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Autore: metformin_86    05/07/2020    5 recensioni
Kogure ha rotto gli occhiali nella partita con il Ryokufu e i suoi sono tutt'altro che contenti. Kogure gioca a basket e i suoi sono tutt'altro che contenti. In fondo il tempo sta scadendo. In fondo dovrebbe pensare a ingegneria.
Ma Kogure è molto di più di uno studente all'ultimo anno delle superiori. E' il segreto che custodisce nel cassetto del suo comodino, è la visita che riceve nel cuore della notte.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kiminobu Kogure
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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San Diego, anni 2000
 
Anche se era la sua quinta volta al Comic-con, Kogure trovava quell’evento sempre emozionante.
 Con una certa tenerezza, ricordò la prima volta che aveva ricevuto l’invito.
“Incredibile. Vado in America” aveva ripetuto per mezz’ora buona,saltellando in salotto, sotto lo sguardo divertito di Mitsui.
Quella sera il giocatore dei Sun Rockers aveva portato fuori il suo ragazzo a festeggiare nel ristorante più costoso di Tokyo.
 Non importa che non c’entrasse il basket, Mitsui non vedeva nessuna differenza tra quel traguardo e la convocazione in NBA di Rukawa. E , fu felice di constatare, gli altri ex compagni di squadra la pensavano esattamente come lui.
“La presenterò brevemente io, signor Kogure – disse il chairman, distogliendo l’ex numero 5 dai suoi ricordi – poi lasceremo direttamente le parole al pubblico. E, infine, faremo la sessione autografi”
“Va bene, grazie” acconsentì gentilmente Kogure e, estraendo dalla tasca dei jeans l’astuccio di latta che portava con sé dalle superiori, controllò brevemente che le penne a china fossero tutte al loro posto.
Non si limitava mai ad un semplice autografo. Gli piaceva l’idea che tutte quelle persone, venute fin lì solo per incontrarlo, se ne andassero portando via qualcosa di unico, una scena, un’immagine che sarebbe rimasta loro per sempre.
Forse anche per questo, Kogure era uno degli ospiti più amati del comic-con.
 
Seguendo i cenni del chairman, l’ex numero 5 salì sul palco e prese posto davanti al microfono. Dietro di lui numerosi loghi dell’evento lo scrutavano con sguardo vigile.
La prima volta, ricordò Kogure, tutti quegli occhi lo avevano fatto sentire in soggezione. Ora invece lo facevano sentire protetto, quasi a casa.
Il chairman accese il microfono.
“Benvenuti a tutti voi! – disse – anche quest’anno abbiamo con noi uno degli ospiti più amati. Kiminobu Kogure, disegnatore dello studio Ghibli da ormai molti anni, ha dato il suo contributo ad alcuni film che tutti noi amiamo come ‘Il castello errante di Howl’, ‘I racconti di terramare’, ‘Arietty’. Ma allo stesso tempo in tutti questi anni è sempre rimasto un virtuoso della carta stampata. Dopo manga di successo come ‘La maledizione del samurai’ e ‘Basket di periferia’, quest’anno ha iniziato una nuova avventura con la pubblicazione dei primi numeri di ‘Tokyo – bianco e nero’. Non desidero dilungarmi oltre ma vi chiedo un applauso prima di lasciarlo alle vostre domande”
Kogure chinò leggermente la testa per nascondere le guance arrossate, aspettando che lo scroscio di applausi andasse pian piano scemando.
 Ecco , dopo cinque anni, quella era la parte che trovava ancora difficile. Poi finalmente il fischio di un microfono lo avvisarono che le domande del pubblico stavano per iniziare.
Quello era in assoluto il momento che Kogure preferiva.
 Proprio perché intendeva la sua arte come un raccogliere, trasformare e raccontare vite, trovava quei momenti di incontro con facce, volti e nomi sconosciuti ,stimolanti quanto le ore passate in solitudine nel suo studio davanti ai fogli bianchi.
La prima ad avvicinarsi fu una ragazza di quindici, forse sedici anni. Portava jeans scoloriti e una canotta bianca, in testa una coppola a scacchi  azzurri e bianchi. Il pensiero di Kogure volò immediatamente alle protagoniste di High School Musical.
“Signor Kogure – iniziò la ragazza, ma fu interrotta da un suono acutissimo – mi…mi spiace non sono molto brava con la tecnologia”
“Siamo in due” la incoraggiò sorridente Kogure.
“Signor Kogure – riprese lei – io seguo da anni il suo lavoro e proprio…beh…proprio grazie a lei ho scelto di studiare illustrazione. Volevo…volevo sapere se avesse qualche consiglio da darmi. A parte ovviamente di impegnarmi nel disegno”
Kogure ci pensò su “Tieni duro – disse infine – e tieni d’occhio le offerte da McDonald’s”
La platea rise. Appoggiato ad un cartonato in fondo alla sala, Mitsui sorrise a sua volta.
 Sapeva che Kimi non diceva così tanto per dire. Ricordava perfettamente l’ultimo semestre delle superiori, dopo che i genitori di Kogure lo avevano buttato fuori di casa, allorchè aveva detto di non voler più fare ingegneria e di voler continuare a giocare a basket. Ricordava i turni serali al banco gelati del bowling, il lavoro durante il weekend a casa dell’anziana signora Ishikawa.
Ricordava l’appuntamento per  i loro primi sei mesi assieme, quando tutto ciò che si erano potuti permettere era stato un Happy meal da McDonald’s.
A quei tempi ogni yen era contato. E ci erano voluti almeno due anni prima che Kogure potesse fargli un regalo che non fosse uno dei suoi disegni. Eppure Mitsui aveva amato e custodiva ancora gelosamente ognuna di quelle tavole.
 
Un bimbo di massimo otto anni prese il posto della ragazza “signor Koghiur – gli occhi dell’ex numero 5 si accesero divertiti a quella storpiatura – perché nella ‘maledizione del samurai’ il protagonista se ne va con il capo dei briganti, anche se il samurai gli aveva promesso che sarebbe tornato a prenderlo?Perchè non mantiene la promessa fatta al suo amico?”
Di nuovo Mitsui sorrise, stavolta con un’ombra di tristezza.
Mentre Kogure cercava le parole giuste per spiegare a un ragazzo delle elementari che, a volte, le persone sono semplicemente stupide, anche se non sono cattive, l’ex numero 14 ripescò con la mente quel primo nerissimo anno a Tokyo, quando, dopo aver contato e ricontato ogni centesimo, erano giunti alla conclusione che Mitsui avrebbe dovuto partire alla volta della capitale da solo e Kogure, senza genitori che pagassero un affitto e senza nessuna borsa di studio per il basket, sarebbe dovuto restare a servire gelati, almeno per un altro po’.
Si erano ripromessi che quella cosa non li avrebbe divisi.
E , dopo otto mesi, Kogure lo aveva chiamato in lacrime, confessandogli che, in un momento di rabbia, aveva dato un bacio al suo collega che serviva gli hot dog e supplicandolo di lasciarlo all’istante per il suo stesso bene.
Mitsui gli aveva sbattuto il telefono in faccia, urlandogli che era uno stronzo e che se ne doveva andare a quel paese. Lo aveva richiamato un secondo dopo. Gli aveva urlato in faccia tutto il suo disprezzo. Gli aveva detto che tra loro era finita.
E , la sera dopo, si era presentato al bowling e , sotto lo sguardo incredulo del titolare, aveva preso per mano Kimi,scosso dai singhiozzi, e lo aveva trascinato letteralmente via da quel banco gelati.
Contro ogni evidenza e buonsenso, e contro il suo stesso orgoglio, lo aveva portato a Tokyo e quella era stata la loro salvezza.
 Da lì a poco Kogure aveva trovato il suo primo stage retribuito, presso la Shonen Gaosha. E, sempre presso la storica casa editrice, aveva pubblicato il suo primo manga.
Poi erano venuti gli anni dello studio Ghibli e, con essi, il mutuo per il loro primo appartamento.
 
Una donna sulla quarantina si avvicinò al microfono. Anche Mitsui, che non era certo un osservatore al pari di Kimi, si accorse immediatamente che quella signora stava passando un brutto momento. Aveva i capelli tinti grossolanamente di biondo e indossava una maglietta troppo larga sopra a pantaloni della tuta di un rosa shocking improponibile.
Un divorzio recente, pensò Mitsui.
“Signor Kogure – chiese la donna con voce grave – nel suo ultimo fumetto lei ha messo una coppia gay che adotta un bambino, una vedova di ottant’anni che si risposa e un ragazzo di strada che si riscatta e viene preso addirittura nell’NBA. A leggere le sue storie sembra che lei creda davvero che l’amore possa tutto”
Le guance di Kogure si tinsero di rosso. Mitsui non aveva mai capito perché il suo ragazzo si imbarazzasse ogni volta che saltava fuori il fatto che era romantico
“E’ così – confermò, guardando gentilmente la donna – ci credo moltissimo o, almeno….cerco di crederci sempre”
Per tutta risposta lei lo fissò scettica.
“Molte di quelle storie – insistette Kogure – sono ispirate a persone realmente esistite”
“Anche quelle che ho appena citato?”  chiese dubbiosa la donna
L’ex numero 5 annuì.
“Cioè esiste davvero un ex teppista pentito che è diventato una stella del basket?” chiese ancora lei.
“Si giri” disse gentilmente Kogure.
A quelle parole Mitsui sentì le gambe diventargli di pietra. Non uno ma un centinaio di paia di occhi si fissarono su di lui.
“Signori – disse Kogure in tono divertito – posso presentarvi il mio futuro marito?”
 
“Questa me la paghi” bofonchiò Mitsui, andando incontro a Kogure, non appena questi ebbe finito di firmare l’ultimo autografo.
Kogure lo fissò divertito “Al massimo, se vuoi, ti pago la cena”
L’ex numero 14 lo fissò torvo.
“Eddai, Hisashi – lo rimproverò gentilmente Kimi – Tu mi hai presentato persino agli addetti che vi puliscono la palestra. Il pubblico del comic-con è un po’ la mia famiglia, lo sai”
Mitsui addolcì lo sguardo. Era vero, si disse. Dopo aver saputo dell’omosessualità del figlio, quella frattura, iniziata con il rifiuto di Kimi ad abbandonare il club di basket, era diventata insanabile. Suo padre se n’era andato di infarto un paio di anni prima, odiando il figlio. E sua madre, come eredità del marito, sembrava essersi sentita in dovere di raccogliere su di sé tutto quell’odio.
Dal giorno del funerale, anche i rari messaggi che mandava al figlio erano cessati del tutto.
Kogure aveva sopportato la cosa a pugni stretti, sfogando la rabbia in lunghe notti insonni tra le braccia di Mitsui e riversandola , come sempre, sulla carta.
Era tutto lì, tra la quinta e l’ottava pagina del primo numero di ‘Tokyo-bianco e nero’.
Come intuendo i suoi pensieri, Kogure  si alzò tranquillo dalla sedia e, a passi calmi, si avvicinò a Mitsui. Gli prese le mani e lo fissò negli occhi.
“Tu sei la mia storia più bella – disse gentilmente – Lasciamela raccontare”
Mitsui lo fissò per qualche istante poi , all’improvviso, si mise a ridacchiare.
“E va bene dannato scribacchino – cedette, stringendo Kogure a sé – hai vinto tu. Ma – precisò, con una nota di delusione nella voce – c’è un piccolo errore”
“E sarebbe?” chiese incuriosito l’ex numero 5
“Io e te non ci stiamo per sposare” disse deluso Mitsui.
“Questo lo dici tu” lo rimbeccò in tono soddisfatto Kogure.
Gli occhi di Mitsui si sgranarono. “Kimi ma che…?”
“Ho noleggiato una macchina – rispose imbarazzato Kogure, abbassando gli occhi a terra – Secondo il navigatore, se partiamo ora per domattina alle sei saremo a Las Vegas. Io …ehm…avrei prenotato alla Chapel of Love, per le 8”
“Cioè – balbettò Mitsui – vuoi dire che ci sposerà un tizio vestito da Elvis?”
Le guance di Kogure si fecero lievemente più rosse “Beh sì – disse – E poi se ti va ho pensato che potremmo tagliare una fetta di torta alla Cheesecake factory”
“Tutto qui? – chiese Mitsui – E poi saremo semplicemente sposati?”
Alzando coraggiosamente lo sguardo, Kogure annuì.
“Ma se ti sembra una cosa da poco – aggiunse abbassando nuovamente gli occhi a terra – possiamo annullare. P..possiamo fare una cosa in Giappone, con tutti gli ospiti e una cena al ristorante”
“Kimi” lo interruppe deciso Mitsui.
“Sì?”
“La torta alla Cheesecake Factory è un finale perfetto” disse in tono gentile.
Un’emozione indecifrabile corse tra di loro, poi gli occhi di Kogure si accesero di allegria.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuta” disse soddisfatto.
Si presero per mano e , assieme, si avviarono verso l’uscita del comic-con.
 In parcheggio, poco prima di salire sull’auto noleggiata da Kogure, Mitsui si bloccò. Era solo un piccolo dettaglio ma, per qualche strana ragione, l’ex numero 14 sentiva che, se non lo avesse messo in chiaro, non sarebbe potuto salire in macchina.
“Kimi” chiamò con una certa urgenza.
Allarmato, l’ex numero 5 si voltò a guardarlo “Che c’è?” chiese preoccupato
“Non solo il finale – disse Mitsui – Tutta…la nostra storia mi è sempre piaciuta tutta”
Togliendo per un attimo la chiave dalla serratura, Kogure gli si avvicinò e , afferratolo per le spalle, lo tirò a sé e lo baciò a lungo.
“Anche a me – lo rassicurò, staccandosi infine dalle sue labbra- Anche a me”
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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