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Autore: D a k o t a    05/07/2020    6 recensioni
[Partecipa alla #justaquickprick challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart]
[weechester - 7!Sam&11!Dean - kinda fluffy - hurt/comfort]
In cui Sam va a toccare cose che non deve toccare e Dean se ne prende cura.
"C’è una cosa che Dean ha saputo fin dal primo momento in cui si è trovato ad avere a che fare con quella palla al piede del suo fratellino: è un bambino curioso. Quando era piccolo piccolo, era il tipo di bambino per cui oh, era necessario avere mille occhi per evitare che si strozzasse con la collezione di soldatini che papà gli aveva regalato una volta e soprattutto che non mettesse troppo il naso fra le sue cose – anche se quello era un limite che era durato il tempo di stabilirlo, per poi trovarlo a giocare con le sue macchinine."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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C’è una cosa che Dean ha saputo fin dal primo momento in cui si è trovato ad avere a che fare con quella palla al piede del suo fratellino: è un bambino curioso. Quando era piccolo piccolo, era il tipo di bambino per cui oh, era necessario avere mille occhi per evitare che si strozzasse con la collezione di soldatini che papà gli aveva regalato una volta e soprattutto che non mettesse troppo il naso fra le sue cose – anche se quello era un limite che era durato il tempo di stabilirlo, per poi trovarlo a giocare con le sue macchinine. Ecco, Sam è un bambino curioso e Dean l’ha sperimentato sulla sua pelle, ma questo significa solo che fa trecentomila domande e che sbircia da tutte le parti, che fa uscire di testa papà con i suoi interrogatori - “Domani partiamo” “Perché?””Perché lo dico io” “Perché?” - , non che Dean si aspetti di trovare quel piccolo idiota in cucina alle due di notte con un maledetto coltello da caccia in mano proprio dopo aver ricevuto una reprimenda da papà sul fatto che non deve mai toccare le cose che gli servono per il lavoro.
“Sammy, cosa diavolo stai facendo?” esclama ad alta voce, preso da un puro terrore nel vedere il suo fratellino di sette anni giocare con un coltello, senza nemmeno preoccuparsi di non svegliare tutto il motel.
“Dean” esala il più piccolo in un sussurro.
Sam sobbalza. L’istinto è quello di andargli contro, scuoterlo, sgridarlo e riportarlo nel letto, ma anche il solo alzare la voce di prima si rivela immediatamente un errore perché maledizione, quando sobbalza di sorpresa e spavento, il coltello gli scivola dalle mani. A quel punto, prima che il maggiore possa dire qualsiasi cosa, Sam fa l’errore più stupido che quell’idiota del suo fratellino possa fare: cerca di afferrare il coltello al volo per poi lasciarlo cadere sul pavimento dopo averlo preso di striscio per la lama, soffocando un grido di dolore.
“Sammy, dannazione!” esclama, avvicinandosi, per esaminare il danno sulla mano che il più piccolo chiude portandosi al petto. “Fammi vedere subito, adesso.
Nel momento stesso in cui gli occhi di suo fratello si riempono di lacrime, tutto – il desiderio di rimproverarlo, la voglia di dirgliene quattro e rispedirlo a letto – viene sormontato da un’indicibile, insostenibile preoccupazione. Il bambino però per tutta risposta continua a piagnucolare, cosa che finisce per innervosirlo e farlo preoccupare ulteriormente, soprattutto quando nel fare un passo in avanti, quell’idiota si ritrae, facendone uno indietro.
“Sammy, smettila di piangere e vieni qui.” afferma in un sospiro, aprendo un braccio verso di lui, nella speranza di non doverlo rincorrere tutta la casa.
“No! Sei arrabbiato, Dean.” afferma, con tutto il fiato che riesce a trovare nei polmoni, con gli occhi pieni di lacrime. Gli punta contro l’indice dell’altra mano, quella in cui non si è fatto nulla, e dannazione, Dean deve inspirare forte e ricordare che si è fatto male per non trascinarlo in bagno con la forza. Una gocciolina di sangue sul pavimento lo fa deglutire.
“Non sono arrabbiato, idiota.” gli dice e mente, perché arrabbiato lo è davvero. “Vieni qui. Sammy, devo vedere cosa hai fatto, devo medicarla.”
Per un attimo il minore dei Winchester indugia sul posto, guardando in direzione della loro camera da letto, ma poi un’altra fitta di dolore alla mano lo colpisce e, guardando il cipiglio impaziente di Dean, ha la sensazione che fra non molto passerà davvero a trascinarlo di peso in bagno. Un battito di ciglia dopo, il maggiore si trova una massa di capelli castano chiaro e lacrime stretta contro il petto. Dean sbuffa, mentre quella piccola peste si tiene aggrappata ad un lembo della sua maglia con la manina sana e tiene l’altra rivolta verso sé stesso.
“Fammi vedere la mano” gli ripete, ignorando ancora una volta la tentazione di sgridarlo prima di medicarlo e strofinandogli la schiena perché si calmi.
La risposta non è altro che altre lacrime contro la sua maglia, mischiate a qualche confuso “Scusa, Dean, io non volevo.”e a qualche altra stupidissima accusa sul fatto che fosse ancora arrabbiato. Quelle parole servono solo a far capire al maggiore che il tempo delle trattative è finito e che è necessario essere un po’ più incisivi, quindi sfrutta il vantaggio dell’età per allontanarlo da sé e prenderlo per il polso, sbuffando al modo in cui suo fratello tiene il pugno chiuso.
“Smettila di comportarti come uno stupido testardo o racconto tutto a papà” lo avverte poi, stizzito.
Un po’ per la stanchezza perché sono le due di notte, un po’ perché la mano gli fa effettivamente male, un po’ perché sa anche che papà non sarebbe contento di sapere che ha disobbedito, cede e apre il pugno, mostrandogli il palmo della mano. Dean si irrigidisce irrimediabilmente a quella vista del taglio: non è tanto profondo e davvero, non importa che abbia dieci anni, ha visto cose ben peggiori su papà, ma Sam – beh, Sam è una cosa diversa. Quell’immagine lo fa ancora di più arrabbiare con quell’idiota di suo fratello e le sue escursioni da nottambulo in cucina.
“Non sto morendo, vero? Sai, a scienze hanno detto che se una persona perde troppo sangue può morire, quindi... ”
Dean per tutta risposta alza gli occhi al cielo, afferrandolo per l’altra mano e spingendolo verso il bagno: davvero ingenuo da parte sua credere di poter riposare alle due di notte.
“Non si può muore per uno stupido taglietto, Sammy. Ma se non ti uccide papà, ti uccido io” gli dice solamente, per poi spingerlo con più urgenza, mentre quello è già sul punto di ribattere. “Forza, muoviti. Dobbiamo disinfettarla.”
***
Il getto dell’acqua fredda del lavandino sulla mano gli dà una sensazione di sollievo, sebbene il leggero tingersi rosato dell’acqua tenda ad irrigidire Dean. E’ sicuro che quando papà gli ha insegnato come si medica una ferita intendesse farlo perché sarebbe stato utile nell’ambito della caccia, non per le marachelle di quel fratellino idiota che si ritrova, ma in qualche modo le piccole smorfie di dolore di Sam finiscono per turbarlo persino di più, anche se non esce quasi più sangue.
“Come stai?” gli chiede, aspettando ancora qualche secondo prima di chiudere l’acqua.
“Brucia un po’, ma va meglio. Grazie.” gli risponde, ma quel ringraziamento viene accolto con una scrollata di spalle.
Il più piccolo ha ormai smesso di piangere e gli rivolge un timido sorriso grato, a cui Dean risponde chiudendo l’acqua e premendo con un asciugamano per fermare del tutto il sangue. Manca solo il disinfettante e la benda, e davvero non importa che questa volta se la sia proprio cercata: il fatto che il disinfettante brucerà molto di più di qualsiasi bruciore stia sentendo adesso gli dispiace, perché oh, non ascolta manco a pagarlo ed è una palla al piede, ma è comunque il suo fratellino. Afferra la cassetta delle emergenze e lo spinge verso la sala.
“Siediti” gli ordina, una volta giunti davanti al tavolo.
Il bambino obbedisce, tenendo la testa bassa per nascondere gli occhi, ancora arrossati di pianto. Dean è convinto che quando quella storia sarà finita, sarà davvero indeciso fra l’abbracciarlo o il prenderlo a pugni.
“Apri la mano, Sammy. E smettila di farti pregare” gli dice poi, con lo stesso tono di prima.
E’ che ci prova – ci prova davvero – a non suonare irritato, ma deve già avere a che fare con un fratellino che è carico come una pila durante il giorno e con i capricci che fa la sera quando la stanchezza lo coglie e non vuole andare a dormire e ci mancano giusto le escursioni notturne fra le cose di papà per farlo impazzire.
“Smettila di parlare così, Dean.” afferma, incrociando le braccia sul petto, con quell’arroganza tipica dei bambini.
Per tutta risposta, Dean lascia un’occhiata esausta all’orologio della cucina, che segna le tre meno un quarto. Maledizione. Spera che il nottambulismo non diventi un’abitudine.
“Così come?” gli chiede poi, cercando di tenere una punta di irritazione fuori dalla sua voce e ricordandosi che comunque sia si è appena fatto male e chi se ne frega se è tutta colpa sua: merita un margine di tregua.
“Come se fossi arrabbiato.” risponde semplicemente il più piccolo. “Sei ancora arrabbiato?”
Ecco, il maggiore dei Winchester è sicuro che al prossimo “Sei arrabbiato?” la piccola tregua finirà. Ne è convinto.
“Non sono arrabbiato, Sammy.” sospira, tradendo un moto di stanchezza, cedendo al modo più semplice per farlo ascoltare. “Smettila di piagnucolare e fatti medicare. Se fai il bravo, dopo ti preparo il latte.”
Ora, ha un’idea abbastanza precisa di cosa penserebbe papà del fatto che gli ha appena promesso un premio nel caso in cui stia buono e zitto a farsi medicare un taglio che si è procurato solo perché nessuno riesce a fargli entrare nella testa il più banale ordine, ma è tardi, è stanco e sembra così triste e -
Funziona, perché il bambino finalmente gli mostra il taglio sulla mano che, dopo averlo tamponato e sciacquato prima, ha smesso di sanguinare. Prende il disinfettante e con l’altra mano lo tiene fermo per il polso, mentre ne versa una quantità tale da coprire tutto il taglio. Non sarà più lungo di tre centimetri e, avendo preso il coltello solo di striscio, non è profondo ma sulla mano di suo fratello sembra già troppo grande agli occhi di Dean. Sam si morde il labbro per non lasciare fuoriuscire nessun verso e il maggiore non sa se lo sta facendo per obbedirgli, per il latte o per sembrare coraggioso davanti a lui, né perché lui stesso senta l’istinto di strofinargli il polso con il pollice della mano con cui lo sta tenendo fermo per calmarlo nei primi momenti, quando il bruciore è più intenso. Dopo aver aspettato un minuto, prende la garza, coprendo il piccolo taglio.
“Ehi, idiota,adesso non esagerare.” borbotta, sentendosi improvvisamente in colpa per avergli ordinato di stare zitto con l’inganno, nel non vederlo reagire nemmeno dopo aver finito la medicazione e nello scorgere comunque le lacrime che sta trattenendo. “Lo so che fa male, Sammy.”
Ed è a quel punto che se lo ritrova fra le braccia, mentre ben presto i rari singulti che aveva esalato durante le medicazioni si trasformano in singhiozzi e si aggrappa alla sua maglietta come se ne andasse della sua vita.
“Stai di nuovo facendo la femminuccia.” borbotta, non capendo a pieno quella reazione, ma senza smettere un attimo di strofinargli la schiena. Insomma, non è che non si sia mai fatto male nella sua vita, alla fine. “Un taglietto non può farti così male, Sammy.”
E’ davvero confuso: non riesce a capire se sia lo spavento alla vista del sangue ad averlo ridotto così o semplicemente abbia paura di una punizione di papà o qualcosa del genere, ma in ogni caso gli sembra una reazione decisamente eccessiva, perché davvero -
Sam si guarda attorno per un attimo, allontanandosi appena da Dean, il tempo per valutare la possibilità di dirgli la verità, ponderandone le conseguenze. Ma è un bambino intelligente, è bravo a leggere le persone. Soprattutto suo fratello.
“Ho fatto un brutto sogno” dice, improvvisamente in imbarazzo. “Dean, ho sognato che...”
Si interrompe, il suo sguardo cade immediatamente per terra e Dean è abbastanza sicuro che quel senso di vergogna che improvvisamente prova non venga dall’aver disobbedito a papà o a lui o a entrambi, ma da ciò che ha sognato.
“Ehi” mormora, asciugando una lacrima dal viso del più piccolo. “Non può essere peggio di quella volta che hai sognato un polipo che ci strangolava”
Lo sguardo di Sam esita quel momento necessario perché Dean comprenda che sì, qualsiasi cosa ha sognato è decisamente peggio del polipo assassino.
“Non mi prendere in giro, Dean!” lo rimprovera poi, prima di decidere di parlare nuovamente del suo sogno. “Ho sognato che stavamo andando a scuola e un mostro ti è venuto incontro e…”
Il più piccolo scuote la testa, come a non voler ricordare. Dean invece alla parola mostro si irrigidisce ulteriormente: Sam non sa nulla della loro vite, delle cose mostruose che ci sono nel mondo. Possibile che lo tormentino ancora prima del tempo della verità, anche adesso che potrebbe dormire tranquillo?
“Quindi hai deciso di andare a frugare fra le cose di papà, nonostante ti avesse esplicitamente detto di non farlo, perché hai avuto un incubo?” gli chiede, cercando di tenere morbido il tono della voce, non senza tradire una nota di irritazione.
“Volevo qualcosa per proteggerti. Tu hai una pistola.” ribatte il più piccolo, con tono accusatorio.
Incredibile: doveva essere testardo e capriccioso anche quando era nel torto. Era più forte di lui.
“Ti ho detto che è un giocattolo.” mormora, ma fa improvvisamente fatica a sostenere il suo sguardo, come se Sam fosse abbastanza intelligente e intuitivo da cogliere un’orribile verità dietro quella bugia a fin di bene.
Per tutto il tempo, Sam si allontana da lui solo il giusto spazio per guardarlo negli occhi, godendosi i cerchietti che Dean non può fare a meno di disegnargli sulla schiena con le dita per rassicurarlo.
“Non è vero. Non me la fai mai toccare.” ribatte il più piccolo.
E’ il più grande a distogliere lo sguardo questa volta, per poi rispondere velocemente, troppo velocemente.
“Perché non voglio il mio stupido fratellino che fruga fra le mie cose! Come non lo vuole papà.” puntualizza poi sbrigativamente, smettendo per un attimo di accarezzarlo.
Sam sgrana gli occhi e Dean si trova a rispondere a quella muta domanda che ha già in testa e che è ben visibile in quegli impossibili occhi verdi.
“Papà aveva detto di metterti in punizione e di non lasciarti uscire dalla camera se non per pranzo e cena la prossima volta che tu avessi fatto qualcosa del genere, Sam.” mormora, senza ancora aver deciso bene il da farsi.
Ora pondera bene quella soluzione: è che davvero tutto sommato, anche se è una spina nel fianco, non è così male averlo intorno. Lasciarlo chiuso in una stanza senza nemmeno la televisione solo perché si è spaventato sembra un’esagerazione. D’altra parte, valuta però anche i rischi del coprirlo con papà: e se un giorno, dopo un incubo, decidesse di prendere una pistola e combinare qualche casino, facendosi male in maniera più irreparabile di uno stupido taglio?
“Tu resti con me in camera?” mormora con un po’ di speranza e un piccolo sorriso furbo e davvero, basta quello a farlo sbuffare e a fargli decidere di dargli lo scappellotto dietro alla testa che aveva cercato di risparmiargli fino a quel momento.
“Tu non sai davvero quando stare zitto” borbotta, e spera che abbia abbastanza istinto di conservazione da non chiedergli cos’ha deciso per la punizione di papà.
Di quella cosa, della sua totale incapacità di chiudere il becco, ha la prova - anzi no: la certezza - qualche minuto dopo.
“Dean, il latte me lo prepari anche se ho pianto?”
 
(Quando, dopo il latte, riesce a riportarlo a letto, Sam si ferma davanti al suo e sfodera la sua migliore occhiata implorante.
“Posso...” inizia e poi si interrompe, toccandosi delicatamente la garza che copre il taglio.
Dean sbuffa.
“Posso, posso fermarmi a dormire qui?”domanda tutto d’un fiato. “Lo so che non vuoi, che avevamo deciso che…ma ho fatto un brutto sogno e ho paura e...”
Le sue parole si spengono in un piccolo grido di protesta, quando Dean si limita a spingerlo nel suo stesso letto con un sospiro, per poi sdraiarsi accanto a lui. Sam sorride e gli si accovaccia contro, mentre lui tira le coperte su entrambi. In pochi giorni quel motel sarebbe stato dimenticato e a chilometri di distanza, ma averlo accanto, sentire la sua risata scuotere il cuscino accanto alla sua testa sarebbe stato sempre come tornare a casa. Sta ancora sorridendo a quel pensiero, quando il respiro di suo fratello comincia a farsi più regolare e la presa dei suoi polpastrelli contro la sua maglietta a farsi meno salda. Non importa, si dice, scostandogli delicatamente la frangia troppo lunga dalla fronte: la sua stretta sarebbe stata abbastanza salda per entrambi.)


NDA
Una weechester ogni tanto non ci riesco a non scrivermela, perdonatemi. 
C'è poco da dire se non che le recensioni sono sempre gradite.
   
 
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