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Autore: zorrorosso    09/07/2020    0 recensioni
la mia rivisitazione personale delle avventure di D’Artagnan in capitoli liberamente ispirati alle avventure dell’anime e alle novelle (e un po’ di tutto).
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aramis, Athos, Duca di Buckingam, Porthos
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18

 

Beaugency


Le rive della Loira in quel punto si facevano piatte e larghe.

 

Beaugency era una cittadina non troppo grande, di passaggio e, a parere del comandante della Guardia Cardinale, Conte Rochefort, lontana da tutto: lontana da Parigi, lontana da Orleans, lontana da Blois, non aveva alcuna pratica se non quella di ospitare i viandanti verso le loro destinazioni.

 

Un incarico all’apparenza così inutile in una cittadina di passaggio. 

 

Ripensò alle settimane trascorse, la possibilità di aver irritato qualcuno e attirato su di lui le ire di Richelieu, un incarico forse assegnato per ripicca, ma non trovò nulla di grave o compromettente, nulla che potesse attirare le attenzioni di nemici potenti. 

Sempre com'era stato, rimaneva tra i privilegiati del Cardinale. 

 

In quanto ai suoi uomini, anche in quel caso la situazione rimaneva sempre la stessa: pochi fidati e il resto se la sarebbe vista con il giudizio di Richelieu oppure la lama del sua striscia. 

 

Nulla di strano a parte la sera di qualche tempo prima, ancora nelle sue memorie... 

 

...De la Fère erano una famiglia che in passato era stata potente quanto la sua, ma al momento i loro favori erano caduti in disgrazia. Non aveva alcuna vendetta da temere neppure dalla loro parte. La nuvola grigia di quel ricordo passó in fretta su di lui, non poteva essere certo per... Divina provvidenza?

 

No, il comandante non si sentiva in colpa, non provava rimorsi per le sue azioni. Erano giuste: protette ed approvate saldamente da Dio e dagli uomini. Non aveva commesso nulla di sbagliato. Dente per dente. Vendetta.

 

Rochefort ripensó alle sue alleanze, i suoi uomini più fidati, qualcuno aveva forse parlato? Impossibile, i suoi uomini erano i migliori perché era stato proprio lui a sceglierli: tutti alti uguali e dai capelli castani, tutti di buona famiglia, ossia in favore della sua, tutti al di sotto dei vent'anni, quindi senza nessuna fastidiosa associazione. 

 

Freschi di gioventù, in salute, non ancora induriti dal tempo e malleabili proprio come un pane ancora ignaro del fuoco e dei carboni dentro al forno: non aveva nulla da temere da loro, a quei tempi crescevano in abbondanza ed erano pronti a soddisfare ogni suo volere.

 

Rochefort lasció passare la sua schiera di ragazzi castani e rallentó ai pressi della città dall’altra parte del fiume, alla vista del tetto di quella che era chiamata la Torre del Diavolo.

 

Il lungo e vecchio ponte, dalla triste moda cruda e massiccia, attraversava il fiume in tutta la sua piatta larghezza, lento e tedioso come quel noioso incarico.

 

Se città si poteva definire, Beaugency si riduceva in una torre senza finestre, più simile ad un pezzo di pietra appoggiato sulla sua altezza, un’abbazia e un paio di chiese. 

 

La più piccola di queste dava proprio sulle campagne e gli alberi che coprivano il lungofiume. 

 

Al di là del fitto degli arbusti, si trovava una radura verde e illuminata dal sole. 

Accolte tra la valle del fiume e la chiesa, si ergevano, di poco visibili, una serie di croci di legno e lapidi, la maggior parte bastoni incrociati o cumuli di pietre, le fosse comuni dove venivano tumulati gli uomini senza nome, coloro che nessuno voleva o poteva seppellire.

 

Un brivido freddo colse le guance del Comandante.

 

Rochefort non aveva simpatia per quel genere di luoghi o genti, ma nel tentativo di distogliere lo sguardo dal panorama lugubre, qualcosa catturó la sua attenzione: un misero corteo funebre. Tre chiangimorti, completamente coperti e velati a lutto, camminavano in testa alla parata vicino alla bara e due uomini in vestiti civili e a cavallo, la seguivano mesti.

 

Due uomini armati e tre cavalli: il terzo uomo era dunque un cavaliere, come lui?

 

L’idea lo colse con una strana vicinanza. Al contrario dei suoi cadetti eternamente giovani, l’età del militare avanzava sempre e inesorabilmente verso quel punto della vita: memento mori.

 

“Di chi è il funerale, padre?”- chiese Rochefort.

 

Il sacerdote di veglia alla chiesa alzò la testa e si voltò nella sua direzione, per osservare meglio l’alto militare a cavallo, ancora in lontananza. 

 

“Conte Olivier De la Fère, morto in duello, lo conoscete?”- disse il religioso.

Il resto del corteo funebre era ormai troppo lontano per poterlo veramente notare ed ascoltare i loro discorsi.

 

Un sorriso sinistro solcó involontariamente il volto del comandante e per un attimo si impettí di un orgoglio incomprensibile.

 

“Monsieur?”- la voce mesta del sacerdote lo riportò alla realtà.

 

“Chi? No! affatto! Non conosco quest’uomo, povera anima, addio!”- disse affrettandosi a riprendere la strada verso i suoi uomini e la sua destinazione.

 

In un primo momento i denti di Rochefort digrignarono involontariamente senza alcun motivo. In cuor suo si sentí soddisfatto, come se avesse compiuto un dovere che nessuno gli aveva chiesto ed era pronto a trarne tutti i benefici. 

Si sentì causa del risultato delle sue stesse azioni: l’uomo che tanto lo aveva deriso, non poteva ridere più. Così tanta fierezza insidiò le sue braccia e le redini strette, da voler tornare subito a Parigi e celebrare quella che lui considerava una vittoria, insieme ai suoi uomini... 

 

Quando si rese conto di come, per la maggior parte dei suoi compari, i suoi festeggiamenti non avrebbero avuto alcun significato. 

Altri, addirittura, avrebbero potuto trovarli di cattivo gusto.

 

Scosse la testa tra se per ritornare alla realtà di quella serena tenuta di campagna, nei pressi di una villa che faceva capo ad una grande fattoria.

 

Rochefort pensò ai nobili che risiedevano in quella tenuta, la loro alleanza con i ministri inglesi. Al loro ospite di cui si facevano carico e orgoglio, nonostante le ostilità di corte.

 

La servitù lo accolse con educazione, lo trasportò tra ampie stanze assolate, fino agli appartamenti che facevano parte della corte della nobildonna inglese: la destinataria di quello speciale messaggio che il Cardinale aveva affidato esclusivamente a lui.

 

Nessuno si trovava nelle stanze, ma le tende si sollevarono alla brezza delle porte aperte verso un giardino coperto di fiori selvatici. 

 

L’uomo avanzò alla lieve brezza ed il calore di quei raggi per ritornare di nuovo dall’ombra delle spesse pietre medievali e le strette finestre, all’aria aperta e alla luce accecante del sole.

 

“Accomodatevi. Cosa vi porta in questa campagna, Comandante?”- disse una voce femminile, coperta da un leggero vestito bianco, fuori moda e un ampio cappello di paglia alla moda maschile. 

 

La donna dai capelli così chiari e lunghi , lo accompagnò alla vista di una bella fontana e l’ombra di un albero coperto d’edera.

 

“Voi, Milady.”- una volta raggiunta la dama e l’ombra tanto ambita, Rochefort tolse il copricapo e fece un ampio inchino. 

 

“Mi è stato chiesto di portarvi un messaggio dal Cardinale Richelieu in persona”.

 

Il sorriso disteso della donna si dileguò al nome del famigerato ministro. Il suo volto sereno, durato solo per un attimo, era già svanito. 

 

Politica, affari: quei brevi giorni di tregua sembravano già essere conclusi. Una nuova battaglia si avvicinava alle porte della sua dimora. La pace da lei sempre tanto ambita, si era di nuovo fatta più lontana. 

 

Milady si era sempre sentita una donna in battaglia, sempre pronta a combattere e risorgere, per aver salva la vita. Finalmente, sperava di aver concluso la sua lotta, invece si ritrovava nuovamente in un altro intrigo.

 

Strinse i denti sotto le guance serrate, nel ricordo di un passato scomodo, nel rimpianto di un presente pacifico, del bel sogno romantico che aveva accompagnato la sua breve permanenza alla villa. 

 

“Richelieu... Forse non è il caso di parlarne all’aperto, seguitemi”- la nobildonna si affrettò di nuovo al chiuso delle spesse mura, seguita dal militare.

 

Rochefort aveva quel discorso preparato da ore. Gli era stato vietato persino di scriverlo, tanto fosse privato e introvabile.

 

“Siete stata a stretto contatto con diversi ambasciatori inglesi. Vostro marito è un Lord membro del Parlamento Reale Britannico. Per questa ragione, visti i recenti affari di Corte, Richelieu ha chiesto espressamente di voi, Milady de Winter, vorrebbe parlarvi di affari di Stato di cui, lui ritiene, voi sareste a conoscenza. In questo momento siete nei suoi più stretti interessi”.

 

Il comandante non comprendeva del tutto ciò che stava dicendo: il messaggio di Richelieu era ancora vivo nella sua memoria, ma così vago, così privo di scandali, era quasi sicuro che se ne sarebbe presto dimenticato. La costernazione della donna, la privatezza al nome del mistro, lo aveva lasciato vagamente sospettoso.

 

Però le voci su di lei non mentivano: era una donna dalla magnifica dizione, l’aspetto gradevole, occhi verdi e languidi, guance rosse e appassionate.

 

Aprì le labbra suadenti con una calma tradita dallo sguardo sempre più stretto e irritato.

 

“Sono onorata. Tuttavia credo che Richelieu dimentichi la mia neutralità proprio in quegli affari tanto ambiti. Lord de Winter ha già tentato di ripudiarmi una volta. Non posso certo rischiare di essere ripudiata una seconda alla notizia di passare al servizio per lo stesso Richelieu!”.

 

La risposta della donna lasciò Rochefort nel dubbio: chi era veramente questa strana nobildonna? Quali poteri e favori aveva da poter rifiutare un’offerta simile? Nessuno si negava a Richelieu, l’uomo più potente di Francia, invece lei... 

 

“Eppure continuate ad accompagnare il Duca di Buckingham in tutte le sue visite.”

 

L’uomo aggrottò le sopracciglia e cercò nei suoi sguardi e nella sua voce la vera risposta alla sua domanda: la vera motivazione che portava una donna dalle sue facoltà a rinunciare a tutto, persino ai voleri di due politici reggenti, in cambio di un letto in una semplice villa di campagna, alla periferia di tutto.

 

“Eppure cosa? Cosa non capite della mia situazione? Mi sono ritirata in queste campagne proprio per avere pace dagli intrighi politici. Non vedo nessuno, al di fuori della mia servitù, accompagnarmi.”

 

“Avete dunque abbandonato il Duca nelle sue imprese? Il mio ministro sarebbe allietato anche da questa notizia...”

 

“Buckingham è tornato a Londra da diverso tempo. Escludendo il mio amato consorte, non ho affari che mi leghino ancora in Inghilterra.”

 

Il comandante si guardò attorno.

La villa in cui risiedeva era veramente arricchita di tutti i servizi e le arti che avrebbero potuto allietare, seppur modestamente, una nobile inglese e francese allo stesso modo.

 

“Non è il desiderio più grande di una moglie quello di rivedere finalmente suo adorato marito?”- disse con sospetto.

 

Lo sguardo nervoso di lei puntato sul suo, più sospettoso e inquisitivo. Milady accese la pipa e sbuffò un paio di soffiate guardandolo in volto. La porse a lui senza mai rispondere alla domanda. Rochefort l’accettò in un sorriso accomodante.

 

“Non dovreste fumare la pipa. L’odore è quello che di solito la lega agli uomini e, come donna, non vi fa onore...”

 

“Siete l’ultima persona al mondo che dovrebbe venirmi a parlare di onore, Conte”- rispose lei senza distogliere lo sguardo.

 

Rochefort girò la pipa da una mano all’altra e sbottò una risata nervosa. Fu lui a distogliere lo sguardo per controllare ancora meglio quelle stanze.

 

Non c’erano anelli nuziali ad ornare le dita della nobildonna, ritratti a decorare le pareti, non c’erano ricordi di un amato o di un caro. Nessuna ciocca di capelli intrecciati decorava i suoi bottoni e le sue spille. Non c’erano lettere aperte o in vista, messaggi d’amore di un marito devoto alla propria moglie.

 

“Le voci che ho udito erano dunque corrette? Non è vostro marito quello che state aspettando...”- sbottò lui, ritornando con lo sguardo su di lei.

 

“Le ragioni che mi legano a questo posto, non credo siano affari vostri.”- rispose lei, tra i denti.

 

Solo in quel momento la donna abbassò lo sguardo verso una cintura di cuoio appesa casualmente alla spalliera del letto: una cintura da caccia, forse da uomo. La cintura di una vecchia uniforme, che da diversi anni i suoi uomini non usavano più.

 

Beaugency: la città dove si erano amati per l’ultima volta...

 

I toni neutrali del Comandante si accesero di nuovo di quell’intrattenibile eccitazione che aveva lasciato all’entrata della villa.

 

“Ma mi coinvolgono personalmente! Milady! Non sapete quanto!”- disse lui, impettito e soddisfatto.

 

La donna sospirò. Abbassò le palpebre e lo guardò con la coda degli occhi pensosi e semi chiusi.

 

“Buon per voi. Sono senza parole.”

 

“Forse allora sarete interessata alle nuove di questa stessa mattina che vengono direttamente da questa umile e noiosa città. Sono venuto per portare il messaggio di Richelieu, nella speranza che finalmente sareste stata disposta ad accettare la sua offerta e tornare con me. Tuttavia mi costringete a ritornare da solo e a mani vuote. Quindi farò buon uso della mia visita in questo posto a metà strada da tutto, almeno che la notizia vi giunga e il mio viaggio non sia stato del tutto vano!”

 

Rochefort prese fiato e si impettì di quell’aria elettrizzante che non poteva più trattenere:

 

“Olivier de la Fère fu l’uomo che vi accompagnò da Amboise a Venezia. Bene, è morto.”

 

La donna puntò ancora gli occhi su di lui con uno sguardo incredulo, per incontrare il suo sorriso soddisfatto e il suo sguardo orgoglioso.

 

“Mi faccio carico di questo onore! Ho fatto finalmente giustizia ad una triste causa. È morto per mano mia e dei miei uomini!”- aggiunse senza il minimo rimorso.

 

“C-Cosa?”- l’incredulitá di lei si trasformó in terrore.

 

“Ho assistito ai suoi funerali proprio sulla strada verso la vostra dimora!”

 

“Non-Non mi interessa. Non so di chi state parlando, non sono mai stata in Italia e non ho mai conosciuto quell’uomo!”

 

Rochefort puntò lo sguardo sulla vecchia cintura di cuoio che lei stessa stava osservando, che avrebbe voluto stringere saldamente, come un ultimo appiglio ad una realtà lontana, che non le apparteneva più.

 

“Lui ha sempre detto di conoscervi. Ha sempre pianto il vostro nome tutte le volte che qualcuno l’ha incontrato in taverna, parola dei miei uomini che un tempo erano i suoi, sempre ubriaco come una spugna”

 

Il suo volto si distese tranquillamente e si dileguò in una boccata di fumo.

 

“Oh Milady... Milady... Se fosse stato più sobrio non avreste avuto nulla da temere, e invece... In vino veritas?!”

 

Rochefort alzò la pipa e la riabbassò in direzione della donna, come se tra le dita avesse sorretto un calice e stesse brindando al suo ricordo, celebrando la sua vittoria, così la passò alla donna.

 

Lei prese la pipa tra le dita, sedendosi, e sbuffò nervosamente dal boccaglio.

 

“Se quello che avete detto fosse la verità, non avrei proprio nulla da temere! È morto per mano vostra, la sua bocca chiusa per sempre e non più in grado di riferire altre voci. Però adesso avete veramente sorpassato il vostro benvenuto. Andatevene!”

 

Milady non si alzò. 

 

Indicò la porta e gli fece cenno di andarsene.

Lui accennò un breve inchino ed un sorriso, andandosene con un ritmico movimento dei tacchi. 

 

Lei affondò la testa nella poltrona e si nascose dietro una nuvola di fumo.

 

Il destino le aveva insegnato quanto pace e felicità non le fossero state mai del tutto concesse. 

 

Tutti i suoi sforzi per raggiungerle erano anche in quel momento divenuti vani, tanto da considerare quanto in realtà il suo animo, la sua stessa condizione umana, fosse davvero meritevole di pace, fosse meritevole di una felicità tanto desiderata. 

 

Condizioni così ambite e invidiate agli altri, uno dei suoi sogni più segreti, all’apparenza inarrivabile e nuovamente infranto da un fato avverso.

 

Aprì il cassetto con violenza e prese quella maledetta collana tra le dita, la strinse con odio e rabbia: era la sua, nessuno l’avrebbe mai comprata e nessuno l’avrebbe mai voluta. Se l’era guadagnata ed ora doveva tenersela stretta: talismano di una sfortuna che non l’avrebbe mai più abbandonata. 

La indossò con disprezzo, nascondendola sotto i veli e una mantella. 

 

Allo stesso tempo ripose e ripiegò al posto del gioiello la tanto amata cintura, ormai divenuta più preziosa di qualsiasi diamante.

 

Con quell’idea si vestì a lutto, prese il passo per la carrozza e si avviò verso la Chiesa e il cimitero. Un ultimo addio a quel sogno di pace, una felicità mai concessa, che svaniva con quella vita, quella luce, labbra che una volta l’avevano forse amata, occhi che un tempo l’avevano guardata con così tanta passione e che ora rimanevano eternamente chiusi, privi di quella vita che neppure lei stessa aveva mai pensato di spegnere.

 

Era lei, Anna, la misteriosa donna della Tempesta: gitana senza pace, innamorata di colui che non poteva avere più, destinata alle braccia di un altro. Lei, come la donna contesa, ritratta in quel misterioso dipinto veneziano di cui narrava la triste leggenda.

 

***

 

“Addio, fedele compagno d’armi e d’avventura, che possa la terra posare leggera su di te...”- disse Porthos, gettando un pugno di polvere sulla bara in procinto di essere interrata, Aramis rimasto indietro e più lontano, fu raggiunto presto dalla dama dorata, che lo superò senza quasi notarlo.

 

Era arrivata appena in tempo e la scena a cui stava assistendo si era fatta straziante.

 

“Com’è morto?”- chiese Milady, rivolta verso Porthos. 

 

L’uomo strinse il suo cappello abbassato tra le mani e tese le labbra, dimostrando la più profonda delle commozioni, pianse lacrime così sincere da sembrare veramente la sofferenza di una grave perdita.

 

“Rochefort ha inferto su di lui una terribile punizione. Infine dopo lunghi, lunghi giorni di sofferenza...”- aggiunse Aramis raggiungendoli e trattenendosi il più vicino possibile. Il giovane cavaliere abbassò lo sguardo e tirò fuori dal farsetto la collana da cui pendeva la sua croce d’oro, la baciò e la lasciò cadere di nuovo sul petto.

 

Milady osservò Aramis e il suo gesto, nel vano tentativo di rimanere composta a quella scena, fu colta da un terribile brivido, la sua schiena tremò come la fiamma delicata di una candela. 

 

I suoi occhi più verdi di un calmo mare estivo, si colmarono di lacrime. Una breve brezza scosse i suoi boccoli chiari. Strinse i pugni sull’orlo raccolto delle sue vesti nere ed osservò i due uomini addolorati da quella triste perdita.

 

“Un tempo giurammo vendetta contro di voi, Milady, ma non oggi. Oggi è un giorno d’eccezione. La perdita del nostro amico ci pone in armistizio contro di voi e quello che vogliamo da voi è solamente una preghiera caritatevole nei suoi confronti”- spiegò Porthos nella sua completa attenzione.

 

“Lo dovete a noi, al ricordo del povero Athos, che un tempo vi ha amato. Se non potete ricambiare il suo amore, che almeno portiate rispetto alla sua tomba con una preghiera”- aggiunse Aramis.

 

Milady scosse la testa, il mento contratto, la gola inaridita dal dolore, le lacrime che vagliavano inesorabilmente le palpebre e ricadevano numerose sulle guance ed il mento come piccole perle illuminate dalla luce del sole. 

 

La sua espressione, dapprima inarrivabile, cambiò velocemente, prese le braccia di Porthos ed alzando la testa incontró il suo sguardo:

 

“Nonostante tutto quello che è stato tra noi, dovete credere alle mie parole! L’ho amato immensamente! Non potete sapere quanto!”- esclamò abbracciandolo e riversando su di lui un pianto che sembrava davvero sincero e addolorato. 

 

Porthos non cambió d’espressione né rimase sorpreso dal suo gesto, le prese semplicemente una mano e, mesto, la sorresse verso l’amico.

 

Aramis si avvicinò alla dama e, accarezzandole teneramente le spalle, prese l’altra mano, accompagnandola di nuovo verso l’interno della piccola chiesa. Altri fedeli sedevano inginocchiati sui bancali, le spalle rivolte ai due uomini e alla dama, sembravano pregare intensamente sotto i loro manti, indifferenti al loro dolore.

Erano rivolti verso l’altare e, come rapiti dall’estasi religiosa, le loro teste completamente attratte verso un crocefisso dorato e sanguinante.

 

La donna non fece troppo caso agli altri fedeli in silenzio, si curò solo dei suoi due astanti, pregò in silenzio al loro fianco, sorretta fraternamente dalle loro braccia e, trovando conforto in quel momento di disperazione, si ricompose ed asciugò le lacrime.

 

“Addio, Olivier”- sussurrò, rivolta verso il cielo e, ritrovate le forze per ripartire, abbandonò i due combattenti nel silenzio delle loro preghiere, ritornando verso la carrozza che l’aveva accompagnata.

 

Soltanto una volta che il veicolo era di nuovo lontano, Porthos ed Aramis alzarono lo sguardo e aprirono i portoni della cappella per far rientrare la luce.

 

“Avete corso un grosso rischio! Potevate rinchiudervi in una taverna e bere fino all’incoscienza, sarebbe stato mille volte più sicuro!”- esclamò Porthos, rivolto verso le tre figure velate, nel silenzio della navata.

 

“E Perdermi lo spettacolo del mio stesso funerale? Quando mai mi capiterà un’altra occasione del genere?”- disse uno degli uomini seduto verso l’altare.

 

“Dopotutto, Porthos, di solito si muore una volta sola...”- fu la difesa della voce di ragazzo al suo fianco. Tolti veli e la mantella, D’Artagnan, Athos e Constance si avvicinarono verso gli altri due.

 

“Dunque Porthos, avevate ragione?”- chiese il ragazzo rivolto al moschettiere, lui sbuffó senza rispondere, alzò le spalle, segno di quanto fosse ignaro di quello che era appena accaduto e si rivolse verso gli altri.

 

Il vedere Milady distrutta da quella finta tragedia, aveva già procurato nei tre la vendetta che stavano aspettando. Dunque il gioco era forse valso la candela, ma fu Aramis che tirò fuori dalla manica la ricchissima collana tanto ambita e la porse verso gli sguardi stupiti di D’Artagnan e Constance. 

 

Colti da un raggio di sole del tramonto che irradiava gli archi d’uscita, i diamanti della collana brillarono come di luce propria.

 

“Non è un caso che le vostre mani siano oggetto di tanta ammirazione da parte mia!”- esclamò Athos, lasciando trasparire un vago senso di orgoglio per il giovane cavaliere. 

 

“Proprio come quelle di una donna...”- disse Porthos tra i denti.

 

“É forse per caso vostra intenzione provare quanto femminili siano le mie mani attaccate strette al vostro collo?!”- ribatté Aramis.

 

”Piuttosto sbrigatevi, il sacerdote arriverà presto per chiudere i battenti, non ci rimane molto tempo!”- disse D’Artagnan, rivolgendosi in tutta fretta verso l’uscita.

  
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