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Autore: SaraFantasy98    05/07/2020    0 recensioni
Tra gli alberi secolari della Foresta di Boundary, che tutti nel piccolo villaggio omonimo temono, è custodito un segreto.
Un segreto capace di rubare il cuore e i sogni a chiunque arrivi a scoprirlo, un segreto che è lì da sempre, ma che nel corso dei millenni è stato protetto a dovere: nessuno infatti lo conosce, almeno in questo mondo.
Emma e Jeremy, due gemelli rimasti orfani pochi mesi dopo la nascita, vengono inconsapevolmente attirati verso quel luogo tanto affascinante quanto misterioso. Ciò che ancora non sanno è che la foresta, assieme a ciò che contiene, potrebbe finalmente svelare l'enigma che da sempre circonda la storia della loro nascita, la vera storia dei loro genitori. Storia a cui entrambi cadranno dentro, inesorabilmente.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Axel
 
Non appena Ophrys e Claire ci lasciano per fare ritorno in quel luogo a cui ora appartengono, quel luogo a cui prima o poi tutti noi saremo legati, le ombre attorno a noi prendono a rallentare sempre di più fino a dissiparsi completamente; l’ombrosa foresta dal fogliame nero come inchiostro torna visibile tutta attorno alla radura circolare, il vento si placa.
Non ho la minima concezione di quanto tempo possa essere durato l’incontro con mio fratello e Claire: potrebbero essere passati pochi minuti quanto ore intere da quando il vecchio eremita ha iniziato il rituale di evocazione.
Se solo penso a quello che è appena successo mi sento lo stomaco annodarsi e contorcersi su sé stesso, piacevolmente e dolorosamente allo stesso tempo: la mia testa deve ancora razionalizzare la cosa, probabilmente la reale consapevolezza del fatto che il mio desiderio più profondo si sia veramente realizzato mi raggiungerà solo più tardi, quando l’adrenalina sarà calata.
Per ora riesco solo a sorridere, felice come credo di non essere mai stato prima: ho rivisto Ophrys dopo diciassette anni, ma quando ci siamo parlati, quando ci siamo toccati, sembravano essere passati solamente pochi secondi.
È stato così assurdo, così straordinario... Adesso so per certo che lui e Claire non sono spariti per sempre, adesso so che loro non mi hanno mai lasciato davvero, adesso so che un giorno saremo di nuovo tutti insieme, come una volta.
“I giorni bui della mia vita sono finiti”, mi rendo improvvisamente conto mentre il cuore ancora non vuole saperne di rallentare, mentre sollevo il viso verso il cielo plumbeo e la prima goccia di pioggia mi colpisce la fronte.
Mi era mancata, la pioggia.
Non mi sono mai sentito tanto vivo, tanto desideroso di ricominciare un’esistenza serena, nuova, diversa... Con Emma.
Perché ora sì, non c’è più nulla a trattenermi, nulla: dopo mesi trascorsi a cercare di reprimere inutilmente ciò che provavo e a dannarmi l’anima dietro ad un sogno che sapevo essermi proibito, adesso sono libero. Libero di amarla fino al mio ultimo respiro.
Sempre che lei mi voglia ancora, certo, sempre che lei riesca ad andare oltre le bugie che le ho raccontato: un conto è l’avermi perdonato, un altro è concedermi nuovamente la sua fiducia, di questo sono consapevole.
Mentre l’eremita si muove per raggiungerci le lancio un’occhiata di sfuggita per tentare di capire il suo stato d’animo: Emma ha le guance arrossate e gli occhi verde-azzurri che le luccicano ancora per la gioia appena provata grazie all’incontro con i suoi genitori, mentre con le mani sta cercando di sistemarsi i bellissimi capelli biondi che il vento di prima le ha scompigliato.
È così bella... Veramente una creatura del genere soltanto una settimana fa ha affermato di amarmi? Amare me?
Mentre ancora sono immerso in tali pensieri tuttavia un improvviso turbamento sembra comparire sul viso di Emma che, forse in risposta ad esso, si volta di scatto verso di me: trovandomi già lì a fissarla però, grazie al cielo, torna subito a rilassarsi.
Senza far separare i nostri sguardi Emma si avvicina, mi prende le mani, se le porta alle labbra e dolcemente le bacia, una dopo l’altra, mentre una lacrima le scivola giù dallo zigomo fino al mio palmo.
Così, ad un gesto del genere, il mio cuore sembra quasi spaccarsi dalla tenerezza e dalla gioia, dal troppo amore che contiene: vorrei afferrarle il volto e baciarla qui, adesso, anche se con il vecchio a pochi passi da noi non sarebbe molto appropriato.
Ma non importa, abbiamo tutta la vita per farlo, adesso lo so: Emma mi ha fatto capire ogni cosa senza pronunciare una sola parola. Mi limito dunque a sfiorarle il viso per asciugare quell’umida scia lasciata dalla piccola goccia salata, indugiando qualche istante sull’angolo del suo sorriso.
Solo quando l’eremita ci parla di nuovo torniamo a rivolgere a lui la nostra attenzione, a malincuore, senza però separare le nostre mani.
 «Avete ottenuto ciò che cercavate?» ci chiede il vecchio appoggiandosi al lungo bastone di legno nodoso, osservandoci e studiandoci attentamente.
«Lo abbiamo trovato, sì» gli risponde Jeremy annuendo.
«Bene, ricordatevi tuttavia che quando uscirete da questo recinto sacro alla notte possiederete qualcosa in meno rispetto a quando ne siete entrati: il debito è già stato saldato, presto vi renderete conto con quale moneta.»  
«Lo terremo a mente», afferma Emma.
«Prima di andarcene ci tengo a ringraziarti, vecchio: senza di te staremmo ancora brancolando nel buio», intervengo infine io.
«Ma vorrei anche chiederti: perché lo hai fatto? Perché ci hai aiutati senza esitare?»
Lo strano personaggio prima di rispondere mi fissa a lungo con quegli occhi che paiono carboni ardenti, un’espressione furba sul volto rugoso.
«Dovevo un favore a tuo padre, ragazzo: se tornerai qui un giorno magari ti racconterò quella storia. C’è del potenziale in te, figlio di Deneb, lo sento: potrei insegnarti molto se tu lo volessi; in caso, ora sai dove trovarmi.»
Senza darci altro tempo per ribattere l’eremita si volta e, senza guardarsi indietro, si inoltra nella foresta da cui era emerso al nostro arrivo.
«Il tizio più strano che io abbia mai incontrato in vita mia, questo è certo», sbotta Jeremy non appena quello sparisce dalla nostra vista.
«Adesso cosa facciamo?» interviene Emma accennando alle sferette di vetro tenute in mano da suo fratello.
«Dobbiamo tornare da Anthemis e organizzare un piano», le rispondo voltandomi nella direzione da cui siamo arrivati.
Riprendiamo così a camminare lasciandoci questo posto tanto strano alle spalle, ma ben presto ci rendiamo conto di avere tutti quanti un gran bisogno di riposo: la marcia di andata è stata dura e senza dubbio non riusciremmo a ripercorrerla tutta a ritroso in giornata.
Quando dunque troviamo un angolo di foresta abbastanza protetto e riparato dalla pioggia, che nel frattempo ha iniziato a cadere copiosa, ci sistemiamo per provare a dormire un po’ appoggiati a qualche radice come ai vecchi tempi.
«È meglio che modifichi i nostri volti, Axel, così se qualcuno ci trovasse non avremmo troppi problemi», suggerisce Jeremy, giustamente prudente.
Apprestandomi dunque a concentrarmi per compiere l’incantesimo che ormai mi risulta facile quanto respirare, però, mi accorgo che qualcosa non va: non riesco più a controllare quell’energia dentro di me, quella che mio padre mi aveva insegnato a riconoscere e ad utilizzare a mio favore.
Quella è lì dove è sempre stata, la sento, ma non riesco a smuoverla, non riesco a raggiungerla, esattamente come accadeva le prime volte in cui ci provavo mentre stavo imparando.
«Ragazzi, non ci riesco... Non ci riesco più...» dico in panico mentre i gemelli mi fissano confusi.
«Axel... il prezzo da pagare! La Morte potrebbe aver preso la tua magia!» Emma è la prima ad arrivarci.
Immediatamente provo ad evocare alcune sfere di tenebra per assicurarmi che almeno la magia della notte, la più importante, mi sia rimasta; con un sospiro di sollievo mi rendo conto che quella non mi è stata portata via.
«Per un po’ di tempo dovrò farne a meno, a quanto pare», affermo scuotendo le spalle, anche se a dire il vero l’aver perso una di quelle cose che mi ricordava sempre mio padre e il tempo passato insieme mi dispiace molto.
«Preferisco che mi sia stata tolta un po’ di magia piuttosto che un ricordo o un sentimento, senza dubbio», affermo tuttavia ricordandomi che poteva andarmi molto, molto peggio.
«Volete che facciamo dei turni dal momento che non possiamo più nasconderci?» propone allora Jeremy.
Io ed Emma annuiamo, così lui accetta di stare sveglio per primo.
 
***
 
Mi sveglio intorpidito e col collo dolorante dopo un paio d’ore, umido e infreddolito per via della pioggia che, anche se non copiosamente, riesce comunque a raggiungerci.
Sto per mettermi a sedere quando sento dei bisbigli: Emma e Jeremy stanno parlando a bassa voce, evidentemente per non svegliarmi.
Non dovrei origliare, lo so, ma mi è impossibile non ascoltare ciò che si stanno dicendo ad appena un metro di distanza da me.
«Anne ed Ezra... Non riesco più a ricordare i loro volti», sta dicendo tristemente Jeremy, sospirando.
«È talmente strano... Ricordo il giorno in cui ci siamo conosciuti, tutte le avventure trascorse insieme, il nostro ultimo saluto, tutto: ma non il loro aspetto.»
«Non è così grave; la prossima volta che torneremo a trovare i nonni rimetteremo in funzione il cellulare così da riguardare le foto che ci siamo fatti insieme. E poi potremmo invitarli a Boundary, così da rivederli dal vivo», cerca di consolarlo Emma. 
«Già, faremo così: l’importante è che non mi sia dimenticato della loro esistenza o delle cose fatte assieme», continua Jeremy.
«E tu? Hai già capito cosa ti è stato tolto?»
La risposta di Emma tarda un po’ ad arrivare, facendomi subito preoccupare.
«Non appena mamma e papà se ne sono andati mi è successa una cosa stranissima», dice infine lei.
«Per alcuni secondi mi sono sentita come svuotata, come se qualcuno mi avesse strappato via da dentro qualcosa di importantissimo a cui non riuscivo a dare una forma, un’identità. Poi, con orrore, ho capito: era il mio amore per Axel che la Morte si era presa.»
Udire tali parole per me equivale ad una secchiata di acqua gelida in piena faccia: il tempo sembra dilatarsi allungandosi all’infinito, il respiro mi si blocca completamente, il corpo si irrigidisce.
“No... Ti prego... No.…” è l’unica cosa che riesco a pensare rifiutandomi nel contempo di credere alle mie orecchie, supplicando me stesso di svegliarmi da quello che deve per forza di cose essere un incubo.
Poi, dopo quelle che mi paiono ore, Emma riprende a raccontare.
«Subito mi sono voltata verso di lui per capire se la Morte gli avesse richiesto lo stesso pedaggio, ma quando l’ho fatto ho trovato Axel già lì a osservarmi... In quell’attimo, non appena i nostri sguardi si sono incrociati, il mio cuore e la mia anima sono tornati a riempirsi dello stesso identico sentimento di prima, anzi, di un sentimento ancora maggiore, se possibile. Il vuoto in me sarà durato all’incirca quattro, cinque secondi al massimo, non di più, ma sono stati senza orribili. Non so come sia potuto accadere una cosa del genere!»
«Io invece credo di saperlo», le risponde pacatamente il fratello mentre il sollievo che mi pervade rischia quasi di farmi svenire.
«La Morte ha cercato di portarti via il tuo amore, ma l’Amore è l’unica cosa al mondo in grado di sconfiggere la Morte. Ecco quello che è successo.»
«Omnia vincit amor», gli sussurra in risposta Emma, dolcemente: parole di una lingua che non comprendo, ma il cui senso, in qualche modo, riesce a raggiungermi ugualmente: l’Amore vince ogni cosa.
 
***
 
«Axel, svegliati, è il tuo turno», dice Emma scuotendomi delicatamente e facendomi svegliare di nuovo. Questa volta mi metto seduto sul serio.
«Mi dispiace che ti sia toccato il turno centrale, spezzare il sonno non è il massimo», affermo stiracchiandomi e appoggiando la schiena ad un tronco dietro di me, pronto per tenere gli occhi aperti in vista di qualunque pericolo al posto suo.
La pioggia per fortuna ha terminato di cadere almeno per oggi: i raggi del sole ormai prossimi a tramontare donano quel tepore di cui ormai sentivo davvero il bisogno.
«Non ha importanza, riposerò adeguatamente quando tutto sarà finito», mi risponde lei trascinandosi accanto a me e appoggiando la testa sulla mia spalla, strappandomi un sorriso.
«Adesso puoi dormire, approfittane», le dico divertito.
«Mhh... Non posso farlo qui? Si sta così comodi...» ribatte lei già assonnata accovacciandosi ancora di più contro di me.  
«Certo che puoi, tutte le volte che vuoi», le rispondo allora io lasciandole un bacio tra i capelli e cingendole le esili spalle con un braccio, per sentirla più vicina ancora: gesti semplici, spesso scontati, ma che per me sono un vero e proprio miracolo.
Emma però non si mette a dormire, non ancora: prima solleva il viso verso di me facendoci ritrovare vicini come non lo eravamo da prima che la verità su di me fosse scoperta.
Dopo qualche istante solleva una mano per giocherellare con una ciocca dei miei capelli, senza allontanarsi di un millimetro da me e senza distogliere lo sguardo dai miei occhi, per poi passare ad accarezzarmi il viso.
«Mi sei mancata tanto», le sussurro allora io godendomi quel suo tocco così leggero che finalmente posso accettare senza senso di colpa alcuno.
«Mi sei mancato anche tu, amore mio. Ti prego, promettimi che d’ora in poi niente e nessuno potrà dividerci, mai...»
«Mai, te lo giuro», le rispondo immediatamente con voce spezzata dall’emozione, per poi annullare la già poca distanza che ci divide, non resistendo più, facendo scontrare le nostre labbra in quello che per noi è un nuovo primo bacio, il primo vissuto senza alcun peso sul cuore, senza alcuna barriera a dividere le nostre anime.
Pochi istanti dopo lei è a cavalcioni su di me ed io la sto stringendo forte, forse troppo, mentre mi ebbro del suo odore e della sensazione del suo corpo caldo contro il mio, del sapore dolce delle sue labbra, quelle labbra che mi ritrovo improvvisamente a mordere tra i sospiri divertiti di lei, tanto le desidero.
Non credevo che provare tanta felicità tutta insieme fosse umanamente possibile, ma evidentemente mi sbagliavo: io ho la mia Emma adesso, non ho bisogno di nient’ altro al mondo.
«Emma...» dico non appena ci separiamo, mentre lei continua ancora a darmi leggeri baci a fior di labbra rischiando davvero di farmi impazzire.
«Emma, vuoi essere mia? Mia per sempre?» riesco a pronunciare la domanda che non riuscivo più a trattenere tra un rapido bacio e l’altro.
«Sono stata tua fin dal primo istante, Axel, e lo sarò finché anche l’ultima stella in cielo non si spegnerà. Ti amo», mi risponde lei fermandosi e sprofondando il viso nell’incavo tra la mia spalla e il collo, stringendomi a sé.
«Anche io sono tuo, amore mio, fai di me ciò che vuoi.» 
 
***
 
Quando arriviamo nei meandri sotterranei del palazzo di Komorebi è ormai notte fonda: come stabilito Anthemis ci sta aspettando davanti alla porta che lo mette in comunicazione con il passaggio segreto che le abbiamo mostrato prima di andarcene.
«Ragazzi, come è andata?» ci chiede subito lei non appena ci vede fare capolino da essa, tesa e pallida alla fioca luce della sfera che tiene in mano.
«Lo avete visto? Ci avete parlato?»
«Sì mamma, lo abbiamo visto: sta bene, sai? È con Claire e non ci perde di vista un secondo», le rispondo io, annuendo.
«Sono così felice di sentirlo, così felice!» continua lei.
«Ma dite, Ophrys vi ha spiegato il piano di Deneb?»
«Sì, lo ha fatto», conferma Jeremy aprendo nel contempo davanti a sé il palmo della mano per mostrarle le due sferette, spiegando poi più nel dettaglio lo svolgersi dell’incontro e il piano stesso.
«Pensi che sia possibile radunare la Gente del Giorno in un unico luogo così che più persone possibili vedano le immagini?» chiede infine lui concludendo il suo discorso.
«Idea tanto semplice quanto ingegnosa: tipico di Deneb, in effetti. In ogni caso credo di sì, radunare i Diurni non dovrebbe essere troppo complicato. Il vero problema credo lo avremo con i Notturni: come possiamo convincere Alhena a farli radunare senza spiegarle il motivo?» gli risponde Anthemis.
«Credi che parlando con lei non si potrebbe tentare di farla ragionare? Se sapesse tutta la storia come la sappiamo noi penso che almeno accetterebbe di mettere in discussione la colpevolezza di Axel!» interviene Emma.
«Mentre siete stati via Alhena ha continuato a mandare le sue guardie a cercarvi ovunque, terrorizzando inoltre la popolazione con supposizioni assurde sui prossimi crimini che potrebbe compiere Altair. Io mi sono recata a Yakamoz per provare a discuterne, dicendo che forse le cose non erano così come ci sono sempre apparse, ma lei non ha voluto sentire ragioni: crede che ogni mia parola in favore di Axel sia dovuta al legame che ho con lui, che non sono lucida.»
«Ad Alhena conviene che tutti credano alla mia colpevolezza», faccio notare io.
«Se venisse provato il contrario la sua posizione come Guardiana verrebbe messa in discussione all’istante, e sapete quanto lei tenga a quel ruolo: anche se alcuni dubbi su ciò che è davvero accaduto se li è fatti venire, non lo ammetterà mai.»
«Ma Axel... Tu vorresti diventare Guardiano della Notte?» mi chiede Emma: domanda più che lecita a questo punto, ma che mi lascia comunque spiazzato.
Guardiano, io? È dal giorno in cui Deneb mi rivelò la mia vera identità che non ripenso ad una tale evenienza. Quel giorno stesso fuggii con alle calcagna tutte e due le Genti e il loro odio nei miei confronti, convinto che mai più sarebbe arrivato il momento di decidere se accettare o meno quel ruolo, convinto che tale possibilità per me fosse sparita per sempre.
Ricordo altrettanto bene però che, nel breve tempo trascorso tra l’investitura annunciatami da mio padre e la fine di ogni speranza, era euforia quella che provavo all’idea di ciò che sarei diventato un giorno: per me si trattava un sogno che si avverava.
Quando ero piccolo sapevo che a succedere a Corylus sarebbe stato Ophrys, non io, e ne capivo le ragioni; quando tuttavia pensavo a mio fratello come futuro Guardiano, ogni tanto, non posso negare di essermi sentito... beh... forse un po’ invidioso. Sarebbe assurdo affermare che non me ne sia mai importato nulla, perché non è la verità. Certo, nel momento in cui capii di preferire la notte al giorno quel vano desiderio si smorzò in favore di un altro più concreto: diventare semplicemente un vero Notturno, ma quando Deneb mi rivelò di essere mio padre quell’antico sogno non poté fare a meno di tornare in luce, anche se solo per poche ore.
Già fantasticavo su di me e mio fratello seduti sui troni delle due città, a costruire insieme un futuro migliore per questo mondo all’insegna della concordia tra le due Genti... Per due fratelli uniti come noi, quale destino poteva essere migliore? Quanto sciocco ero stato allora: quello fu il mio ultimo sogno fino all’arrivo di Emma.
Adesso però tutto si riapre, tutto è rimesso in gioco nuovamente... Ma come potrei anche solo pensare di prendere le sorti di un popolo intero sulle mie spalle quando quella stessa gente mi ha odiato senza mezzi termini per anni? Anche se capissero la verità, si fiderebbero di me?
E poi c’è Alhena: per quanto la simpatia tra di noi non sia mai stata tanta non posso negare che durante il periodo nero di questo mondo abbia svolto un ottimo lavoro; come posso prendere il suo posto basando la mia pretesa su di un diritto di nascita così vuoto di motivazioni concrete?
E dopo tutto questo, come rispondere ad Emma?
«Lo vorrei, sì, ma sono anche consapevole che ciò potrebbe non essere facile né tantomeno giusto», mi decido a dire alla fine.
«In ogni caso questo aspetto al momento è il meno rilevante: adesso conta solo scagionare me e voi dalle accuse di tutti. Se ci riusciremo avrò una vita meravigliosa anche se sarà Alhena a rimanere seduta su quel suo amatissimo trono.»
“In fondo io ho già te”, vorrei aggiungere, ma la presenza di Anthemis mi fa frenare la lingua: dopotutto lei ha sempre considerato me ed Ophrys come fratelli di sangue, non so quanto accetterebbe di buon grado la cosa. Quando sarà tutto finito dovrò parlarle, questo è certo. So che lei si era già accorta che tra me ed Emma ci fosse qualcosa, ma questo era prima che scoprisse chi fossi veramente: dopo quel momento lei non ha più sollevato la questione, non ce ne è mai stato il tempo, ma se tutto filerà liscio giungerà anche il tempo dei chiarimenti. Ma a questo penseremo a tempo debito. 
«Dunque cosa facciamo?» Jeremy riprende il nodo della questione.
«Io avrei un’idea», afferma Emma sollevando lo sguardo.
«Se davvero le due Genti sono così terrorizzate, organizzare un’assemblea generale con Diurni e Notturni assieme in cui le Guardiane fanno il punto della situazione per tranquillizzare tutti non dovrebbe risultare troppo strano, neanche agli occhi di Alhena. Se riuscissimo ad organizzare la cosa avremo buona parte della popolazione di questo mondo radunata in un unico luogo, così noi dovremo solo rompere una delle sfere per sistemare tutto.»
«Sì, può funzionare», affermo immediatamente comprendendo il potenziale di un piano del genere.
«Rivelare la verità a tutti in un unico luogo, con Alhena stessa presente, sarebbe senza dubbio la cosa migliore!» continuo cominciando a vedere, forse, un poco di luce in fondo al tunnel.
«Cosa ne dici, Anthemis?» interviene Jeremy.
«Credi di riuscire a convincere Alhena e ad organizzare la cosa?»
La Guardiana del Giorno sembra rifletterci bene prima di rispondere, forse per essere certa di stare prendendo in considerazione tutti i possibili rischi, ma alla fine sembra decidersi.
«Sì, Jeremy, credo di poterlo fare; in fondo è vero che la mia gente è spaventata, così come quella di Alhena: sono troppi giorni che nessuna delle due emette dichiarazioni ufficiali, troppi giorni che nessuno là fuori sa cosa stia succedendo veramente. Indire un’assemblea generale per rassicurare gli animi e per riconfermare a tutti la ancora stretta alleanza tra le due città apparirebbe come una mossa naturale e ovvia. Alhena accetterebbe di sicuro, credo.»    
«Ottimo allora. Così sia», dico cominciando nel mentre a sentirmi davvero molto preoccupato: se le cose andassero male per me non ci sarebbero più speranze di vivere una vita serena qui nella mia terra, così come non ce ne sarebbero più per Emma e Jeremy, ormai considerati miei complici.     
«I Diurni accetteranno di buon grado la notizia dei crimini del loro amato ex Guardiano?» chiede dopo qualche istante di silenzio Emma, sollevando infine anche questa questione.
«L’ho accettata io che ero sua moglie, l’ha accettata Ophrys che era suo figlio: perché loro non dovrebbero? Sono i fatti stessi a parlare», afferma convinta Anthemis.
«Speriamo davvero che siano ragionevoli», mormora Jeremy.
«Lo saranno, fidati di me», lo rassicura mia madre.
   
 
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