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Autore: Lost In Donbass    05/07/2020    1 recensioni
I November Cries sono la band metalcore più in voga del momento: c'è chi dice che abbiano firmato un patto col diavolo, e forse è davvero così. Ma attorno alla loro fama sempre più grande, attorno alla vita sfrenata delle rockstar, ci sono i drammi di tutti i giorni, c'è la depressione che fa capolino, c'è il rischio della tossicodipendenza, c'è l'amore anoressico e i vecchi fantasmi che tornano a galla. Ci sono loro, Denis, Asher, Blaise e Crow, con la loro musica e il loro dolore, e poi c'è l'amore, quello sbagliato, quello rock, quello sfilacciato. Ci sono modelli bipolari, e groupie tristi e figli che non sapevi di avere. C'è il rock, che, ricordatevelo, è dove Dio e Satana si stringono la mano.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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ASPHYXIA

 

Sballati dentro.

Fottuti nella testa.

Distrutti nell’anima.

Non c’è niente di sano in noi, e l’abbiamo sempre detto. C’è solo il rock’n’roll, il fottuto rock’n’roll che ci rintrona da anni e che si è divorato completamente la nostra anima nera. Viviamo la musica, in una vita che voi potete solo sognarvela. Proprio come il whisky brucia, proprio come le sigarette fanno male, credo che non imparerermo mai  a vivere la vita nella quale volevano instradarci. Perché noi siamo il rock, noi siamo le rockstar, siamo la coca che sniffiamo, siamo la vodka che beviamo, siamo le sigarette che fumiamo, siamo le canzoni che scriviamo, siamo gli eroi che volevamo essere da bambini, quando eravamo chiusi in case popolari, senza amore e senza dei.

Noi siamo il rock’n’roll e non c’è niente che ci possa fermare adesso che guidiamo la nostra band nel mondo del metalcore, che suoniamo di fronte a milioni di fans, che firmiamo cd e viviamo su un grosso pullman che ci porta in giro per l’Europa.

Non ci possono fermare, dannazione. Non adesso che abbiamo conquistato il posto per cui abbiamo lottato durante tutta l’adolescenza, tra angherie e depressione.

Nessuno può frapporsi tra noi e il nostro sogno, perché noi siamo quello che cantiamo, siamo la furia, la depressione, l’amore, l’odio che buttiamo in musica tra breakdown spaccatimpani e soli di chitarra da pelle d’oca.

Non ci possono distruggere, perché noi siamo gli eroi di cui ha bisogno questa generazione di ragazzi già morti.

Non ci possono ferire, perché portiamo fieramente cicatrici di un passato che ancora adesso ci perseguita nei sogni dettati dalla coca e dalla vodka.

Non ci possono ammazzare, perché siamo dei dannatissimi dei.

Non ci possono togliere da mezzo in nessuno modo perché io noi siamo i November Cries, e nessuno, nessuno può anche solo sognarsi di smontare il nostro sogno.

Perché noi siamo il rock’n’roll.

Sfidiamo chiunque a dire il contrario.


 

PROLOGO - IN THE LOO

 

They say it all breaks down to keeping your feet on the ground
My sole intention is keeping my head in the clouds
They say that I can't last a day in the real world
I say you wouldn't survive one night in mine

[Asking Alexandria - Closure]

 

 

Denis

 

Ero seduto sul cesso a pensare. Lo facevo spesso, in realtà. L'unico posto davvero sicuro del tourbus, per esempio, era il piccolo bagno e non mi importava di far bestemmiare gli altri che dovevano svuotarsi la vescica. Negli alberghi, la prima stanza che controllavo era il bagno, dove a volte mi chiudevo per almeno un'ora. Anche quel giorno, avevo colonizzato la detta stanza e me ne stavo lì seduto, perso nei miei pensieri. Mi distraevo molto facilmente, l'avevo sempre fatto. Mi bastava un fiore, una canzone sentita per sbaglio alla radio, un paio di occhi azzurri per perdermi nel treno dei miei pensieri e inciampare in un circolo vizioso di ricordi sovrapposti, immagini, profumi e mille altre piccolezze che mi distaccavano dal mondo reale. Mi grattai la testa, e valutai che avevo mal di pancia. Come al solito, d'altronde. Forse l'aver vomitato l'anima, prima di accomodarmi, non stava aiutando il mio stomaco attorcigliato. Blaise mi urlò che se non uscivo avrebbe dovuto pisciare fuori dalla finestra, ma io non risposi, sistemandomi meglio e lasciando i pensieri vagare liberamente. Non avevo nessuna voglia di uscire. Dentro al bagno, chi poteva giudicare? Nessuno, che non fossero i saponi e gli spazzolini. Spesso, se qualche ragazza riusciva a entrare nella mia camera d'albergo, io mi chiudevo a tripla mandata in bagno finché non la sentivo mandarmi al diavolo e sbattersi la porta alle spalle. Quando questo accadeva, uscivo e mi andavo a raggomitolare tra le coperte al sicuro.

Comunque, ero sul cesso e non me ne sarei spostato tanto presto. Di là mi ripeté di uscire, ma di nuovo lo ignorai. Ero un po' anchilosato, ma non mi importava. La mia pancia brontolò ancora un po', ma la porta si aprì. Feci una smorfia, perché pensavo di aver chiuso a chiave.

-Ti vuoi alzare, una buona volta? Devo pisciare, dannazione.

Blaise mi guardava con odio malcelato, i jeans già mezzi slacciati ma io feci spallucce

-Falla fuori dalla finestra.

-Sei qui dentro da un'ora. Alzati.- ribatté lui. Poi storse il naso e assottigliò gli occhi – Hai preso, tipo, dei lassativi?

-Forse. Non so. Magari me li sono confusi con altra roba. Lasciami stare, comunque. Come vedi ho più bisogno io del bagno di te. Bagna le piante.- conclusi io e agitai la mano scompostamente per dirgli di uscire.

-Dovresti piantarla con quella roba. Ti stai ammazzando con le tue stesse mani.- entrò senza farsi problemi e chiuse la porta.

-Lasciami stare.- ripetei, avvolgendomi le braccia attorno alla vita. Non ero molto convinto mentre lo dicevo.

Lo guardai mentre si svuotava la vescica nella vasca da bagno. Cercai di non concentrarmi su di lui, mentre si tirava su i jeans e si sedeva sul bordo della vasca. Mi guardò fisso negli occhi e io arrossii. Non mi piaceva quando la gente invadeva il mio spazio personale, in questo caso, il bagno. E poi mi stava tornando il mal di pancia e la nausea.

-Puoi uscire?- borbottai.

-Che problemi hai, Den?- mi disse invece, grattandosi il collo – Dico sul serio. Sei sfasciato, ragazzo.

-Non ho problemi.- mentii io, muovendo i piedi. Mi faceva strano parlare con un mio amico mentre ero seduto sul cesso. Ma forse è questo quello a cui servono gli amici. Parlare, anche in questi momenti. Anche se io, di parlare, proprio non ne avevo voglia – Senti, lasciami stare. Va tutto bene. Devo solo aver confuso le pastiglie.

-Cristo, ragazzo, vomiti come una donna incinta.- lui alzò un sopracciglio – Non sarebbe meglio farti vedere da qualcuno? E poi, dai: sei fuso. Ammettilo.

-Asher non è meglio di me.

-Che vuol dire, nemmeno io sono meglio di te. Ma noi non vomitiamo l'anima e non stiamo ore seduti sul cesso, come fai tu.

-Ho mal di pancia, lasciami stare.

-Potrei registrare i rumori molesti del tuo intestino e diventeremo una band grindcore di livello.

-Fa schifo il grind. Noi facciamo metalcore. Già abbiamo messo elementi elettronici, ci manca pure che prendiamo un tastierista.

-Sei poco elastico, amico.

Ridemmo un pochino tutti e due, poi il mio intestino gorgogliò più forte e io feci una smorfia.

-Forse non sarebbe meglio se uscissi?

-Se avessi bisogno di parlare con qualcuno, io ci sono.- disse invece, passandosi una mano tra i capelli. Non sembrava importargli che io fossi in condizioni un po' patetiche e un po' private. Ma lui non si scandalizzava mai di niente, e poi, dopo tutti gli anni di tour e i lunghissimi mesi passati a vivere tutti insieme in un furgoncino parcheggiato abusivamente, era raro che uno di noi si formalizzasse a vedere un altro nudo o in bagno o vestito da donna – Quanti anni è che ci conosciamo?

-Sei.- risposi – Di cui uno passato su Julius.

Julius era il furgoncino abusivo che avevamo gelosamente custodito anche una volta che la fama era arrivata a porgerci la corona d'alloro. Continuavamo a parcheggiarlo abusivamente, ogni tanto, giusto per ricordare i vecchi tempi. A volte mi ci nascondevo ancora dentro, ricordandomi di quando dormivano sui sedili troppo duri e bollivamo l'acqua per il the nel bollitore a gas che rischiava sempre di esploderci in mano.

-Appunto. Sei anni di convivenza, praticamente. Non ti devi vergognare di dire quello che provi. Den, hai ventisei anni. È normale che sei perso. È normale che non capisci da che parte sta la giustizia. Saremo anche la band rock più in voga del momento ma nessuno ci ha mai spiegato come si vive. E non te lo spiegano le sigarette, il gin o le pastiglie. Quindi, se vuoi sfogarti, puoi sempre parlare con me. Con Asher. Con Crow.

Mi disse tutto questo mentre io me ne stavo lì seduto, e mi guardava con i suoi occhi più chiari del cristallo e io mi chiedevo perché dovessimo fare sti discorsi in bagno, perché fossimo così dannatamente soli nonostante la fama, i soldi, la musica, perché io vomitassi l'anima e perché ci impasticcassimo come se ne andasse della nostra stessa vita.

-Avevo promesso alla mamma che non avrei più vomitato.- mormorai.

-Io avevo promesso alla mia che non sarei diventato un alcolizzato, ma eccomi qui.- mi sorrise, e non feci fatica a capire come mai tra di noi fosse quello che beccasse più ragazze, dio, il suo sorriso era celestiale – Den, non importa più chi siamo stati, ma chi siamo adesso. Incarniamo il rock'n'roll. Siamo il Rock. Abbiamo firmato il patto col diavolo, dannazione, e dobbiamo vivere questa fama fino in fondo. Chissene frega dei noi del passato. È il presente che conta.

-Ho mal di pancia.

-Fatti coraggio, ragazzo.- si alzò e mi scompigliò i capelli – Siamo sbalorditivi. Credici.

-Faresti meglio a uscire adesso.

Mi sorrise di nuovo e uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Io rimasi lì seduto, la pancia gorgogliante e una smorfia pensierosa. Già, eravamo il rock'n'roll, ce lo dicevano tutti. Mi chiesi oziosamente se tutti i nostri fan sapessero che i loro idoli prendevano lassativi per sbaglio. O forse no. Forse non l'avevo preso per sbaglio. Forse lo volevo davvero. Non l'avrei mai saputo, mentre concludevo i miei affari e mi perdevo di nuovo a pensare. A cosa, poi, nemmeno io lo sapevo.

 

Quando uscii finalmente dal bagno, Blaise era stravaccato sul divano che giocava con la playstation. Vivevamo insieme in un grande loft londinese. Non sapevo nemmeno io perché avessimo deciso di condividere la casa, avevamo abbastanza denaro per poter avere ognuno il proprio appartamento, ma preferivamo stare così. Io avevo paura a stare da solo, lui si annoiava se non aveva qualcuno in giro. C'era solo il problema del bagno, a volte, ma per il resto la convivenza andava alla grande.

-Mi togli una curiosità?- chiesi io, sprofondando sul divano insieme a lui.

-Dimmi.- non mi guardava e continuava ad ammazzare mostriciattoli sulla tv.

-Perché avevamo dei lassativi in casa?

-Li ha portati Asher.

-E perché Asher ha portato dei lassativi?

-La prossima volta gli dirò di evitare.

-No, davvero, ero curioso.

-Non lo so, Den. Avrà voluto testare quanto sei fuso tra il prendere una pasticca e un lassativo. Direi che il test è andato a buon fine, sei fuso come non so cosa.

Rimanemmo qualche secondo in silenzio, solo il rumore dei videogiochi a rovinare l'atmosfera. Scalzai le calze e mi sdraiai sul divano, stringendo un cuscino. Mi piaceva guardare le travi del soffitto.

-Hai la vena creativa?- mi chiese Blaise, facendomi il solletico ai piedi.

-Forse. Vado a prendere la chitarra, chissà che non ne esca qualcosa di buono.

-Attento che il grind è dietro l'angolo.

-Idiota.

Era un periodo creativo, quello. Scrivevamo pezzi, li rimaneggiavamo, li registravamo tra una birra e una sigaretta, ci sentivamo pronti a regalare al mondo il disco dell'anno. Le parole le scriveva principalmente Asher, era quello più in gamba con la poesia. Io, Crow e Blaise ci destreggiavamo con la musica. Due punti cardine: pesante, ma di qualità. Vibrante, ma musicale. Dannazione, forse Blaise aveva ragione quando diceva che eravamo i migliori sul campo. I ragazzi di ogni parte del mondo ci osannavano, ma in fondo, cos'eravamo? Quattro coglioni che avevano avuto la fortuna di saper strimpellare due strumenti e di riuscire a buttare giù qualche canzoncina carina. Ma tra alcol, pastiglie, depressione e anoressia, chi eravamo davvero? Non sapevo bene ritrovarmi nella fama che di colpo ci era caduta addosso come una secchiata d'acqua. Non ero come Asher, che la faccia della rockstar maledetta ce l'aveva anche quando vivevamo su Julius. Non ero come Blaise, che sapeva sfruttare la situazione. Non ero come Crow, che se ne fregava. No, io non ero come loro, ero solo un povero ragazzo ucraino che si faceva troppi problemi e non sapeva gestire il mondo della musica. A volte scrivevo anche io qualche testo per le nostre canzoni, ma li scrivevo in russo, e Asher non riusciva a pronunciare le parole, quindi lasciavamo perdere. Forse era meglio così. Che sentire i tuoi eroi che urlavano “meglio morire che vivere così”, “ho smesso di mangiare perché ero troppo stanco” o frasi del genere, beh, forse non era il massimo.

-Però sei magro, Den.- commentò Blaise, dal divano – Cioé, non che prima fossi un barile, ma adesso sei davvero ossuto.

-Sarà lo stress.

-Fatti vedere da qualcuno, ragazzo.

-Sto bene, Blaise.

-Den.- si voltò verso di me e così facendo perse il gioco – Non è non mangiando che le cose miglioreranno.

Assottigliai gli occhi e mi strinsi nelle spalle, sulla difensiva

-Non è con la musica che ci salviamo.

-Non ti capisco. Eri il più convinto quando eravamo su Julius. Eri quello che ci ha convinti a non mollare quando tutto andava veramente male. Perché adesso fai così? La musica ci ha salvati, Den.

Scossi la testa e mi avvolsi le braccia attorno al corpo, cercando quel calore che nessuno mi aveva più dato.

-Avrà salvato voi. Non me.

Mi trascinai verso la cucina per mettermi su un the caldo, e speravo che lui continuasse a giocare così da non costringermi a misurarmi con i suoi occhi pallidi, ma si era già avvicinato. Girava sempre in mutande, in casa, a volte non si metteva nemmeno quelle, ma c'ero abituato. Aveva un fisico di tutto rispetto. Blaise avrebbe eccitato anche il più etero degli uomini.

-Senti, bello, ne uscirai. Te lo prometto. Troveremo un modo per tirarti fuori da sto casino dove sei finito da solo.- mi diede un buffetto sulla guancia e poi mi strinse in un abbraccio spezza ossa – Stai con me, Den.- mi sussurrò.

Non ricambiai l'abbraccio, ma sentii gli occhi inumidirsi. Non volevo piangere. Mi morsi solo a sangue il labbro e mi scostai quando l'acqua per il the cominciò a bollire.

-Che fai stasera?- chiesi.

-Vado a cercarmi una compagnia per la notte. Tu che fai?

-Sto a casa.

-Den …

-Non faccio casini. Giuro.- lo guardai mentre pucciavo la bustina nella tazza – Non prendo pasticche, non prendo lassativi e quando tornerai non sarò in bagno.

-Non vuoi venire con me?- tentò. Fece per prendermi una mano ma io la infilai nella tasca dei pantaloni e bevvi un sorso.

-No. Ma ti giuro che andrà tutto bene. Promesso.

Non era convinto ma non mi disse niente e andò di là fischiettando una canzone. Immaginavo andasse a prepararsi. Io preferii sprofondare nel divano e mettere Mosca Non Crede Alle Lacrime, un film sovietico degli anni '80 che guardavo ogni volta che ero giù per piangere tutte le mie lacrime e sognare fino ad addormentarmi sul divano.

Finì che mi ridussi a masturbarmi sul divano come quando avevo quindici anni e vivevo in Ucraina con mia madre. Lo feci senza voglia, senza emozione, guardando senza vederle le immagini che si susseguivano in televisione. Sporcai sia la mano che il plaid con cui mi ero coperto ma rimasi lì, i pantaloni della tuta mezzi abbassati e una smorfia triste sul viso. Mi chiesi se forse non fossi caduto in depressione seriamente, e se non fosse il caso di farmi vedere da uno psichiatra, magari di assumere antidepressivi, anche se sapevo che Asher me li avrebbe scambiati con i lassativi, ma poi decisi che no, aveva ragione Blaise, eravamo il rock'n'roll. Se ero depresso dovevo tenermi la mia depressione e andare avanti con una bottiglia di gin in una mano e la chitarra elettrica nell'altra. Ero un dannato sbandato anoressico e depresso. Però avevo il rock'n'roll dalla mia. Sì, dannazione, avevo il rock'n'roll.

***
Qui troverete tante cose brutte, come la depressione, l'anoressia, l'autolesionismo e la tossicodipendenza, ma troverete anche cose belle, come l'amicizia incrollabile, l'amore e la musica metalcore. Il rating potrebbe alzarsi, e le tematiche saranno molto delicate, ma se vi piace il rock, il metal e l'emo allora dovete assolutamente leggere.
E recensire.
Stay metal ragazzi, che in questo periodo ci vuole
Un bacio
Anastasia 

  
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