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Autore: Arthalmia    06/07/2020    0 recensioni
Trentacinque anni, tre bambini, una casa accogliente. Sembra il sogno di molti, ma per Katara è una gabbia che non riesce a contenerne il carattere vitale e l'impeto. Come un fiume che gorgoglia, freme, specialmente quando la sua gabbia comincia a restringersi e a opprimerla sempre più. "Moglie dell'Avatar". Questo è diventata. Ma per una volta ancora ha bisogno di tornare a essere, semplicemente, la sedicenne del polo Sud che era prima di impegnarsi con Aang. E ha bisogno di un piccolo aiuto.
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Zuko
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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-Mamma! 
La porta della cucina crolla sotto il peso di un calcio e di una sferzata d'acqua.

Da quando ha accettato la proposta di suo marito di trasferirsi a Città della Repubblica, la cucina è sempre stata la stanza preferita di Katara. Non hanno un ingresso, la porta di casa conduce direttamente al suo paradiso di forma quadrata con le pareti e l'angolo cottura color zafferano che fanno da sfondo a un tavolo basso e a cuscini verde oliva. Sa di calore, il profumo di cibo soffritto e della carne secca che prepara con la ricetta di sua nonna la permea. Sa di casa accogliente. Sa di famiglia, ed è l'unica stanza in cui in effetti la sua famiglia si riunisca tutta assieme.

Forse per questo motivo il fatto che ad essere stata sfondata così brutalmente sia proprio la porta che separa il suo angolino di pace dal mondo caotico della città in costante crescita le fa lanciare un urlo che sarebbe in grado di rompere un vetro.

Due bambini di otto e sei anni, un maschio e una femmina dai capelli scuri e la pelle ambrata, smettono immediatamente di ridere non appena odono il grido della madre.
-Bumi! Kya! Quante volte dovrò dirvelo di darvi un minimo di contegno!?
I due la guardano. Se Katara avesse combinato un disastro del genere da bambina, Hakoda e Kya con molta probabilità non l'avrebbero squadrata con l'espressione furente che è certa di avere ora in volto, eppure, Katara avrebbe comunque nutrito un minimo di timore. I suoi figli più grandi, invece, sembrano quasi divertiti. La cosa la manda in bestia. Non trova modo di fargli mettere la testa a posto da anni. Sta quasi rinunciando.
-Filate via da qui, subito - dice, calma ma con il tono freddo che ha imparato a modellare nel corso degli anni quando vuole evitare di esplodere.

-Suvvia, sorellina, sii più gentile con loro. - La voce adulta che pronuncia quella frase la raggiunge prima del visitatore inatteso la cui figura si staglia  di fronte a lei, appoggiandosi allo stipite che un tempo ospitava la sua povera porta. È ora di pranzo, il sole è alto, Katara riesce a vedere solo un'ombra, in controluce, che la guarda dall'alto del suo metro e novanta. Ma non ha dubbi su chi sia.

-Sokka! - esclama, ritrovando subito il buonumore. - Vieni qui, fatti abbracciare! Accidenti, è oltre un anno che non ti fai vivo!
Katara butta le braccia al collo del fratello. Quando si stacca, lo invita ad accomodarsi come al solito, e lui non fa complimenti, prendendo posto inginocchiandosi su un cuscino, i due nipoti accanto come ali.
-Era per l'euforia di vedermi che devono aver esagerato, vero, marmocchi? - domanda ai bambini con sguardo complice. Bumi e Kya annuiscono. Katara scuote la testa. Un bambinone troppo cresciuto in mezzo ai suoi simili. Ormai ci è abituata.

Si avvicina allo stipite e valuta i danni. Dovrà chiedere ad Aang di risaldarlo col dominio del fuoco quando tornerà a casa, ma il pensiero di avere Sokka come ospite fa scemare la sua irritazione. Suo fratello e Suki si sono stabiliti nello sperduto villaggio dell'Isola di Kyoshi, ma a dire il vero Sokka vive dove gli capita, da due anni a quella parte. Da quando ha deciso di accettare la richiesta di alcuni esploratori di guidare una piccola spedizione, forte delle sue capacità strategiche e del senso dell'orientamento, nemmeno sua moglie lo vede più, da che le ha scritto un paio di mesi prima. Katara sa che è perché lo pagano una fortuna, ma non avere idea di dove si trovi suo fratello la mette a disagio, le ricorda gli anni passati lontano da Hakoda dopo che suo padre ha abbandonato la tribù del Sud.

Sokka accetta un invito a restare fino all'indomani prima di partire e il pranzo che Katara gli offre, involtini di carne e verdure. Sono un piatto tipico del Regno della Terra; decide che questa sera farà gli onori di casa con tutte le specialità della loro infanzia. Non che suo fratello sia schizzinoso in fatto di cibo. 
Tuttavia, la donna nota che Sokka non tocca cibo.

-Qualcosa non va? - gli domanda perplessa. In trentacinque anni di vita ha visto Sokka rifiutare un pasto solo se in fin di vita a causa dell'influenza.

-Oh, no- risponde lui, calmo. - Ma aspettavo ci fossimo tutti per iniziare. Dove sono Aang e Tenzin?

L'espressione di Katara si rabbuia. 
-Oh- mormora. Tenta di dissimulare quanto poco ciò le faccia piacere e si impone contegno, normalità, mentre spiega: - Durante la settimana, non vengono a pranzo. Aang sta addestrando Tenzin nel dominio al tempio che ha fondato da poco. Gli preparo il pranzo al mattino, ma li vedrai per cena.

Sokka inarca un sopracciglio, ma poi scrolla le spalle. 
-Capisco. In tal caso buon appetito! 
Prima ancora che lei possa rispondere con lo stesso augurio la bocca dell'uomo è già piena. Sokka addenta un involtino dietro l'altro, scherza con Kya, fa a gara con Bumi a chi riesce a mangiare di più e Katara non potrebbe sentirsi più felice. Sono settimane che per quanto si sforzi di tenere alto il morale e di rallegrare i bambini, i pranzi sono pasti grigi e spenti. Preferisce non pensare alle cene. Quelle sono ancora peggio.

Dopo pranzo, Bumi riesce a stento a reggersi in piedi e annuncia che schiaccerà un sonnellino. Kya non sembra assonnata, ma lo segue solidale per evitare di sparecchiare. 
-Certo che hanno un bel caratterino - commenta Sokka.

-Già- sospira lei mentre raccoglie i piatti. - Gradisci del liquore, o qualcosa per digerire? Offre la casa. Secondo me ti conviene accettare.

-Volentieri -  sta al gioco lui. Katara gli offre una tazza di un liquido chiaro e dall'aroma fortissimo che Toph le ha portato da un viaggio nella nazione del fuoco, sakè, deve chiamarsi. Va bevuto caldo. Lei lo odia, ma per poco la sua amica non si è scolata anche la bottiglia che regge in mano, il giorno in cui gliel'ha portata.

-Dimmi, Sokka- chiede la donna quando sono finalmente tranquilli a tavola, lui col suo sakè, lei sorseggiando tè freddo al gelsomino. - Come mai ti trovi qui? Credevo che il tuo impiego ti avrebbe portato degli angoli più reconditi del Regno della Terra.

-Oh, beh... Effettivamente, sì. Ma da una settimana, ho finalmente terminato. Quei pazzi ci hanno messo due anni a rendersi conto che non era possibile trovare un collegamento tra le rocce dei deserti del nord e lo strato più interno delle mura di Ba Sing Se. Diamine, ci sono migliaia di cave, perché mai dovrebbero prendere delle rocce nel deserto!? Comunque sia, sto cercando un posto dove stabilirmi. Verrò presto a stare qui.

La prima reazione di Katara è un gridolino. Sgrana gli occhi dalla sorpresa.

-È una magnifica notizia, fratello, ma... Che mi dici di Suki? Come farà a guidare le guerriere se si sposta dall'isola di Kyoshi?

Sokka si fa serio. 
- Ecco... Nell'ultimo periodo, le cose non vanno benissimo. Da quando ho accettato quell'offerta di lavoro, sono stato molto poco a casa e... Abbiamo deciso di prenderci un periodo di riflessione. Perciò verrò a stare qui. Mi rendo conto che la colpa è in gran parte mia, ho scelto io di allontanarmi per così tanto e lei deve essersi sentita abbandonata. Non mi stupisco che voglia riflettere.

Katara posa la tazza da cui sta bevendo sul tavolo con un gesto lento, teatrale.
-Mi dispiace moltissimo... Spero possiate risolvere i vostri problemi al più presto.
Perché non resti da noi? Abbiamo una stanza, in fondo. Che ti fermi una notte o un mese o un anno non ci crea alcuna differenza, ci farebbe immensamente piacere.

-Ti ringrazio, Katara, ma preferisco di no, non voglio recarvi disturbo e non so per quanto mi tratterrei. Non ho nemmeno un lavoro.

-Appunto per questo ti converrebbe - insiste lei. - Ti risparmieresti spese inutili. E ai bambini piace davvero tanto averti qui, sono certa che sarebbero felicissimi. Riavere la famiglia unita è sempre una gioia.

-Ci penserò - si limita a dire l'uomo, per poi rivolgerle un'occhiata ambigua, il viso mezzo nascosto dalla tazza di liquore fumante.
-Katara, scusa l'indiscrezione, ma ti ho vista preoccupata, prima. Va tutto bene in casa? Mi è parso che fossi piuttosto nervosa con Bumi e Kya, e ora questo commento...

Katara si blocca. Cerca la forza per reggerne lo sguardo mentre risponde.
Mentre cerca le parole.
Mentre tenta di filtrare cosa dire e allo stesso tempo di tenere insieme i cocci della sua pazienza e di sé stessa, della maschera che si è messa sul viso per non crollare alla vista di cosa ne è della sua vita familiare. Ma non ce la fa a mentire. È stanca di mentire a sé stessa.

-No, ultimamente le cose potrebbero andare meglio, hai ragione. È da un paio d'anni che la situazione in casa è un po' tesa.

-Tesa? Hai problemi con Aang?

- Sì... E no. È complicato. Si tratta di un problema composto da tanti tasselli. Tu sai quanto Aang abbia preso a cuore la fine del suo popolo e l'estinzione dei Nomadi...

Sokka annuisce. 
-Da quando mio marito ha scoperto che Tenzin è un dominatore dell'aria è l'uomo più felice del mondo. Non lo biasimo, anche io so in parte come ci si senta ad essere gli ultimi individui di una determinata categoria di persone e a dover mandare avanti una tradizione, per quanto la mia situazione fosse diversa... Ma credo che Aang si stia dedicando troppo all'addestramento di Tenzin. Temo gli faccia pressioni. E  questa novità non ha avuto buoni effetti nemmeno su Bumi e Kya.

-Che intendi?

-Sokka, hai visto come si comportano? Sono incorreggibili, hanno un carattere tremendo. E ho paura che a renderli così sia la lontananza del padre. È ovvio che si sentano trascurati. Io tento di dare loro tutto l'amore possibile... Sono io che addestro Kya nel dominio, anche se potrebbe farlo anche Aang. E ogni giorno mi impongo di far sentire in ogni modo a Bumi che per noi non vale assolutamente meno dei suoi fratelli perché non è un dominatore... Ma quando entrambi vedono il loro padre ignorarli a tal punto, è dura mascherare una mancanza di attenzione. Non so come fare.

Sokka posa anche lui la tazza. È vuota. Ha bevuto tutto man mano che la ascoltava sfogarsi.
-Ne hai parlato ad Aang?

-Ci ho provato, una volta. Secondo lui è una fase infantile. Mi ha detto che tenterà di stressare di meno Tenzin e di essere più a casa, prima lo portava al tempio anche i fine settimana... Ma ho capito che non ha intenzione di fare di più. Non ho il minimo dubbio. E i bambini sono sempre più distanti da lui.

Sokka fissa il tavolo in silenzio. Katara fa altrettanto. C'è una goccia di tè dalla sua parte. Distratta e nervosa, si sfoga muovendola freneticamente lungo il tavolo con un gesto dell'indice.

-Se può farti piacere, restare qualche altro giorno sarà bello anche per me- dice infine Sokka. - Magari potrò tentare di aiutarti e di mettere in riga i tuoi piccoli sovversivi. Ma se questa situazione ti pesa tanto, sorellina, io penso che dovresti mettere Aang in faccia alla realtà. Si può addestrare un dominatore senza strapparlo alla famiglia e senza trascurarla, in fondo.
Katara smette di tormentare la goccia e annuisce con un sorriso. Si sente immensamente rassicurata da quelle parole. Avere Sokka con lei la fa sentire più sicura, una sicurezza che da qualche tempo credeva di aver perso. Avere Sokka qui sa di famiglia.

 

 

   
 
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