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Autore: Thalia    06/07/2020    3 recensioni
Perché Victor si precipita ad Hasetsu da Yuuri? Cosa sta pensando quando vede il video di Yuuri caricato dalle gemelle? Mi sono sempre chiesta quali fossero le motivazioni che spingono il russo ad attraversare mezzo globo abbandonando una carriera ricca di vittorie e, apparentemente, di soddisfazioni per andare da un pattinatore mediocre (come Yuuri spesso si definisce), fuori forma e praticamente ritirato dalle gare.
Questa è la mia versione di quello che succede nella testa di Victor prima dell'inizio della storia che ci viene raccontata nell'anime.
Questa storia fa parte della serie Kintsugi, o l'arte delle preziose cicatrici di ElinaFD
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Christophe Giacometti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tornare a pubblicare qualcosa di mio dopo così tanti anni è davvero emozionante. A dir la verità sono rimasta io stessa sorpresa quando, dopo aver visto YOI, mi è tornata prepotente la voglia di scriverci su.  Questa è la prima storia tutta mia su questo Anime ma condivido con ElinaFD, compagna di vita e di scrittura, la composizione del divertimento Omegaverse che va sotto il titolo Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere. A differenza di quella, qui sono aderente all'Anime e il solco su cui incanaliamo il nostro Canon è lo stesso, quindi diciamo che le sue storie potrebbero essere, dal punto di vista temporale, il "futuro" delle mie. Quindi se ritroverete echi delle sue storie e dei suoi personaggi sappiate che sono gli stessi e che ci lavoriamo su insieme.
Mi sono permessa delle scelte che non sono esplicite nell'Anime: una su tutte il sesso di Makkachin, per me è femmina... non che cambi molto, ma mi sembrava più giusta per Victor; un'altra è il grado di intimità tra Victor e Chris e la relazione che questi ha con il fantomatico ragazzo che si vede in alcune foto. Gli abbiamo dato un nome e una storia che in questa fic è appena accennata.
Le foto che Chris mostrerà nei prossimi capitoli sono quelle famose che raccontano il banchetto malandrino in cui Yuuri si è ubriacato... il resto è storia! (Se non ve le ricordate, passano durante la sigla finale).

Un ultimo avvertimento: Victor, nella sua testa, è molto scurrile, quindi i suoi pensieri sanno essere alle volte volgari... perdonatelo, non sta passando un bel momento.

Buona lettura

 

VICTORU, BE MY COACHY!


***

"Yakov
, dammi un minuto." 

"Victor, datti una mossa, c'è la premiazione." 

Il clamore della folla che scandisce il suo nome si attenua ma non scompare quando la porta del bagno si chiude dietro di lui. Il sospiro stanco che gli sibila tra i denti è l'unica concessione che si fa prima di infilarsi in uno dei cubicoli. Victor è un dio sui pattini, ma una delle cose che non sa fare è pisciare in piedi con le lame ancora addosso. Certo, adesso non ne ha davvero bisogno, vuole solo prendersi un momento per ricostruire la facciata.  

È stanco, dannatamente stanco. E non sono i giorni di gara, anche se arrivare in fondo al suo free è stato uno sforzo quasi titanico.  

È talmente stanco da sentirsi anestetizzato. Al punto di chiudere fuori tutto e non provare più niente.   

Ma poi cosa dovrebbe sentire? 

Questo pensiero gli provoca un moto di stizza che riesce a placare solo facendo scattare la testa indietro e sbattendo la nuca sul compensato del cubicolo in cui, deve proprio ammetterlo, si è nascosto.  

Solo il dolore sembra schiarirgli per un attimo quella nube nera che ha sempre davanti agli occhi ultimamente.  

Sente pesargli addosso la quantità di aspettative di tutti: il suo pubblico, la federazione, Yakov, tutti gli altri pattinatori che lo guardano come se fosse Mosè nel deserto e, insieme, vorrebbero tagliargli la gola con le lame dorate dei suoi stessi pattini. 

 

Vorrebbe non uscire mai più da quella specie di cassa da morto in verticale ma sa che il tempo stringe. Ha una percezione dello scorrere dei minuti istintiva e quindi sa che il suo spazio di salvezza è finito. Infatti, nel momento esatto in cui si fa violenza ed esce dal bagno, appare Yakov a richiamarlo con un ringhio. 

Stringe gli occhi per un secondo e subito dopo il suo volto si trasfigura in un sorriso soddisfatto e pieno... la maschera è ricomposta anche per questa volta.  

 

Il ronzio che gli risuona nelle orecchie copre ogni rumore tranne lo sferragliare delle lame sul pavimento. I suoni vanno e vengono e si accorge appena della gente che si complimenta con lui o che vorrebbe richiamare la sua attenzione. Poco più in là lo intercetta Chris e il balenare dei suoi magnetici occhi verdi provoca in Victor un fremito di disgusto... rivolto più a se stesso che all'altro.  

"Datti una mossa, dolcezza, non abbiamo tutto 'sto tempo!" Lo apostrofa con un sorriso colorato dalla solita competitività.  

"Sempre di fretta con te, eh. Solo sveltine con gli svizzeri!" gli risponde in francese, spremendo fuori una sconcezza per far andare avanti il loro solito gioco di seduzione.  Chris replica con una risata piena e si volta per avviarsi all'imbocco della pista; in quel modo non coglie lo sguardo vuoto e dolente sopra uno dei radiosi sorrisi del pattinatore russo. 

 

L'udito sembra tornare a funzionare solo quando Victor mette una lama sul ghiaccio per raggiungere il podio. L'urlo fanatico della folla lo spinge fisicamente e lo scuote nel profondo. Una volta viveva per quei momenti, lo facevano sentire una divinità scesa sulla terra per pattinare, ora la marea di folla gli attanaglia la gola e può sopravvivere solo aggrappandosi alle sue consumate doti di attore. 

 

Nel momento in cui si china dal gradino più alto per abbracciare Chris sa già cosa aspettarsi.  

"Me la fai provare più tardi in camera?" gli mormora lo svizzero all'orecchio fingendo di congratularsi.  

"È l'unico modo che hai di togliermi la medaglia d'oro, Chris..."  risponde l'altro con un sorriso forse un briciolo più vero. Quello che ha con Chris certo non si può chiamare amore e certo non è vita, ma sente il tepore di un'amicizia sincera venata dal sano senso di competizione.  

Un'altra sorpresa, in un mondo così avaro di mistero per Victor, è il kazako. Niente smancerie, nonostante Victor sia, beh, Victor. E, soprattutto, una vigorosa ma non stucchevole stretta di mano e uno sguardo intenso che aveva lasciato a Victor la sensazione di essere guardato dentro. 

 

Strano; davvero strano.  

 

*** 

Hai visto? 

 

Il bussare sommesso che lo avverte dell'arrivo di un messaggio lo disturba proprio nel mezzo della contemplazione cieca e sorda del pulviscolo che aleggia nella luce proveniente dalla sua finestra.  

Era così immerso nella meditazione sull’assoluto nulla da non accorgersi che Makkachin lo ha raggiunto sul divano e si è insinuata tra le sue cosce in cerca di attenzione. 

“Bellezza, che cattivo papà che hai. Ti trascuro così tanto.” 

Victor le accarezza il pelo morbido tra le orecchie e la cagnolina gli spinge il muso nella mano con un sospiro che pare umano da quanto è soddisfatto.  

 

Mi bastasse così poco per essere felice… 

 

Riflette l'uomo, dolendosi. 

 

Cercando di scacciare quell'umore ombroso, si stiracchia e allunga poi un braccio per afferrare il cellulare sul tavolino lì accanto.   

 

Georgi?! Perché gli dovrebbe scrivere proprio lui? E visto cosa, per l’esattezza? 

 

I pensieri di Victor fluttuano liberi in mezzo all’ottundimento provocato dal terzo bicchiere di vino bianco ghiacciato a stomaco vuoto. Non che di solito lo stomaco sia pieno, eh… ma a metà pomeriggio l’alcool ingerito è un gradino sopra lo standard anche per Nikiforov 

 

Dai, Vitya… non farti pregare come al solito. Rispondi! 

 

La sfacciata confidenza con cui quella zecca invidiosa usa il diminutivo gli fa ribollire il sangue nelle vene e, se non fosse il signore che è, avrebbe già scaraventato il cellulare fuori dalla finestra per poi uscire e pisciare sui frammenti tutto l’alcool, la frustrazione e la stanchezza che ha addosso. 

Prima di lasciarsi andare a gesti poco eleganti, si pinza la radice del naso per alleviare la rabbia e sospira talmente forte da far alzare il muso di Makkachin dalla coscia su cui riposava. 

“Sta’ buona, piccolina… va tutto bene. Papà non è arrabbiato con te.” 

La cagnolina abbassa di nuovo la testa dopo avergli lanciato un lungo sguardo languido. 

 

E’ rimasto solo Yakov a potersi permettere di usare quel diminutivo familiare. Era Vitya per lui da quando lo aveva selezionato giovanissimo perché aveva visto in quel bambino aggraziato e sfrontato la stoffa ruvida del campione. Era poi stato Vitya per i suoi compagni di allenamento finché non li aveva sorpassati tutti demolendo ogni loro possibilità di primeggiare.  

Ma ora di quei pattinatori e di tutti quelli che lo avevano sfidato negli anni non era rimasto più nessuno. C’era solo lui, titano solitario assediato da giovani Dei agguerriti ma non ancora abbastanza forti.  

E c’era Yakov, mitologica creatura metà allenatore e metà minotauro mugghiante, con la bava alla bocca e prossimo all’infarto.  

 

Cosa dovrei aver visto? Le foto di Anyanka che si fa sbattere da tutta la nazionale di Hockey? 

 

Il sorrisetto di meschina soddisfazione che fiorisce sulle labbra di Victor è qualcosa che nessuno dei suoi innumerevoli fan ha mai visto e, se in questi anni è stato in grado di controllarsi abbastanza, nemmeno nessuno dei suoi avversari. Però il ragazzo gli fa pericolosamente saltare i nervi con tutta quella confidenza non concessa e non richiesta. Victor sa di oscurare tutti gli altri pattinatori e vede la frustrazione crescere negli occhi di Georgi che, a differenza sua, segue con molto impegno i consigli e le strategie dettate da Yakov ma non riesce mai a batterlo.  

Deve essere straziante ammirare qualcuno per il suo talento e volerlo, al contempo, superare. 

 

Ah, ah, ah… il solito Nikiforov. Non ti preoccupare, le foto di Anya che si fa sbattere sono tutte al sicuro nel mio cellulare. No, caro il mio cinque-ori-mondiali-e-non-vengo-più-in-pista… dico il video che hanno visto tutti. Quello che sta girando da qualche giorno.  

Certo che, fatto da uno più giovane, fa tutto un altro effetto. 

 

Che video? Di cosa diamine sta parlando?  

Victor sente una stretta di panico che gli attanaglia lo stomaco. Dopo i mondiali ha chiuso tutti i social e si è ritirato nel suo appartamento in beata solitudine per provare ad alleviare un po’ la tensione che lo sta divorando da mesi. Bevendo e dormendo, essenzialmente. E andando alla pista di pattinaggio quando può essere abbastanza certo di non incontrare i suoi compagni di allenamento. 

Cosa può essere successo in quel lasso di tempo senza che gliene arrivasse notizia resta un mistero. È però certo che non lascerà il fianco scoperto a quel signorino perfettino cocco della maestra. 

 

L’ho visto. È una stronzata. 

 

La risposta secca è un bluff in piena regola ma più di così non riesce a fare. Prima deve schiarirsi le idee e vedere questo maledetto video di cui, sembra, parlano tutti. 

 

Se lo dici tu. Però il ragazzino ci sa fare… gli mancano i salti, ovvio, ma ci sa fare.  

 

Video nuovo, ragazzino, salti, fatto da uno più giovane. Con solo questi indizi la mente analitica di Victor cerca di ricostruire le informazioni utili per risalire a questo fantomatico e imperdibile video. Apre a malincuore Instagram in cerca di notifiche interessanti e le foto di Chris in atteggiamenti a dir poco disdicevoli lo travolgono, ma alleviano per un secondo lo stato di angoscia che attanaglia. Non trova però niente di succoso. Prova allora una ricerca su Youtube e in breve tempo ottiene il risultato. 

Ignora le notifiche di altri messaggi di Georgi e fa partire il video. 

La qualità è quella di un cellulare e quindi le riprese sono un po’ tremolanti. Ci mettono un paio di secondi a stabilizzarsi e a inquadrare il soggetto. In sottofondo ci sono solo sussurri di vocine infantili che sembrano avere un tono urgente e lo stridio delle lame sul ghiaccio. Non c’è alcuna musica, solo la familiare eco di un palaghiaccio deserto in cui l’unico accenno di vita è un pattinatore che raggiunge il centro della pista, si chiude in un momento di raccoglimento e poi… beh, poi fiorisce. 

 

Quando la prima visione si conclude lo lascia in stato catatonico. L’ultimo suono che si sente è quello di una voce femminile che sussurra parole in giapponese che Victor non riesce a capire, ma che suonano piene di meraviglia. 

Kakkoi1 sente sospirare e Victor sente un brivido scorrergli dalla nuca alla base della schiena come se il destino l’avesse appena sfiorato. 

 

La sensazione è quella di essere appena stato investito da un tir in una strada che pareva deserta. 

 

Era il suo stramaledettissimo free. 

  

IL.SUO.STRAMALEDETTISSIMO.FREE. 

 

Non è davvero possibile, se lo sta sognando. È il suo fottutissimo libero, quello che gli ha regalato la quinta medaglia mondiale… che ancora giace abbandonata nella valigia sfatta. 

 

Su quel pezzo ci ha sudato lacrime e sangue. Non è stata tanto la parte tecnica – un’ottima preparazione l’ha portato a quella finale al top delle sue possibilità – ma tutta la parte artistica, interpretativa. Fedele al suo motto fai il contrario di quello che la gente si aspetta, ha scelto un pezzo che parla di fallimento.  

“Stay close to me” è un brano che accompagna Victor da lungo tempo anche se era scomparso dalla sua memoria per un po’, come molte delle cose importanti che gli sono capitate. 

 

La prima volta che lo sente ha 22 anni, ha vinto il suo primo mondiale e si sente in cima all’Olimpo. Glielo canticchia in un orecchio Stephane2 mentre se lo tiene stretto a letto dopo una lunga e soddisfacente maratona di sesso post gare. Non capisce una parola di quello che lo svizzero gli sussurra in un italiano sporcato dal suo delizioso accento francese, ma lo sta facendo con un sorriso affettuoso e divertito a cui Victor risponde altrettanto affettuosamente. Solo quando rialza il volto dal pube dell’altro intercetta una certa aria malinconica che non riesce a collocare.  

 

Chissà se Stephane stava già pensando al ritiro… che peccato, però. Ritirarsi a 25 anni perché sei talmente spaccato da non riuscire più a stare in piedi. Che fallimento! 

 

Se n’è poi dimenticato per anni, fino a quando, in pieno ritiro meditativo per partorire i nuovi programmi, non gli capita di nuovo nell’orecchio. Lo intriga a tal punto – complice anche il ricordo malizioso del pattinatore europeo – che cerca una traduzione per capirne il senso e poterlo coreografare. 

Sento una voce che piange lontano 
Anche tu, sei stato forse abbandonato? 
 
Orsù finisco presto questo calice di vino 
e inizio a prepararmi 
Adesso fa’ silenzio 
 
Con una spada vorrei tagliare quelle gole che cantano d'amore 
Vorrei serrare nel gelo le mani che scrivono quei versi d'ardente passione 

 

L’idea di pattinare un uomo abbandonato, solo e miserevole che piange le sue sconfitte e le sue perdite lo galvanizza. Lui è il più forte pattinatore di sempre, ha già vinto quattro mondiali senza quasi trovare resistenza, ha uno stuolo di ammiratrici e ammiratori da far invidia ad una pop star e il suo letto non è mai freddo ovunque si trovi in giro per il mondo.  

Come può essere un fallito? 

Quindi l’ispirazione lo ha travolto come un fiume in piena e ha fatto nascere il pezzo in una notte di creazione allucinata. Ha poi permesso a Yakov di discuterne la parte tecnica, sapendo già perfettamente come calibrare al meglio la prestazione. Da quello è uscito il suo quinto trionfo. 

 

Per lui doveva essere un’esibizione commovente, l’Opera gli ha sempre suscitato passioni intense che vengono dalle profondità del cuore umano. Ha puntato tutto sull’essere struggente, sul far muovere a compassione gli animi degli spettatori. Li vuole piangenti e disposti a tutto per alleviare le pene di un uomo ferito ma ancora puro di cuore. 

 

Questa storia che senso non ha 
Svanirà questa notte assieme alle stelle 
Se potessi vederti dalla speranza nascerà l’eternità 
 

Eppure la reazione che ha ottenuto è stata certamente intensa, ma non della qualità cristallina che aveva immaginato. Il ritorno che gli è venuto dai compagni di allenamento e poi dal pubblico è stato quello di un tormento appassionato, quasi torbido. Invece di una Madonna salvatrice ha invocato l’arrivo di una donna ammaliante che avrebbe volentieri intrecciato le proprie mani con le sue, le proprie gambe con le sue per dar pace alla sua brama. 

 

Le tue mani, le tue gambe, 
le mie mani, le mie gambe, 
 

È la prima volta che non è sintonizzato completamente con l’emozione che vuole suscitare, ma, una volta superato l’attimo di smarrimento iniziale, ha sfoderato un bel sorriso e dato ragione all’interpretazione comune. 

Il pezzo è intenso, piace. Tanto basta. 

 

*** 

Adesso però tutto quello che avrebbe voluto dire è lì, davanti ai suoi occhi. 

E lui ancora stenta a crederci. 

Alla fine della prima visione tutto quello che riesce a pensare è che un pattinatore che non è lui ha infuso il suo free di tutto quello struggimento innocente che ha inseguito così a lungo.  

 

Non è dannatamente possibile! 

E poi, chi cazzo è questo botolo? 

 

La cosa che fa più incazzare Victor è che non è riuscito a staccargli gli occhi di dosso per un solo secondo. Non ha bisogno della musica per seguire il pezzo, ma la cosa che lo manda in bestia (e se fosse almeno un po’ onesto con se stesso, lo fa marcire dall’invidia), è che nemmeno tutti gli altri spettatori hanno bisogno della musica per sentirla. È lì, avvolge come un panno caldo il giovane pattinatore, è tutta attorno a lui, è dentro di lui. E lui la mostra con una naturalezza che fa accapponare la pelle. 

 

Nessuno degli orpelli fatti per affascinare, niente costumi aderenti, niente musica sparata al massimo del volume consentito, niente ammiccamenti né saluti e inchini a fine gara.  

Niente di niente. 

Eppure lo avvince a sé e non lo molla fino alla fine. 

È riuscito dove Victor ha fallito. Questa esibizione racconta di un amore finito, di un uomo addolorato ma non annientato, che piange il suo struggimento senza essere effeminato – Victor ha visto abbastanza pattinatori diventare drama queen perdendo quel poco di testosterone e dignità nel tragitto dall’imbocco al centro della pista. Solo Stephane riusciva a pattinare con la grazia mascolina che sta ora esprimendo il giovane. 

Quello che ha visto è un ragazzo che si affaccia innocentemente alla maturità e che accoglie il dolore dentro di sé e ne fa tesoro; che non ha paura di mostrarsi debole, e questa è la sua grande forza. 

 

Un uomo di cui – se il russo fosse meno cinico – ci si potrebbe persino innamorare. 

 

Stammi vicino, non te ne andare 
Ho paura di perderti 
 
Le tue mani, le tue gambe, 
le mie mani, le mie gambe, 
e i battiti del cuore 
si fondono tra loro 
 
Partiamo insieme 
Ora sono pronto 

 

 

*** 

La seconda volta che lo vede comincia a notare i difetti. Certo, la magia non sparisce del tutto, ma l’occhio allenato di Victor gli segnala ogni sbavatura. 

Prima di tutto un pessimo gusto nel vestire – la vecchia tuta da allenamento non gli dona neanche un po’ – ma, soprattutto, e molto più grave, un pesante squilibrio alimentare… il ragazzo è un professionista (nonostante questa certezza, Victor non riesce minimamente a richiamarlo alla mente), ma è fuori forma. Certo, non è un maiale sui pattini, ma è indubbio che ha trasgredito alla rigorosa dieta da atleta. Eppure mantiene una fluidità e una grazia che non è sporcata dai chili di troppo… ecco, fosse più in forma sarebbe proprio un bel bocconcino. 

Un’altra cosa è legata puramente alla parte tecnica. Il giovane ha abbassato le difficoltà di quasi tutti i suoi salti. Ciononostante non si può non notare l’impegno profuso. Victor sente l’amore per il suo pezzo… quasi fosse una dichiarazione in piena regola. Nessun fan e nessun amante prima l’hanno fatto sentire così venerato. Non sa se esserne lusingato o travolto dalla rabbia. 

 

Come diavolo si permette di dare un altro senso al free? 

 

Alla fine della seconda visione la sensazione che gli ribolle nello stomaco è frustrazione. Quello che sembra però essersi attenuato è lo sterile e cupo disagio che lo sta accompagnando non sa più da quanto tempo. Quello che sente adesso è più una curiosità che gli mordicchia l’ego e lo fa stare sulle spine come un ragazzino al suo primo campionato nazionale: insomma, voglia di spaccare il culo al mondo e, insieme, terrore di spaccarselo sul ghiaccio.  

Tutta questa situazione lo diverte e lo irrita contemporaneamente. 

Ma più di tutto, lo incuriosisce scoprire da dove salta fuori questo ragazzo. Farebbe qualsiasi cosa per distrarsi perché la fatica, l’alcool e il sonno non lo quietano più… 

 

In un moto di insoddisfazione butta il cellulare sul divano e si alza di scatto. Makkachin si sveglia di soprassalto dal suo intorpidimento e reagisce con un abbaio spaventato. Victor perde un solo momento per una carezza rassicurante e poi comincia a spogliarsi sulla strada tra il divano e il bagno.  

Ha proprio bisogno di una lunga doccia chiarificatrice.  

 

*** 

Torna dalla doccia senza nessuna nuova idea ma con un paio di nuove fantasie masturbatorie su giovani pattinatori sconosciuti – con qualche chilo di meno – che devono essere rimessi al loro posto con una sana dose di sculacciate.  

Il tempo di asciugarsi velocemente, versarsi un altro generoso bicchiere di vino ed è pronto per la terza visione. 

Una punta di rabbia sorda ancora freme in sottofondo ma c’è anche un pungolo di sfida che non sente da tanto tempo. Nell’ultimo anno ha lavorato da bravo soldatino, inanellando allenamenti, esibizioni, gare e preparazione fisica senza mai davvero metterci il cuore.  

Adesso però sente un’ondata tra la curiosità e la provocazione.  

Chi è questo ragazzo? Perché ha investito tempo e passione per riprodurre il suo lavoro? Ma, soprattutto, perché non si ricorda di questo pattinatore che sicuramente deve aver incontrato almeno ad un galà o a un’esibizione? 

 

È arrivato il momento di scoprirlo. 


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1. Kakkoi: dovrebbe essere cool, figo, in lingua giapponese
2.  
Stephane Lambiel è l’ex pattinatore che nelle ultime puntate fa la sua apparizione come commentatore e che saluta Victor in francese dicendogli una cosa tipo “è tanto tempo che non ci vediamo”. Ecco, da questo mi si è aperto un mondo in testa in cui Victor mi ha raccontato di essere stato anche lui un giovane pattinatore affascinato da pattinatori più maturi ed esperti. Quello che Yuuri prova per Victor, Victor lo ha provato per Stephane… per il vostro piacere, questo è Stephane che vince i mondiali nel 2006. Mi commuove ogni volta che lo vedo. 
 

  
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