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Autore: InstantDayDream    14/08/2009    1 recensioni
Cosa potrebbe accadere se due amici babbani, in tour itinerante dell'Inghilterra, fossero costretti ad essere ospitati in casa Weasley per un guasto alla macchina? Nonostante la minaccia di Voldemort sia sparita quella dei gemelli Weasley è ancora vivissima e non solo...
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a ThEo
Perchè l'idea per questa fic mi è venuta in mente ripensando ad una nostra conversazione su skype
e per altri motivi che lui sa.

Si, in questa storia ho fatto finta che non fosse morto Fred, perchè avrei voluto potermi immaginare i fratelli Weasley assieme per sempre
Capitolo uno
Over the hills and far away


Era una giornata splendida per i canoni inglesi. Il sole brillava in un cielo terso, indisturbato dalle nubi, che apparivano solo a tratti, come pennellate casuali di un pittore impressionista, nel blu limpido che sovrastava i verdi prati della campagna britannica. Una leggera brezza smuoveva i fili d’erba, facendoli ondeggiare dolcemente e, al tempo stesso, impedendo ai raggi di luce di recare troppo fastidio, riscaldando l’aria. Lì, nel mezzo del nulla, abbastanza lontani da un qualsivoglia centro abitato, tutto era perfetto e tranquillo. Le piccole stradine a sterro giacevano calme, senza cedere un briciolo della loro polvere a causa del passaggio di qualche occasionale passante. Ma bastava spostare di poco lo sguardo e la situazione, inevitabilmente, mutava.
«Il serbatoio era pieno eh? Se lo era mi spieghi come siamo finiti in questa situazione?» urlava una voce femminile, disturbando la quiete pomeridiana degli animali.
«Beh, sei tu che sei voluta passare per le stradine a sterro, o sbaglio?» replicò una voce maschile, in tono leggermente più pacato.
«Io? Ma se sei stato tu a dirmi di selezionare l’opzione “strada più breve” sul navigatore!»
«Beh ma io avevo detto di non venire in vacanza in Inghilterra…tu eri quella che sapeva l’inglese no?»
«Io so l’inglese! Ma non vedo come questo possa servirci se non c’è un’anima viva a cui chiedere informazioni!»
Il battibecco tra i due continuava ormai da svariato tempo, più o meno da 7km prima, dove la macchina li aveva abbandonati. Che fosse stato un guasto o che il serbatoio fosse davvero mezzo vuoto, il risultato non cambiava poi molto: loro due erano rimasti a piedi e non sapevano dove andare per ritrovare la civiltà. Come se non bastasse, inoltre, i loro telefoni avevano deciso di scaricarsi, dopo aver passato svariate ore a cercare un minio di linea nel mezzo della più incontaminata campagna inglese.
«Idea!» esclamò ad un tratto la ragazza.
«Mi porti sulle spalle fino alla prima casa che troviamo? Sì sono d’accordo» replicò il ragazzo. Lei lo guardò torvo, prima di riprendere il suo discorso:
«No, ma potremmo usare il navigatore, non credi?» Il ragazzo al suo fianco sospirò e la cosa non era mai un buon segno, almeno nella sua modesta esperienza.
«Sammy…» cominciò, ma fu costretto ad interrompersi, dato il sibilo arrabbiato che fuoriuscì dalle labbra della ragazza.
«Chiamami di nuovo così e ti uccido» disse, gelida.
«Non lo faresti mai!» la canzonò lui.
«Non tentarmi, Andrea, non tentarmi» disse, mentre gli rivolse un’occhiata che voleva dire: “Beh? Questo navigatore?”
«È in macchina» rispose Andrea, mentre Samantha lo fulminava con lo sguardo « e poi cosa avresti voluto scrivere come coordinata? Posto abitato più vicino?» continuò lui, evitando di farle notare che avrebbe potuto benissimo prenderlo lei il navigatore, giusto per non fomentare ulteriormente il battibecco.
Continuarono a camminare sotto il sole, togliendosi via via strati di roba, finchè non rimasero entrambi in maglietta a mezze maniche. Avanzarono imperterriti, finchè la stanchezza non ebbe la meglio e non crollarono all’inizio di un bosco, protetti dalla frescura degli alberi. Sembravano aver messo da parte ogni rancore, mentre si adagiavano con la schiena al tronco dello stesso, secolare platano. Improvvisamente qualcosa fece girare di scatto Sam: aveva chiaramente udito un sibilo fendere l’aria vicino al suo orecchio, ma, quando si era girata per verificare cosa lo avesse generato, non scorse nulla.
«Siamo già schizzati fino a questo punto Sammy?» commentò Andrea, divertito, senza scomodarsi un minimo dalla sua posizione, che pareva essergli particolarmente comoda.
«Ahah simpatico!» fu la risposta caustica che ricevette, mentre la ragazza continuava a guardarsi attorno, nella speranza di vedere ciò che cercava.
«Smettila, ti stai solo facendo paranoie!» disse lui, dandogli una leggera gomitata nelle costole, che pareva averla convinta a tornare calma, anche se non potè trattenersi dal dare un’ultima occhiata. Le parve di avvertire un'altra volta quel sibilo, quindi guardò in quella direzione. Non scorse niente, fino all’ultimo minuto, quando vide quella che sembrava essere una sfera di ferro procedere dritta verso la testa dell’amico.
«Attento!» esclamò, buttandolo a terra con molta poca delicatezza, badando a salvergli le penne, piuttosto che a non fargli male. Evitato il bersaglio la sfera scomparve nella vegetazione.
«Ma sei impazzita? Mi hai quasi rotto un labbro!»
«Se è per questo ti ho anche salvato la vita…c’era una specie di palla di ferro che stava venendo dritta verso di te» Andrea sbuffò, era abituato alle stranezze di Samantha, ma a volte esagerava.
«Le palle di ferro non vagano libere per l’aria Sam! Non mi sembra il caso di farsi venire anche le allucinazioni»


Ad ascoltare il battibecco, nascosti dal sottobosco, chini a terra, stavano due ragazzi identici, dalla radice dei capelli rossi alla punta dei piedi; unica minima differenza, che li rendeva riconoscibili, era l’assenza di un orecchio in uno dei due, ma, finchè il foro era coperto dai capelli, nessuno se ne sarebbe accorto. Sui loro volti un’espressione leggermente interessata precedette dei sorissetti che, solitamente, non facevano presagire nulla di buono. D’accordo che erano andati fin lì per recuperare il bolide che gli era sfuggito durante la partita di Quidditch, ma non avevano resistito alla tentazione di modificare un minimo la traiettoria, per far spaventare i due babbani capitati per di lì. Farli litigare, poi, era ancora più divertente.
«Vorrei sapere cosa ci fanno insieme se non si sopportano così» osservò Fred, deviando nuovamente la traiettoria del bolide, con un pigro movimento della bacchetta, facendo sì che questo colpisse il platano proprio sopra le teste dei due, lasciando cadere numerose foglie a terra.
«Magari è solo colpa del bolide…che dici?» osservò Geroge, mentre guardava i babbani cercare la causa di quel rumore a naso all’insù, prima che cominciassero a litigare di nuovo, probabilmente perché la ragazza aveva fatto notare che aveva ragione lei. La scena continuò per svariate volte, finche non colpirono entrambi il bolide nello stesso momento, ottenendo risultati disastrosi per il cambio di rotta. Fortunatamente riuscirono a fermarlo giusto un attimo prima che questo si schiantasse sul naso della ragazza. Fred lo richiamò indietro e George lo prese al volo, abituato com’era, da bravo battitore, quindi, facendo meno rumore possibile, tornarono sulle loro scope verso la radura dove stavano giocando.
«Ce ne avete messo di tempo!» esclamò Ginny, la loro sorella minore, quando li vide tornare.
«Beh, il bolide era andato ad infastidire alcuni babbani…non è stato semplicissimo riprenderlo» rispose prontamente George, che stava ancora tenendo saldamente la palla di ferro sotto il braccio destro, nonostante gli innumerevoli tentativi fatti da questa per liberarsi.
«Non siete stati voi a deviare la traiettoria del bolide, vero?» Osservò un’altra voce di ragazza, leggermente arretrata rispetto a dove erano loro.
«Hermione! Come osi accusarci di una cosa del genere?» Osservò Fred, con una finta espressione scandalizzata che fece sospirare la riccia con aria rassegnata.
«Sapete che vuol dire infrangere lo statuto di segretezza magica?» osservò lei, pignola, non arrendendosi tanto facilmente sulla faccenda e, tra l’altro, contenta di avere un’ottima scusa per non ricominciare la partita.
«Povera Hermione…un tempo ti avremmo ascoltato, sai? Ma ora…» e nel dire questo George scambiò un’occhiata con Fred, facendo così nascere lo stesso identico sorriso sulle loro labbra.
«Cosa intendi dire?» domandò lei, mentre inarcava un sopracciglio in modo minaccioso.
«Beh, ora che esci con Ron cominciamo ad avere dei dubbi sulle tue facoltà mentali» rispose prontamente Fred,facendo diventare la ragazza di un’intensa sfumatura di porpora.
«Se non altro io ho trovato qualcuno che esce con me, voi con tutto il vostro bel parlare siete sempre soli, no?» osservò Ron, rabbioso e con le orecchie rosse, avvicinandosi ai due dalla loro posizione nei pressi della porta.
«Fratellino, un giorno capirai che i due uomini più affascinanti che Hogwarts abbia mai sfornato, hanno così tante donne che….»
«BASTA!» urlò Ginny a pieni polmoni, interrompendo quello che, senza dubbio, sarebbe stata un’ottima apologia di Fred. «Continuiamo a giocare!» esclamò quindi, quando tutti si erano voltati verso di lei, scambiato un sorriso complice con un ragazzo dai capelli neri e gli occhi smeraldo, rimasto in disparte fino a quel momento.
George liberò il bolide da sotto il braccio e la partita riprese tranquillamente.


«Ok andiamocene» disse Sam, scattando in piedi, dopo essere rimasta per cinque minuti buoni a fissare l‘aria innanzi a sé e a tastarsi il naso, come a volersi assicurare che non si fosse rotto per davvero. Andrea, d’accordo con lei, si alzò a sua volta senza dire niente e, recuperata la felpa sulla quale si era seduto, si avviò assieme a lei lungo il sentiero che avevano abbandonato poco prima. Non parlarono affatto per tutto il tragitto, ma sapevano di rimuginare entrambi la stessa cosa. Per quanto sembrasse impossibile, quella palla di ferro, che si muoveva da sola e contro tutte le leggi della gravità, esisteva davvero, non era stata un’allucinazione per la stanchezza. Le ipotesi variavano dalle più plausibili (la palla in realtà era polistirolo dipinto e qualche ragazzino appollaiato sull’albero gli aveva giocato un brutto scherzo), a quelle completamente assurde (Si trattava di una sonda aliena mandata a studiare gli esseri umani), ma, in ogni caso, nessuno dei due riusciva a spiegarsi per davvero lo strano fenomeno che avevano appena visto.
Continuarono a camminare così per un’altra ora abbondante, a giudicare da come si era spostato il sole, sempre stando in silenziò, finchè, improvvisamente, Sam non urlò:
«Una casa! Andre c’è una casa!» Il ragazzo guardò nella direzione indicata dal dito dell’amica e, non troppo lontano da loro, scorse quello che sembrava un ammasso di pietre tenuto su da qualche miracolo.
«Ma sarà disabitata da secoli….» osservò, non senza una vena di pessimismo che, comunque, non bastò ad arginare l’ottimismo dilagante della ragazza.
«O magari dentro c’è chi può darci una mano, no? Provare non ci costa nulla!» esclamò e, senza aspettare repliche, si incamminò in quella direzione. Andrea la seguì di malavoglia, con aria rassegnata e senza la minima speranza di trovare l’aiuto di cui avevano bisogno in quel rudere.
Dopo l’ennesimo quarto d’ora di cammino giunsero di fronte all’abitazione, un cartello su questa recava la scritta “La Tana” e, nonostante pareva piuttosto recente, non bastò a tranquillizzare il ragazzo, che continuò a guardare scettico l’edificio, finchè non sentì una voce provenire dall’interno. Sam lo guardò con aria trionfale, quindi si avvicinò alla porta per bussare.


«George…siamo nei guai» osservò Fred, dal secondo piano della Tana, dove era camera loro.
«Perché?» osservò l’altro, mentre chiudeva la porta alle sue spalle, asciugandosi i capelli, che si era appena lavato, con del vento caldo che usciva dalla punta della bacchetta. Il gemello si allontanò dalla finestra, da cui stava guardando di sotto, e si voltò per poter guardare l’altro.
«Hai presente i babbani con cui ci siamo divertiti oggi? Ecco…hanno appena bussato alla porta e stanno parlando con mamma»
  
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