Anime & Manga > Rossana/Kodocha
Segui la storia  |       
Autore: FioreAStella    06/07/2020    4 recensioni
“Sana Kurata, bambina prodigio della televisione, finita in coma.
La causa: una caduta dal sesto piano della sua scuola elementare”
Questo fu il titolo di molte testate giornalistiche del Giappone, in quel periodo la scena televisiva giapponese perse una possibile stella del palcoscenico.
< Mi soffermo su un punto indefinito, guardando sotto l’edificio della scuola; tutto sembra così minuscolo visto da qui, le persone sotto neanche si distinguono.
Un dubbio mi attanaglia la mente: quella bambina, quando cadde, fu costretta a questa visione? >
(L’anime/manga si ferma all’ep. 2)
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Calarmi dal terrazzo della scuola sarà un gioco da ragazzi!

Affermò tutta contenta e piena di sé una ragazzina dai capelli rossicci, la quale stava cercando di calarsi dal terrazzo della sua scuola per riuscire ad arrivare puntuale a lavoro.

 

- Digli di smetterla, Akito!

Urlò deciso un ragazzino dai grandi occhiali rotondi, posto accanto al suo amico d’infanzia. L’amico, di risposta a quest’ultimo, non batté ciglio e né, tantomeno, disse una parola riguardo alla birbonata che stava commettendo nei confronti di Sana, una sua compagna di classe.

 

- Ma dove sarà finita? Faremo tardi agli studi.

Un uomo a bordo di una macchina, posteggiata vicino ad una scuola elementare, vestito elegante e con addosso degli occhiali da sole affermò quelle parole, scocciato dal ritardo che la sua piccola amica stava facendo.

 

- L’importante è non guardare giù, dai Sana puoi farcela.

Si disse tra sé e sé quella stessa ragazzina, la quale stava cercando di scalare la terrazza scolastica per riuscire ad arrivare fino al piano terra. Stava facendo tutto questo per evitare di arrivare tardi al suo amatissimo lavoro di attrice e, anche, per darsela a gambe da quella assurda punizione, inflittole da alcuni bulletti della sua classe.

 

- Solo un altro pass...AAAAAAAAAAAAH

 

Poi il buio.

 

- SANAAAAAA

La voce dell’uomo vestito elegante di poco prima, nonché manager della stessa bambina prodigio, aveva iniziato a rimbombare per i corridoi dell’edificio scolastico.

Il tempo sembrò strabordare, andò tutto troppo in fretta: il suono di un’ambulanza che arriva di corsa, le voci spaventate e strozzate di bambini, i quali hanno visto anche troppo per la loro età. La vittima concreta di quell’incidente era solo una, una bambina di poco più di undici anni, ma le persone che stavano subendo passivamente quell’accaduto erano fin troppe.

- Uno, due, tre scarica!

Occhi ambra che guardano l’insieme di eventi con uno sguardo spaventato, come alienati dal resti. Forse era questa la sua vera paura? Essere il carnefice di persone innocenti, pensiero che la sorella e il padre  non gli avevano mai fatto mancare nella sua vita.

 

- DOTTORE LA STIAMO PERDENDO!

- SCARICA DI NUOVO, PIÙ FORTE!

 

La voce tormentata di quell’uomo con gli occhiali da sole non c’era più, e né, tantomeno, le urla, miste ai pianti disperati, dei compagni di classe di quella simpatica ragazzina dai capelli rossicci. 

- Sana...

Ora, rimane solo una madre, in lacrime, in una stanza d’ospedale a sperare che la sua unica figlia riesca a superare un trauma fin troppo grande da aggirare, sopratutto per una bambina di soli undici anni. 

Un incidente del tutto evitabile era stato commesso per causa di un gruppetto di bambini delle elementari, chi l’avrebbe mai detto.

- Signora Kurata non tutto è perduto. In questo momento sua figlia si trova in uno stato di coma superficiale, confidiamo che in poco tempo si risveglierà. Anche se, la caduta che ha avuto dal sesto piano dell’edificio è stata devastante per lei, quindi non escludo che ci potrebbero essere non poche complicanze.

 

Pov. Akito

Era andato tutto troppo in fretta, il mondo intorno a me in quel preciso istante era cambiato e solo in quel momento mi resi conto che le mie azioni portano, inevitabilmente, a conseguenze fin troppo grandi. 

Io non avrei voluto questo, perché è dovuto succedere? Perché Sana, ci sei tu su quel letto d’ospedale, e non io?

Il dolore di uno schiaffo da parte di mio padre mi fece risvegliare dai miei pensieri.

- Dovresti vergognarti.

Solo due parole, le quali non mi colpirono perché dette da quell’uomo, che doveva essere identificato come mio padre, ma perché esprimevano esattamente come mi sentivo in quel momento.

I mesi passavano e mio padre si dimenticò velocemente dell’accaduto, avvenuto poco tempo prima; di fatti ritornò tutto come prima, all’incirca.

Io, nel tempo che stava passando, stavo sperimentando svariate tipologie di sentimenti: odio verso me stesso, vergogna, collera, solitudine.

Quelli che si proclamavano e che ambivano, il più delle volte, a essere miei amici erano piano piano scomparsi. Sicuramente, spaventati dalle conseguenze che avrebbe portato prendersi le responsabilità di quel gesto, commesso mesi prima. Di conseguenza mi addossarono tutte le colpe dell’accaduto, le quali non disdetti e anzi me le presi tutte senza farmi scrupoli. Questo mi sembrò il minimo da poter fare, anche se riconoscere i propri errori, per quanto potesse essere la scelta più giusta, non avrebbe riportato in vita completamente Sana.

Sana, era proprio una buffa ragazzina. 

Mi avevano attratto i suoi modi di fare e di comportarsi fin dal primo momento, sapevo bene che lei sarebbe stata la calma e la tempesta messe assieme. Ma nonostante questo, nonostante questa sintonia inspiegabile, ho preferito agire per mio puro egoismo, dando l’okay a quei quattro lecca piedi di chiuderla in terrazza.

Un brivido mi percorre tutto il corpo a ripensare a quel ricordo: il corpo di Sana quasi senza vita, disteso a terra, pieno di lividi con ferite aperte e sanguinanti. 

 

5 anni dopo...

Sono le sei del mattino, l’orario che più preferisco per mettermi a correre e scollegarmi almeno per un’ora dai miei soliti pensieri.

Non mi piace la mia vita. Ho pensato fin troppe volte di farla finita però più ci rifletto, più penso che la donna che mi ha messo al mondo non avrebbe voluto questo. Avrebbe potuto abortire se non mi avesse voluto e invece io sono qui e lei, chissà dove tra i Kami.

 

- Guardate c’è Hayama!

- Ma non è quello che fece precipitare dal terrazzo una bambina alle elementari?

- Sarà una semplice diceria, suvvia, guarda che carino!

 

Troppi commenti, troppe verità sdrammatizzate come se nulla fosse. Odio la scuola, ma in particolare modo odio tutte queste ragazze che parlano solo per dar fiato alla bocca. Si pensano che solo perché parlottano a bassa voce non le riesca a sentire e che, oltretutto, non senta ciò che loro riducono a “una semplice diceria”. 

Durante la lezione mi arriva un bigliettino.

“Hayama, volevo dirti che la merce è arrivata”

Il mittente è Gomi, il quale, nonostante gli anni che sono passati, è rimasto un mio fidato compagno e amico forse l’unico, insieme a Sasaki. Lui non si tirò indietro quando ci fu da prendersi le proprie responsabilità, durante quell’incidente di cinque anni fa.

Accartoccio il bigliettino che ancora mi ritrovo tra le mani, sperando come di cacciare quei vecchi pensieri su quella bambina delle elementari (anche se vecchi non lo sono proprio per nulla).

A ricreazione Gomi mi si avvicina; sicuramente per chiedermi riguardo il bigliettino di poco prima.

- Hai letto il biglietto?

Come si voleva dimostrare. La cosa che mi esorta a sbuffare è il suo solito comportamento, me lo sta chiedendo come se si trattasse di una svendita di caramelle.

- Si.

Rispondo secco e senza enfasi, facciamo questo “lavoro” da parecchio tempo è possibile debba sempre agitarsi così?

- E allora?

Mi chiede, di rimando, con tanto di occhi speranzosi, sono certo di poter concludere la mia teoria: è proprio un bambino.

- Sai bene cosa va fatto, venderla.

Appena finisco di pronunciare quelle parole, mi dirigo verso il terrazzo della scuola. Quando mi ritrovo all’ultimo piano della scuola, mi sento sempre più vicino a lei.

Mi siedo su un piccolo soppalco, posto vicino alle ringhiere, messe appositamente dopo che quell’incidente accadde anni prima.

Dopo quel terribile giorno alla scuola elementare, diventai sempre peggio: sempre più scontroso, sempre più chiuso in me stesso e, sopratutto, con una pessima reputazione, sotto tutti gli aspetti.

Successivamente quando inizia ad andare a liceo, mi soffermai a provare il mercato della majiuana. Scoprì ben presto che nel venderla si faceva un buon guadagno e, con l’appoggio di Gomi e qualche altra persona fidata, stavo riuscendo nel mio passatempo. Perché si, alla fine, questo è un passatempo, come lo era il prendersela con gli insegnanti alle elementari senza un’apparente motivo. 

Mi soffermo su un punto indefinito, guardando sotto l’edificio della scuola; tutto sembra così minuscolo da qui, le persone sotto neanche si distinguono.

Un dubbio mi attanaglia la mente: quella bambina, quando cadde, fu costretta a questa visione?  

- È un bel panorama, tutto sommato.

La voce del mio amico Tsuyoshi mi riporta alla realtà; mi giro verso di lui, cercando come un’appiglio nella sua persona. A volte mi sento così inglobato nel mio passato, che non riesco neanche a rendermi conto di cosa accade intorno a me. Credo che se Tsu non mi avesse smosso dai miei pensieri, forse neanche mi sarei accorto che lui fosse posto proprio dietro di me.

- Non mi dispiace.

Rispondo ridestandomi dai miei pensieri.

Il mio amico, però, sa fin troppo bene a cosa sto pensando, perché subito dopo abbozza un sorriso.

Dopo un po’ si siede anche lui nel soppalco, accanto al mio, e mi fa compagnia in silenzio.

- Oggi andrai come sempre a farle visita?

La sua domanda è quasi sempre questa; mi sono spesso chiesto se me lo domanda per riuscire ad avere una risposta diversa, prima o poi, o se è solo un modo per riuscire a carpire se prima o poi impazzirò del tutto.

- Si, come sempre.

Taglio corto e non smettendo di fissare il vuoto.

- Sai in tutti questi anni mi sono spesso chiesto, perché lo fai?

Questa è una bella domanda; effettivamente perché andavo a trovare ogni pomeriggio quella ragazza dai capelli rossi? Io sono stato in parte la causa principale di quell’incidente, ma non completamente. Forse andarla a trovare è solo un modo per riuscire a ripagare, almeno in parte, al mio danno? Non lo so bene, anche se, a dire il vero, mi piace andare da lei; mi siedo accanto a lei e inizio ad ammirarla, ogni giorno che passa si trasforma sempre più in una bellissima ragazza. Quindi me ne sto lì, anche una mezz’ora buona delle volte, la squadro in ogni minima parte, ogni tanto le accarezzo i capelli ramati o le prendo una mano e le ripeto sempre di svegliarsi. Di non farlo per me, ma per sua madre, per il suo manager, per le persone che ancora, nonostante sia passato tutto questo tempo, la vanno comunque a trovare.

- Non lo so, non mi dispiace farlo.

Quella risposta sembra bastargli, perché subito dopo ritorniamo in silenzio finché la campanella non ci obbliga a tornare in classe per l’inizio della prossima lezione. 

 

La metro affollata di pomeriggio è la cosa peggiore che possa esistere in tutto il Giappone. Mi danno fastidio i luoghi affollati con le troppe persone tutte ammassate, con gli sguardi indiscreti dei ragazzini più piccoli (i quali mi conoscono per la famosa nomea, che mi sono costruito in questi anni) e con gli sguardi disgustosamente provocatori delle ragazze (le quali mi guardano, invece, come se fossi l’unico essere maschile lì dentro).

 

Appena scendo dalla metro sento una voce femminile che si avvicina sempre di più a me, spero non sia un’altra scocciatrice perché oggi non sono proprio dell’umore.

- Scusami, ti è caduto questo in metro.

Mi riconsegna il mio astuccio con all’interno le sigarette e l’accendino, dovrei smettere di fumare solo per evitare situazioni del tipo: “ringraziare gente a caso”.

Alzo lo sguardo dal mio astuccio e inizio ad analizzare il volto di quella ragazza, il suo viso mi sembra di averlo già visto svariate volte: capelli scuri e corti fin alle spalle, occhi castani e lineamenti molto marcati (differenti dalle ragazze giapponesi). Alla fine mi ridesto dai miei pensieri, notando lei che non smette di fissarmi a sua volta, e mi rendo conto che sarà solo un’assurda coincidenza. Tutto sommato, chissà quante ragazze straniere ci saranno in Giappone.

- Grazie.

Dopo aver ripreso il mio astuccio, mi incammino per la mia destinazione, ripensando a quei lineamenti fin troppo conosciuti.

- Ehi, scusami ancora!

Di nuovo quella ragazza, ma che vorrà mai da me? Mi maledirei solo per essere stato a squadrarla più del dovuto.

- Ancora tu, che ti serve?

Credo di aver esagerato con il tono di voce molto scocciato, perché subito dopo il suo sorriso viene soppresso da un espressione dispiaciuta.

- Ehi, potresti essere più gentile...alla fine ti ho riportato il tuo astuccio.

- Sono gentile solo con chi lo merita, quindi che ti serve?

Ma quanto possono mai essere insistenti le persone: mi cade una cosa per terra, me la riporti, ti ringrazio, ti accorgi che sono diretto da qualche parte, visto che non mi sono fermato a parlottare con te, e di rimando? Lei insiste.

- Io sono Matsui Fuka, vedendoti ho subito pensato che sei proprio un bel ragazzo. Mi chiedevo se ti andrebbe di uscire con me?

Ho capito. Era sicuramente una di quelle ragazze in metro, la quale desiderava una possibilità con me ed ha pensato di averla trovata riportandomi l’astuccio.

Tre parole: sfacciata perdi tempo.

-Mi chiamo Hayama Akito e la risposta alla tua domanda è no.

Mi rigiro verso la mia destinazione, iniziando ad incamminarmi.

- Ma aspetta, ti prego...

Mi sento tirare per un braccio, subito metto fine a quel contatto; odio essere toccato.

- Almeno posso sapere perché vengo rifiutata con così poco garbo?

Non c’è che dire è proprio insistente come ragazza.

- Ho una fidanzata più bella e intelligente di te, ti è chiaro il concetto adesso?

Non riesco a credere a quello che ho detto, però la mia balla sembra funzionare alla grande perché cambia subito espressione, passando dall’essere triste all’essere quasi rassegnata.

- Oh...allora scusami, mi dispiace di averti importunato in questo modo. Ti auguro una buona giornata Hayama.

Alla fine la vedo scappare via, correndo dalla parte opposta alla mia. Meglio così, una bugia detta per una scocciatrice in meno.

E poi chi vorrebbe mai avere una ragazza o, per meglio dire, averne una fissa. Insomma non sono un farfallone e né tantomeno un santo d’uomo, ma avere attivamente una ragazza proprio no.

D’altra parte quale fidanzata, anche la più indulgente, accetterebbe mai la stranezza di andare a far visita ad un’altra ragazza in ospedale, come prassi pomeridiana; e se volessimo essere pure più precisi, una bellissima ragazza.

 

- Hayama, sei arrivato.

L’ex manager di Sana si sta combinando sempre peggio, da quando la sua amica non si può prendere più cura di lui. Non so con precisione cosa sia successo, ma, se non sbaglio, è stato cacciato di casa dalla signora Kurata dopo una crisi di nervi, avuta da quest’ultima.

Nonostante, inizialmente, non ho visto di buon grado questo ragazzo, poco più grande di me, alla fine ho capito quanto lui ci tenga veramente a Sana.

Si dirige qui in ospedale, a farle visita, subito dopo il turno al ristorante per cui lavora come cameriere e resta qui, finché non arrivo io: nessuno dei due vuole che Sana rimanga da sola neanche un attimo. 

Dire che siamo diventati amici è alquanto azzardata come considerazione, diciamo che è nata una certa simpatia prodotta da un qualcosa che ci accomuna: Sana.

- Si ci sono, tu puoi andare.

Mi fa un cenno con la testa di assenso e si dirige verso l’uscita dell’ospedale.

Entrando nella stanza d’ospedale assegnata a Sana, vengo subito inondato da un odore di disinfettante e amuchina per ambienti.

È quello stupido odore che mi fa sempre più pensare che quella bambina, posta in quel letto, non si risveglierà mai (bambina, insomma, si fa per dire).

Avvicino una sedia accanto al letto della ragazza dai lunghissimi capelli rossi. 

Inizio a guardare ogni minima parte del suo corpo: i capelli rossi che col passare degli anni hanno iniziato a crescere esponenzialmente, il nasino alla francese, le labbra color pesca che qualche anno fa mi riempivano sempre di insulti, le guance, un tempo rosse e piene di vita, ed ora così bianche e spente.

Le prendo la piccola mano destra, posta sul bordo del letto, e la intreccio con la mia, la quale, invece, potrebbe tenerne tre di quelle piccole mani.

- Svegliati.

Lo sussurro piano, stringendo più forte quella sua mano così piccola e debole.

Ad un tratto sento come un piccolo movimento delle sue dita nella mia mano, un brivido mi percorre tutta la colonna vertebrale.

Mi alzo di scatto ed esco dalla porta della stanza di corsa.

- INFERMIERA! INFERMIERA!

- Dimmi ragazzo che succede? 

- Sana...cioè la signorina Kurata, ho visto che ha fatto dei movimenti con la mano destra.

Concludo tutto d’un fiato, convinto di quello che ho visto e sentito sulla mia mano.

- Ragazzo mio, sono solo piccoli spasmi involontari del corpo. Purtroppo non certificano che la paziente Kurata si sveglierà o meno.

Chiudo la porta della stanza e mi rimetto seduto sulla sedia di poco prima, avvilito come mai prima d’ora. Una minima speranza aveva fatto breccia in me fino a pochi minuti fa, una piccola speranza dopo tutti questi anni.

- MI SPIEGHI PERCHÉ? PERCHÉ NON VUOI SVEGLIARTI? COSA TI COSTA? 

Urlo fuori di me davanti a quella ragazza distesa su quel letto, subito dopo mi rendo conto della sciocchezza che ho appena commesso. Mi poggio una mano sulla fronte, rimettendomi seduto sulla sedia, non so più cosa pensare.

- So di non essere la persona migliore del mondo, però ti prego svegliati. Fallo per tutte quelle persone che tengono ancora a te.

Quella frase, detta come un sussurro, è la cosa più vera e sincera detta in quest’ultimi anni. Lei è speciale, lei non merita tutto questo.

Dopo un pò la stanchezza di tutte quelle emozioni prende il sopravvento su di me e mi addormento sulla sedia, posta accanto al lettino di quella ragazzina.

 

Vario tempo dopo, sembrano trascorse ore, mi sento toccare la testa da una mano molto piccola e ossuta. 

Alzo il viso iniziando a stropicciarmi gli occhi, mi sento ancora stanco morto.

La visione che segue subito dopo il mio sguardo, mi sembra un sogno ad occhi aperti: Sana è lì, a pochi centimetri da me che mi fissa con un sorriso tra l’incerto e il confuso.

- Mi dispiace averti svegliato, ma non riesco proprio a capire perché mi ritrovo qui...anzi, in realtà non mi ricordo tante cose.

- Tu...

- Io...

- Sei sveglia.

- Sono sveglia.

Risponde lei, ovviamente confusa dalle parole insensate che sto dicendo.

- Ti dispiace se rimandiamo a dopo questo gioco?

Mi incalza lei non smettendo di sorridere, credo per la mia espressione alquanto sbalordita.

- Si..cioè no...aspetta qui.

- E chi si muove.

Risponde, indicando tutti i tubi che si ritrova attaccati al corpo e non smettendo di avere un espressione sorridente.

Mi alzo lentamente, sono confuso come non mai prima d’ora. Per fortuna riesco a biascicarmi fino all’uscio della porta della stanza dove si trova Sana.

- Infermiera.

La richiamo con un filo di voce. 

- Dimmi pure.

- La signorina Kurata è sveglia.

Lei mi guarda come se stessi dicendo la più grande balla ascoltata nella sua vita. Anche se il suo sguardo è un po’ dubbioso, come a dire “Scusami, prima per uno spasmo mi chiami come se si fosse svegliata e adesso, mi stai comunicando la notizia con così tanta leggerezza?”

Non convinta della mia affermazione entra nella stanza e si ritrova di fronte una Sana sorridente, che la saluta con la manina.

- Ma salve! Potrei sapere perché sono qui?

- Non ci posso credere...

- Si figuri io, non ricordo neanche chi sono a tratti.

Quella battuta detta con così tanta leggerezza, mi fa sperare che il suo buon umore non è sparito nonostante il coma.

- DOTTOREEEEEEE!

Urla alla fine sconcertata l’infermiera; neanche lei se lo sarebbe mai aspettato, dopo tutto questo tempo, che Sana si svegliasse.

- E tu chi sei?

A quella domanda mi giro di scatto nella sua direzione, mi guarda con occhi ammirevoli e contenti come se la mia risposta contasse più di ogni altra cosa. In tutta la mia vita, nessuno mi ha mai osservato con così tanta, e pura, felicità.

- Hayama Akito.

- Hayama...mhm...e chi saresti per me?

Già, io chi ero? Non posso dirle come stanno le cose e ne, tantomeno, posso dirle che è colpa mia se lei si ritrova qui. 

- Diciamo un amico.

Rimanere sul vago mi sembra un opzione molto azzeccata e lei, d’altra parte, sembra crederci, notando il suo sguardo rasserenato.

- Almeno avevo buon gusto in fatto di amicizie.

Ridacchia per la sua stessa battuta.

- E vediamo un pò, perché io mi ritrovo qui?

Perché deve essere così curiosa? Mi pone domande a cui è difficile trovare una risposta convincente sul momento e poi non posso evitare di dirle la verità, ma non posso neanche ometterla.

Il dottore che entra di corsa nella stanza, mi procede nel dover trovare una risposta esauriente ad una domanda, fin troppo scomoda.

- Bene signorina Kurata, innanzitutto ben svegliata, ora vedremo un pò come si sente. Abbiamo già avvisato i suoi familiari, i quali saranno qui a breve.

- Io andrei.

Prendo lo zaino della scuola di fretta e apro la porta per andarmene, sotto gli occhi di tutti i presenti in quella stanza.

- Hayama aspetta...

I suoi occhi color nocciola mi bloccano a guardarla, come se non ci fosse cosa più bella al mondo da osservare.

- Verrai a farmi visita ancora?

- Tutti i giorni.

- Allora a domani e grazie.

Ancora una volta, nessuno mi aveva rivolto un sorriso così sincero.

Appena uscito dall’ospedale, mi accascio sul muretto dell’edificio. 

Cosa mi sta succedendo? Non mi sono mai sentito così in tutta la mia vita, come se avessi qualcosa dentro di me che sta per esplodere solo alla vista di quello stupido sorriso.

 

Innanzitutto buon pomeriggio a tutti/e!

Io sono FioreAStella, una nuovissima utente di questo fandom ma, nonostante ho registrato il mio account da poco, non della stessa piattaforma di efp.

Diciamo che ho spesso letto fanfiction su questa piattaforma, di lettura/scrittura, da esterna e sono rimasta sempre ammirata dalle storie scritte qui sopra; e non parlo solo delle tematiche esposte (tra l’altro di un’originalità introvabile il più delle volte). Ma anche della stessa pulizia grammaticale, della punteggiatura, del filo logico di idee che segue la storia e così via. A tal riguardo, vi prego di essere clementi con i miei inguardabili errori 🙈, ma sono ben accettate critiche costruttive per migliorare! :)

Ci tenevo ad inaugurare il mio account proprio su questo fandom, perché per me l’anime di Kodocha ha rappresentato una grande “guida” durante la mia infanzia. 

Spero di fare un buon lavoro con questa storia e, sopratutto, di non far vergognare gli/le scrittori/scrittrici più esperti/e di questa sezione sopratutto ahahahah

Giuro che cercherò di impegnarmi e essere brava il più possibile <3

- FioreAStella

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rossana/Kodocha / Vai alla pagina dell'autore: FioreAStella