altri temi altrettanto significativi come questo. Spero, al di là delle preferenze e opinioni personali sui personaggi, di aver rimediato come si conviene :)
 
Come vi avevo annunciato, siamo in dirittura di arrivo. Non resta che l'ultimo capitolo di cui ho già delle bozze pronte, quindi cercherò di non farvi attendere troppo :)
 
Alla prossima,
Kiki87
 
[1] Per ascoltare il brano e vederne il testo originale cliccate qui
[2] La mia amica e io avevamo pensato per Riddle una storyline piuttosto commovente che vi riassumo qui brevemente per non creare una digressione troppo prolissa nel testo del capitolo. Riddle era stato un alunno dell'Accademia di Silente, uno dei più promettenti e il suo sogno era quello di diventare un attore. Era fidanzato con una ragazza molto solare, Claudia Kim (ossia l'attrice che ha interpretato Nagini nella saga di Animali Fantastici) e piena di vita che aveva il sogno di aprire un ristorante. Dopo la sua morte improvvisa, a causa di un aneurisma celebrale, e aver elaborato il lutto, lasciò l'Accademia per realizzare il sogno della giovane di aprire un ristorante.  Con la Signora Weasley, una cara amica di famiglia, in qualità di sua socia, fondò la Camera dei Segreti. Il giorno del litigio aspro con Amy era particolarmente inquieto, poiché ricorreva l'anniversario della morte di Claudia. Sybilla Thompson era studentessa dell’Accademia, sua collega di corso e da sempre invaghita di lui. Avevano smarrito i contatti dopo la sua perdita, ma si sono ritrovati in occasione dello spettacolo finale in Accademia.
[3] Si tratta dell’attore che ha interpretato Mordred nella quinta stagione di Merlin.
[4] Dell’episodio del bracciale di Amy si faceva riferimento nel capitolo 16.
[5] Giusto perché la saletta privata del pub è chiusa al momento, o non avrebbero mai tradito Riddle ;)
[6] E' una battuta tratta da Scrubs, la sitcom ambientata in un ospedale fittizio, pronunciata da Carla al ritorno dalla sua luna di miele, alludendo al rapporto quasi morboso tra il marito e il protagonista.
[7] E’ un’allusione al personaggio della dottoressa Elliot, sempre di Scrubs, la quale nei momenti di tensione e di difficoltà, soprattutto nelle prime stagioni, tendeva a nascondersi in uno stanzino e dar sfogo alle lacrime.  Altri personaggi della sitcom sono quelli citati: JD, il protagonista, l’inserviente, l’uomo che gli dà il tormento, Cox, il mentore di JD e Jordan, la compagna di Cox.
[8] Ho deciso di ricorrere al corsivo per raccontare, in forma di flashback, alcuni episodi salienti delle vicende di Sara durante l’estate, così che risaltino facilmente nel testo globale del capitolo.
[9] Leon è il nome del Cavaliere di Merlin interpretato da Rupert Young, ho dovuto lasciare il nome del suo personaggio, poiché c'era già Rupert Grint e non volevo creare confusione.
[10] Parola spagnola che significa: "Cosa?!" quando si chiedono spiegazioni.
[11] “Mi dispiace, Santiago”.
[12] Letteralmente significa "caprone" o "cornuto" ma viene usato, se i dizionari online non mi ingannano dovrebbe essere usato anche nel turpiloquio per dire: “stronzo” o “coglione”.
[13] Nel primissimo giorno di lavoro di Sara (capitolo 2) si presentano Emma e Tom e quest'ultimo fa di tutto per metterla in difficoltà. Nel primo giorno, al ritorno dalle vacanze natalizie (capitolo 10 ) ha una discussione con Amy a causa della sua separazione con Daniel e la chiacchierata avuta con quest'ultimo in Accademia. E come avete visto, alla ripresa del lavoro al pub, dopo l'estate la scenata causata dalle supposizioni di Rankin e Smith ai danni di Amy.
[14] Non me ne vogliate :P Mi capita talvolta che mia madre stia guardando le repliche di queste soap opere che danno nel periodo estivo. Spesso e volentieri i protagonisti hanno una storia d'amore travagliata e lunga ma che esordisce quasi sempre da bisticci più o meno complici.
[15] Volutamente ho omesso, per il momento, di specificare quale sia il master di Sara, vediamo se indovinate :P
[16] Mi sono in parte ispirata alla stanza circolare in cui entrano il trio magico, Neville, Luna e Ginny nel quinto libro e in parte al fatto che a Hogwarts l'illuminazione fosse legata alle candele sospese, come si vede nei film :D
[17] Si tratta della "profezia che si auto-adempie" elaborata da Merton, secondo cui una previsione si realizzerebbe solo per il fatto di essere espressa. Si era ispirato al "Teorema di Thomas" (lo so, questo nome sta ovunque :P) elaborata in precedenza da William Thomas secondo il quale: "se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze". Vi lascio il link di wikipedia se foste interessati ad approfondire. 
[18] Tra le molte cose, Evil Queen nella vita reale mi suggerisce la stragrande maggior parte delle serie tv da vedere. Una delle prime, a cui sono molto affezionata, fu proprio Being Erica, una serie canadese, andata in onda dal 2009 con protagonista Erin Karpluk. La protagonista affrontava i rimpianti della sua vita in terapia con il Dottor Tom (neanche a farlo apposta :P) che le permetteva di fare dei veri e propri viaggi nel tempo per rivivere dei momenti in cui Erica riteneva di non aver preso la giusta decisione. Ciò le consentiva di apprendere qualche nuova lezione di vita.
[19] La presunta somiglianza a cui Amy fa riferimento è legata alle maniere brusche e assai poco cordiali di Christian nei suoi confronti, che ricordano vagamente l’approccio di Tom nei riguardi di Sean e di Sara. Ma Christian ha alle spalle ben altro background e, a differenza della "mia versione" di Tom, non si compiace delle attenzioni altrui e tanto meno è il tipo di ragazzo che intratterrebbe questo tipo di interazione con una ragazza per doppi fini personali.  Lui, come scoprirete a suo tempo, prova rancore nei confronti di Amy in quanto le attribuisce la colpa di aver risvegliato, seppur non ne fosse affatto consapevole!, qualcosa di latente e doloroso.
   
 
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