L’inizio
di tutto
La
prima volta che Hyacinth e
Helios si incontrarono fu il caos. Avevano entrambi sette mesi e
stavano
giocando sul tappeto del centro ricreativo per bambini della
città.
Fu
allora che la piccola e
paffuta mano di Hyacinth si abbatté, forte e rumorosa della
risata della
bambina, sul naso di Helios facendolo scoppiare in un pianto fragoroso
e
insistente, con tanto di singhiozzi e lacrime copiose. Quando il
tappeto si macchiò
di sangue, anche lei si spaventò e scoppiò a
piangere così forte che rigurgitò
il latte.
Le
due madri vennero a recuperare
i propri pargoli e la cameriera del circolo pulì il tappeto
con una spugna imbevuta
di candeggina che rovinò completamente le lettere finali
della marca di
prodotti per bambini ‘Biggest Bangs’ disegnata sul
tessuto.
I
bambini a venire giocarono su
una sbiadita imitazione di un tappetino di prima qualità e,
dopo il fallimento
della ditta, tutti avrebbero pensato a quella ditta ricordandola come
‘Big Bang’.
*
All’asilo,
Miss Liber aveva
diviso i bambini in coppie per far creare loro le decorazioni per lo
spettacolo
di fine anno, e avrebbe potuto essere una bella idea, se non avesse
fatto
l’amara scelta di mettere insieme Helios e Hyacinth nella
realizzazione di
grosse stelle di cartone dorato dal margine ritagliato con il
punteruolo.
“Ho
detto che voglio fare anche
la coda! Come una cometa!” gridò la bambina, con i
ricci scuri che le
schizzavano da tutte le parti, mentre il punteruolo batteva
ritmicamente e
pesantemente sul piano di lavoro. Non stava mai ferma.
“Miss
Liber ha detto senza coda,
solo la stella con le punte” spiegò diligentemente
Helios, spingendosi sul naso
gli occhiali. Lui, invece, era un bambino piuttosto tranquillo.
“La
voglio fare così!”
“Devono
essere uguali.”
“Allora
falla come la mia!”
“No.
Non è giusto.”
Quello
che mandò fuori di testa
la bambina fu il fatto che Helios fosse calmissimo e non facesse quello
che
voleva lei. Ancora non poteva comprendere, ma quella non sarebbe stata
la prima
volta, né tantomeno, l’ultima.
Hyacinth,
tutta rossa in viso per
essere stata contraddetta, lanciò il punteruolo che teneva
in mano al di là del
tavolo, colpendo il bambino sul braccio.
“Ahi!”
esclamò lui,
massaggiandosi il punto colpito. Ma Hyacinth non era soddisfatta: lui
era calmo
e lei no. Si alzò mentre la maestra interveniva per vedere
cosa fosse successo
e andò verso il lavabo, dove Christina, una loro coetanea,
stava riempiendo il
boccale per innaffiare i fiori; lei prese il recipiente con due mani,
tornò
verso il suo tavolo e lo rovesciò in testa a Helios.
Il
bambino gridò e si alzò in
piedi spaventato, girandosi e spingendo la compagna con una manata sul
petto.
L’acqua gli gocciolava dai capelli castani, la maglietta era
zuppa e lui
iniziava a essere veramente arrabbiato.
“Hai
esagerato!” la sgridò Miss
Liber, rossa in viso, e Hyacinth la osservò senza timore.
“Chiedigli scusa” ordinò
la maestra.
La
bambina spalancò gli occhioni
blu, esasperata. “No! Mi ha spinto!”
“Hai
iniziato tu!” gridò allora
il bambino, avvicinandosi e spingendola ancora. Questa volta lei cadde
per
terra perché non era preparata al fatto che lui potesse
essere così forte e
l’umiliazione della caduta le fece inumidire gli occhi.
“Sei
uno stupido!” Hyacinth corse
veloce fuori dalla porta dell’aula ma tutti gli altri bambini
videro che le
lacrime avevano già iniziato a scenderle sulle guance.
La
povera maestra non avrebbe mai
potuto immaginare che i bambini avrebbero usato il punteruolo per fare
altro
oltre a incidere il cartone, così, venne sgridata dalla
preside, ebbe un
esaurimento nervoso e quello fu l’ultimo anno in cui
insegnò.
Dopo
due anni iniziò a scrivere
libri horror ed ebbe un discreto successo nazionale.
***
Al
liceo, H, stufa di farsi chiamare con il nome di un fiore, era
paradossalmente
sbocciata: dall’esile bambina che era, divenne una procace
giovane donna dalla
bocca carnosa e le curve abbondanti, dalla lingua facile e dagli occhi
di
fuoco. E la sua principale occupazione era ancora tentare di
infastidire
Helios.
“Vai,
faccio io da palo” disse
Christina, sulla porta, mentre le lanciava il gessetto. H, spinta dalla
noia e
da una piccola dose di cattiveria, iniziò a disegnare sulla
lavagna del
laboratorio di chimica una caricatura del ragazzo in questione, mentre
l’amica
controllava il corridoio.
Gli
altri compagni entrarono alla
spicciolata e tutti, nessuno escluso, si fermarono a contemplare
l’opera: se
c’era una cosa in cui era brava, e H lo sapeva benissimo, era
il disegno. Nella
sua mano, qualsiasi cosa diventava uno strumento per disegnare: la
punta di un
bastone sulla sabbia, un sasso sul porfido del cortile, un pezzo di
carbone sul
muro dell’aula di chimica.
Un
gessetto su una lavagna
immacolata era una Ferrari in mano al miglior pilota del mondo.
“Arriva!”
esclamò Christina,
correndo verso il banco. Lei scarabocchiò la lettera
‘H’ sotto al disegno e
scappò a sedersi vicino all’amica.
“È bellissimo!” le sussurrò
lei, guardando la
lavagna e battendo la mano aperta contro la sua.
Quando
Helios entrò in classe, al
fianco dei suoi amici, non si accorse subito del disegno. Questo fece
innervosire un po’ H, che si agitò sulla sedia, ma
poi la biondina accanto al
ragazzo, lo chiamò e indicò la lavagna:
“Guarda, He!”
Helios
alzò gli occhi verso la
lavagna e sbiancò quando si riconobbe. Ma quando
guardò la firma, un ghigno si
dipinse sul suo viso. “E chi è
‘Idrogeno’?” chiese, ad alta voce.
H
corrugò la fronte, non capendo
cosa intendesse. “Ma quale idrogeno! È
‘H’!” si smascherò subito.
“H
è il simbolo dell’idrogeno,
Hyacinth, non te l’ha mai detto nessuno? Mai
studiato?” chiese Helios, ironico
e con un sorrisino strafottente.
H
divenne rossa e balbettò. Stava
rigirando la frittata. Lei gli aveva fatto uno scherzo con i fiocchi,
perché
dal suo disegno chiunque avrebbe capito che era proprio lui
quell’omino secco e
nudo, con un pistolino piccolissimo e l’espressione ebete, e
lui stava
riuscendo a prendere in giro lei.
“Io…”
Dannazione! Sapeva sempre
come ribattere, H, sempre. Con chiunque, tranne che con lui.
“Sai,
se lo avessi studiato
sapresti tante cose sull’idrogeno e ti saresti accorta quanto
ti somiglia: è
dappertutto, e non è mai da solo, con
chiunque, ma non da solo” disse, avvicinandosi
verso di lei e poi volgendo
lo sguardo oltre la sua testa. H si voltò e vide un
gruppetto dei giocatori
della squadra di football della scuola: due erano suoi ex, lo sapevano
tutti.
“È
l’elemento più leggero”
continuò, richiamando la sua
attenzione e la ragazza si rigirò verso di lui. Da come
disse ‘leggero’ capì
che intendeva altro, come quando aveva guardato i ragazzi dietro di
lei. “È
incolore, inodore e insapore. Praticamente…” Lo
sguardo del ragazzo, glaciale,
le agganciò gli occhi e poi corse, lentamente, lungo il suo
viso e continuò
percorrendo il suo corpo. Lei non lo ascoltava più, uccisa
dalla sua occhiata.
H
si sentiva nuda. Nuda e
indifesa. Ma lei non lo era. Faceva parte del gruppetto più
tosto dei ragazzi
della scuola, rispondeva ad adulti e insegnanti e, anche se di solito
finiva
dal preside per aver esagerato con i toni, sapeva benissimo come
fregare
chiunque. Chiunque tranne lui, appunto. Abbassò gli occhi.
La stava facendo
sentire una poco di buono e iniziava a sentirsi esattamente come lui
aveva
descritto l’idrogeno: trasparente. E inutile.
“Si
usava per far volare i
dirigibili, ma poi venne sostituito.
Chi sa da cosa è stato
sostituito? È facile, è un gas molto
più interessante, ci gonfiano anche i
palloncini alle feste della squadra di football…”
chiese quindi Helios ad alta
voce, roteando lo sguardo per la stanza.
“Elio!
Dall’elio!” gridò il
ragazzo con cui lui era entrato nell’aula. Tutti applaudirono
e fischiarono:
l’elio era veramente un gas figo, lo sapeva anche H, e lo
conoscevano tutti
perché trasformava la voce. Chi da ubriaco non aveva fatto
lo scemo nel salotto
del capitano della squadra con in mano un palloncino sgonfio?
“Da
te, He!” La ragazza che gli
aveva indicato la lavagna stava applaudendo.
Quando
sentì Christina darle un
colpetto sulla gamba, H si rese conto di avere le lacrime agli occhi. E
che il
ragazzo stava continuando la sua spiegazione. “…E
lo chiamò ‘hidro-gen’ ossia
generatore d’acqua… Come quella che stai per
produrre tu, Hyacinth” concluse
alla fine, guardandola fisso. Quando H capì che intendeva le
sue lacrime, si
alzò di scatto dalla sedia, prese la prima cosa che
trovò sul banco e si
scagliò contro Helios. O He, come avevano iniziato a
chiamarlo gli altri,
intonando il suo nome. Come il simbolo dell’elio, il gas
più figo
dell’idrogeno.
“Attenta!”
la mise in guardia
Christina quando si rese conto che aveva in mano un bruciatore acceso.
Uno dei
ragazzi la fermò e glielo tolse di mano.
“È
un ottimo combustibile, brucia
facilmente…” continuò Helios,
arrogante.
“Stronzo!”
gridò lei tentando di
saltargli addosso. Il ragazzo che l’aveva fermata la
bloccò quando tentò di
colpire a mani nude Helios perché vide entrare il professore
di chimica.
“Dimenticavo…
anche instabile.”
H
si liberò della stretta
dell’amico e corse in bagno quando sentì la prima
lacrima scivolarle sulla
guancia.
Ancora
non poteva saperlo, ma
quell’episodio fu la causa scatenante di tutte le scelte che
iniziò a fare negli
anni a venire.
*
Il
giorno dopo l’incidente nel
laboratorio, H, Christina, Jenny e Fiona erano sedute al Black Dinner
in attesa
di andare alla festa della squadra di football, a casa del capitano
Worrent,
quando videro entrare Helios con una ragazza. Loro rimasero al bancone
e il
ragazzo non si girò mai nella loro direzione. H, che lo
guardava di sottecchi,
capì che non le aveva viste e si preparò una
piccola vendetta.
Quando
le ragazze si alzarono
tutte per andarsene, H disse loro che le avrebbe raggiunte dopo,
direttamente
alla festa. Christina capì cosa volesse fare e, lanciando
un’occhiata al
bancone, annuì uscendo insieme alle altre. H si
avvicinò al bancone, dove si
erano fermati i due, e allungò una banconota vicino al
braccio di Helios,
indicandolo e chiamando il barista con cui aveva confidenza e che
faceva finta
di non riconoscere i documenti falsi. “Joe, tieni, stasera
finalmente questo
ragazzo tromberà e perderà la
verginità. Bisogna offrirgli da bere!”
Diede
una manata di
incoraggiamento sulla spalla di Helios e lui si accorse di lei solo in
quel
momento. Si voltò velocemente verso di lei, ma H non gli
diede tempo di dire
niente e si avviò sorridendo verso l’uscita.
Una
volta fuori, si fermò e
respirò a pieni polmoni: ce l’aveva fatta. Questa
volta non gli aveva lasciato
dire niente. Si avvicinò alla sua moto, ma prima di salire
notò che entrambe le
ruote erano a terra. No! Doveva andare alla festa! Provò a
tastare le gomme e
notò che erano troppo sgonfie per poter spostarla senza
creare danni ai
cerchioni e alle gomme stesse: avrebbe dovuto lasciarla lì e
probabilmente
rinunciare alla festa. Si guardò intorno e
individuò una fermata dell’autobus.
Si
incamminò in quella direzione,
si sedette sulla panchina della pensilina e aspettò.
“H
in solitudine! Che cosa rara”
la salutò una voce.
H
si girò e vide Helios che si
sedeva accanto a lei. “Cosa vuoi?”
“Aspetti
l’autobus?” le chiese,
ignorando il suo tono duro.
“No,
faccio una stima delle
macchine che passano” rispose ironica guardando la strada.
“Ho
una proposta per te.”
“No.”
Helios
rise. “Non te l’ho ancora
chiesto!”
Lei
scosse le spalle. “Non voglio
avere a che fare con te” disse.
“Se
mi scusassi, mi ascolteresti,
almeno?” H lo guardò ancora a lungo, poi
rigirò lo sguardo verso la strada e
annuì.
“Scus…”
“Va
bene, tanto dovrei scusarmi
anch’io, per il disegno. Non lo fare” lo interruppe
lei.
“Non
vuoi che mi scusi io per non
farlo anche tu. Carino… Però devo ammettere che
la caricatura era veramente
fatta bene”. Helios rise e H si girò verso di lui
per studiarlo: non capiva se
la stesse prendendo in giro o no. Poi lui tornò serio.
“Avresti potuto
ribattere. Di solito lo fai..”
“Stavolta
mi hai fregato…”
mormorò lei, accendendosi una sigaretta
Helios
alzò le spalle. “Se avessi
saputo più cose sull’idrogeno, o
sull’elio, avresti potuto tranquillamente
tenermi testa: ho barato” le confidò.
La
ragazza si voltò di scatto
verso di lui. “Che intendi?”
“Beh,
non sei propriamente
instabile… Cioè, l’idrogeno non lo
è” si corresse subito. “Sono i suoi
isotopi
che…”
“Dove
vuoi andare a parare, Mr. Sotuttoio?”
chiese lei, nervosa. Helios
rise.
“L’elio
è freddo e troppo
stabile, viene dopo l’idrogeno nella numerazione,
è meno leggero. Tutte cose
che si abbinano facilmente a me. Avresti potuto usarle per deridermi o
a mio
discapito comunque. E poi tutti i gas sono incolore, inodore e
insapore.
Avresti potuto distruggermi. Avresti dovuto”.
Lei lo guardò senza dire niente.
“Cercherò
di impegnarmi di più la
prossima volta” disse, ironica, dopo un altro tiro alla
sigaretta, come se lui avesse
detto cose senza senso.
“Ok…
Ma… Volevo chiederti: hai
mai pensato al corso di dibattito?”
H
corrugò la fronte. Sapeva che
lui faceva parte del corso di dibattito: era un’aula al
secondo piano dove dei
ragazzi si ritrovavano e discutevano su alcuni argomenti. Ognuno di
loro doveva
appoggiare una parte e trovare il modo per convincere gli altri a
seguire le
sue idee. Lei non capiva l’utilità di quel corso:
non aveva senso discutere come
facevano loro. Alzò le spalle. “Ti piacerebbe
venire, lunedì?” le chiese ancora
lui.
“A
far che?”
“Potresti
allenarti nel dibattito.
Saresti una gran litigatrice.”
Non
gli chiese cosa fosse una
litigatrice. “Vorresti che venissi per…
litigare?” Lui annuì. “Con
te?” Annuì
ancora. L’idea prese strada nella sua mente e, lentamente, si
disegnò un
sorriso sul suo viso. “Ci penserò. Ma non ti
chiamerò mai He. Giuro”.
Helios
rise, annuì e si alzò.
“Dove vai? Non aspetti l’autobus?”
chiese, come se il fatto che lui se ne
stesse andando le desse fastidio.
“No,
ho la macchina. Vado via.”
“Oh.
E la tipa del pub?” chiese
ancora lei, spegnendo la sigaretta e guardando verso
l’entrata del locale.
“È
mia sorella. L’ho solo
accompagnata”. H si morse l’interno della guancia e
alzò tutte e due le
sopracciglia.
“Allora
mi devi venti dollari.”
“Per?”
“Perché
stasera non tromberai e io
ti ho offerto da bere per questo”. Helios scoppiò
a ridere: una bella risata,
forte e contagiosa.
“Ho
già trombato, se vuoi
saperlo.”
“Buon
per te. Spero che tu riesca
a sederti, allora.”
Lui
rise ancora e si allontanò
alzando la mano in segno di saluto.
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Eccomi qui con una nuova storia, presa da... indovinate... un contest!!! Allora la traccia diceva di parlare di Elio e Idrogeno, i due gas che danno origine alle stelle, ma in forma umana. ORa, io avrei dovuto stare nelle 2500 parole (e per il contest l'ho fatto) ma avevo immaginato H e Helios in una storia molto più lunga che ho dovuto per forza allungarla e farne questa... cosa (minilogn? Sì, minilong :-) ) Beh, spero vi piaccia e che continuiate a leggere!