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Autore: Minako_    06/07/2020    6 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
autocontrollo.
 

Shinichi entrò trafelato nell’atrio di casa, solo per lasciarsi definitivamente alle spalle quel dannato temporale che lo aveva colto di sorpresa appena uscito dalla Centrale di Polizia per l’ora di pranzo. Era stato così che si era quindi ritrovato sotto la pioggia incessante senza uno straccio di ombrello, ragion per cui presto si era bagnato fino all’osso. Sospirò frustrato, rendendosi presto conto di essere fradicio, motivo per cui decise di togliersi in fretta le scarpe che gli stavano ormai congelando i piedi. Le buttò malamente di lato, e si diresse verso la cucina alla ricerca di qualcosa di caldo da prepararsi mentre si sarebbe buttato sotto la doccia. Non vedendo più traccia delle innumerevoli valigie di sua madre, intuì che fossero già andati in aeroporto e il biglietto che ritrovò sul bancone della cucina gli diede ragione. Distrattamente lesse le poche righe che sua madre gli aveva lasciato, e fece una smorfia quando vide sottolineata la parte che diceva testualmente ricordati di mangiare e non pensare solo ai tuoi casi!. Aprì dubbioso il frigo, e iniziò a guardare cosa avrebbe potuto mangiare. In realtà la sua mente era completamente persa a ben altro, specialmente a ciò che aveva saputo appena un’ora prima. Al solo pensiero quella poca fame che aveva fatto capolino sparì improvvisamente, e con uno sbuffo e una smorfia in viso richiuse con stizza il frigo. Fece per dirigersi direttamente al piano di sopra, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Corrugando la fronte, si mise a fissare una tazza abbandonata nel lavello lì a fianco.
Una tazza da the.
Strano.
Guidato dal suo sesto si avvicinò al lavandino, rimanendo poi un attimo perplesso quando notò la bustina probabilmente utilizzata per aromatizzarlo. Con mani incerte prese in mano la confezione aperta, per poi trattenere il fiato.
Zenzero.
Deglutì, e iniziò a guardarsi intorno. Tutto in cucina appariva stranamente normale, ragion per cui decise di dirigersi in salotto. Una volta data un’occhiata lì intorno, e con delusione appurato che tutto fosse in ordine, sospirò nervoso. Solo in quel momento qualcosa gli attraversò la mente a una velocità tale da lasciarlo stordito, e dopo davvero poco le sue gambe si mossero da sole.
Quel the allo zenzero.
Era il suo preferito. Ne beveva in quantità industriali, perfino la mattina per colazione. Spesso l’aveva presa in giro per questa sua abitudine, e ogni volta in tutta risposta lei gli aveva sempre risposto con una linguaccia.
Si sentì la bocca stranamente asciutta quando, infine, si ritrovò davanti alla porta della libreria. E, con un tuffo al cuore, notò come da sotto quest’ultima una luce fioca facesse capolino.
Ran.
Un po’ incerto aprì lentamente la porta, e trattenendo il fiato si fece avanti. La luce che aveva visto arrivava dalla scrivania, dove era accesa la lampada che solitamente utilizzava quando si metteva a lavorare lì dentro. Con un nodo alla gola camminò in quella direzione, facendo attenzione a non fare alcun rumore. Mano a mano che si avvicinava la figura di Ran si faceva più nitida, e ben presto si ritrovò davanti a lei.
Shinichi rimase immobile, in piedi davanti alla figura esile rannicchiata sulla sedia della scrivania, solo per imprimere a fuoco la scena che gli si parava di fronte.
Era così piccola, accoccolata così con la bocca leggermente aperta, mentre dormiva relativamente serena. Con un tuffo al cuore notò come si fosse buttata addosso la giacca della sua divisa che, si ricordò, aveva lasciato sullo schienale della sedia il venerdì pomeriggio prima. Le stava grande, e riusciva a coprirla apparentemente tutta, e per un attimo pensò al profumo che da quel giorno avrebbe avuto.
Vaniglia.
Con ulteriore stupore vide come, sotto la sua mano rovesciata, tenesse a sé Il segno dei quattro di Conan Doyle che aveva iniziato per l’ennesima volta, e abbandonato poi sulla scrivania da tempo immemore.
Rimase ancora per un po’ così, fermo a guardarla, non sentendosi davvero pronto a rovinare quella pace e svegliarla.
Però se è venuta qui… aspetta. Oggi è domenica.
Quell’improvvisa notizia lo fece sobbalzare, mentre cercava di riorganizzare le idee nella sua testa.
Era abbastanza esausto, e ripensò stizzito a quando quella mattina l’ispettore Megure gli aveva telefonato alle cinque di mattina. Ancora assonnato era corso sul luogo del delitto, e aveva impiegato tutta la mattina per risolverlo, dato che si era rivelato davvero brutale quanto complicato. Non contento, era poi stato trascinato in Centrale per discutere di alcuni questioni legate all’Organizzazione, ragion per cui aveva completamente perso il senso del tempo e dello spazio.
Era domenica. Ed erano le tre, almeno.
Ha parlato con i suoi genitori.
La speranza che si fosse resa conto dell’errore gli diede il coraggio necessario per avvicinarsi ulteriormente e, delicatamente, sfiorarle la spalla con una mano.
Non appena Ran avvertì un leggero fruscio alla sua sinistra, aprì gli occhi di scatto. Non riuscì facilmente a mettere a fuoco intorno a lei e, notando solo una figura di fronte in piedi a poca distanza, saltò sulla sedia per ricomporsi un po’. Non aveva davvero voglia di rifare una figuraccia con Yusaku Kudo, e sperò vivamente di non aver almeno russato in quel sonnellino che l’aveva colta senza realmente accorgersene. Tuttavia quando sentì un rumore sordo appena dopo essersi mossa, realizzò di aver appena fatto scivolare quel libro che aveva preso distrattamente nell’attesa di Shinichi, e di istinto fece per prenderlo. Ancora un po’ assonnata, dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di rendersi conto di aver afferrato quel libro nell’esatto momento in cui anche la persona che aveva di fronte si era chinata per acchiapparlo.
Rimanendo un attimo immobile, con lo sguardo fisso su quelle lettere in rilievo che formavano il nome Conan, avvertì un profumo familiare arrivarle alle narici. Lentamente, e  capendo che chi aveva di fronte non era davvero Yusaku, alzò lo sguardo per incontrare due occhi blu a poca distanza da viso.
Rimase ferma, mentre si stringeva un po’ di più in quella giacca che stava per scivolare anch’essa a terra, mentre cercava di mantenere una calma che in quel momento pareva non arrivare. In quella mano che teneva ancora saldamente il libro sentì quella di Shinichi accarezzarle timidamente due dita, mentre sul suo viso si formava un sorriso debole. A quel tocco trasalì e, mandando giù il nodo che aveva in gola, mollò la presa e si mise a sedere meglio sulla sedia.
« I-io… », balbettò arrossendo, guardando Shinichi davanti a lei alzarsi in piedi con il libro in mano, e un’espressone incerta. « Devo essermi addormentata ».
Potevi dire una cosa più stupida?!
« Credo di », mormorò lui lanciandole un’occhiata che le fece tremare le gambe.
Scese un silenzio teso mentre lo guardava muoversi verso la libreria, per riporre al suo posto il libro con movimenti lenti. E, come accadeva sempre ultimamente, si imbambolò un attimo a guardarlo, notando preoccupata come fosse ridotto.
Aveva i capelli bagnati, e alcuni ciuffi gli cascavano sulla fronte più disordinatamente del solito; la camicia bianca che indossava era praticamente trasparente ormai, mentre si appiccicava sensualmente al suo petto, e Ran si domandò come potesse non sentire freddo. Eppure lui continuò a far finta di niente, e anche una volta rimesso a posto il libro, si voltò con espressione indecifrabile sul viso, mentre si portava a disagio le man nelle tasche. Infine sospirò, guardandola finalmente in viso.
Ritrovandosi nuovamente i suoi occhi blu addosso, Ran avvertì le guance arrossarsi e di istinto distolse lo sguardo.
Vedendola girarsi dall’altra parte, Shinichi avvertì una morsa allo stomaco, non sapendo davvero cosa aspettarsi. Era venuta per risolvere la questione, o per dirgli che forse avevano fatto uno sbaglio?
Le ho solo chiesto se vi foste lasciati.
Dannato Nakamichi. Le sue parole gli rimbombarono nuovamente in mente, laddove le aveva seppellite nella speranza di poterle dimenticare. E invece in quel momento ritornarono prepotenti, insinuando ancora ciò che temeva con tutte le sue forze. E, dopo un tempo infinito e un silenzio tremendo, non riuscì davvero più a ragionare. Di scatto aprì la bocca, non accorgendosi che la stessa cosa pareva star esplodere in Ran.
« Sono stata una stupida ».
Lo precedette davvero per un secondo, così che le parole gli morirono in gola. Interdetto la fissò, e un barlume di speranza si insinuò in un angolo del suo cervello, facendogli avvertire una sensazione di caldo alla base del petto.
Vide Ran ora in piedi di fronte a lui, con i pugni chiusi e l’espressione determinata. Non era riuscita a trattenersi ulteriormente, e così aveva infine alzato decisa il viso e, senza accorgersene, era balzata in piedi.
Gli aveva ripetuto quelle stesse parole che aveva urlato poche ore prima sotto la pioggia, anche perché in quel momento non riuscì davvero a formulare altro. Non fece nemmeno caso alla sua giacca che ormai si trovava a terra, troppo occupata a guardarlo per scorgere un qualche segnale che le desse il coraggio di continuare. E quando, infine, vide un lieve rossore sulle sue guance e l’espressione dolcemente sorpresa, capì che forse poteva davvero sistemare le cose.
« Io… », riprese con bocca asciutta. « I miei genitori non stanno divorziando », sospirò infine, rilassandosi un poco.
Vide sul viso di Shinichi farsi strada un’espressione un po’ più serena, e l’ombra di un sorriso sornione curvare leggermente le sue labbra.
« … ma tu lo sapevi già, non è vero? ».
Shinichi si dondolò un po’ sui piedi, continuando imperterrito a tenere le mani ancorate alle sue tasche.
« Sì », mormorò con tono colpevole, guardandola un po’ intimorito.
« … e perché non me lo hai detto, quando hai visto come stavo? ».
Sapeva benissimo perché. Ma voleva davvero sentirlo pronunciare dalle sue labbra.
« Non volevo illuderti, innanzitutto », cominciò lentamente Shinichi, dosando bene le parole.
« Non ne avevo la certezza », alzò le spalle. « E poi credevo fosse giusto che te lo dicessero loro ».
Ran si rilassò ulteriormente, mentre sorrideva piano. Era esattamente la risposta che si aspettava da lui, e che aveva immaginato poche ore prima.
« Abbiamo litigato », sussurrò dopo un po’.
« Lo so », disse solamente Shinichi, distogliendo lo sguardo.
« … avresti potuto difenderti dicendomelo, e invece sei stato zitto per tutti questi giorni », la realtà la spiazzò ancora di più quando lo disse a voce alta.
Mentre si rendeva conto di come tutta quella situazione fosse assurda, Shinichi davanti a lei rimase in silenzio, alzando solo distrattamente le spalle. Il senso di colpa che la colpì in quel momento fu così forte che le mozzò il respiro, mentre avvertiva la voglia di piangere far capolino prendendola in contro piede. Si morse un labbro, cercando di trattenersi, solo per non passare come al solito per la piagnucolona di turno. Eppure… eppure non ci riuscì.
Vide tutto appannato in pochi secondi, e abbassò la testa non riuscendo a guardarlo ulteriormente in faccia.
« Io non volevo, Shinichi », disse con voce rotta. « Non volevo davvero rinfacciarti Conan, non volevo ».
Un singhiozzo le sfuggì di bocca senza poterlo trattenere, e rapidamente si portò una mano alla bocca per soffocare i successivi che, sapeva bene, sarebbero usciti dopo poco. Troppo concentrata nel contenersi, non si rese davvero conto di Shinichi che, nell’esatto momento in cui aveva visto i suoi occhi riempirsi di lacrime, non aveva capito più niente.
Basta, per favore.
I suoi piedi si mossero da soli, mentre cancellava la distanza da loro.
Basta lacrime per me.
La abbracciò di slancio, posizionando le sue braccia intorno alla sua vita e appoggiando il viso nell’incavo del suo collo. La sentì subito rigida, probabilmente sorpresa da quel suo gesto, ma poco dopo con sollievo avvertì come si stesse rilassando contro di lui.
Ran portò le sue braccia intorno al suo collo, stringendolo timidamente. Cercò di reprimere un brivido di freddo lungo la schiena quando avvertì il suo petto bagnato di pioggia, solo perché non voleva davvero staccarsi da lui. Rimasero abbracciati per un po’, in silenzio, e dopo giorni Shinichi si sentì finalmente bene.
Aveva avuto voglia di abbracciarla fin dal primo litigio, e il non poterlo fare per tutta la settimana aveva messo a dura prova la sua pazienza. Ogni qualvolta la vedesse in classe, avvertiva ogni muscolo del suo corpo fargli male, mentre provava a controllarsi.
E, con fastidio, aveva pensato a come ormai avrebbe dovuto abituarsi a quella novità, ogni qualvolta avrebbero discusso in futuro. Non le sarebbe mancata solo lei, ma anche il suo corpo.
Quando erano solo amici, questo problema non sussisteva.
« Non pensavo quelle cose ».
Si sentì ulteriormente leggero, mentre sentiva il respiro di Ran solleticargli l’orecchio. Tuttavia ben presto questo sollievo sparì, e i soliti dubbi iniziarono a vorticargli in testa.
Avvertendolo irrigidirsi, Ran si staccò un po’ solo per guardarlo in faccia e capire cosa avesse. Vide così la sua espressione dubbiosa, dietro quei ciuffi bagnati che gli ricadevano sugli occhi che la guardavano esitanti.
« … sei sicura? ».
Ran si staccò completamente da lui, arretrando.
« Sì che sono sicura! », esclamò ostinatamente, maledicendosi. Lo sapeva, sapeva che gli aveva fatto male.
« Perché allora hai tirato fuori Conan? », domandò lui sulle spine.
« Perché… », cominciò lei, indecisa se dirgli davvero la verità. Ma sentendosi terribilmente in colpa, non osò dire a voce alta ciò che realmente aveva voluto fare: ferirlo.
« Ero davvero fuori di me, non ho scuse », concluse infine.
« Ran », sospirò infine Shinichi, scuotendo la testa. « Lo so come stavi, credimi. E posso anche capire che fossi in collera con me. Però… ».
Ran aspettò impaziente, mentre il ragazzo davanti a lei prendeva una pausa per cercare e parole giuste. Fu abbastanza difficile, e riprese solo dopo qualche secondo.
« Però non sono sicuro che tu sia passata davvero sopra tutte le mie bugie ».
Ran chiuse gli occhi, solo per odiarsi mentalmente di più. Lo conosceva abbastanza da sapere che sarebbe tornato su quel punto, e infatti eccolo lì. Riaprì gli occhi, solo per incatenare il suo sguardo al suo teso a poca distanza.
« Shinichi », iniziò cauta, facendo un passo avanti. Con le mani si ancorò alle sue braccia, stringendolo forte.
« Non nascondo che ci sono stata male ma… ascoltami », si strinse maggiormente alle sue braccia quando lo vide distogliere lo sguardo visibilmente a disagio.
« Ti ho perdonato perché ho capito che tu eri lì, con me », avvertì chiaramente la vista annebbiarsi per l’ennesima volta, mentre le lacrime facevano capolino.
« Ogni volta che stavo male e Conan mi consolava, tu mi consolavi. Ogni volta che lui mi ha protetta, tu lo hai fatto. Ogni risata, ogni parola, ogni momento in cui ero con Conan, tu eri con me ».
« Perciò sì, ti ho perdonato, e ti prometto che non tirerò mai più fuori il discorso solo per ferirti o rinfacciarti qualcosa ».
Ran si fermò a prendere fiato, fondamentalmente perché aveva parlato così trafelata che alla fine gli era mancato l’ossigeno. Si zittì, guardando quei occhi blu davanti a lei, sperando di averlo convinto almeno un po’. Ma, tanti e troppi secondi in silenzio dopo, si chiese se non fosse tutto inutile. Lui era lì, immobile, a guardarla perso in chissà quali e remoti pensieri.
« Dimmi a cosa stai pensando, perché mi stai facendo impazzire », sbottò spazientita, mollando la presa su di lui e arretrando un poco. Così facendo Shinichi si riscosse finalmente e, rendendosi conto di essere rimasto fin troppo imbambolato su di lei, arrossì lievemente. Tutto Ran si sarebbe aspettato, ma non vederlo arrossire in un momento del genere. Così, sempre più nervosamente, sostenne il suo sguardo del tutto incerta sul da farsi.
« Cosa c’è? », borbottò insistendo. Shinichi arrossì ancora un po’, e lo vide distogliere lo sguardo.
« Quindi… », dovette davvero avvicinarsi un po’ per sentire la sua voce terribilmente bassa e incerta.
« Vuoi stare ancora con me? ».
Ran sgranò gli occhi, solo per vedere Shinichi davanti a lui avvampare ulteriormente, e non si sorprese affatto quando avvertì lei stessa le guance accaldarsi. Di tutte le cose che poteva aspettarsi uscire dalla sua bocca, questa la lasciò davvero interdetta.
« Shinichi », cominciò lentamente. « E’ stato solo un litigio. Abbiamo litigato. Come facciamo da quando abbiamo quattro anni », aggrottò la fronte. A quelle parole Shinichi si sentì davvero un emerito idiota, ragion per cui mise su un broncio abbastanza pronunciato e cercò di ricomporsi come meglio potè.
« Scema! », la rimbeccò a disagio. « Non abbiamo mai litigato così tanto! », si difese.
« Scemo », fece una smorfia lei, stringendo i pugni. « Cosa ti ha fatto pensare che non volessi più stare con te?! ».
« Figurati, solo quando Nakamichi te lo ha chiesto, tu sei stata zitta! », alzò di un tono la voce lui.
« E tu come fai a saperlo?! », esclamò lei, arrossendo ancora.
« Me lo detto, scema ».
« Scema io?! E tu pensi davvero che io sarei andata a raccontare i fatti miei a Nakamichi?! ».
« Potevi almeno negare! ».
« Quindi avevi paura che io ti avessi lasciato, senza nemmeno dirtelo? Accidenti, che grande Detective che sei! ».
Shinichi aprì la bocca profondamente offeso, mentre Ran di fronte a lui lo fissava con le mani sui fianchi.
« Cosa avrei dovuto pensare?! », riprese imperterrito. « Non mi parlavi né guardavi da giorni! ».
« Tu non mi parlavi né mi guardavi da giorni! », sottolineò Ran, fulminandolo. « Avrei voluto avvicinarmi per parlarti già giovedì, ma tu mi ignoravi! ».
« Tu ignoravi me! ».
Rimasero a guardarsi in cagnesco ancora per qualche istante, finché Ran sbuffò, distogliendo per prima lo sguardo.
Shinichi non ha voluto dirmi niente.
Provò con tutte le sue forze a calmarsi, mentre la voce di Yukiko nella sua testa le rimbombava all’improvviso.
Cosa ha combinato, stavolta?
Fissò con più calma il ragazzo davanti a lei, che nel frattempo si era riportato le mani nelle tasche e ora fissava un punto indefinito oltre le sue spalle.
Non ha fatto niente, è stata tutto colpa mia.
Senza riuscire a proferire altro, mosse due passi nella sua direzione come un automa. Lo vide finalmente guardarla, mentre rimaneva immobile sul posto.
L’ho trattato davvero male io, stavolta.
Si slanciò gli buttò le mani intorno al collo e, mettendosi sulle punte dei piedi, inclinò il viso verso il suo.
Lui ti adora, Ran. E non lo dico tanto per dire.
Con foga poggiò le sue labbra contro le sue, e pensò quasi immediatamente quanto gli fossero mancate.
Non so davvero cosa sia scattato nel suo cervello quando ti ha incontrato, Ran.
Era solo passata una settimana, ma quando lo sentì rispondere contro le sue labbra, le sembrò la prima volta che lo baciava in vita sua. Gli strinse le mani fra i capelli ancora umidi alla base della nuca, mentre avvertiva le sue braccia circondarle timidamente la vita. Avvertendo un piacevole calore alla base del petto, pensò a quanto fosse sempre premuroso e delicato con lei. Nonostante cosa avessero condiviso, all’inizio di ogni gesto di affetto lo trovava sempre titubante, quasi piacevolmente stupito, come se non avesse mai completamente realizzato che ora stavano insieme, e perciò era concesso. Perciò non si stupì quando lo sentì stringerla a lui molto piano, come se avesse paura di farle male.
Quando avvertì il bisogno di ossigeno impellente, staccò un po’ le labbra dalle sue per poi posare il viso sulla sua guancia sinistra.
« Mi hai perdonata? », mormorò piano, sfiorandogli ancora i capelli dietro al collo.
« Tu chiedi a me se io ti ho perdonata? ».
Avendo ancora il viso appoggiato alla sua guancia, non vide esattamente Shinichi sgranare gli occhi, ma ciò che Ran notò fu il suo tono sbalordito misto a ironia. Abbozzò a sua volta un sorriso debole, mordendosi nervosamente un labbro. Decise si staccarsi da lui solo per vedere finalmente la sua espressione sarcastica, e a quella vista sbuffò.
« A quanto pare, ogni tanto, sbaglio anche io », disse Ran alzando gli occhi al cielo. Voleva solo sentirgli dire che era tutto a posto, e far tornare tutto come prima. Lui parve intuirlo, perché sorrise leggermente e sospirò.
« Per stavolta direi di sì », la prese in giro, dandole un colpetto sulla fronte.
Ran mugugnò in risposta, mettendo su un broncio adorabile. Ma quando lo vide togliersi con stizza un ciuffo di capelli ancora bagnati dagli occhi, si ricordò di come fosse letteralmente fradicio da capo a piedi. Sobbalzò sul posto, indietreggiando per avere una visuale più ampia di come fosse ridotto.
« Sei zuppo », commentò notando perfino come avesse sporcato tutto intorno di acqua il pavimento, che gocciolava dai suoi vestiti inzuppati. Shinichi sbatté più volte gli occhi, per poi guardarsi a sua volta.
« Un po’ », fece una smorfia.
« Hai mangiato? », domandò sulle spine Ran, considerando solo in quel momento le profonde occhiaie viola sotto i suoi occhi azzurri.
« Non ho avuto tempo, diciamo », se le avesse detto che  aveva saltato sia colazione sia pranzo, di sicuro le avrebbe dato un buon motivo per litigare di nuovo.
« Ti preparo qualcosa », borbottò, capendo comunque come stavano le cose. « Nel frattempo forse è meglio se ti cambi », lo indicò preoccupata.

 

Qualche ora prima…


« Ecco, tesoro ».
Ran trasalì, mentre Yukiko le porgeva dolcemente una maglia pulita. Era turchese, e sicuramente dovette essere sua, perciò Ran si sentì un po’ in imbarazzo. Tuttavia il freddo che avvertiva addosso la incoraggiò ad accettarla di buon grado, mentre arrossiva lievemente e la guardava di sottecchi con gratitudine. Si chiuse titubante in bagno, e rapidamente si cambiò. Con sollievo avvertì la maglia calda riscaldarle il petto, e si sentì decisamente meglio. Prendendo un bel sospiro, uscì infine da lì, e si diresse lentamente e con passo incerto in cucina, dove era ben consapevole che si trovassero entrambi i padroni di casa, che pochi minuti prima l’avevano accolta. Tuttavia, vi trovò solo lei.
« Direi che ti sta perfetta », esclamò Yukiko quando Ran fece il suo ingresso con sguardo dubbioso e gote rosee.
« S-sì, grazie ancora davvero », rispose Ran incerta, avvicinandosi a lei. Yukiko si trovava seduta sullo sgabello in cucina, con davanti due tazze fumanti. Con sommo conforto non adocchiò in giro alcuna traccia di Yusaku, ragion per cui riprese a respirare a pieni polmoni. Dopo la tremenda figura di poco prima, non avrebbe davvero saputo come guardarlo in faccia.
« Ma figurati », un braccio di Yukiko le avvolse le spalle, mentre la invitava a sedersi al suo fianco. Di buon grado si mise sullo sgabello accanto, e di istinto mise le mani sopra la tazza fumante.
« Allora… ».
Ran sentì un nodo alla gola, e di istinto socchiuse gli occhi. La curiosità di Yukiko Kudo, dopotutto, era nota anche a lei.
« Mi dispiace che tu sia venuta fin qui sotto l’acqua e Shinichi non sia nemmeno in casa… ».
Ran la guardò cautamente, e come aveva immaginato il discorso cadde esattamente sulla causa di tutto quell’impiccio. Sebbene avesse parlato con non curanza, potè intuire la spasmodica voglia di sapere e capire esattamente perché si fosse messa a urlare come impazzita sotto la pioggia, e se tanto le dava tanto, anche carpirle l’intera causa del loro litigio. A giudicare dai suoi occhi indagatori e dalle sue mani che non riuscivano a stare ferme, Ran potè chiaramente intuire come fosse all’oscuro degli ultimi sviluppi. Non sapeva da quanto tempo fossero tornati in Giappone, ma di una cosa era certa: Yukiko sapeva che qualcosa non andava.
« Non fa niente, non era nulla di importante », la voce le uscì così rauca e poco convincente che preferì prendere un sorso di the piuttosto che aggiungere altro. Non appena la bevanda calda le arrivò in bocca, tuttavia, alzò un sopracciglio.
Zenzero.
Immediatamente la sua mente vagò a quei giorni in cui aveva praticamente vissuto lì con Shinichi, a come avevano dormito nel suo letto, a quel divano in cui si erano accoccolati così tante volte. E, prima che potesse rendersene conto, il suo viso prese fuoco.
Quelle bustine di the le aveva dimenticate lei, lì.
Alzò di scatto il viso verso Yukiko, che ora la stava guardando un po’ stupita di questa sua reazione così nervosa.
« Non ti piace? », domandò confusa, indicando la tazza nelle sue mani. « Te l’ha preparata Yusaku, non so che gusto ti abbia messo ».
« N-no, è buona », balbettò Ran, posando in fretta la tazza e gesticolando vistosamente con le mani.
Yusaku.
A cui non scappava mai nulla.
Che talvolta era perfino più scaltro e intelligente di Shinichi stesso.
Come aveva fatto a capire che quelle bustine fossero sue?
Un moto di imbarazzo continuò a paralizzarla sullo sgabello, mentre stringeva i pugni convulsamente.
« Ascolta, Ran ».
La voce seria di Yukiko la fece per un attimo rinvenire, e di istinto riprese a fissare la donna di fronte a lei. Si perse per un attimo nel suo sguardo, e per un minuscolo istante ci rivide l’espressione comprensiva che ultimamente Shinichi le aveva rivolto così tante volte. Per quanto fosse identico a suo padre, quel lato tenero del suo carattere doveva averlo preso da lei.
« Non voglio sembrare impicciona, ma sono un po’… ecco », si interruppe, cercando di trovare le parole adatte per proseguire.
« Preoccupata ».
Ran inarcò un sopracciglio, per poi mordersi colpevole un labbro.
Che lei sapesse di ciò che aveva combinato?
« Shinichi non ha voluto dirmi niente », proseguì tentennando. « Che novità », concluse alzando gli occhi al cielo.
Ran riprese a respirare, e sentì un leggero sollievo quando le sue parole iniziarono ad avere un senso nella sua testa così nel pallone.
Non sapeva niente, allora.
« Però posso intuire cosa sia successo ».
Il conforto durò relativamente poco, e nuovamente Ran sentì le guancia imporporarsi. Distolse lo sguardo, mettendosi a guardare con fin troppa enfasi il bollitore ancora abbandonato sui fornelli.
« … cosa ha combinato, stavolta? ».
Ran sobbalzò, e velocemente tornò a fissare Yukiko dinnanzi a lei. Aveva l’espressione ora grave, un sorriso un po’ amareggiato sul viso fine, e anche lei ora pareva torturarsi le mani nervosamente.
Presa in contropiede, Ran rimase senza parole.
« Avete litigato, vero? Quando fa così c’entri solitamente tu, non perde mai così la ragione per altro », disse con fare agitato.
« … sì, abbiamo litigato », borbottò Ran, giocherellando con la sua tazza posta di fronte.
Scese un attimo di silenzio, nel quale pensò velocemente a come proseguire quella discussione così imbarazzante. Evidentemente, a differenza di Yusaku, lei non l’aveva sentita urlare quella frase sotto la pioggia…
« Ti ha lasciata sola per un caso? », buttò lì ad un tratto Yukiko, non riuscendo più a trattenersi.
« Ma no… », rispose a voce bassa Ran, e se avesse potuto, avrebbe volentieri seppellito il viso nella maglia.
« Ha detto qualche stupidaggine? », riprovò convinta, e Ran si sentì ancora più in colpa. Stava dando per scontato che fosse colpa di suo figlio, quando in verità non c’era stato davvero niente di sbagliato in lui.
« Niente del genere », provò ad abbozzare un sorriso per tranquillizzarla, ma ciò che le uscì fu solo una smorfia molto incerta.
Si zittirono nuovamente, e l’unico rumore che poterono avvertire fu solo il ticchettare dell’orologio appeso a poca distanza da loro.
« Non ha fatto niente ».
Ci pensò Ran, quella volta, a rompere quel tremendo silenzio. Yukiko la fissò aprendo un poco la bocca, colta da un improvviso stupore.
« E’ stata tutta colpa mia ».
« Ran… », mormorò Yukiko, fissando i suoi occhi diventare improvvisamente lucidi. Si protese per afferrarle una mano, guardandola incoraggiante.
« Cosa puoi aver mai fatto », quasi rise di quell’eventualità.
« L’ho davvero trattato male io, stavolta », ormai la sua voce era rotta, mentre proseguiva in quello sfogo del tutto inaspettato.
« Penso di averlo davvero ferito, e non sono sicura che avrà voglia di parlarmi ancora ».
Se non fosse stato per i suoi occhi colmi di lacrime e la drammaticità del suo tono di voce, Yukiko sarebbe voluta volentieri scoppiare a ridere. E stava quasi per farlo, e spezzare così probabilmente il cuore della ragazza che ora la fissava con la speranza di trovare in lei un appoggio sicuro per le sue preoccupazioni. Fu così che rimandò indietro l’assurda voglia di ridere fragorosamente, solo per concentrarsi a mantenere un’espressione apparentemente distaccata.
« Ran, tesoro », provò a farla ragionare, stringendole un po’ di più la mano. « Non credo che Shinichi arrivi a tanto », un risolino le scappò di bocca prima di potersi trattenere ulteriormente.
« Neanche se tu lo avessi mandato a quel paese, presumo », proseguì cercando di ricomporsi.
« Ma io… », contestò Ran.
« Ma tu », sottolineò Yukiko sorridendo. « non ci credo che hai fatto qualcosa di così tremendo. E, soprattutto, non penso che Shinichi possa non volerti parlare ».
« Ma ho esagerato », insistette Ran testardamente.
« Magari sì, io non lo so. Ma quello che sto cercando di dirti è che tutto si può risolvere, se si vuole », la voce della donna divenne così dolce e rassicurante che per un attimo Ran si sentì un po’ confortata, e di istinto ricambiò la stretta nella sua mano.
« In fondo », riprese con fare eloquente. « Qui, qualcuno, è la prova vivente che se si vuole, si può perdonare qualsiasi cosa ».
Capì immediatamente a cosa si stesse riferendo, e di istinto le restituì un sorriso debole.
« Grazie », mormorò sinceramente Ran, sentendosi un po’ più leggera. Yukiko sorrise raggiante in tutta risposta, per poi lasciarle la mano e prendere un sorso del suo the. Ran la imitò, prendendo un bel sospiro.
« Lui ti adora, Ran ».
Per poco non le andò di traverso il sorso che aveva appena fatto scivolare in bocca, e come meglio poté cercò di mandarlo giù senza strozzarsi. Sentì le guance avvampare, mentre con la coda dell’occhio fissò la donna di fronte a lei.
« E non lo dico tanto per dire », sottolineò decisa, la tazza fumante ancora fra le sue mani.
« Non so davvero cosa sia scattato nel suo cervello quando ti ha incontrato, Ran. Lo so che talvolta può sembrare disinteressato e un po’ insensibile, ma te lo dico col cuore: lui stravede per te, e solo per te. Questo non dubitarlo mai ».

 

***


« Non dovevi, davvero ».
Ran si riscosse dai suoi ricordi, e velocemente si voltò verso il proprietario di quella voce così titubante alle sue spalle. Vedendolo un po’ nervoso, volle regalargli il sorriso più sereno e comprensivo che riuscisse a fare, mentre spegneva i fornelli e girava il mestolo nella padella ciò che aveva cucinato per lui.
« Non è niente di che », ribatté sistemando il riso saltato nella ciotola, per poi voltarsi e appoggiarla sul bancone della cucina.
Ci aveva messo relativamente poco tempo per farsi una doccia, e ora notò come fosse completamente asciutto e col viso terribilmente stanco. Lo vide sedersi mollemente sullo sgabello, portandosi una mano al viso prima di esplodere in uno sbadiglio rumoroso.
« Scusa », disse poi notando la sua espressione stupita, arrossendo un po’. Lei sorrise ancora di rimando, per poi prendere posto a fianco a lui, che intanto aveva afferrato le bacchette e iniziato a mangiucchiare lentamente.
« A che ora ti sei alzato? », domandò lei curiosa, rimanendo un po’ rigida al suo fianco. Sebbene avessero risolto tutto, si sentiva ancora un po’ tesa. E quei pantaloncini corti che usava solitamente per giocare a calcio e quella maglia nera sul suo petto non aiutavano a renderla più serena. Anzi.
« Alle cinque », fece una smorfia, mettendosi in bocca un altro po’ di riso. « Un caso », aggiunse poi con un’alzata di spalle.
« Sì, me lo ha detto tua madre ».
Per poco Shinichi non si strozzò quando un chicco di riso gli andò di traverso, mentre Ran sobbalzava per la sua reazione. Lo vide iniziare a tossire, per poi immergere il viso nel tovagliolo. Rendendosi conto di come gli fosse andato di traverso il boccone, iniziò a dargli delle pacche sulla schiena, che dopo poco migliorarono un po’ la sua situazione.
« Bevi un po’ d’acqua », gli suggerì, porgendogli il bicchiere.
« Hai parlato con mia madre? », la interruppe lui con voce strozzata, non accettando nemmeno il calice che gli stava porgendo, troppo preso com’era dal fissarla intensamente.
« I-io… sì, erano qui quando sono arrivata, ecco », balbettò Ran, posando il bicchiere.
« Ah… », Shinichi smise finalmente di tossire, rimanendo per un attimo perplesso. « Ti avrà fatto il terzo grado ».
« … ma no », rispose lei, guardandolo di sottecchi. Lo vide alzare gli occhi al cielo, e finalmente prendere un sorso d’acqua.
« Cosa ti ha chiesto? », chiese di nuovo, insistendo con sguardo irrequieto.
« Niente di che, Shinichi, davvero », provò a calmarlo lei, ben conscia di quando detestasse quando sua madre si intrometteva nelle sue cose.
« Certo », replicò sarcastico.
« Comunque non sono rimasti molto, mi ha detto che avevano l’aereo e io sono rimasta qui. Ad aspettarti… ».
Era vero. In parte.
« Mmm », bofonchiò lui per nulla convinto, tornando a mangiare distrattamente il suo riso. In quel momento, Ran lo fissò un po’ più intensamente. E, per la prima volta da quel pomeriggio, vide con lucidità che qualcosa, in realtà, stonava abbastanza nel suo comportamento. Aveva la schiena curva verso il bancone, ma qualcosa nei muscoli delle sue braccia non era come al solito. Pareva essere rigido, quasi sulle spine, mentre continuava a lanciare occhiate fugaci intorno a lui, e specialmente verso di lei. Lo vide curvate le labbra in smorfie impercettibili quando per caso anche lei incrociava il suo sguardo, e infine notò come stesse cercando accuratamente di non sfiorarla per sbaglio.
« Che cos’hai? », chiese all’improvviso, sentendo le sue labbra muoversi senza il suo reale consenso. Semplicemente, agì di impulso, e seguendo il suo istinto. Qualcosa non andava.
« Niente », a tradirlo fu la velocità con la quale le rispose una volta mandato giù il boccone, guardandola di sbieco. I suoi occhi guizzarono così velocemente lontano da lei, da avvalorare solo ulteriormente la teoria di Ran che qualcosa non andasse.
« Shinichi », lo rimbeccò con tono perentorio, guardandolo minacciosa.
Messo alle strette, abbassò lentamente le bacchette, per poi fare in là la ciotola. Ran lo vide sospirare profondamente, prima di muoversi velocemente con lo sgabello e mettersi di fronte a lei, appoggiando le mani sulle proprie ginocchia.
« E va bene », borbottò infastidito. « C’è qualcosa di cui ti devo parlare », ammise con un sbuffo che gli mosse un poco alcuni ciuffi disordinati sulla fronte.
« Dimmi », lo incoraggiò lei con un sorriso incerto sul viso. La tensione era papabile, e si chiese per un attimo cosa fosse accaduto di così grave da indurlo a guardarla con quell’espressione così tesa.
« Dopo il caso mi sono trattenuto in Centrale con alcuni membri dell’FBI », iniziò cercando di sostenere il suo sguardo.
« Ok », lo incitò a proseguire lei.
« E… », prese un attimo tempo per poter dosare bene le parole, ma ben presto si rese conto che, in una maniera o nell’altra, ciò che stava per dire sarebbe risultato sgradevole in ogni caso.
« Devo andare in America, Ran. Per testimoniare, contro l’Organizzazione… », sospirò.
Di tutte le cose che si era immaginata, questa non le era nemmeno passata per l’anticamera del cervello. E quando infine la sentì uscire dalle sue labbra, non la trovò nemmeno così tremenda da giustificare lo sguardo cupo di Shinichi.
« Va bene », disse solamente, sorridendo.
« … dovrò rimanere là per quattro settimane ».
 Prima che potesse rendersene conto, il sorriso le morì sul viso.
Quattro settimane.
Un mese. Senza di lui.
Sapeva bene quanto fosse sciocco per lei rimanere male per una cosa del genere, visto e considerato per quanto tempo lo avesse aspettato, ma comunque quell’improvvisa notizia la lasciò interdetta. Da quando era tornato, avevano trascorso ogni singolo momento insieme, e ora il pensiero di non vederlo per così tanti giorni le mozzò un po’ il respiro.
Lui parve accorgersene, perché si sporse verso di lei con sguardo grave e comprensivo.
« Lo so che è tanto tempo, ma ci sono un po’ di faccende da sistemare prima del processo e purtroppo la mia testimonianza è necessaria. Non sono contento nemmeno io, ma sono obbligato ».
« Certo, lo so », intervenne finalmente Ran, cercando di rincuorarlo. « E’ solo un mese, vedrai che passerà in fretta », non ci credeva nemmeno lei, così come non convinse lui. Vide i suoi occhi lanciarle un’occhiata dubbiosa, mentre rimanevano immobili a fissarsi. Rimasero in silenzio per un po’, continuando a guardarsi intensamente, finché Ran non si sbilanciò in avanti e gli stampò un bacio leggero sulla guancia.
« Quando partirai? ».
« Fra una settimana », mormorò flebilmente lui.
« Lo sai come la penso, no? », mormorò Ran dopo un po’, ancora contro la sua gota, e lui poté avvertire il suo respiro contro la pelle.
« L’attesa rende solo più bello il rivedersi ».
Shinichi sentì il cuore lanciare un battito più forte del normale, e si ritrovò a sorridere fievolmente. Si staccò un po’ da lei, girando il viso in modo da poterla guardare nuovamente negli occhi.
« Ad una condizione, però », riprese a parlare lei, con espressione improvvisamente seria.
« Qualsiasi cosa », sussurrò lui, mentre il sorriso spariva per lasciare il posto da un’espressione preoccupata.
« Devi tornare da me ».
Non seppe nemmeno lei come trovò il coraggio di dirgli una cosa del genere, ma inaspettatamente le sfuggì dalle labbra senza nemmeno accorgersene. Lo vide sbattere gli occhi un paio di volte, prima di fissarla con espressione piacevolmente sorpresa. Poi, prendendola alla sprovvista, le acchiappò di scatto i polsi, intrappolandola nelle sue mani con presa decisa.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Shinichi si sporse velocemente in avanti appoggiandosi deciso contro le sue labbra. Le teneva ancora i polsi fra le mani, come a volerla intrappolare mentre la baciava rilasciando quel tumulto interiore che aveva soffocato negli ultimi giorni in cui non l’aveva avuta con sé. Premette così rudemente le labbra contro le sue, che si stupì quasi di sé stesso. Pensò perfino di star esagerando, ma quando la sentì rispondere altrettanto con foga, soffocò un po’ il suo senso di colpa. Si baciarono per qualche secondo senza nemmeno provare a prendere fiato, e quando infine gli mancò davvero l’ossigeno e provò a staccarsi, la sentì combattere contro le sue mani, divincolandosi dalla sua presa. Mollò d’istinto i suoi polsi, e velocemente lei posizionò le sue braccia intorno al suo collo.
Devi tornare da me.
Quella frase gli rimbombò ferocemente nella testa, e provocò in lui qualcosa di davvero forte. Cercò di trattenersi, mentre lei affondava le mani nei suoi capelli e continuava a baciarlo intensamente. Ogni volta era così, con lei.
Cercava di rimanere lucido quel tanto per non apparire aggressivo, o eccessivamente spasmodico. Il più delle volte c’era riuscito, perfino nei momenti più intimi, mentre nella testa continuava a ripetersi la stessa, identica frase.
Non esagerare.
Eppure in quel momento non riusciva davvero a dosare i suoi gesti, men che meno la sua testa. Sapeva solo che erano davvero troppi giorni che non le parlava, non la sfiorava, non la teneva stretta a sé. Nella sua testa vorticava solo la sua espressione grave mentre lo incrociava nei corridoi di scuola, o come lo scostasse in classe. Era stato così doloroso per lui, in quel giorni, che averla finalmente lì davanti lo rese terribilmente impaziente. Sapere che poteva finalmente fare ciò che aveva prepotentemente desiderato per tutta la settimana, gli fece davvero perdere quel briciolo di controllo rimasto, e per una volta decise di non ascoltare minimamente quella vocina in fondo al cervello che sempre più flebilmente lo ammoniva:
non esagerare.
Completamente presa in contropiede, Ran si ritrovò molto rapidamente il corpo di Shinichi addosso, e aprendo leggermente un occhio notò come fosse balzato in piedi e ora la stesse sovrastando mentre era ancora seduta sullo sgabello. Totalmente spaesata, sentì le sue ginocchia premere contro le sue gambe, mentre si faceva strada quasi prepotentemente contro di lei allargandogliele. Provò con tutte le sue forze a rimanere calma, ma sentì comunque un rossore incontrollabile accaldarle le guance. Si impose di concentrarsi sull’infinità di baci che si stavano scambiando, e sul ritmo frenetico che le labbra di Shinichi avevano sulle sue. Non che non apprezzasse, ma si sentiva completamente disorientata.
Non lo aveva mai avvertito così rude nei suoi confronti. Anche nelle due volte in cui si erano spinti oltre aveva sempre mantenuto la sua indissolubile compostezza, e mai l’aveva travolta così prepotentemente.
Finalmente prese ossigeno, quando sentì la sua bocca lasciare la sua, ma ben presto dovette mordersi un labbro per trattenere un mugugno sommesso. Avvertì il suo fiato accelerato sul collo, mentre le lasciava una scia di baci così pungenti che sperò vivamente non le lasciassero un segno evidente. Se suo padre li avesse notati…
Eppure lui pareva non farci minimamente attenzione, mentre le accarezzava distrattamente la schiena e continuava fino a incastrare il suo viso nell’incavo del suo collo.
Ran provò a trattenere un ulteriore lamento sommesso quando infine le lasciò un piccolo morso alla base del collo, stringendo ancora di più le mani nei suoi capelli. Pensò che l’avesse sentita almeno un pò lagnarsi, ma lui non diede alcun segnale di volersi fermare.
Quest’ulteriore reazione la lasciò di nuovo sorpresa, mentre apriva infine gli occhi e vedeva il suo viso risalire contro il suo collo.
Doveva davvero essere perso in chissà cosa, per non rendersi conto di star avendo un tale effetto su di lei. Appena qualche settimana prima, se solo si fosse reso conto di averle minimamente fatto male, si sarebbe staccato velocemente da lei, fissandola con quel suo sguardo colpevole. Eppure in quel momento, mentre riprendeva a baciarla e la sua lingua faceva capolino nella sua bocca, non pareva minimamente intenzionato a smettere o a curarsi di aver esagerato.
Pur essendo totalmente sorpresa, tuttavia, si ritrovò ancora più stupita quando si rese conto che davvero non le importava. Anzi.
Sentirlo così rude contro di lei, così impetuoso, la lasciò piacevolmente sorpresa. Arrivò perfino a pensare quanto le piacesse, quando infine sentì le sue braccia contro la schiena farsi più strette e le sue mani darle uno slancio in avanti. Di scatto si ancorò con le gambe a lui, mentre si ritrovava sospesa con le sua sola presa a sorreggerla.
Sentiva le gambe farle un po’ male, mentre le stringeva provando a tenersi su abbastanza per evitare un tremendo capitombolo all’indietro. Shinichi tuttavia la tenne così stretta che cominciò senza indugio a camminare in avanti, e dopo soli pochi passi sentì il vuoto dietro di lei.
Smise di baciarlo solo per chiudere gli occhi ancora più forte, aspettandosi il pavimento contro la schiena da lì a poco. Tuttavia, invece di sentire la botta, avvertì solo qualcosa di morbido contro di lei, e velocemente si rilassò contro quello che capì essere il divano. Ulteriormente shockata, si ritrovò così sdraiata su di esso, con Shinichi completamente addosso in quello che, visto dall’esterno, doveva ormai essere un groviglio di loro due.
Non ebbe davvero il tempo di capire cosa fosse successo, che lo sentì mugugnare contro le sue labbra che da qualche secondo non rispondevano più al suo bacio. Provò a riprendere da dove si era interrotta poco prima per la sorpresa, sorridendo interiormente di quel suo brontolio istintivo.
E, quando ormai pensava di essere completamente sbalordita da lui, Shinichi la lasciò nuovamente totalmente spaesata quando senza tante cerimonie iniziò ad accarezzarle il petto.
Se non fosse stata imprigionata in quei baci così irruenti, avrebbe sicuramente emesso un ulteriore suono meravigliato.
Nelle ultime, poche volte in cui si erano spinti così in la, Shinichi non l’aveva comunque mai toccata così. Era sempre stato calmo, titubante, misurato.
Cosa era cambiato in quell’ultima ora? Appena poco prima, quando si erano baciati in biblioteca, quasi era parso timido quando l’aveva tratta a sé abbracciandola.
Come erano finiti così su quel divano, lui addosso a premerle la mano sul corpo come se non avesse davvero più controllo di sé?
Una scintilla apparve nel cervello di Ran, mentre di istinto si alzava con metà busto in avanti solo per lasciargli sfilare quel maglioncino che così dolcemente sua madre le aveva proposto ore prima.
Si è forse sempre trattenuto, con me?
Si staccò leggermente da lui per riprendere fiato, mentre avvertiva il maglioncino cadere inesorabilmente a terra. Non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi in imbarazzo per essere rimasta in solo reggiseno, che lui eliminò la distanza fra loro facendola aderire nuovamente contro il suo petto.
Non aveva davvero più controllo di sé, e lo appurò definitivamente quando riprese a mordicchiarle il collo come se niente fosse. E in quel momento, con la testa inebriata e ancora in tilt, Ran si domandò se non dovesse imitarlo.
Ormai era già successo, dopotutto. Due volte.
Forse avrebbe dovuto mettere semplicemente da parte l’imbarazzo, le sue difese, e perfino le paure che ancora si insinuavano subdole nella sua testa.
Mi ha già vista nuda. E’ già successo, perché dovrei vergognarmi ancora?
Forse era per quello che lui pareva completamente disinteressato ad apparire delicato o metodico, pensò Ran mentre sussultava al suo ennesimo mordicchio alla base del collo.
O forse l’ha sempre voluto fare, ma le prime volte si era controllato.
Quel dubbio era sempre più convincente nei suoi pensieri, e un po’ si sentì in colpa che potesse essere vero. Non voleva davvero che lui non fosse sé stesso con lei, o che si dovesse imporre autocontrollo solo per paura di fare qualcosa che a lei non potesse andare. Per una volta, pensò con decisione, non voleva che lui si trattenesse in alcun modo. Era conscia che probabilmente si fosse sempre limitato al minimo per evitare di metterla a disagio, e in quel momento capì che per una volta voleva davvero sforzarsi per lui, specialmente perché era perfino orgogliosa della reazione che stava avendo in quel momento.
Uno Shinichi senza controllo lo aveva già intravisto, ma così mai. E non volle sprecare quell’opportunità.
Per di più, appena fra una settimana, e lo avrebbe avuto a chilometri di distanza per un mese. Era poco, dopotutto quello che aveva aspettato, era vero. Ma il solo pensiero che potesse accadergli qualcosa mentre era via, faceva riaffiorare i suoi incubi più atroci.
Un mese senza di lui.
Senza accorgersene si strinse un po’ di più contro di lui, premendogli così tanto le mani sulla schiena che Shinichi emise un lamento quando avvertì le sue unghie far capolino sulla pelle. Incoraggiato dal fatto che lei non paresse per niente intimidita dal suo fare un po’ brusco, la fissò aprendo un poco gli occhi. Provò a ritrovare un barlume di controllo, che venne presto spazzato via quando lei gli tirò senza tanti preamboli l’orlo della maglietta verso l’altro.
Lasciò che gli facesse scivolare la t-shirt via di dosso, e fu il suo turno di sorprendersi quando avvertì le sue mani contro i suoi pantaloncini. Cercò di scacciare la sensazione di imbarazzo, provando a concentrarsi di nuovo su di lei. Era tremendamente liberatorio, per una volta nella sua vita, non essere in preda alla razionalità. Il fatto era che la  voleva, e non era davvero sua intenzione nasconderlo o minimizzarlo. A che scopo, comunque?
Aveva passato giorni interi a crogiolarsi per quell’assurdo litigio, a farsi mille paranoie per frasi non dette o sentite per sbaglio. Ne aveva abbastanza.
E in ogni caso, stavano insieme. Avevano già superato il limite due volte, perché avrebbe dovuto nascondersi? La desiderava in quel momento, su quel divano, senza avere nemmeno il tempo di potersi spostare altrove.
Era stufo di quegli imbarazzi, di quella timidezza che contrassegnava ogni loro momento privato.
Preso com’era dai suoi pensieri, quasi non ci fece caso quando automaticamente con una mano le tolse anche i jeans. La sentì perfino aiutarlo nell’arduo compito, giacché fece davvero fatica a sfilarglieli com’erano stretti in quel poco spazio.
Non seppero davvero come rimasero senza niente, troppo presi dal momento e ad occhi ancora chiusi. Ma quando infine anche l’ultimo indumento cadde a terra e Ran avvertì un brivido lungo la schiena, spinse a sé ancora un po’ di più Shinichi nell’improvviso bisogno di calore. Lui se ne accorse, e senza dire una parola provò come meglio poté ad abbracciarla ancora un po’ di più, nella speranza di scaldarla, ben conscio che lì nei paraggi non ci fosse davvero nulla con cui coprirsi. Sentendosi dopo poco meglio, inspirò forte il suo profumo mentre gli poggiava un bacio sul collo.
Era così buono. Sapeva di sapone, vista la doccia di poco prima, e sebbene coperto da quest’ultimo, poteva avvertire il suo solito profumo far capolino nel suo naso.
Quel profumo che sapeva di sicurezza, di ricordi, di lui. Lo sentiva da che ne avesse memoria, fin da quando erano ragazzini e giocavano senza sosta a qualche gioco proposto ovviamente da lei, e accettato non senza pochi brontolii da Shinichi. Lo aveva sentito spesso anche poi a scuola, quando si avvicinava per caso a lui per passargli un libro o studiare insieme sui suoi appunti.
Non aveva mai significato realmente niente per lei, almeno fino a quel viaggio a New York. Sorridendo fra sé, ripensò a quando tornarono e tutto fu diverso.
Quel profumo, fu diverso. Casualmente le provocava sensazioni fino a quel momento sconosciute, e perfino un po’ confuse.
Come il suo sorriso, che fino a qualche settimana prima pareva così normale, solo dopo i quindici anni si era resa conto di quanto gli illuminasse il viso e addolcisse lo sguardo.
Tante cose erano cambiate, da quando si erano messi insieme. E, soprattutto, tutto era accaduto alla velocità della luce, come se tutti quegli anni passati a trattenersi fossero all’improvviso esplosi, incapaci di poterli arrestare ulteriormente.
Perfino quel momento, le parve completamente nuovo.
Erano nudi, contro quello stesso divano sul quale avevano visto così tanti film, e riso altrettante volte da bambini. E non le importò nemmeno di non essere coperta, come era accaduto le altre volte. La luce era accesa, e proveniva chiaramente da tutto il salotto, ma anche di questo non ci fece troppo caso. Consapevole di tutto ciò, si staccò leggermente per prendere un po’ di fiato, mentre lui finalmente apriva gli occhi e la guardava in silenzio. Quando si accorse del suo sguardo addosso, Ran arrossì lievemente, cercando di coprirsi leggermente la parte superiore del corpo in bella vista a pochi centimetri di distanza da lui. Gesto che non passò inosservato a Shinichi, il quale scosse la testa lievemente con un sorriso leggero sul viso.
Era così tenera. E in quel momento riprese a ragionare abbastanza da arrivare alla conclusione che non importa quante volte ancora sarebbe successo, o quanti altri momenti privati avrebbero condiviso: Ran avrebbe sempre avuto quell’inguaribile imbarazzo stampato in volto, semplicemente perché lei era così. E, mentre le fissava le gote rosse e gli occhi lucidi, constatò che in fondo non gli dispiaceva farla sentire così, proprio per il semplice fatto che solo a lui era concesso vederla in quello stato. Conscio di ciò le accarezzò lievemente una guancia, dopo poco dopo stampò un bacio leggero.
Devi tornare da me.
Di istinto inclinò la testa quel tanto per sfiorare il suo naso col proprio, mentre incatenava i loro occhi insieme. Un bruciore alla base della pancia tornò prepotente, e non riuscì nuovamente più a trattenerlo.
« Io tornerò sempre da te ».

 

   
 
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