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Autore: mgrandier    07/07/2020    10 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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6 - … contatto
 
(Un pomeriggio, fine maggio)
 
La porta d’ingresso si chiuse dietro le spalle di Genzo e Yuki, che era seduta al tavolo nel soggiorno, con il capo chino su un quaderno di appunti, riuscì appena a vederlo scomparire nel disimpegno.
- Ciao, Yuki. – la salutò a voce alta, ancora nascosto dalla sua vista e, quando lo vide riemergere, si era già tolto scarpe e giacca e si muoveva a passi lenti verso l’angolo cottura.
- Ciao, Genzo. – si affrettò a rispondergli, continuando ad osservarlo, mentre lui si prendeva un bicchiere e si versava dell’acqua, per poi venire a raggiungerla al tavolo. Si sedette, lasciandosi praticamente cadere sulla sedia e sbuffando sonoramente; Yuki puntò un gomito sul tavolo, sollevando un mano e facendo vibrare rapidamente la sua matita tra indice e medio – Tutto bene? Sembri strano … -
Genzo sollevò le spalle, con una smorfia indecisa sul volto.
– Mi stanno massacrando. – esordì, indicando con un cenno del capo il grande orologio appeso alla parete del soggiorno, che segnava già le 19 passate - Il mister ha riservato un programma di allenamento specifico per noi portieri e … devo farci l’abitudine, evidentemente. –
Yuki posò la matita, sinceramente interessata, usandola come segna libro e chiudendo il quaderno; si rese conto del fatto che ormai da alcuni giorni Genzo rientrasse piuttosto tardi dagli allenamenti e che in molte occasioni le fosse parso particolarmente provato dalla giornata; ripose i libri uno sull’altro in una pila ordinata, spingendola con un braccio fino al limite del tavolo, per poi sollevare il palmo e poggiarci il mento.
– Sai che è molto importante che, per ogni ruolo, venga seguito un tipo di allenamento calibrato sulle necessità del singolo? Se i tuoi allenatori lo fanno, è segno di grande attenzione e professionalità … - lo informò, ripescando quelle informazioni tra i temi più interessanti che aveva affrontato nei corsi recenti.
Genzo svuotò il bicchiere e lo posò sul tavolo, mentre annuiva lento – Ne sono consapevole. Solo che la rimodulazione degli allenamenti di solito avviene molto più lentamente e ci dà modo di abituarci al nuovo carico di lavoro. In questi giorni, al contrario, sembravano tutti presi dal sacro fuoco dell’allenamento a terra, con ripetizione infinita di una serie di movimenti inusuali. – concluse quasi imbronciato e Yuki non riuscì a trattenersi dal sorridere.
- E non ti sei nemmeno lamentato? – lo provocò, ricevendo in risposta un’occhiataccia di traverso – Allora va bene così: stai migliorando! – lo canzonò, sollevandosi dalla sedia e aggirando il tavolo – Comunque, allenato come sei, dovrebbe bastarti un poco di riposo, per riprenderti; inoltre, ci sarà certamente una valida motivazione alla base della rimodulazione degli allenamenti. – osservò poi, prima di dirigersi verso l’angolo cottura - Dai, mettiti comodo sul divano mentre io preparo la cena. –
Genzo non tentò nemmeno di proporsi come cuoco, ma obbedì il più velocemente possibile, cioè quasi trascinandosi, e si sistemò di traverso sul divano dichiarando – Mi affido alla tua cucina, questa sera: hai carta bianca. Io aspetterò qui pazientemente. Senza muovere un solo muscolo, naturalmente. -
 
Dopo aver cercato di fare del proprio meglio, collaborando con Yuki nella sistemazione necessaria dopo cena, Genzo tornò ad affondare tra i cuscini del divano, afferrando il telecomando e iniziando a far scorrere i menù, alla ricerca di un buon programma per la serata; lei, rimasta ferma con il fianco poggiato al piano cottura, lo osservò per qualche minuto, riflettendo sul da farsi.
Aveva prestato attenzione al suo modo di muoversi, da quando era rientrato, e aveva notato la sua postura innaturale, durante la cena; di solito Genzo sedeva in modo molto composto, con la schiena dritta di chi ha muscolatura forte e allenata ed è abituato a tenere una buona postura, ma quella sera lo aveva visto in difficoltà, in continua ricerca di una posizione che gli risultasse comoda. Ripensandoci, notò che veramente quello strano atteggiamento non era del tutto nuovo, ma perdurava da alcuni giorni. Era certa che la sua non fosse una scusa: anche in quel momento, abbandonato sul divano, non sembrava a proprio agio e anzi, pareva soffrire pure l’abbraccio morbido dei cuscini. Sapeva anche che in passato lui avesse già subito degli incidenti piuttosto seri; ma era consapevole che un infortunio per uno sportivo rappresentasse qualcosa di ben diverso, rispetto ad un problema di quelli nominalmente trascurabili, ma che impediscono di giocare al meglio. Lo vide cambiare di nuovo posizione, muovendo un po’ le spalle, riconoscendo il tormento tipico di chi soffre per un problema muscolare alla schiena, e allora si decise a fare quello che non aveva avuto il coraggio di proporgli, prima di allora.
Aveva temuto di essere invadente, di esporsi in qualcosa che lui avrebbe potuto reputare inutile, o addirittura di risultare esibizionista. Eppure, in quel frangente, era certa di potergli essere di aiuto, in qualche modo, e aveva sentito il bisogno, quasi l’obbligo morale, di superare ogni reticenza, e di farsi avanti.
Così, facendosi coraggio, si mosse verso il divano, sistemandosi accanto a lui.
- Genzo? – lo chiamò, piano, aspettando che lui distogliesse lo sguardo dalla televisione, dove, a quanto poteva constatare, non era ancora riuscito a concentrarsi nella scelta di un buon film per la serata.
- Genzo, posso parlarti di una cosa? –
Lui abbandonò l’impresa, volgendosi verso di lei, incuriosito dal suo tono guardingo, trattenendo il telecomando tra le dita, ancora puntato verso il televisore – Dimmi. –
Yuki unì i palmi delle mani, iniziando a sfregarli uno contro l’altro.
– Senti … io forse posso aiutarti. – esordì – Con la schiena, intendo. –
Lo vide istintivamente spegnere la televisione e posare il telecomando accanto a sé, per poi fissarla serio – Di qualunque cosa si tratti, ci sto. –
Lesse una sorta di urgenza, nella sua reazione e comprese il suo desiderio di liberarsi di un fastidio al quale, evidentemente, non era per niente avvezzo; prese un profondo respiro e cercò di spiegargli la sua idea.
– Dunque, per quanto ne so, il tuo ruolo in campo sollecita particolarmente la schiena e le spalle. – cominciò – Perciò, in teoria, tu sei già allenato e sicuramente la tua muscolatura è … -
- Dimmi cosa puoi fare. – la interruppe allora Genzo, deciso – E facciamolo subito. Adesso. Mi fido ciecamente. –
Annuì, comprendendo la sua reazione e anche gratificata dalla sua affermazione; decise di andare al dunque – Posso farti un massaggio mirato a rilassare la muscolatura, se vuoi. So che avrete i vostri massaggiatori e che già magari ti hanno … -
Lui scosse il capo, negando deciso – Al massimo si occupano delle gambe. – la informò, sottolineando quanto detto con un gesto vago della mano.
- Ah. – commentò sorpresa, recuperando un altro briciolo di sicurezza – Allora … allora sono certa che ti sarà utile. E ti prometto che non farò danni … perché so che un fisico sportivo è delicato, da trattare … -
- Cosa devo fare? Dove mi metto? – chiese allora lui, con una sempre più evidente premura.
Lei gli sorrise, divertita dalla reazione di Genzo – Allora, anche se l’hai già fatta, mettiti per qualche minuto sotto la doccia, facendo scorrere l’acqua calda sulla schiena. Io nel frattempo preparo quello che mi serve. –
 
- E adesso? – chiese Genzo affacciandosi sul soggiorno, dopo alcuni minuti, con i capelli ancora bagnati.
- Io ti farei mettere sul letto: così posso girarti attorno … – gli suggerì; immediatamente lo vide scomparire di nuovo, diretto alla propria camera, e lei lo seguì trattenendo tra le mani alcuni prodotti che le sarebbero stati utili insieme al cellulare.
Entrando in camera, si rese conto di quanto poco conoscesse quell’ambiente della casa; nonostante fosse ospite di Genzo da oltre quattro mesi ormai, aveva sempre rispettato i suoi spazi e aveva varcato la soglia della sua stanza molto raramente e solo in sua assenza, per lasciargli la biancheria ritirata dalla lavanderia o per chiudere le finestre, quando la pioggia rischiava di arrivare all’interno della stanza.
Lui la attendeva paziente seduto sul grande letto, dandole le spalle, e lei lo superò per depositare sullo scrittoio quello che si era portata.
- Puoi spogliarti. – gli disse; e intuendo il moto istintivo delle sue sopracciglia scure si affrettò a precisare – Cioè, togli la maglia … e mettiti steso con la testa sul fondo del letto, pancia in sotto. –
Distolse lo sguardo da lui, tornando a concentrarsi sugli oli che aveva portato con sé, mentre lo sentiva sfilarsi la maglia e lasciava che lui si sistemasse sul letto; armeggiò con il cellulare, scorrendo tra le playlist per scegliere la musica più adatta, e solo quando, con la coda dell’occhio, lo vide disteso, proprio come gli aveva detto di fare, versò su un palmo una abbondante dose di olio, prendendo a sfregare le mani tra loro, perché si scaldassero a dovere, diffondendo nella stanza un forte profumo balsamico.
- Posso mettere un po’ di musica, come sottofondo? – gli chiese chinandosi appena su di lui - Mi aiuta a rilassarmi e a concentrarmi su quello che faccio … - e Genzo annuì in silenzio, piegando le braccia per portare le mani al di sotto del capo. Yuki si sporse appena per far avviare la musica e il soffio leggero dei violloncelli si levò nell’aria.
2Cellos. – gli spiegò sottovoce – Solo le tracce adatte, naturalmente. –
Scorse un movimento appena accennato del suo capo scuro e lo vide chiudere gli occhi e consegnarsi a lei.
Solo allora, Yuki trasse un profondo respiro e si inginocchiò ai piedi del letto, permettendosi finalmente di dedicarsi a lui.
 
In principio, posò i palmi aperti sulle sue spalle e a quel primo contatto, avvertì distintamente il respiro di Genzo interrompersi per un istante. Il primo tocco, lo sapeva bene, era sempre importante, come il primo passo di un percorso che si sa delicato, come un primo bacio; così restò immobile, lasciando che lui si abituasse alle sue mani e solo dopo qualche istante, quando riconobbe il suo respiro tornare il soffio tranquillo che era stato, iniziò a muoversi. Fece scivolare lenta i palmi lungo tutta la lunghezza della sua schiena, sporgendosi sopra di lui e distendendo le braccia, fino quasi a sfiorare la cintola dei suoi pantaloni sportivi, e poi sollevò i palmi, ripetendo lo stesso movimento, dalle spalle alla cintola, attenta a leggere il suo respiro e ogni movimento sotto pelle. Era tranquillo, ma i muscoli parevano tesi, e allora tornò a ripetere quel movimento più volte, sentendo scivolare sotto le dita la pelle liscia e perfetta, intuendo la sua struttura forte e tonica, seguendone la forma precisa, e vincendo, passaggio dopo passaggio, la leggera resistenza dell’indolenzimento. Riconoscendolo più disteso, all’ennesimo movimento, giunta alla cintola, non sollevò i palmi, ma tracciò due archi, scendendo un poco sui lati del torace, per risalire lenta fino alle spalle con un tocco più leggero, e poi tornare, decisa, a scendere lungo la schiena. Si mosse ancora, in una ripetizione di movimenti che disegnavano sulla sua schiena una sorta di coppia di ali, evolvendo ogni volta in un tratto più ampio, ma sempre intenso, mentre il profumo pungente dell’olio si colorava della nota calda di quello della sua pelle.
Insieme alla musica, soffice ma coinvolgente, riusciva a ascoltare il suo respiro, profondo e cadenzato, e allora lei continuò seguendo il suo ritmo, aumentando l’intensità del proprio tocco, mentre sotto le dita avvertiva la tensione sciogliersi istante dopo istante; si mosse un poco più veloce, sicura di averlo legato al proprio incedere e a quel punto, all’ennesimo discendere lungo la sua schiena, interruppe il contatto con i palmi, per poi risalire rapida ai lati della colonna vertebrale con un incalzante tamburellare dei polpastrelli. Sorrise tra sé, avvertendo il suo respiro perdere per un istante il ritmo e tornò alle sue spalle, premendo un poco con i pollici e disegnando dei cerchi sulla sua pelle per poi riprendere quel gioco leggero con le dita, fino a tornare ad arrestarsi sulle sue scapole ampie.
Lo spiazzò un poco, afferrandogli un polso e sfilando lentamente la mano da sotto il suo capo, per accompagnare il suo braccio a distendersi lungo il corpo, e poi sistemarlo con il gomito piegato, sollevato dalla coperta morbida; non avvertì però alcuna resistenza e comprese quanto Genzo si fosse abbandonato al suo tocco, soddisfatta, ma anche sorpresa nello scoprire quanto fosse stato semplice stabilire un contatto diretto con lui. Allora, tornò con il palmo alla sua scapola, disegnandone i contorni e insinuando le dita fin sotto ad essa, sollevandola un poco e accompagnandone ogni movimento, con una naturalezza assoluta, fino a ripercorrerla a ritroso, accomodandola con una sorta di carezza. Ripeté il movimento con l’altro braccio e si dedicò all’altra scapola, ritrovando la stessa precisione e solidità in ogni singolo gesto nel quale accompagnava quel corpo perfetto. Osservò il torace gonfiarsi lento e seguì il soffio che lo svuotava; si accorse di aver accompagnato quei movimenti con il suo stesso respiro, in una perfetta sintonia … e riallacciò i movimenti anche allo scivolare armonioso della melodia, velluto tra le note e sotto le dita, tornando a dedicarsi a quei passaggi lunghi e lenti con i quali aveva iniziato il suo percorso, riprendendo a muoversi dalle spalle fino alla vita una, due, tre volte, e poi ancora … fino ad arrestare il moto delle mani sul filo della cintola. Rimase immobile per qualche istante, il respiro trattenuto da entrambi, e poi infilò decisa i pollici al di sotto della coulisse, spingendola per qualche centimetro, fino a scoprire i fianchi, per poter proseguire con il suo tocco e sciogliere ancora la tensione del suo corpo in un movimento ancora più ampio e completo, che ripeté più volte,  perseverando dove intuiva resistenza e mettendo tutta se stessa, nell’inseguire quel benessere che pareva lì, nascosto sotto un lembo di pelle, e arrivando a posare l’intero avambraccio sulla sua schiena, per poter insistere meglio su di lui, con un contatto ampio, dal polso al gomito, fino alla sua cresta iliaca; ripeté lo stesso gesto per alcuni, lunghissimi, secondi, e poi tornò a posare i palmi aperti alla base della sua schiena, risalendo fino alle spalle, mentre i polpastrelli lasciavano tocchi leggeri sulla pelle.
Si fermò d’istinto quando sotto le dita avvertì un tremore, un brivido profondo che percorse il corpo di Genzo da capo a fondo, increspandogli la pelle. Si sollevò da lui e si accorse che la musica era ormai terminata e che a rendere densa l’atmosfera di quel momento erano stati loro e loro soltanto. Si chiese da quanto tempo lo stesse massaggiando … e cercò di governare il proprio respiro, e di ristabilire un contatto con lui, tornando a posare delicatamente i palmi sulle sue spalle.
- Come va? – gli chiese a voce appena udibile, chinandosi su di lui fino a sfiorare con le labbra i suoi capelli umidi e profumati.
Ebbe in risposta solo un flebile – Mh … - accompagnato da un lungo sospiro, mentre lui iniziava a sollevare le spalle, quasi dovesse imparare di nuovo a muoversi da solo.
- Ti va di girarti supino? – gli chiese poi, ma la risposta la colse di sorpresa.
Genzo spalancò gli occhi, per poi muoversi, sollevandosi sui gomiti, guardandola quasi smarrito.
- Su! Se riesci a girarti, e la schiena non ti provoca fastidio, finisco con un po’ di rilassamento del collo … - gli propose.
- No. – la fermò stranamente perentorio – No. Non … -
- Senti dolore? – si preoccupò allora Yuki – Vuoi che ti aiuti io? –
Lo sguardo di Genzo si fece ancora più sconvolto, mentre scuoteva rapido il capo, nascondendo il volto tra i palmi – Yuki ti prego … non sto male … è che … -
Lei aggrottò la fronte, in difficoltà, e lui cercò di spiegarsi come poté – E’ che … se mi giro adesso, non avrò il coraggi di guardarti in faccia per il resto della mia vita. -
 
 
Aveva compreso subito, Yuki, e si era prodigata per tranquillizzarlo, minimizzando la cosa e rassicurandolo del fatto che avrebbe colto l’occasione per riposarsi un attimo e bere un bicchiere di acqua, mentre lui recuperava e tornava a rilassarsi. Ma poi praticamente si era rifugiata in soggiorno, nascondendo il volto con i palmi, cercando di governare il fiato spezzato.
Sì, era vero quello che aveva lasciato intendere a Genzo per farlo distendere e toglierlo dall’imbarazzo; che poteva accadere che il benessere del massaggio arrivasse a pungere il corpo di un uomo anche sotto quel profilo più intimo e che non aveva nulla da rimproverarsi o di cui vergognarsi … Quello che non aveva avuto il coraggio di confidargli era il fatto che la sua esperienza in merito fosse del tutto teorica e che comprendeva anche la consapevolezza che la cosa non fosse poi così frequente come gli aveva fatto credere. Insomma, il massaggio sta tutto nel contatto tra due persone, nel modo in cui chi massaggia si mette in gioco e chi viene massaggiato permette all’altro varcare il limite del contatto di pelle … e nel loro caso lei si era resa conto immediatamente di quanto Genzo le si fosse affidato, ma anche di quanto fosse stato semplice arrivargli dentro, sentirlo quasi come fosse una parte di sé per passargli attraverso la pelle molto più dell’energia messa nei movimenti compiuti sulla sua schiena. Nell’istante stesso in cui aveva posato le mani su di lui, nella sottile barriera che ancora esisteva tra loro si era aperta una falla che ad ogni movimento si era fatta più critica … fino a che la barriera era crollata del tutto, sotto la scossa di quel brivido che aveva attraversato Genzo da cima a fondo.
Si portò un pugno chiuso alla fronte, sconsolata, realizzando che in quel momento, superato l’impasse iniziale, l’unico vero timore era quello di aver rovinato tutto. Un tutto che non sapeva esattamente cosa fosse e a cui non era ancora riuscita a dare un perimetro preciso, ma a cui, ammise, era legata a doppio filo, che le pareva necessario come null’altro al mondo.
Si versò dell’acqua e svuotò il bicchiere tutto d’un fiato, cercando ristoro nei sorsi freddi che, scendendo nel petto, ebbero l’effetto di farla riemergere dal suo stato, obbligandola a respirare profondamente. Puntò le mani sul bordo del ripiano e chinò il capo, continuando a inspirare e espirare lentamente. Avrebbe dovuto tornare da lui, ma come avrebbe fatto a …?
- Yuki? – la sua voce la fece sussultare; lo cercò con lo sguardo e lo trovò in piedi, fermo sulla soglia del soggiorno, con un sorriso mesto – Ti va di tornare di là? –
Le fu sufficiente vederlo, per accantonare ogni dubbio, perché nei suoi occhi riuscì a leggere chiaramente quanto lui sentisse ancora quell’assurdo senso di colpa, ma anche quanto desiderasse, proprio come lei, che quanto accaduto non rovinasse il loro fragile tutto, quell’equilibrio perfetto che avevano raggiunto attraverso la naturalezza di una vicinanza senza ombre.
A dorso nudo, con i pantaloni un poco bassi sulla vita e i piedi scalzi, le si stava mostrando per quello che era, semplicemente il Genzo senza difese che fin dal suo arrivo non le si era mai nascosto e che giorno dopo giorno le aveva permesso di entrare nella sua vita, conoscendolo per davvero.
Si sorprese, allora, dei dubbi che le avevano attanagliato l’animo, quasi avesse potuto perdere fiducia in lui o nel suo modo di essere, perché anche l’imbarazzo che inizialmente le aveva impedito di osservarlo davvero, quando si era sistemato sul letto, a quel punto era scemato, lasciando solo una scia di assoluta confidenza e il desiderio sincero di tornare a potergli stare vicino, senza provare nessun impaccio.
- Arrivo. – gli rispose sicura, prima di muoversi verso di lui.
 
Genzo si era già disteso sul letto, supino, e sembrava intento a scrutare il soffitto e le sue invisibili imperfezioni; quando Yuki si sistemò al proprio posto, lo fece lentamente, sporgendosi un poco sopra di lui per affacciarsi nel suo campo visivo e cercare i suoi occhi con i propri.
Restarono per un poco in silenzio, i respiri immediatamente all’unisono e gli sguardi legati in un tacito sorriso nascosto.
Quando lei posò le mani già calde sulle sue spalle, ai lati del collo, lui chiuse gli occhi, lasciandosi condurre di nuovo e Yuki gli fu grata di questa fiducia incondizionata; mosse appena le dita, seguendo il profilo delle clavicole, per poi fermarsi, mentre con i pollici risaliva il suo collo, fino alla nuca, ripetendo lo stesso percorso e tracciando tra la base del collo e l’attaccatura dei capelli dei moti circolari, arrivando fino dietro alle orecchie e poi tornando a scendere con gesti sempre più ampi e sicuri. Quando avvertì la sua muscolatura sciogliere la tensione, infilò la mano destra sotto il suo collo, affondando le dita tra i suoi capelli morbidi e accompagnando piano il movimento del capo verso la spalla destra e assecondando il moto che naturalmente lui riusciva a compiere, senza forzare. Lo trattenne con delicatezza, per poi sollevarlo e sostituire la mano sinistra alla destra, ripetendo lo stesso movimento, ma dalla parte opposta.
Pur concentrata sui suoi muscoli e attenta a non forzare nessun movimento, poteva facilmente osservare il suo volto e leggere ogni sua sensazione, accorgendosi di non aver mai avuto occasione di soffermarsi troppo sui suoi lineamenti e scoprendo un mosaico di dettagli in quel viso disteso. Notò le sue sopracciglia scure, folte e definite, gli occhi dal taglio perfetto e le ciglia setose e sottili; il naso dritto, dal ponte pronunciato, scendeva regolare verso le labbra dalle proporzioni che le parvero perfette. Muovendo ancora le dita sul suo collo fissò l’attenzione sulla forma del viso, squadrato e armonioso, e quando tornò a fargli flettere il capo da un lato, le fu chiara come la linea della mascella disegnasse uno spigolo regolare fino al mento. Tornando a far scivolare i palmi sulle spalle, in movimenti decisi che si spostavano dal collo aprendosi verso le articolazioni, le fu chiaro cosa, nell’insieme che stava osservando, riusciva più di ogni altro dettaglio a catturare la sua attenzione: il volto di Genzo era incredibilmente simmetrico e armonioso, i suoi tratti marcatamente maschili erano sorprendenti nel formare un insieme senza note dissonanti, senza quelle peculiarità che spesso, in un viso, finivano per concentrare l’attenzione in un unico dettaglio. In lui il complesso dei dettagli regolari, al contrario, si scioglieva in un volto espressivo e forte, dove ogni sfumatura dello sguardo diventava capace di accentrare su di sé tutta l’attenzione.
Curiosa e non vista, si concesse di guardare oltre la linea delle clavicole, mentre il torace liscio si gonfiava in un respiro lento, dove di nuovo fu la perfezione del suo corpo allenato a sorprenderla. Tese le labbra, nascondendo un sorriso, scoprendosi così interessata al corpo di Genzo, ammettendo di averlo immaginato, qualche volta, intuendone le proporzioni al di sotto delle camicie che spesso indossava, e impedendosi, un poco imbarazzata, di indugiare oltre.
Si mosse ancora un poco distendendo le sue spalle, per poi riportare le mani dietro la sua nuca, in una leggera carezza tra i capelli e quindi lungo il profilo della mascella, dove fermò le dita, poggiando i palmi.
Si chinò su di lui, fino quasi a sfiorare la sua guancia con la propria, per sussurrargli – Io ho terminato … ma ti consiglio di non alzarti subito: prenditi un po’ di tempo, perché potrebbe girarti un po’ la testa. –
Intuì appena il movimento del capo, un annuire lento come i respiri che stava prendendo in quel frangente, rilassato come era giusto che fosse.
Yuki mosse piano le mani, in una carezza in punta di dita che scivolò di nuovo lungo le spalle e poi a percorrere le clavicole, mentre accennava ad alzarsi da terra, per lasciare che lui potesse poi sollevarsi dal letto. Non riuscì però a spostarsi del tutto da terra, perché con un gesto inaspettato, Genzo mosse il braccio, chiudendo le proprie dita sul suo polso e portando la mano di Yuki sul proprio petto. Lì, dove lei riusciva a sentire distintamente il ritmo vivace del battito del suo cuore, le dita di Yuki si schiusero involontariamente, posandosi sulla pelle, quasi a cercare di catturare quel tocco istintivo e segreto.
- Grazie. – Mormorò Genzo, muovendo appena le labbra, restando ad occhi chiusi, mentre le sue dita le liberavano polso, permettendole di allontanarsi da lui.



Angolo dell'autrice: spero di avervi passato questa scena così come l'ho vista io e come mi ha torturata per giorni. Tanto per farvi capire il livello di rimbambimento, ho persino consultato una mia cara amica (fisioterapista di professione) facendomi raccontare da lei come avrebbe massaggiato uno sportivo, e in particolare un portiere. Così sono usciti i problemi specifici di questo ruolo e anche i dettagli vari... compreso il fatto che quando che il massaggio può rappresentare davvero un momento forte per entrambi, massaggiatore e massaggiato. Insomma... come potevo fare finta di niente?!
Comunque, vi anticipo che sono in vacanza e il tempo da dedicare alla sittura non è molto, perciò non garantisco la pubblicazione della prossima settimana. Spero che questo capitolo vi tenga impegnati a lungo!
A presto
mgrandier

PS: C'è stato un problema in prima pubblicazione, che spero ora sia risolto... chiedo scusa a chi avesse trovato il capitolo ripetuto due volte e ringrazio per la segnalazione.
A presto
  
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