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Autore: Soul of Paper    05/07/2020    6 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto procuratore]
Lo aveva baciato e gli aveva ordinato di dimenticarselo. Ma non poteva certo pretendere dagli altri ciò che non riusciva nemmeno a fare lei stessa. Imma Tataranni - Imma x Calogiuri
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nessun Alibi


Capitolo 37 - La Passione


Disclaimer: questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro. Questi personaggi non mi appartengono ma sono proprietà dei relativi detentori di copyright. Ogni riferimento a fatti, persone, luoghi o eventi realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.


“Ma… ma dove siamo?”

 

“Ancora un minuto di pazienza, dottoressa, e lo capirai.”

 

“Lo sai che la pazienza non è il mio forte, Calogiù.”

 

Le sorrise ma, dopo l’ennesima curva, le parole Circolo Ippico si fecero sempre più vicine. Sorpassarono l’ingresso e poi Calogiuri parcheggiò l’auto.

 

“Ma…” esclamò, faticando a trovare le parole, la commozione che già si impossessava di lei.

 

“Visto che non ti decidevi a venirci… ho chiesto l’indirizzo a Sabrina e…”

 

“Calogiù…” sussurrò, afferrandogli il viso per piantargli un bel bacio, “grazie!”

 

Le fece l’occhiolino, scese dalla macchina e lo vide girare intorno per aprirle la portiera, come ai vecchi tempi.

 

“Sempre cavaliere! E tra poco avrai di nuovo un cavallo!” ironizzò, per evitare di sciogliersi del tutto, quando la portiera fu spalancata.

 

E poi Calogiuri aprì il bagagliaio e ne tirò fuori due borsoni, porgendogliene uno, “dovrei aver preso tutto l’occorrente dall’armadio.”

 

“Ti sei messo a rovistare, Calogiù?”

 

“Se no come facevo a farti la sorpresa? Per fortuna ultimamente hai pure tu il sonno di pietra!”

 

“Con tutta la ginnastica da camera che mi fai fare, altro che sonno di pietra, mannaggia a te!”

 

Calogiuri, per tutta risposta, fece lo sguardo da impunito, la prese sottobraccio e si avviò verso le palazzine del circolo.

 

Furono accolti da un uomo che doveva avere più o meno trentacinque anni. Il fisico asciutto da fantino, alto poco meno di lei con i tacchi.

 

“Voi dovete essere la dottoressa Tataranni ed il maresciallo Calogiuri? Bruno Logiurato, piacere!”

 

“Di Matera pure lei, sento dall’accento.”

 

“Sì, sì. Sono andato a scuola di equitazione lì, insieme a Sabrina che era bravissima, ma pure io non me la cavavo male, eh. Ho fatto anche qualche gara. Poi però mi sono trasferito qui a Roma e ho rilevato questo maneggio. Ed eccomi qua.”

 

“Il fascino della grande città?”

 

“Più che della grande città… va beh, immagino che a lei ne posso parlare liberamente, dottoressa. Diciamo che… per me ed il mio compagno la vita a Matera sarebbe stata impossibile, per via delle nostre famiglie ma non solo. E quindi ci siamo trasferiti qui. Penso lei possa capirmi, anche se per motivi diversi,” disse con un sospiro, alternando lo sguardo tra lei e Calogiuri.

 

“Come discriminazione temo che la sua situazione sia purtroppo ben più complicata della nostra. Ma mi auguro che la mentalità cambi e che prima o poi la gente capisca che non si sceglie chi si ama e che non ci si debba più trasferire per poter vivere in pace. Anche se Roma è una bellissima città, eh, ma pure qua non è mica tutto rose e fiori.”

 

“A giudicare dai giornali no. Comunque non vi preoccupate, che da qua i giornalisti li terrò lontani, se necessario. Abbiamo una zona sul retro circondata da alberi dove potete allenarvi in tranquillità.”

 

“Grazie, ma spero che non trovino questo posto, abbiamo fatto un giro lungo apposta,” rispose Calogiuri, con un sorriso.

 

“Bene. Allora direi che possiamo cominciare. Ho sentito Sabrina e mi ha detto più o meno dove era arrivata, dottoressa. E so che lei, maresciallo, sa già cavalcare. Credo dovrete fare entrambi un po’ di pratica dopo tanti mesi ma vedrete che a breve sarete pronti a fare le passeggiate: abbiamo un bel parco.”

 

“D’accordo, ma per favore niente dottoressa e maresciallo, che siamo fuori servizio,” offrì Imma e l’uomo sembrò sorpreso, “solo Imma va bene.”

 

“Ci diamo del tu, allora? E chiamatemi Bruno.”

 

“Va bene.”

 

“Vi mostro gli spogliatoi.”

 

Imma entrò in quello delle donne, anche se al momento c’era solo lei - probabilmente visto anche l’orario - aprì il borsone e ne estrasse il completo economico da equitazione che aveva comprato da Sabrina. Trovò anche un paio di sacchetti e notò che c’era il necessario per la doccia e pure un costume da bagno. In effetti quegli spogliatoi, a differenza di quelli a Matera, avevano le docce ed almeno avrebbero evitato l’odore di cavallo sull’auto di servizio.

 

Sempre iper premuroso e previdente, il suo Calogiuri, pure dopo due anni.

 

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“Bene, bene! Prova a fare una partenza al trotto e poi una al galoppo e per oggi basta così.”

 

Imma, un po’ in apprensione, fece come richiesto, sperando di non rompersi l’osso del collo. Alba, la cavalla che le aveva dato Bruno, sembrava abbastanza docile ma in fondo non la conosceva ancora. E si sentiva molto arrugginita come muscoli.

 

Guardò per un secondo Calogiuri che annuì, prese un respiro e si decise.

 

Riuscì a fare bene il trotto e sul galoppo si tenne in equilibrio, che tutto sommato era già qualcosa.

 

“Va bene, per oggi basta così. Brava, per essere quanti mesi che non ti alleni?”

 

“Eh… più di sei mesi ormai.”

 

“Direi che va molto bene. Però dovete promettermi che cercherete di venire almeno una volta alla settimana questo mese, che ad agosto chiudiamo.”

 

“Eh… e noi saremo via.”

 

“E dove andrete?”

 

“Maiorca e Minorca,” spiegò Calogiuri.


“A Minorca ci sono dei percorsi da fare a cavallo meravigliosi. Dovete assolutamente arrivarci pronti o sarebbe un peccato. Se potete, venite pure due volte alla settimana, anche se immagino che col lavoro non sia facile.”

 

Ecco un altro che dava gli ordini: doveva essere una consuetudine degli istruttori di equitazione.

 

“Ci proviamo ma dipende dalle emergenze anche, quindi non possiamo promettere niente,” gli rispose, prima di scendere da cavallo.

 

Alba abbassò il muso verso di lei e le diede due carezze: era decisamente molto più coccolona della cavalla che portava di solito a Matera.

 

“Ci andiamo a fare una doccia?” le chiese Calogiuri, dopo che ebbero riportato i cavalli nei box ed Imma gli sorrise.

 

“Ho visto che… mi hai messo in borsa perfino il costume. Hai pensato proprio a tutto, Calogiuri!”

 

“In realtà… in realtà il costume non è per la doccia, è per dopo. E ti consiglio di metterlo sotto i vestiti.”

 

“Calogiuri… dove mi vorresti portare?”

 

“Beh… non a Fontana di Trevi, dottoressa.”

 

Ed Imma rise e gli diede un colpetto sul braccio, “sì, ci manca solo che facciamo La Dolce Vita, con relativa multa per bagno nella fontana e poi coi giornali stiamo a posto, proprio. E dai, l’ho capito che mi porti al mare, ovviamente, ma dove?”

 

“Prima partiamo e prima arriviamo, dottoressa.”

 

“Va bene, ho capito! Ma ringrazia il cielo che qua non posso usare i miei metodi di interrogatorio più efficaci, maresciallo!”

 

“E sarebbero?”

 

“Sarebbero che altro che finire sui giornali! Ma stasera a casa potrei mostrarteli. Sempre se te lo sarai meritato.”

 

“Beh, dipende se te lo sarai meritato pure tu, dottoressa," le sussurrò, con uno sguardo ed un tono che le rendevano ancora più difficile aspettare fino a quella sera.

 

Si costrinse a forza a chiudersi nello spogliatoio e a buttarsi sotto la doccia, anche se avrebbe significato lasciargli l’ultima parola. Ma l’alternativa altro che pericolosa poteva essere!

 

*********************************************************************************************************

 

“No, dottoressa. Aspettami qua che torno tra un minuto.”

 

Calogiuri si era fermato di fronte ad un ristorantino sul mare ad Ostia ed Imma aveva slacciato la cintura per scendere, convinta che fosse quella la destinazione.

 

“Certo che in questi due anni sei proprio cambiato, Calogiuri. Ti piace fin troppo dare gli ordini mo!”

 

“Come se non piacesse pure a te quando lo faccio. E comunque fa parte della sorpresa. Un minuto e torno.”

 

“Va bene… va bene…” sospirò, vedendolo scendere, sparire dentro al ristorante, e tornare veloce come una volta non sarebbe mai stato con un borsone di quelli refrigerati.

 

“Calogiù…” mormorò con sguardo interrogativo, quando fu risalito in auto dopo aver piazzato il tutto nel bagagliaio.

 

“Volevo portarti al ristorante ma… visto che dobbiamo tenere il basso profilo ho preferito fare in modo diverso.”

 

“E quindi dove andiamo?”

 

“Ancora un poco di pazienza e ci siamo.”

 

Calogiuri ripartì e si allontanarono sempre di più dal centro abitato, andando verso una zona più boscosa.

 

“Mi sembra di avere un deja vu, Calogiuri.”

 

Lui sorrise ma, dopo un po’ di strada, Imma si vide comparire davanti un altro cartello e per poco non le venne un colpo al leggere la parola naturista.

 

“Calogiù!” esclamò, sentendosi avvampare, e lui fermò l’auto, cosa che le fece venire una botta di calore ancora più forte.

 

“Che c’è?” le chiese, con aria preoccupata.

 

“Ma come che c’è?!” rispose, indicando il cartello, e Calogiuri, pure di profilo, divenne rosso che più rosso non si poteva.

 

“Ma… ma… ma che pensi davvero che-” balbettò, tra l’incredulo ed il mortificato, e ad Imma venne da ridere.

 

“E che ne so! Ultimamente sei sempre più sicuro di te, Calogiù, anche se noto con piacere che su certe cose in questi due anni non sei ancora cambiato.”

 

“E ci mancherebbe!” rispose, in un tono che le ricordava fin troppo il suo.

 

Si sporse per dargli un bacio ed un pizzicotto sulla guancia e poi Calogiuri ripartì, portando l’auto su una strada sterrata.

 

“Dopo la faccio lavare, tranquilla, dottoressa,” la rassicurò, guardandola divertito.

 

“Non ho detto niente!”

 

“Però lo hai pensato.”

 

Dovette ammettere che era vero: ultimamente, dopo l’inseguimento dei giornalisti e tutti i pettegolezzi che c’erano su di loro in procura, era molto cauta a non lasciare tracce delle loro attività extra lavorative.

 

“Eccoci qua, ci sarà da camminare un poco.”

 

“Il senso di deja vu è sempre più forte, Calogiù,” ironizzò, scendendo anche lei dall’auto.

 

“Stavolta però non ci dovrebbero essere rocce. Ma ti conviene lo stesso mettere queste.”

 

Calogiuri aprì il suo di borsone e ne estrasse un sacchetto, dal quale apparvero due ciabatte da mare leopardate molto familiari.

 

“Ma… ma… ce le hai ancora?” gli domandò, incredula, il nodo in gola che già si formava.

 

“Diciamo che… è una delle cose che non ho avuto il coraggio di buttare quando mi sono trasferito a Roma, anche se forse avrei dovuto, ma-”

 

Gli prese il viso tra le mani e lo interruppe con un bacio, prima di sussurrargli, fronte contro fronte, “ma sono felice che tu non l’abbia fatto, anche se non mi potrò mai scusare abbastanza per… per tutto quello che ti ho fatto passare, Calogiuri.”

 

“Ed io non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che mi hai dato in questi mesi, invece.”

 

Lo abbracciò più forte che poteva, fino a sentirsi sollevare da terra e trovarglisi praticamente in braccio.

 

“Io altro che ringraziarti dovrei, Calogiuri!” sussurrò, accarezzandogli il viso, e poi gli chiese, divertita, “mi vorresti portare in braccio fino al mare?”

 

“Se non avessimo i borsoni lo farei sul serio,” rispose, prima di scoccarle un ultimo bacio e lasciarla scendere.

 

Fece per afferrare almeno uno dei borsoni ma lui se li caricò in spalla, tenendo in mano quello con il cibo, e si avviò come se niente fosse.

 

Percorsero la pineta, gli aghi caduti a terra che un poco le pungevano i piedi, fino a che gli alberi si diradarono, arrivando ad una spiaggetta, riparata da un lato da una duna e da una specie di recinzione fatta con la paglia, e dall'altro da una barriera di scogli.

 

"La recinzione immagino sia per la spiaggia dei naturisti," dedusse Imma, prima di aggiungere, preoccupata, "ma non è che vengono a nuotare verso di qua? E come lo conosci questo posto? Non dirmi che hai chiesto a qualcuno in caserma, che-"

 

"Tranquilla, ho cercato su internet, dottoressa: dicevano che in settimana è un posto tranquillo. Nel fine settimana magari meno, ma come vedi siamo oltre tutti gli stabilimenti. Ed i naturisti, se vanno oltre la spiaggia a loro adibita, sono passibili di denuncia per oltraggio al pudore, no?"

 

Imma non riuscì a trattenersi dal ridere.

 

"Che c'è?"

 

"C'è che parli con le parole del manuale, Calogiuri. Peggio di me!"

 

"E va beh… a furia di stare vicino ad un magistrato mi ci sono abituato."

 

"A proposito di vicino… maresciallo, che ne diresti se ci mettessimo in costume e poi-"

 

"Aspetta. Prima devo montare-"

 

"Che cosa, Calogiù?" lo punzecchiò e Calogiuri, che ancora non si era del tutto ripreso dal rossore precedente, parve ustionato prima ancora di iniziare.

 

"La tenda, la tenda!"

 

"Come la tenda? Vorresti dormire qui?"

 

"No, dottoressa, che domani so che devi essere riposata. Intendo la tenda da mare."

 

E, senza altre parole, Calogiuri estrasse un sacchetto dalla borsa e montò rapidamente una tenda bassa a semicerchio, sul cui pavimento stese dei teli.

 

"Così siamo riparati dal sole e pure da eventuali occhi indiscreti."

 

"Certo che pensi sempre a tutto! Ma che vorresti fare esattamente al riparo dagli occhi indiscreti, Calogiù?"

 

"Non mi provocare, dottoressa, che se no altro che basso profilo!"

 

"Cercherò di trattenermi, ma non prometto niente, maresciallo, mi conosci!"

 

"E poi sarei io quello pericoloso!"

 

"Sempre!" rise, baciandolo rapidamente sul collo, prima di togliersi il vestito pitonato che aveva indossato per il lavoro e rimanere con un insieme azzurro di laccetti e stoffa ormai molto familiare, "ti piace proprio questo costume, eh?"

 

"Eh va beh… in ricordo dei vecchi tempi, no?"

 

Imma si ripromise di comprare qualche completo da mare nuovo in tempo per il viaggio alle Baleari. Ma, una volta che si spogliò pure Calogiuri, i pensieri furono presi da ben altro.

 

Era incredibile quanto le facesse ancora effetto dopo due anni e dopo sei mesi di quasi convivenza.

 

“Che c’è?”

 

“C’è che altro che pericoloso sei, mannaggia a te!”

 

Calogiuri le fece un sorrisetto, giusto per peggiorare la situazione, ed estrasse un flacone di crema solare dal suo borsone, aggiungendo, con un tono più che eloquente, “prima che ci ustioniamo, pallidi come siamo, dottoressa.”

 

“Calogiù, fammi capire, ma vuoi che qua finiamo malissimo?”

 

“Preferisci rischiare l’ustione? E comunque per me sarebbe finire benissimo.”

 

“Peccato che, se ci beccano i giornalisti, finiamo sotto un ponte, finiamo.”

 

“Allora ognuno si spalma la crema da sé, dottoressa?” le chiese, passandole la confezione da bravo cavaliere qual era.

 

“Va beh, diciamo che potrei correre pure questo rischio, Calogiuri, ma solo perché non voglio che ti ustioni, che già sei rosso di tuo,” lo punzecchiò, aprendo la crema e spruzzandogliela di proposito sul collo.

 

“Imma!” esclamò, ridendo. Si sentì strappare la crema di mano e poi le scappò un urletto per la sensazione di freddo sul collo e sulla schiena, mentre lui le ricambiava il favore.

 

“Calogiù!” gridò, riprendendosi la crema e buttandogliela stavolta sul petto.

 

Lui cercò nuovamente di togliergliela di mano ed iniziarono una specie di lotta, finché si sentì afferrare per la vita e cercò di divincolarsi. Dopo qualche secondo, però, le mancò la terra sotto un piede e cascò all’indietro. Si sentì riprendere per la vita, ma ormai erano troppo sbilanciati, e finì per ruzzolare in avanti, addosso a Calogiuri, che le attutì l’impatto con il suo corpo.

 

“Ti sei fatto male?” gli chiese, preoccupata, ma lui scosse il capo.


“Tu?”

 

“No. Era da un po’ che non mi salvavi dalle cadute, Calogiuri, anche se stavolta non è colpa dei tacchi. Ma tua che mi fai girare la testa e-”

 

Si trovò zittita con un bacio e poi schiacciata a terra tra la sabbia ed il corpo di Calogiuri. Non volendo cedere il comando, lo distrasse con un altro bacio ed un morsetto sulle labbra e lo spinse fino a tornare sopra di lui.

 

Con un sorrisetto vittorioso, si staccò leggermente per guardarlo negli occhi, ma il sorriso si trasformò in una risata quando lo vide bene.

 

“Perché ridi?”

 

“Perché per una volta sei leopardato pure tu, Calogiuri!” lo punzecchiò, toccandogli le chiazze di sabbia e crema solare che aveva sul collo e sul petto.

 

“Anche tu non scherzi!” ribatté ed Imma notò che era vero.

 

Si guardarono per qualche secondo negli occhi e poi le scappò un altro gridolino quando si ritrovò sollevata in aria, sopra la spalla di lui, come se non avesse peso.

 

Non fece nemmeno in tempo a protestare che si trovò buttata in acqua.

 

“Calogiù!” gridò non appena riemerse, trovandoselo vicinissimo, con il sorriso da impunito, bello come il sole.

 

“Dobbiamo pure lavare via la sabbia in qualche modo, no?” le domandò, il sorrisetto che divenne ancora più ampio quando cominciò ad accarezzarla, in teoria per lavare via la crema.

 

Ma a questo gioco potevano giocarci in due e quindi gli restituì il favore, partendo dalle macchie sul collo ma poi scendendo sempre più giù. Le scappò un grugnito di soddisfazione quando sentì la pelle d’oca sotto le dita, lo sguardo di lui che si fece molto più scuro, le pupille dilatate nonostante il sole.

 

Senza quasi accorgersene, gli era nuovamente in braccio, a baciarsi come due ragazzini, il fiato corto e il cuore a mille, nonostante tutto, come se non aspettassero altro da mesi e non solo da poche ore.

 

“Calogiù… Calogiù…” provò a fermarlo, prima che replicassero del tutto il deja vu dell’uscita di due anni prima, perché stavolta sarebbe stato veramente troppo pericoloso.

 

Lui si fermò ma poi, tenendola stretta a lui, la portò a peso fuori dall’acqua e, nel giro di qualche secondo, si trovò depositata nella tenda.

 

“Che-” non fece in tempo a chiedere, perché entrò pure lui ed aprì due ganci sulla parte anteriore, liberando due specie di tendine che penzolarono di fronte all’ingresso, coprendolo e coprendoli alla vista dall’esterno, lasciandoli immersi solo dalla luce azzurrina che filtrava dalla tenda.

 

“Che cosa vuoi fare, maresciallo?” gli chiese, divertita, mordendosi il labbro e dandogli un pizzicotto sul petto.

 

“Non è una deduzione difficile, dottoressa!” la prese in giro e, nel giro di qualche secondo, gli si ritrovò seduta in grembo.

 

“Non è che sta cosa si ribalta e finiamo al pronto soccorso, Calogiù?”

 

“L’ho fissata alla sabbia con più ganci. Certo, conoscendoti… non garantisco, ma dovrebbe reggere perfino la tua irruenza.”

 

“Senti chi parla e-”

 

Un altro bacio le impedì di ribattere oltre. Imma punì l’insubordinazione con un piccolo morso al labbro inferiore di lui, che però sentì sorridere.

 

Ma poi iniziò a tormentarle il collo, le mani che scioglievano i lacci del costume e tutti i pensieri razionali svanirono, evaporando insieme all’acqua di mare ed al sudore dalla pelle.

 

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“Ecco qua!”

 

Calogiuri le passo un flute ed un piatto di plastica, colmi rispettivamente di prosecco quasi ghiacciato e di pesce e frutti di mare preparati in mille modi, anche se serviti freddi.

 

“Per fortuna la borsa termica ha funzionato, visto che ci siamo un po’... distratti.”

 

“Come se non lo avessi fatto tu il danno, Calogiù!” gli ricordò, con un sopracciglio alzato, anche se non riusciva del tutto a celare la soddisfazione.

 

Avevano fatto la sauna in quella tenda ma ne era decisamente valsa la pena. E poi era bastato un altro rapido tuffo per rinfrescarsi anche se, quando si erano finalmente decisi a mettersi sul serio la crema solare, avevano quasi rischiato di ricominciare tutto da capo.

 

“Come se tu non mi avessi più che provocato, dottoressa! Meno male che avevo portato la tenda, che ti conosco.”

 

“E certo! Proprio un grande sacrificio hai fatto!” esclamò, dandogli un colpetto sul braccio, seguito però da un bacio sulla guancia, “grazie di… di tutto quanto, Calogiuri, veramente. Due anni fa la Bruna altro che bene mi ha portato!”

 

“Grazie a te… non… non sono mai stato così felice!” ammise, in quel modo che aveva lui di fare le confessioni, buttandole fuori in maniera in modo incredibilmente naturale.

 

“Nemmeno io,” mormorò, il nodo in gola che deglutì con un goccio di prosecco, prima di dargli un altro bacio.

 

“Facciamo un brindisi? Che sia solo il primo di tanti anniversari insieme!”

 

“Ah, ci puoi scommettere. Che ti lascio scappare, mo?” rise, facendo toccare i bicchieri e godendosi un altro poco di vino, per poi dedicarsi al pescato che era veramente squisito.

 

“Ma è buonissimo, Calogiuri! Altro posto trovato su internet?”

 

“No, consiglio di Mariani, anche se non ho specificato perché mi serviva o quando ci sarei venuto.”

 

“Va beh… di Mariani mi fido, Calogiuri,” ammise e lui la guardò in un modo meravigliato che  gli fece guadagnare un altro colpo sul braccio.

 

Mangiarono in silenzio, godendosi l’ombra, il fresco del vino, il sole e la brezza lieve che arrivavano dall’apertura della tenda, nuovamente spalancata.

 

Finito il pesce, Calogiuri estrasse una confezione di frutta a pezzettoni, continuando quel momento di relax.

 

“Grazie davvero. Era tutto buonissimo, ma-”

 

“Se parli di quanto mi sarà costato mi offendo veramente!” la interruppe, conoscendola ormai perfettamente.

 

“Volevo solo dire che al prossimo anniversario mi dovrò sdebitare io,” ribatté, prima di sentire un altro nodo in gola quando notò lo sguardo di lui alle parole il prossimo anniversario.

 

Era così naturale ormai pensare al futuro con lui e le sembrava un miracolo, considerando come aveva passato il giorno della Bruna solo un anno prima.

 

“Che c’è?”

 

“Niente… stavo pensando a… a un anno fa, al giorno della Bruna. Non sono nemmeno riuscita ad andare a vedere il carro… mi faceva troppo male e… e continuavo a pensare a te e a cosa stavi combinando qua a Roma e… e se anche tu mi stessi pensando o se fossi già andato avanti.”

 

Si trovò avvolta da un abbraccio a morsa, “certo che ti pensavo! Ho passato tutto il giorno a pensare a te e a… a sentirmi un cretino… a… a immaginarmi con chi fossi alla festa e-”

 

Si interruppe, da gentiluomo com’era, ma capiva perfettamente che stesse parlando di Pietro e sentì, per la prima volta dopo tanto tempo, una fitta di senso di colpa per tutto quello che gli aveva fatto sopportare.

 

“Scusami, ma…”

 

“Se ti scusi di nuovo mi arrabbio! Lo so benissimo quanto hai rischiato e quanto stai rischiando per stare con me e non me lo dimenticherò mai. Voglio guardare al futuro e basta.”

 

“Calogiuri…” sussurrò, le lacrime che ormai se n’erano belle belle che uscite, stringendolo nuovamente a sé, “pure per me è lo stesso.”

 

“E allora… e allora ho qualcosa per te,” rispose, sembrando improvvisamente quasi… imbarazzato?

 

Lo vide rovistare nel suo borsone ed estrarne un sacchettino di quelli da regalo, per poi porgerglielo.

 

Incuriosita, lo aprì, il cuore che già andava a mille, e ci vide un mazzo di chiavi in pelle scura che ormai le era molto familiare.

 

“Sono… la mia copia delle chiavi del mio appartamento. Lo so che… che forse è un modo un po’ stupido di chiedertelo ma… ti andrebbe di convivere con me stabilmente? Ne avevamo già parlato, ma se non ti senti pronta lo capisco e-” balbettò, finché gli posò un dito sulla bocca per farlo stare zitto.

 

“Certo che sì! Tu piuttosto, sei sicuro di riuscire a sopportarmi a tempo pieno senza una casa tua dove poterti rifugiare dal mio caratteraccio?”

 

“Già non posso più vederti sul lavoro, altro che sopportarti! Lo sai che… che con te sto benissimo, no?”

 

“Pure io, mannaggia a te che mi riduci sempre così!” esclamò, accarezzandogli il viso e baciandolo dolcemente. Ma poi le venne un’idea e non riuscì a trattenere un sorriso.

 

“Perché ridi?”

 

“Mi è venuto in mente, maresciallo, se questa è la tua copia delle chiavi di casa,” esordì, sollevando il portachiavi e facendolo dondolare su un dito, “vuol dire che tu a casa non puoi più rientrare senza il mio permesso? Neanche per prendere i vestiti? Perché la cosa si fa interessante, molto interessante.”

 

“Dipende… vuoi che vada al lavoro in costume da bagno, dottoressa? O vestito da casa?” ribatté, non perdendo un colpo, come sapeva fare ormai alla perfezione.

 

“Ma manco morta o morto!” esclamò, provando a dargli un pizzicotto, ma lui le afferrò i polsi e la intrappolò sul fondo della tenda, sotto al suo corpo.

 

“Calogiuri… non dirmi che vuoi già il bis!”

 

“E va beh… dobbiamo pure smaltire il pranzo e attendere prima di poter fare il bagno, no? Quante ore bisogna aspettare?”

 

“Abbastanza, maresciallo, più che abbastanza da mandarmi al creatore, se non mi dai tregua,” rispose, gettando la prudenza al vento e baciandoselo, mentre lo sentì armeggiare ed il mondo tornò a tingersi di azzurro.

 

Anche se forse il rosso sarebbe stato molto più appropriato.

 

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“Forza, dottoressa, veloce!”


“Ti diverti proprio a prendermi in giro, eh?!” gli chiese, facendo le ultime bracciate per raggiungerlo e trovandosi aggrappata a lui.

 

“Per una volta che posso essere più veloce di te, devo approfittare.”

 

“Però… forse dovrei fare un po’ di pratica, per quando saremo alle Baleari. Non voglio che ti debba limitare per causa mia.”

 

“Tu non mi limiti in niente, anzi, quindi non dirlo nemmeno per scherzo!” proclamò, con uno sguardo serissimo che la intenerì da morire, “però se vuoi qualche lezione di nuoto possiamo venire al mare in questi fine settimana. Oppure ti posso portare in piscina, che ci sarà meno gente.”

 

“Come preferisci. In questo caso mi fido dell’insegnante.”

 

“Solo in questo caso?” ironizzò, dandole due pizzicotti sui fianchi e facendola ridere.

 

“Sempre, ma diciamo in questo caso ti concedo più carta bianca, Calogiuri.”

 

“Bene…” mormorò e si sentì stretta ancora più forte.

 

Almeno fino a quando si ritrovò a volare in aria, atterrando in acqua con un tuffo fragoroso, affannandosi a tornare in superficie per respirare.

 

“Calogiuri!”

 

“Mi hai detto tu che mi davi carta bianca, dottoressa,” rise, schizzandola con l’acqua.

 

Lei ricambiò, salendogli poi sulla schiena per lottare meglio, fino a trovarsi di nuovo sott'acqua, ma stavolta attaccata a lui e senza nessunissima intenzione di lasciarlo andare.

 

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“Mi era mancato tutto questo, lo sai?”

 

Erano fuori dalla tenda che cercavano di asciugarsi il più possibile prima di rientrare a casa. L’ora del tramonto si avvicinava inesorabilmente, allungando le loro ombre sulla sabbia e facendo finalmente diminuire un poco la temperatura.

 

“Il mare o la lotta in acqua, dottoressa?”

 

“Beh… il mare è da quando ci siamo… ci siamo andati l’ultima volta che non lo vedevo.”

 

“Imma…” le sussurrò in un orecchio e si sentì abbracciare fortissimo da dietro.

 

Ricordava ancora quello che aveva pensato sarebbe stato il loro ultimo addio come una delle giornate più brutte e, allo stesso tempo, più belle e struggenti della sua vita.

 

“In realtà… nemmeno io ci sono andato l’estate scorsa. E… ci dovremmo venire più spesso, anche se ci rifaremo in Spagna.”

 

“Va beh… nessuno ce lo vieta, no? Nonostante il basso profilo. Anche se speriamo che non ci abbia seguito nessuno, se no dalla Pantera di Matera divento il Polipo di Matera.”

 

Calogiuri rise e sentì una serie di bacetti sul collo, mentre la stringeva ancora più a sé.

 

“Pure tu come polipo non scherzi, Calogiuri!”

 

“A me quando fai il polipo non dispiace affatto, dottoressa.”

 

“E chi ti ha detto che mi dispiace?” gli chiese, voltandosi e dandogli un bacio dolce e lento.

 

“Che dici? Rientriamo a casa?”

 

L’assalì uno strano magone, misto però a felicità, anche se non capì subito il perché. Ma, quando lui la guardò interrogativo, la motivazione le si fece chiara come quegli occhi preoccupati.

 

“Niente… pensavo a… a com’era... insomma… doversi salutare la sera e non sapere se ci sarebbe mai stata un’altra giornata così. Ed invece questa volta… torniamo a casa insieme.”

 

Non udì alcuna risposta ma sentì i muscoli che la stringevano tremare leggermente.

 

Bastò un’occhiata in quelle due pozze d’azzurro brillanti per capirsi senza bisogno di parlare e per stringerlo nuovamente in un abbraccio, che non avrebbe voluto finisse mai.

 

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“Imma, ti suona il telefono!”

 

La porta del bagno si aprì ed entrò Calogiuri, già lavato e con addosso una delle sue immancabili magliette bianche, sopra la quale aveva però infilato il grembiule che usavano entrambi per cucinare.

 

“Ma chi è a quest’ora?” si chiese, finendo di raccogliere i capelli nel turbante e chiudendo un po’ meglio l’asciugamano che usava al posto dell’accappatoio, visto il caldo della stagione.

 

Avevano fatto la doccia separatamente, perché insieme rischiavano di non finire più ed era già abbastanza spompata dalla giornata.

 

Il nome sul display la sorprese e la fece un attimo preoccupare.

 

Accettò senza pensarci troppo la chiamata, rendendosi conto solo quando si trovò di fronte il viso della sua ex cancelliera, un po’ sgranato per via del buio, che quella sciagurata aveva fatto una videochiamata.

 

“Imma! Ma che tieni, il turbante in testa?”

 

“Diana, stavo sotto la doccia, mannaggia a te!”

 

“Ma sono le ventuno passate, che fai la doccia mo?”

 

“Perché è vietato?! E comunque sono appena tornata dal mare!”

 

“No! Ma lì non è festa! Imma Tataranni che si prende un giorno di ferie, non ci posso credere!”

 

“Ed invece credici, anche se il merito è di qualcuno che me le ha prese al posto mio.”

 

“Lo immaginavo! Ma lui è lì? Ippazio?!” esclamò, chiamandolo come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

“Buonasera signora Diana!” rispose, con aria divertita, avvicinandosi a lei e facendosi inquadrare dal telefono.

 

“Ma che c’ha su, il grembiule? Ma non dirmi che me lo schiavizzi pure a casa questo santo ragazzo!”

 

“No, Diana, facciamo a turno sui lavori di casa. Allora, che c’è?” tagliò corto, cercando di inquadrare il più in alto che poteva e sperando che l’asciugamano non cedesse.

 

“C’è che ti volevo far vedere una cosa, Imma, se c’hai un poco di pazienza, anche se non è il tuo forte!”

 

E la telecamera di Diana passò dalla frontale a quella normale ed Imma si trovò di fronte ad un primissimo piano di Capozza, di cui avrebbe fatto pure volentieri a meno.

 

“Ma che mi chiami a quest’ora per farmi vedere Capozza? Buonasera al brigadiere, ma-”

 

“Ma no, Imma, aspetta!” esclamò Diana, inquadrando finalmente qualcosa di meglio, anzi di molto meglio: piazza Vittorio Veneto, addobbata per la festa. Guardò l’ora e si rese conto che era quasi giunto il momento.

 

Tornò in salotto insieme a Calogiuri e si piazzò sul divano, la commozione che di nuovo tornava a fare capolino, mannaggia a Diana.

 

E poi si sentirono urla e vide, seppure con la qualità relativa della ripresa a cellulare, il carro che giungeva in piazza e la folla che iniziava lo strazzo, distruggendo la cartapesta.

 

Un braccio di Calogiuri le avvolse le spalle e gli poggiò la testa sul petto, ricambiando il mezzo abbraccio. Proprio in quel momento, Diana rigirò la telecamera frontalmente - si era quasi scordata che la potesse vedere! - e commentò con un, “ma che carini che siete!” che la fece arrossire.

 

“Grazie… per tutto…” le sussurrò e Diana le sorrise in un modo che le fece capire che condividevano lo stesso stato d’animo.

 

“Questo grazie me lo segnerò sul calendario, dottoressa! Però mi devi promettere che l’anno prossimo venite qua a vederlo, dal vivo. Piuttosto prendi le ferie già da mo, Imma!”

 

“Va bene, va bene, urgenze permettendo te lo prometto!” le assicurò, dopo un’occhiata rapida a Calogiuri che annuiva.

 

“Ma che urgenze e urgenze, per un giorno! Imma, ricordati che le promesse si mantengono, poi il giorno della Madonna della Bruna!”

 

“Credo che abbia altro di cui preoccuparsi della nostra presenza a Matera, Diana!”

 

“Secondo me si è accorta della mancanza di una macchia leopardata e pastello in mezzo alla folla e si starà preoccupando!”

 

“Diana!” gridò, ma la verità era che si sentiva felice come non mai: pur non essendo fisicamente a Matera era la festa della Bruna più bella di tutta la sua vita.

 

E sentiva una strana convinzione che quella dell’anno successivo sarebbe stata ancora migliore.

 

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“Allora, come vanno gli esami?”

 

“Diciamo che vanno… dovrei riuscire a portarmene solo due a settembre.”

 

“E brava, Vale! Mi sei diventata secchiona?”

 

“Ma no! Mica ho tutti trenta, eh! E poi… a parte studiare non ho molto da fare, anche perché le mie amiche stanno rinchiuse pure loro per gli esami.”

 

“E con… con Samuel come va? Se puoi parlare…”

 

“Ma certo che posso, tanto lui sta al lavoro, tanto per cambiare!” sospirò, mentre Penelope la guardava preoccupata dallo schermo del computer, “in realtà… ho deciso di lasciarlo e… e per settembre cercherò un’altra sistemazione. Ma mi spiace mollarlo da solo con le spese e poi... non so se riesco a trovare un’altra soluzione in meno di due mesi. Ed i miei ci hanno aiutati con la caparra e non so se possono permettersene un’altra, che se Samuel resta qui non gliela restituiranno i padroni di casa e-”

 

“Ma non puoi parlarne con i tuoi per l’appartamento? Sono sicura che, se sanno che non sei felice, ti daranno una mano, caparra o non caparra.”

 

“Va bene… ci provo. Tu cosa pensi di fare per le vacanze?”

 

“Non so… se torni in zona Matera e di Metaponto posso magari venire pure io da mia madre.”

 

“Sarebbe proprio figo fare le vacanze insieme! Ma… ma non so se voglio andare a Metaponto quest’anno, e non solo perché ci ho fatto tutte le vacanze tranne quelle dell’anno scorso, ma perché… mio padre è giù e mia nonna ce l’ha a morte con mia madre. Non ho proprio voglia di passare tre settimane o quattro ad evitare le frecciatine su di lei o a beccarmi i suoi commenti. Un giorno o due è pure divertente ma di più no.”

 

“E tua madre dove va in ferie invece? O sta a Roma?”

 

“Ma no! Figurati te che lei ed il suo maresciallo se ne vanno alle Baleari.”

 

“Ammazza, e brava tua madre! Non dirmi che se ne vanno ad Ibiza, che già me li vedo in discoteca!” rise Penelope, prima di fare una faccia mortificata, “cioè… non per la storia dei giornali, eh, ma-”

 

“Tranquilla, e poi immaginare mia madre nella movida di Ibiza fa ridere pure a me. Come minimo cercherebbe di convincere la polizia locale a multare tutti per schiamazzi e va beh… tutto il resto.”

 

“Ma allora dove va?”

 

“Maiorca e Minorca a quanto ho capito.”

 

“Certo che si tratta bene tua madre. Dai, non possiamo fare vacanze più tristi delle sue, no? Perché non andiamo da qualche parte io e te?”

 

“Eh… sarebbe bellissimo, ma non so se posso permettermelo, sai che dipendo dai miei.”

 

“Ma possiamo fare una cosa più economica. Che ne so… perché non ci facciamo un giro per l’europa in tenda, con l’interrail? Non costa tanto ed è una cosa che ho sempre voluto fare.”

 

“Piacerebbe un casino pure a me!” sospirò Valentina, immaginandosi già un sacco di posti meravigliosi che aveva visto solo in foto e più avventura di quanta ne avesse avuta in tutti gli ultimi anni messi insieme, “ma non so se i miei mi daranno il permesso. Lo so che sono maggiorenne ormai, ma non voglio tirare troppo la corda visto il periodo.”

 

“Va beh… tu provaci. Chiedere non costa niente.”

 

Già… a parte i timpani, se conosceva bene sua madre.

 

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“Che cosa? Ma sei matta?!”

 

Valentina sbuffò con quell’espressione da ecco, lo sapevo! che era da un annetto buono che non le vedeva più.

 

“Mamma, l’interrail lo fanno in tanti all’età mia e di Penelope e-”

 

“E non è che se in tanti si buttano giù dal ponte tu a pecorone gli vai dietro!”

 

“Quanto non mi era mancata questa frase!”

 

“Valentì, io non è che non voglio che tu vada in vacanza, ma non hai manco vent’anni. Due ragazze sole in tenda all’avventura, che come minimo chissà in che campeggi finite, se vuoi risparmiare. Non puoi fare una cosa più tranquilla?”

 

“Mamma, ti ricordo che è quasi un anno che vivo praticamente sola qui a Roma e sono ancora viva. E Penelope è una sveglia, lo sai, vedrai che ce la caveremo. E poi Penelope non guarda i ragazzi ed io non c’ho proprio la testa per un’altra storia mo, quindi-”

 

“Scusa, ma quindi Samuel che fine ha fatto? Vi siete lasciati?” la interruppe e Valentina aprì la bocca e poi si ammutolì.

 

I lapsus Freudiani funzionavano sempre.

 

“Allora?”

 

“No, non ci siamo lasciati ma… vorrei lasciarlo prima delle vacanze. Lo so che… che è da stronza ma non ce la faccio più.”

 

“E finalmente!” esclamò Imma, sollevata, abbracciandosi la figlia che le lanciò un’occhiataccia, “cioè, Valentì, mi spiace che sia andata male e mi spiace per Samuel che, al di là di tutto, lo so che è un bravo ragazzo. Ma voi due insieme non era proprio cosa e non ne potevo più di vederti fare una vita da settantenne!”

 

“E allora, se non vuoi farmi fare la vita da settantenne, fammi andare in vacanza con Penelope!” la incalzò Valentina, in un modo di cui andò quasi orgogliosa.

 

“Vedremo… quando… quando vuoi dargli la notizia?”

 

“Pensavo… pensavo… finiti gli esami, così mal che vada posso tornare a Matera da papà, anche se spero non ci sia Cinzia Sax. Ma… ma non so come fare da settembre, mà. Non credo riavrò la caparra e chiederne metà a Samuel dopo che lo lascio con tutte le spese…. Ma so che ce l’avete messa voi, e che hai tante spese, e non so se si trova un altro appartamento in tempo e-”

 

“E mi sembri Diana, mi sembri! Respira, Valentì!” ironizzò, dandole una carezza a cui la figlia si sottrasse con un po’ più di ritardo rispetto al solito, “ascolta, fammici riflettere un attimo, ma tranquilla che una soluzione la troviamo, va bene? L’importante è che tu sia serena e che cominci a fare ciò che ti rende felice.”

 

Valentina parve sull’orlo di piangere ma poi ammise, in un modo che le faceva malissimo, “il problema è che non lo so nemmeno io cosa mi rende felice.”

 

“E c’hai tutto il tempo per scoprirlo, Valentì! Ma per farlo da qualche parte bisogna pure cominciare, no?”

 

La vide annuire e se la abbracciò forte forte. E, per una volta, Valentina non si divincolò ma anzi si abbandonò tra le sue braccia, come ormai non faceva quasi più.

 

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“Imma…”

 

Sollevò il capo dal petto di lui ed incrociò il suo sguardo.

 

“Lo sento che sei tesa. Tutto bene?”

 

Gli sorrise e gli accarezzò il viso, prima di ammettere, “è per… per Valentina. Ha deciso di lasciare Samuel e-”

 

“Finalmente!” esclamò Calogiuri, deciso, e le venne da ridere.

 

“Che c’è?”

 

“C’è che è stata la mia stessa reazione quando me l’ha detto, Calogiù.”

 

“E allora perché sei tesa?”

 

“Perché Valentina non sa dove andare, se lascia casa di Samuel, e-”

 

“E che problema c’è? Può stare nel mio appartamento, finché non ne trova un altro più comodo, no? Tanto io devo decidermi a finire di spostare le poche cose che ho e a traslocare.”

 

“Ma non avevi già dato la disdetta al proprietario?”

 

“Per fortuna è quasi sempre irraggiungibile e non l’ho trovato al telefono.”

 

“Ma non ti farà problemi se ci sta Valentina invece che tu?”

 

“Finché paghiamo l’affitto e ha la caparra ne dubito. Chi lo ha mai visto il proprietario?”

 

“Grazie…” gli sussurrò, scoccandogli un bacio, “ne parlo con Valentina e… e con Pietro, perché naturalmente, finché ci sta Valentina, l’affitto tuo e le spese le paghiamo metà io e metà lui e-”

 

“Non dirlo nemmeno per scherzo! Per qualche mese… non voglio i soldi del… del tuo ex marito.”

 

“Calogiù, dai, non farmi l’uomo del sud, mo. Il mantenimento di Valentina è giusto che lo paghiamo a metà io e lui, come abbiamo fatto sempre.”

 

“Ma lo sai che l’appartamento mio è più costoso della metà di affitto che ora pagava Valentina e-”

 

“E per qualche mese Pietro può pagare la differenza, come farò io e-”

 

“E allora però da questo mese pago metà dell’affitto qua, dottoressa, chiaro? E metà delle spese, senza barare, che ti conosco, e voglio vedere le bollette.”

 

“Sei diventato peggio di me, Calogiù!” ironizzò dandogli un pizzicotto sulla guancia.

 

“E va beh… ho imparato dalla migliore e poi altrimenti non mi faresti pagare mai niente e non è giusto. Non voglio fare il… boboi mantenuto,” scherzò di rimando, ma con una punta di orgoglio nella voce.

 

“Scemo!” lo riprese, provando a fargli il solletico ma finendo tra il letto e lui, che la guardava in un modo decisamente illegale.

 

Se lo baciò con passione, o almeno ci provò, perché Calogiuri si staccò e sollevò la testa, giusto abbastanza da rendere le sue labbra irraggiungibili, visto che lei era ancora bloccata al materasso.

 

“Calogiuri!” sbuffò, tra il frustrato ed il divertito, quando lui finse un paio di volte di abbassarsi per poi ritrarsi sempre all’ultimo secondo, “oggi rischi, lo sai?”

 

“Lo so, ma è un rischio che corro più che volentieri, dottoressa,” le sussurrò sulle labbra, per poi iniziare a farle il solletico al collo con il fiato, baci e morsetti.

 

Si lasciò andare e si rassegnò di buon grado a lasciargli il comando.

 

Almeno per un poco.

 

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“Che cosa?!”

 

“Pié, è la soluzione più veloce e logica. Poi cercheremo qualcosa di meno costoso dall’autunno, ma nostra figlia con Samuel non sta bene e lo sai pure tu.”

 

“Imma, non è per quello: che Valentina non fosse felice con Samuel l’ho notato pure io e… se vuole lasciarlo è giusto che lo lasci. Ma, con tutti i posti dove può andare a stare, proprio a casa del maresciallo?! E lui dove starebbe, eh? Da te, immagino?” sospirò, sarcastico, dall’altra parte della linea telefonica.

 

“In realtà… pure di questo volevo parlarti. Calogiuri ed io… abbiamo deciso di convivere stabilmente a casa mia, che quindi da ora in poi sarà casa nostra. Pensava di disdire l’appartamento, ma a questo punto lo terremmo finché Valentina avrà un’altra soluzione.”

 

“Ah…” rispose, secco, netto ed Imma sapeva che non l’aveva presa bene.

 

“Per le spese dovresti continuare a versarmi la tua quota solita e-”

 

“E dubito che un monolocale a Roma Nord costi quanto metà dell’affitto della casa di Valentina e Samuel.”

 

“No, ma-”

 

“Dimmi quanto ti devo, Imma, pure se mi sembra assurdo pagare metà dell’affitto del tuo maresciallo. Almeno mo ti dà una mano con le spese dell’appartamento vostro o...?”

 

“A parte che non sono affari tuoi!” sibilò, già incazzata, “ma certo che facciamo a metà. Se ci tieni a saperlo, Calogiuri voleva continuare a pagare pure metà dell’affitto del suo appartamento, ma gli ho detto che non sarebbe stato giusto.”

 

“E ci mancherebbe altro!” ribatté, il tono altrettanto irritato, “Valentina è mia figlia e spero che almeno su questo il tuo maresciallo non voglia interferire, visto che ha già interferito abbondantemente su tutto il resto.”

 

“No che non vuole interferire, e se lo facesse mi incazzerei. Ma non posso starmene zitta con te che gli dai poco velatamente del mantenuto, Pietro!”

 

“Quando lo dicevano di me, però, non mi pare che ti incazzassi così tanto, Imma.”

 

Rimase per un attimo paralizzata: allora le aveva sentite pure Pietro le voci in tutti quegli anni a Matera, anche se non aveva mai detto niente.

 

“Certo che mi incazzavo, Pietro, e mi incazzerei tutt’ora, ma non me lo dicevano davanti a te, ovviamente!”

 

“Va beh… senti, hai altre notizie? Altri canali radiotelevisivi sui quali comparirai senza nemmeno avvisarmi?”

 

“Pietro…” soffiò, perché iniziava a non poterne più.

 

“Imma, dopo la tua bella intervista è un mese che è ancora peggio al lavoro e non solo. Mo, oltre a quelli che mi danno del povero cornuto, ci sono pure le ammiratrici del maresciallo che commentano tra loro su come hai vinto al superenalotto, come se non le potessi sentire!”


“Senti, Pietro, mi dispiace che tu sia rimasto coinvolto, ma ho deciso con la procura di dare la nostra versione dei fatti - mia e di Calogiuri - e poi qua stanno allentando un po’ la presa, vedrai che si daranno una calmata pure lì, anche se Matera è piccola.”

 

“Imma, lo sai benissimo come funziona qua, no? Le notizie rimangono notizie pure per anni, che mica succede tutto quello che succede a Roma!”

 

“Senti, non posso impedire alla gente di parlare e non è facile manco per me qua!”

 

“Ma almeno tu te lo sei scelto, Imma! L’hai voluto tu combinare... tutto quello che hai combinato. Ed io ne pago le conseguenze.”

 

Sospirò perché su questo punto non si sentiva del tutto di dargli torto, ma pure lui c’aveva i suoi scheletri nell’armadio mo, “e Cinzia? Che fine ha fatto, Pietro?”

 

“Cinzia sta bene, anche se è arrabbiata per tutta la situazione. Ma sta bene.”

 

“E allora puoi fare capire alla gente che sei felice con la tua Cinzia Sax e smetteranno di darti il tormento, no?”

 

Sentì un silenzio tombale.

 

“Pietro, ci sei?”

 

“Sì, ci sono,” lo sentì sospirare.

 

“Non sei così felice con Cinzia, non è vero?”

 

Ma Pietro non rispose.

 

“Non fare pure tu la fine di Valentina, Pietro. Non è l’unica donna sulla faccia della Terra!”

 

“Ma almeno mi ama… che è già qualcosa, no?”

 

“Sì, ma non è abbastanza, se non la ami pure tu, Pietro, e lo sai.”

 

“Avevi altro da dirmi o-?”

 

“In realtà ci sarebbe un’altra cosa. Valentina vuole andare in vacanza con Penelope e… e farsi l’interrail con zaino e tenda e-”

 

“E non dirmi che le hai detto di sì, Imma?! Va bene il ritorno alla gioventù col tuo maresciallo, e le tappe perse, ma Valentina non-”

 

“Le ho detto che te ne avrei parlato, Pietro!” tagliò corto, ad un filo dall’esplosione.

 

“E allora sai benissimo che la mia risposta è no. Poi con quella Penelope! Lo sai che non mi è mai piaciuta!”

 

“Lo so, Pietro, lo so, ma è l’unica amica vera che le è rimasta e… e comunque mi sembra una brava ragazza.”

 

“Se lo dici tu, Imma… ma per la vacanza non se ne parla nemmeno! Non possono fare una cosa più tranquilla? Che ne so, possono venire a Metaponto e-”

 

“E non tutti hanno come aspirazione massima nella vita le vacanze a Metaponto, Pietro, almeno non tutte le estati della propria vita. Valentina è giovane ed è giusto che viaggi finché può farlo. E comunque potrei… potrei portarmele a Maiorca, se va bene a Calogiuri. Poi se ne staranno in una sistemazione per conto loro, ma almeno saranno vicine se succedesse qualcosa. Che ne pensi?”

 

“Che cos’è sta storia di Maiorca?”

 

“Ad agosto vado con Calogiuri a Maiorca e Minorca, pensavo di avertelo detto.”

 

“Eh no che non me lo avevi detto, Imma! E comunque non ti riconosco più! Con me manco a Metaponto volevi venire e-”

 

“E veramente eri tu che insistevi ogni volta per andarci, con la scusa che era tranquillo e rilassante e c’era mamma tua che poteva darmi una mano con Valentina. Il tutto solo per non scontentare tua madre e perché faceva comodo a te!” sbottò, perché era veramente troppo, “e comunque che ne pensi per Valentina?”

 

“Dovrei… dovrei finanziare pure io questa bella vacanza, immagino?”

 

“Solo metà del costo di Valentina, naturalmente, Pietro.”

 

“Se va bene a Valentina, ma non provare a farle pressione, chiaro?! E se va bene al tuo maresciallo avere dietro pure Valentina e Penelope, che immagino si immaginasse un altro tipo di vacanza.”

 

“Ti ho già detto che le ragazze se ne starebbero per conto loro, Pietro, ci mancherebbe altro! E non solo per Calogiuri ma pure per nostra figlia, che se no chi la sente.”

 

“Fammi sapere,” concluse, chiudendole quasi il telefono in faccia.

 

Pietro era ancora più che arrabbiato con lei, ad oltre un anno da quando si erano lasciati. E cominciava a dubitare che gli sarebbe mai passata del tutto.

 

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“Che ne pensi? Non… se non vuoi non devi farti problemi, Calogiuri, eh, ma-”

 

“Imma,” la interruppe, prendendole la mano sulla tavola, “per me non è un problema. Maiorca e Minorca sono enormi e Valentina mi è simpatica, lo sai. Basta che però tu stai tranquilla e che non passi le vacanze ad inseguire Valentina o a controllarla, se no mi rifiuto io per lei, più che per me.”

 

Ed Imma rise e gli strinse la mano, prima di accarezzargliene il dorso e promettere, “ho ben altri da inseguire, Calogiuri, altro che Valentì!”

 

“Ah, sì, e chi?” le domandò con un sopracciglio alzato e l’espressione da schiaffi.

 

“Lo sai. E comunque non è affatto detto che Valentì accetti, quindi vedremo.”

 

“Ah, io nel frattempo ho sentito il mio padrone di casa, e Valentina può stare lì quanto vuole se continuiamo a garantirgli l’affitto. Solo che, se la cosa si prolungasse oltre la fine dell’anno, vorrà il contratto a suo nome e la caparra la dovrei trasferire a lei. Ma magari trova altro prima, no?”

 

“Infatti… e magari con qualche amica stavolta, invece di stare sempre da sola.”

 

“Chissà da chi ha preso questa difficoltà a fare amicizia, dottoressa.”

 

“Hai ragione ma… Valentì il carattere un poco meno peggio del mio ce l’ha. E comunque c’ho Diana e poi… pure Mariani non è così male!”

 

“Allora ti andrebbe se una volta uscissimo con lei e con Conti?”

 

“Se non mi fai fare cose ridicole, che devo mantenere l’autorevolezza del mio ruolo, sì, Calogiuri.”

 

“Ma a te basta un’occhiataccia per essere autorevole, dottoressa,” rise, scuotendo il capo.

 

“Sarà meglio! Se no vorrebbe dire che è giunto il momento di cambiare mestiere, Calogiuri!”

 

Per tutta risposta, si beccò un, “non cambi mai, altro che mestiere!” e si trovò sollevata dalla sedia ed in braccio a Calogiuri, che la baciava con una dolcezza che le faceva un bene immenso al cuore.

 

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“Ma sei impazzita?! A parte che non voglio avere la balia, ma secondo te il tuo maresciallo vuole me e Penelope tra i piedi nella vostra prima vacanza da soli? Se non ti manda a quel paese è un santo!”

 

“Ma no, Valentì, voi ve ne stareste da un’altra parte, dove vi pare a voi. Sono isole grandi, non ci dobbiamo incontrare se non volete. Ma almeno non siete chissà dove in treno e con la tenda.”

 

“Ne parlo con Penelope, ma non ti prometto niente!” le rispose Valentina, mettendo giù il telefono.

 

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“E questi dove li vuoi mettere, Calogiù?”

 

Lo stava aiutando ad infilare le sue cose negli scatoloni, per portarle a casa sua, anzi, a casa e basta. Gli mostrò un elastico, una corda per saltare ed altri cosi che faticava ad identificare ma che intuiva gli servissero per fare esercizio.

 

“In questo scatolone, grazie,” rispose lui, indicando uno dei cartoni mezzi pieni, depositando una pila di magliette, camicie e pantaloni in quello subito accanto.

 

E poi estrasse dall’armadio un qualcosa che non gli aveva mai visto indosso: la divisa da maresciallo.

 

Calogiuri la guardò in modo interrogativo, forse avendo notato il suo di sguardo, ed Imma si morse il labbro, “niente, Calogiù, meglio che non dico niente e che la ritiri, prima che mi becco una denuncia dall’Arma!”

 

“Imma!” esclamò, sembrando un poco imbarazzato, ma anche compiaciuto.

 

L’atmosfera si stava facendo improvvisamente bollente e non solo per l’estate romana che trasformava quel piccolo monolocale in un mezzo forno.

 

Stava per cedere, in tutti i sensi, quando le squillò il telefono. La suoneria era quella di Valentina.

 

Ogni tanto aveva un tempismo degno di suo padre ai tempi.

 

“Pronto?” rispose, cercando di scacciare le immagini mentali di Calogiuri in divisa.

 

“Pronto, mà? Ascolta, ho parlato con Penelope e… per noi va bene. Ma vorremmo stare a Minorca quando voi starete a Maiorca e viceversa, così siamo a poca distanza di traghetto ma abbiamo più libertà.”

 

“Mi sembra un compromesso ragionevole, Valentì, anche se ti garantisco che la libertà l’avreste avuta in ogni caso. Ne parlo con tuo padre e ti dò conferma. Noi siamo a casa di Calogiuri per portare via le ultime cose. Da domani quando vuoi è libera.”

 

“Va bene, grazie!” le rispose e sentì che aveva un tono sì felice, ma anche un po’ impaurito.

 

“Sei più forte di quanto pensi, Valentì. Non dimenticartelo mai.”

 

Valentina non disse più niente, ma udì quello che sembrava un mezzo singhiozzo e poi mise giù il telefono.

 

Sospirò e sollevò lo sguardo per cercare quello di Calogiuri, ma non lo vide più.

 

“Calogiù? Calogiù?”

 

La porta del bagno si aprì ed il suo maresciallo riemerse, vestito di tutto punto in divisa, che ad Imma prese di botto una caldana pazzesca.

 

“Calogiuri…” sussurrò, il fiato che un po’ le difettava.

 

“A saperlo prima che ti faceva questo effetto, mi sarei messo in divisa più spesso già a Matera,” scherzò, prima di farsi serio, almeno in apparenza, mettersi sull’attenti e dire, “dottoressa, ai comandi, posso fare qualcosa per voi?”

 

Non avrebbe saputo dire se fosse per lo sguardo, per il tono o per tutto il resto, ma il fiato se n’era bello bello che andato.

 

“Calogiuri…” mormorò, a fatica, “a parte che starai facendo la sauna, ma… se rovini la divisa come lo spieghi all’Arma, esattamente?”

 

“Tanto ho come l’impressione che non la indosserò a lungo, dottoressa, quindi non c’è pericolo.”

 

“Non sfidarmi, maresciallo, che come sai ho moltissima fantasia e so essere inflessibile quando mi ci metto!”

 

“Lo sapete che a me piace lavorare con voi, dottoressa. E poi… e poi dovremo pure dire addio a questo appartamento come si deve, no?”

 

Imma non sapeva come potesse provare tanta tenerezza e tanto desiderio insieme, ma il secondo prevalse sulla prima e se lo baciò con tutta la passione che aveva, bloccandogli però le mani quando le sentì su di sé.

 

“Non mi pare di averti ordinato il riposo, no, maresciallo?” ironizzò, entrando però nella parte anche col tono di voce.

 

“Qui altro che riposo…” lo sentì mormorare, prima di zittirsi completamente, come da copione.

 

Imma trattenne una risata e gli morse il labbro inferiore, mentre pensava agli ordini successivi.


Sarebbe stato un addio molto ma molto lungo, già lo sapeva.

 

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Sentì la porta d’ingresso aprirsi: Samuel era rientrato dopo un turno di mezzogiorno al ristorante.

 

Si alzò dal divano, il trolley più grande che aveva che le faceva da scudo e da bastone al tempo stesso.

 

“Come mai la valigia? Vai da qualche parte? Torni a Matera?”

 

“No, non torno a Matera. Almeno non oggi. Ma… sì, vado via… definitivamente, Samuel. Non… non sapevo come dirtelo ma… questo mi sembrava il modo più semplice ed almeno ho già messo via quasi tutte le mie cose,” buttò fuori, tutto d’un fiato, prima che le mancasse il coraggio.

 

“Definitivamente?” chiese lui, sembrando stupito, anche se forse non dispiaciuto quanto una parte di lei avrebbe in fondo voluto.

 

“Che le cose tra noi non funzionano lo sai anche tu e… penso che sia la cosa migliore. Mi spiace lasciarti con le spese ma… ora hai lo stipendio del ristorante e… e sono sicura che riuscirai a trovare facilmente qualcuno con cui dividere l’appartamento. Ma… io qui sempre da sola non ci sto più bene.”

 

Samuel abbassò per un attimo lo sguardo, sembrando quasi vergognarsi, poi lo risollevò verso di lei e sì, era dispiaciuto, “scusami, io-”

 

“Non serve che ti scusi: ti stai facendo la tua strada ed io dovrò farmi la mia. Ci siamo buttati in questa convivenza troppo presto ed abbiamo vite troppo diverse. E non ci conoscevamo abbastanza da… da prendere una decisione così importante. La colpa è tua ma pure mia.”

 

“Sei… sei cambiata, Valentina, sei cresciuta e non me ne sono nemmeno accorto. Mi… mi dispiace di… di tutto quanto.”

 

“Anche a me,” ammise, perché la verità era che non provava rancore, solo dispiacere, malinconia e sollievo.

 

Forse era proprio quello il segno che stava facendo la cosa giusta. Perché la rabbia era pur sempre sinonimo di una passione ancora esistente. Qui c’era solo una piatta rassegnazione.

 

“Allora… buona fortuna,” le disse Samuel, prima di chiederle, con uno sguardo dolce che era una vita che non gli vedeva più, “ti posso abbracciare?”

 

“Certo!” rispose e lo strinse in quello che sapeva sarebbe stato molto probabilmente l’ultimo abbraccio tra loro.

 

Non le faceva più l’effetto di una volta. C’era sempre e solo quel velo di malinconia e rimpianti, insieme all’affetto per una persona con la quale hai condiviso un pezzo di vita e sei cresciuta, nel bene e nel male.

 

“Tornerò a prendere le ultime cose nei prossimi giorni, che tanto tu sarai al lavoro, immagino. Poi ti lascio la chiave nella buca delle lettere.”

 

“Va… va bene…” annuì Samuel, passandosi una mano sugli occhi stanchi, “con la valigia come fai? Vuoi una mano? Dove andrai?”

 

“Mia madre mi ha trovato un appartamento e… mi viene a prendere col suo compagno. Dovrebbero essere qui tra poco.”

 

E, neanche a farlo apposta, il campanello squillò.

 

“Posso… posso sentirti ancora, ogni tanto? Mi… mi farebbe piacere sapere come stai e… insomma… non perderci del tutto di vista. Posso mandarti messaggi, visti i miei orari.”

 

Sì, era proprio finita, talmente tanto che l’idea in fondo non dispiaceva nemmeno a lei. Se pensava a quanto sua padre fosse ancora arrabbiato con sua madre dopo tutti quei mesi. Certo c’erano più di vent’anni di matrimonio alle spalle, ma….

 

“Se… se ti fa piacere,” rispose, perché realmente non aveva niente in contrario.

 

Un’altra scampanellata le fece capire che era ora di andare.

 

Prese nuovamente in mano l’impugnatura del trolley e lasciò quell’appartamento, senza guardarsi indietro.

 

Fece appena in tempo ad uscire dall’ascensore, che si trovò di fronte sua madre, con un’aria preoccupata che le fece venire voglia di abbracciarla.

 

“Tutto bene?” le domandò, con un tono che non era da lei. O meglio, non era della madre che aveva creduto di conoscere durante la sua adolescenza.

 

Ma ora capiva molte più cose. Non era perfetta, aveva un carattere di merda, ma le voleva bene e voleva che fosse felice. Ed era quello l’importante.

 

“Ora sì,” rispose, cedendo all’impulso e buttandole le braccia al collo, sorridendo all’esclamazione di sorpresa che si lasciò scappare.

 

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“E qua c’è il contatore e le altre chiavi. Tutto chiaro?”

 

“Sì, mà! Dai, è un monolocale, quanto vuoi che ci metto ad orientarmi? Ci sono tre posti in croce dove guardare!” sbuffò Valentina, con quel tono insopportabile ma che le somigliava più di quanto volesse ammettere. E poi fece uno sguardo furbo e le domandò, “anzi… non è che rischio di trovare qualcosa di traumatizzante, vero? E devo disinfettare tutto, immagino?”

 

“Valentì,” la riprese, sentendosi avvampare e notando che pure Calogiuri aveva il collo fucsia, “e comunque abbiamo già pulito tutto a specchio e tolto ogni traccia della nostra presenza, tranquilla!”

 

“Lo spero!” proclamò Valentina, ironica, anche se, in cuor suo, Imma tutti i torti non glieli dava.

 

Se quell’appartamento avesse potuto parlare… quanti ricordi meravigliosi avevano lì dentro, che si sarebbe portata dietro per sempre.

 

Sperava che, come lo era stato per lei, potesse essere un nuovo inizio pure per sua figlia, anche se magari non propriamente nello stesso modo. Si augurava che si prendesse un po’ di tempo per sé, prima di buttarsi in un’altra storia seria.

 

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“Ma è normale che balli tutto così?”

 

“Stiamo decollando, certo che è normale!” la rassicurò, prima di chiederle, con un sorriso, “non mi dire che hai paura dell’aereo?!”

 

“In… in realtà… ci sono andata solo due volte in tutta la mia vita, questa è la terza.”

 

“Beh, pure io sono solo andato a Barcellona, dottoressa. Però forse ho ricordi più recenti e non era stato male.”

 

“Io invece ho ricordi traumatici dal viaggio… dal viaggio in Grecia, con uno scarcassone traballante che te lo raccomando!” spiegò, mordendosi appena in tempo la lingua prima di farsi scappare che il viaggio in questione fosse stato quello di nozze.

 

“Guarda che nemmeno io sono geloso del passato, Imma,” le rispose, tenendole la mano.

 

Come sempre aveva capito tutto.

 

Si sporse per dargli un bacio e, in quel momento, l’aereo si staccò dalla pista e lo stomaco le finì per un attimo in gola. Non fosse stato per la cintura gli sarebbe finita in braccio.

 

“Dai, che il peggio è quasi passato,” le sorrise, stringendole più forte le dita.

 

Ricambiò e riuscì finalmente a dargli un bacio, anche se breve, ringraziando il cielo che Valentina e Penelope avessero preso il volo diretto per Minorca e non fossero lì a prenderli in giro.

 

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“Ci siamo quasi, dottoressa: guarda che bello il mare!”

 

“Sì, il mare è bello, ma vorrei vederlo da vicino a piedi e non con l’aereo.”

 

“Manca poco!” provò a rassicurarla, prendendole nuovamente la mano.

 

Ancora non poteva credere che una come Imma avesse tanta paura del volo, ma si ripromise di fargliela passare portandola in viaggio più spesso, risparmi permettendo. Anche perché, se dovevano farsi oltre tredici ore di volo per il Giappone l’anno successivo, dovevano allenarsi.

 

Intenerito, la vide chiudere gli occhi e la strinse più forte, finché le ruote dell’aereo toccarono la pista con uno scossone ed Imma li riaprì, sollevata, mentre il cicalino automatico annunciava l’arrivo a Maiorca.

 

La baciò, sentendosi in parte ancora incredulo di essere lì con lei, in vacanza, come migliaia di altre coppie, nonostante tutti i casini degli ultimi mesi.

 

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“Allora, che te ne pare?”

 

Imma spiava fuori dal finestrino del taxi con uno sguardo incantato che gli pareva quasi una bambina.

 

“Avevo guardato un po’ di foto e… avevo fatto qualche ricerca ma… non pensavo fosse così bello!” gli rispose con un sorriso che non si sarebbe mai scordato e poi si trovò con le labbra incollate alle sue.

 

“Estás de luna de miel?” chiese il tassista, con un sorrisetto.

 

“No, pero son nuestras primeras vacaciones juntos,” chiarì, sperando di non avere appena commesso un omicidio della grammatica spagnola e guadagnandosi uno sguardo a dir poco stupito di Imma.

 

“Ay, ahora entiendo por qué pareces dos tortolitos!” rise di gusto il tassista, per poi aggiungere, “estoy seguro de que serán unas vacaciones inolvidables.”

 

“Che ha detto?” gli domandò Imma, sempre più basita.

 

“Che capisce perché sembriamo due piccioncini,” ammise, sentendo il viso un poco caldo, “e che saranno delle vacanze indimenticabili.”

 

“Ah, visto che ci sei tu, lo saranno di sicuro, maresciallo!”

 

“Eres un mariscal? Del ejército?”

 

“Carabinieri.”

 

“Y tu novia te llama mariscal?” chiese, divertito, lanciando un’occhiata a loro oltre che una alla strada.

 

“Si stupisce che ti chiamo maresciallo?” gli domandò Imma, altrettanto divertita, e Calogiuri annuì.

 

“Digli che sono un magistrato ed è deformazione professionale.”

 

“Su deformazione professionale pretendi troppo dal mio spagnolo, dottoressa.”

 

“Doctora? Eres un fiscal?”

 

“Sì, sono molto fiscale, in effetti,” scherzò Imma, prima di dedurre, “fiscal è il pubblico ministero?”

 

“Dottoressa, di nuovo chiedi troppo al mio spagnolo.”

 

“Si, si, magistrado,” confermò il tassista, con l’aria di chi si stava divertendo un mondo, per poi dargli un’occhiata dallo specchietto e domandandogli, con tono complice, “¿y a ella le gusta dar órdenes?”

 

“Muchísimo!” si lasciò scappare con una risata, guadagnandosi un colpo sul braccio di Imma che aveva evidentemente capito perfettamente, spagnolo o non spagnolo.

 

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“La habitación está en el cuarto piso. Bienvenidos a Palma de Mallorca!”

 

La receptionist le passò le chiavi magnetiche e restituì loro i documenti. Imma fece per avviarsi verso l’ascensore ma Calogiuri le prese la valigia.

 

“Te la porto io, non ti preoccupare.”

 

“Fai pure il servizio in camera, Calogiuri?”


“Per te sempre!” non perse tempo a ribattere, facendole l’occhiolino.

 

Salirono in ascensore. Per fortuna l’hotel non sembrava male, per essere un tre stelle.

 

“Mo però mi devi dire quando e come hai imparato lo spagnolo, Calogiuri. Che qua continuo a scoprire doti nascoste, anche se alcune è da mo che le ho scoperte!” si divertì a punzecchiarlo a sua volta, godendosi quel lieve imbarazzo che ancora gli colorava le guance.

 

“Sei tremenda! E comunque… a Grottaminarda, prima di decidere di arruolarmi, avevo fatto un corso di spagnolo, perché stavo valutando di trasferirmi in Spagna per cercare lavoro. C’era una signora che aveva studiato lingue ed aveva vissuto per un periodo a Madrid, che era tornata al paese da poco - dopo essersi separata, credo - e dava lezioni ad un prezzo ragionevole.”

 

“E poi perché hai smesso? Che dopo tutti questi anni te lo ricordi ancora bene. E tu che dicevi di non essere portato per lo studio!”

 

“Portato è una parola grossa, dottoressa. Ma… diciamo che Maria Luisa si era ingelosita: diceva che l’insegnante ci provava con me. E così mi ha convinto a lasciare il corso.”

 

“Insomma, ti ci ha costretto,” tradusse Imma, sentendo un’altra ondata di odio verso Maria Luisa, “e quest’insegnante che ha scatenato l’ira funesta di Maria Luisa com’era? Una bella donna?”

 

“Ma… ma sì… avrà avuto… la tua età, credo, cioè più o meno sarete coetanee. Ma, a parte che tu sei molto, ma molto più bella, all’epoca neanche ci pensavo… insomma non mi sarei mai nemmeno sognato di vederla in quel modo, non mi interessava proprio. E nemmeno pensavo potesse interessarsi a me. Solo che… forse col senno di poi Maria Luisa non aveva nemmeno tutti i torti. La professoressa mi invitava spesso a stare a pranzo con lei, alcune volte mi ha cercato per farle dei lavori a casa ed in cambio mi offriva le lezioni gratis. Una sera mi ha pure invitato a fermarmi a cena, ma dovevo vedermi con Maria Luisa. Quando gliel’ho raccontato mi ha detto che se provavo a tornare dalla professoressa mi avrebbe mollato e così…”

 

E brava l’insegnante di spagnolo! - pensò Imma, anche se non lo disse, ma del resto come non capirla.

 

“Certo che eri proprio ingenuo da morire, Calogiù!” esclamò, intenerita, accarezzandogli una guancia, “meno male che hai aspettato me per… allargare i tuoi orizzonti. Ma mo vedi di richiuderli, eh!”

 

“Sei tu il mio orizzonte, lo sai!” proclamò, con una sincerità così disarmante che perfino una dichiarazione del genere non le sembrò ridicola, anche se Valentina avrebbe commentato sul diabete.

 

Se lo baciò, perché da sempre era l’unica risposta possibile quando faceva così, e poi gli sussurrò, per sdrammatizzare, “lo spero! O… come si dice ti ammazzo in spagnolo?”

 

“Te mato.”

 

“Pare veneto, pare!” ribatté, guadagnandosi una risata ed uno sguardo esasperati e, nel giro di due secondi, si ritrovò in aria e poi sul letto, Calogiuri che le piombò addosso facendole il solletico.

 

“Calogiù, Calogiù…” gridò, divincolandosi, perché quasi non respirava, “te mato veramente, altroché!”

 

Le lasciò riprendere fiato giusto il tempo necessario per levarglielo con un bacio, che le fece capire benissimo che intenzioni avesse, “Calogiù… ma siamo appena arrivati e-”

 

“Dobbiamo pure collaudare il letto, no?” le rispose, con una faccia da schiaffi, “e poi fuori fa caldo e… possiamo uscire pure tra un’ora.”

 

“Va bene, ma solo perché se il letto non ti regge è meglio scoprirlo mo che stanotte, Calogiù!” scherzò, trovandosi nuovamente sotto l’assalto di un altro attacco di solletico, felice come non mai.

 

E, considerato quanto Calogiuri la rendeva felice da quando era nella sua vita, era veramente tutto dire.


Nota dell’autrice: Anche questo capitolo è giunto al termine e la vacanza di Imma e Calogiuri è solo all’inizio. Che combineranno tra Maiorca e Minorca? Riusciranno a stare tranquilli o i casini li seguiranno pure lì?

Nel prossimo capitolo ci saranno altri salti temporali e… ci saranno nuove situazioni e nuovi problemi che riguarderanno non solo Imma e Calogiuri ma pure le rispettive famiglie, mentre scopriremo un po’ di più su alcuni personaggi. E Matera potrebbe fare un ritorno a breve, chissà….

Vi ringrazio di cuore per avermi letta fin qui, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che la storia si mantenga interessante e coinvolgente, nonostante la lunghezza. Come sempre le vostre recensioni e i vostri commenti, positivi o negativi, sono utilissimi per capire come sto andando, quindi vi ringrazio fin da ora se mi dedicherete un po’ di tempo per farmi sapere cosa ne pensate.

Un grazie anche a chi ha inserito la mia storia nelle preferite e nelle seguite.

Il prossimo capitolo arriverà puntuale domenica 12 luglio.

Grazie ancora!

 
   
 
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