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Autore: Stephanie86    09/07/2020    3 recensioni
AU | SwanQueen | Storia a 4 mani
Emma, figlia di re David e della regina Mary Margaret, è l'erede del regno del sud, Anatlon. Quando il regno cade, la bambina è costretta a nascondersi presso Camelot, protetta da Artù e dai suoi Cavalieri. Crescerà sapendo di dover vendicare la morte dei genitori e del suo popolo. Sapendo che un giorno dovrà affrontare colei che le ha portato via tutto.
Regina, la sovrana di Mehlinus, sale al trono molto giovane, affiancata e istruita dal consigliere Tremotino. Anche lei vuole vendetta e non è disposta a rinunciarvi per niente al mondo.
Le strade di queste due donne apparentemente così diverse si incroceranno presto. Ci sono molte cose che non sanno. Il loro viaggio sarà molto lungo e le persone che tramano alle loro spalle sono pericolose e assetate di potere.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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PRIMA PARTE

 

THE FALL

 

 

PROLOGO

 

 

 

 
Anatlon. Regno del Sud.

 

Snowing Castle, la capitale di Anatlon, il regno del sud, bruciava.

Le strade acciottolate della città si erano trasformate in un frastuono assordante, fatto di urla di dolore, di grida di terrore e panico. Nell’aria si era diffuso un orribile odore di fumo, di sangue e di carne bruciata. Le fiamme, divampate all’interno del castello, ora si levavano verso il cielo grigio, come le braccia di un mostro fatto di fuoco. Intorno alla dimora dei sovrani e dentro, nelle sale che avevano ospitato la famiglia reale e tutta la servitù, infuriava ancora la battaglia tra i soldati di David e Mary Margaret e i nemici, chiusi nelle loro nere armature, i visi interamente coperti dagli elmi a tre rostri, che permettevano di vedere solo i loro occhi assetati di morte e distruzione.

Quando avevano attaccato la città, puntando dritti verso il castello, sembravano in netta minoranza rispetto alle truppe dei Blanchard. Eppure, quando questi uomini venivano abbattuti, altri prendevano il loro posto, comparendo dal nulla, forse partoriti dalle tenebre o dagli Inferi stessi. Cavalli dalle nere gualdrappe volavano sopra gli sbarramenti come fantasmi, lame vivide e scintillanti come fulmini seminavano morte tra la gente in fuga.

Erano gli uomini della regina di Mehlinus. Lo stemma era ovunque sugli scudi, cucito sui mantelli e inciso sulle armature: il melo su sfondo blu.

- Che sia maledetta, la Regina del Nord! Che sia maledetta lei e tutta la sua gente!

Rumori di spade che cozzavano, di metallo contro metallo, voci che impartivano ordini, scalpiccio sulle scalinate, colpi di tosse di chi cercava, invano, di liberare la gola e i polmoni dal fumo nero che ormai inghiottiva tutto, fracasso di oggetti che andavano in frantumi.

David, con ancora l’immagine della sua amata che scompariva tra le fiamme appiccate da quegli infami impressa nella mente, aveva perso il conto degli uomini che aveva ucciso. Aveva continuato a mulinare la spada come un folle, aprendosi la strada. La lama era coperta di sangue. Tra affondi e fendenti, il re aveva liberato il passaggio e, pur essendo ferito a sua volta, aveva strappato la sua bambina di appena nove anni dalle mani di un uomo che aveva già alzato l’ascia per staccarle la testa. David, ignorando il dolore, si era avventato sulla belva e l’aveva trafitta, beandosi dell’incredulità dipinta nei suoi occhi, beandosi del rantolo che gli era uscito dalla bocca, beandosi del sangue che era stillato copioso dallo squarcio al centro della schiena. L’uomo si era afflosciato lentamente.

- Padre! - gridò Emma, gli occhi verdazzurri spalancati. Tese le braccia.

David la prese e la strinse a sé. Sentì il corpicino caldo della bambina contro il suo, fremente di sofferenza e rabbia.

Correndo attraverso stanze e corridoi, falciando gli ultimi uomini che cercavano di sbarrargli la strada, il sovrano di Anatlon uscì dalla sua dimora, si gettò nel giardino interno del castello, percorse un breve tratto di strada fino alle mura che erano state bianche come neve e che adesso erano annerite. Scavalcò cadaveri, alberi abbattuti, avvertendo su di sé lo sguardo vuoto dei suoi cavalieri, di coloro che erano morti per difendere la famiglia reale. Intorno solo il crepitare del fuoco, l’odore acre del fumo, le grida.

- David! – In sella ad un robusto cavallo marrone, Graham guardò David sopraggiungere, correndo. Dietro di lui veniva un uomo in armatura nera, che lo inseguiva, brandendo una lunga spada. Akela, il lupo grigio che lo accompagnava, ringhiò ferocemente, appiattendo le orecchie e mettendosi in posizione d’attacco. Graham prese una freccia dalla sua faretra. Un attimo dopo quella freccia colpì il soldato al collo.

- Sei ferito! – disse al re di Anatlon, quando l’uomo lo raggiunse.

- Non preoccuparti per me. Prendi mia figlia! - E gli passò la bambina.

- Padre, no! Non andartene! Non lasciarmi! - gridò Emma, disperata, le lacrime che già le bagnavano le guance.

Dalla porta occidentale si levavano urla, gli echi di una lotta accanita, colpi sordi che scuotevano le mura.

- Devi andartene, figlia mia. Morirai se resterai con me!

- Non voglio abbandonarti! Vieni con me! Ti prego!

- Emma... - David si avvicinò al cavallo e prese la mano della figlia. – Fidati di Graham. Adesso ti porterà al sicuro, lontano da qui. Il castello è perduto. Purtroppo non possiamo fare niente per salvarlo...

- E mia madre?

David la fissò, sentendosi trafiggere dal dolore della perdita come se si fosse trattato della lama di mille spade.

- Emma... – riuscì a dire lui. Ma non poté aggiungere altro.

Emma pianse più forte. – No, papà... Per favore... Ti prego... Dimmi che non è vero...

- Oh, Emma...

La bambina gridò: - No! Ti prego, dimmi che sta bene! Dimmi che non è vero!

Graham la fissava con gli occhi sempre più sbarrati. Il giovane aveva capito che stava accadendo qualcosa a Snowing Castle quando aveva sentito l’odore del fumo.

Cresciuto con i lupi, veri lupi della foresta che considerava la sua unica famiglia, Graham aveva imparato a vivere come loro, a cacciare insieme a loro e anche a sentire come sentivano loro. Per questo, pur essendo lontano qualche lega dalla capitale di Anatlon, aveva avvertito il fumo ancora prima di vederlo davvero. E aveva cercato di raggiungere Snowing Castle il più in fretta possibile. Conosceva i sovrani e loro conoscevano lui, sebbene avesse sempre vissuto con il suo branco. Era riuscito a prendere un cavallo imbizzarrito, ma miracolosamente illeso e a domarlo, in modo da potersi muovere più in fretta. Poi aveva cercato i sovrani, sperando di trovarli ancora vivi per portarli via da lì.

- No, no, no, no... – Emma agitava la testa, frenetica. Le sue ciocche bionde sbattevano di qua e di là.

- Mi dispiace. Devi andare, ora, Emma.

- No, no, no... No!

- Graham, voglio che porti mia figlia a Camelot. Parla con il re, digli che ci hanno attaccati. A tradimento! Chiedigli di proteggere Emma. Non fermarti. Non guardare indietro. Conto su di te.

- Sì. Non temere!

- Padre... - mormorò Emma. - Non lasciarmi...

David si sfilò la spada. Gliela porse, con tutto il fodero.

- No! Non la voglio! - gridò Emma.

- Prendila. Ti servirà! - disse David. - Un giorno, quando sarai abbastanza forte, tornerai. Vendicherai me e tua madre. Il regno sarà tuo! Ma adesso devi andare con Graham. Se rimani qui, morirai e tutto sarà davvero perduto! Fallo per me, figlia mia.

- Un giorno...

- Sì, un giorno. Presto... Presto verrà il tuo momento. Lo so. Non può essere altrimenti. Allora tornerai e tutto questo sarà tuo! Tutto! Il trono che ti appartiene di diritto sarà tuo! Le terre saranno tue! I miei uomini saranno tuoi!

Emma afferrò la spada che il padre le aveva dato e la strinse. Il ciondolo che portava al collo, un ciondolo a forma di cigno, che era anche il simbolo impresso sullo stemma del regno, brillò un istante. Guardò suo padre un’ultima volta, poi David disse a Graham di andarsene subito; gli ripeté di non guardare indietro e di non fermarsi mai. Gli disse di proteggere Emma anche se ciò avesse voluto dire sacrificare la vita.

- Emma sarà al sicuro! - E detto ciò, il Figlio dei Lupi gridò per spronare il cavallo, che partì al galoppo.

Emma ebbe modo di lanciare un’occhiata da sopra la spalla di Graham. Vide suo padre che ricambiava lo sguardo, poi lo vide girarsi per affrontare altri soldati nemici che lo stavano raggiungendo per ucciderlo.

Padre...

Fu l’ultima volta che lo vide.

 

 

Camelot. Regno di Elohim. Est.

 

L’acqua veniva giù dal cielo pesante, compatta, un vero diluvio. Appollaiata su un’altura a strapiombo sul mare come un nido d’aquile, circondata da mura chiare e frustate dal vento, la città di Camelot incombeva sulla valle, ombreggiata dal castello del re Artù, una dimora austera, costruita con pietre rosse e grigie ora striata dai lampi, ai quali facevano seguito violenti colpi di tuono. La bandiera sulla quale era impresso il drago dorato su sfondo rosso della famiglia Pendragon sventolava, sbatacchiata dalle folate impazzite.

Graham aveva cavalcato a lungo e ininterrottamente come gli aveva chiesto di fare David; nonostante la stanchezza e la fame non si era fermato quasi mai e teneva la bambina avvolta in un mantello per proteggerla dalla pioggia. Il cavallo che aveva preso a Snowing Castle non aveva retto al ritmo che gli aveva imposto e il giovane era stato costretto a deviare il suo cammino, entrare in un villaggio e rubare un altro cavallo.

- Vanargandr! – aveva urlato il pover’uomo che se lo era visto piombare addosso, accompagnato da Akela, con i suoi inquietanti occhi di colore diverso e le fauci spalancate. Non aveva cercato di fermarlo. Si era fatto da parte e aveva lasciato che prendesse uno dei suoi animali.

Era notte quando giunse alle mura. Oltre il frastuono della pioggia battente, riusciva a sentire le onde che si schiantavano contro le scogliere.

Lanciò delle grida e dei fischi per farsi udire. Gli uomini in piedi sui bastioni e nelle torri di guardia mandarono segnali ai soldati giù in strada. Questi sollevarono la grata e calarono il ponte levatoio, urlando e grugnendo.

Graham, bagnato fino al midollo, gli occhi rossi e accesi di furia, spronò il suo destriero ormai sfinito lungo la piazza rettangolare della città, lungo la via centrale, verso il castello. Affrontò l’ultima salita, arrivando davanti alla dimora del re. L’animale schiumava, aveva gli occhi sbarrati e iniettati di sangue.

- Chi siete? – urlò un uomo di guardia sui camminamenti.

- Devo passare! Devo parlare con il Vostro re. È successa una cosa terribile a Snowing Castle!

Pochi istanti ancora e le porte vennero aperte. Non appena Graham smontò, il destriero emise un nitrito sofferente e si piegò sulle ginocchia, per poi accasciarsi e sdraiarsi su un fianco. Gli stallieri, fradici e nervosi, accorsero.

All’interno del castello serpeggiavano l’agitazione e il fermento. Graham, senza fiato, entrò nella sala del trono. Non si inginocchiò davanti al re, che sedeva sullo scranno, le mani strette ai braccioli. Si limitò a chinare il capo. Lui e il Branco non avevano re.

- Qual è il tuo nome? - Artù si rivolse al giovane con la voce che tremava.  

- Mi chiamano Graham. – rispose l’uomo con i capelli castani e lo sguardo infiammato. Il lupo grigio si accucciò accanto a lui. – Vengo da Snowing Castle.

- Dimmi che cosa succede. Mi sono giunte voci molto infelici dalle Τerre del Sud. Puoi dirmi se è tutto vero?

- È tutto vero, purtroppo - disse Graham. Scostò il mantello per mostrare la bambina che aveva portato con sé. Tutti i presenti la fissarono, sbigottiti.

Emma li guardò con gli occhi grandi e increduli, spaventati.

- Ma... - Persino Artù aveva perso la voce. Quella bambina era meravigliosa. Era sicuro di non aver mai visto una bambina più bella. Aveva lunghi capelli biondo oro, che ricadevano sulle spalle come tante onde. E gli occhi... erano grandi e pieni di terrore, eppure anche limpidi, le iridi erano del colore del mare, tra il verde e l’azzurro.

- Ecco la figlia... la figlia dei sovrani di Anatlon. Sono morti. Loro e... E molti altri. - Graham storse la bocca in una smorfia e spiegò al re e ai cavalieri ciò che aveva visto a Snowing Castle. Ripeté le ultime parole di David.

- La regina...? Sei sicuro che fossero i suoi uomini?

- Sì. Io non sono cresciuto con gli uomini e non ho mai avuto né re né regine, ma conosco gli stemmi. Ho visto il melo sugli scudi e sulle armature nere. Anche sugli stendardi.  

La sala del trono si riempì di grida e imprecazioni.

- Tradimento! - urlò Sir Agravain, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, levando il pugno e poi sguainando la spada. Alto e massiccio, con le spalle larghe, i capelli rossi lunghi e sciolti sulla schiena, la barba a punta e lo sguardo pieno di sgomento e collera, Agravain digrignò i denti. - A morte, la regina del nord! Quella megera! Sire, datemi tutti gli uomini di cui disponete. Andrò a Nord e ci penserò io a quella strega! Questo è un affronto! Vendetta!

- Vendetta! Vendetta! - urlarono tutti.

- Silenzio! - gridò Artù. - State spaventando la bambina!

Tutti tacquero, fatta eccezione per qualche bisbiglio. La regina Ginevra, seduta accanto al marito, si coprì gli occhi con le mani, lasciando che i capelli le ricadessero sul viso e lo nascondessero. Alla sinistra di Artù, su un alto scranno, sedeva il consigliere del re, il druido Merlino. In una mano reggeva un lungo bastone ricurvo. Con l’altra, invece, si accarezzava la lunga barba bianca con fare pensoso.

- Agravain, ti darò gli uomini che ti servono, ma non andrai a nord, andrai a Snowing Castle e farai quello che puoi per aiutarli. Se è ancora possibile aiutarli.

- Certamente! Non temo nessuna stregoneria. - urlò Agravain.

- Per favore, vuoi stare calmo? - Uno dei suoi fratelli, Sir Gawain, posò una mano sulla spalla di Agravain.

Vendetta, vendetta, a morte...

Emma, che non parlava ma ascoltava tutto, bevve queste parole e una vocina interiore cominciò a ripeterle. Rivide il viso di suo padre, gli occhi di sua madre prima di sparire tra le fiamme. Non aveva mai incontrato la regina di Mehlinus ma già sapeva che gliel’avrebbe fatta pagare. Già sapeva che un giorno il Nord avrebbe pagato caro quell’affronto.

Vendetta. Vendetta. A morte.

- Agravain, fa ciò che ti dico. – riprese Artù, in tono grave. - Parti immediatamente e vai più veloce che puoi. Fammi avere un messaggio il prima possibile. Ma ti prego: non dire a nessuno che la principessa è viva. Potrebbe essere in pericolo.

Sir Agravain chiamò a sé i suoi tre fratelli, i cavalieri e uscì dalla sala del trono, imprecando ferocemente.

- E la bambina? – chiese Graham.

- Emma qui sarà al sicuro. Non qui a Camelot, ma... So già dove può andare. Saranno i miei compagni d’armi a proteggerla. Fino a quando sarà necessario. Nessuno deve sapere che è viva... Nessuno, chiaro?

Graham non aveva dubbi che fosse la soluzione migliore.

Emma non voleva essere protetta. Emma non voleva essere una principessa. Voleva combattere. Voleva diventare un cavaliere e avere una spada come gli altri.

- Figlio dei Lupi, ti prego di accettare degli abiti asciutti, del cibo caldo e un luogo in cui riposare questa notte. – disse Artù. – È il minimo che io possa fare per te.

- Siete molto generoso. Vi ringrazio – borbottò Graham, sorridendo stancamente.

- Sire... - mormorò Emma.

- Sì, dimmi. - Artù scese dal trono e si inginocchiò davanti alla bambina. - C’è qualcosa che desideri? Da mangiare, forse? Ti farò preparare qualcosa dalla servitù...

- Ho la spada di mio padre.

- Lo vedo.

- Voglio imparare. Voglio imparare ad usarla.

Artù spalancò gli occhi, trasecolato. - Vuoi...?

- Sì, per favore, Sire.

- Ma sei una principessa. Io ho il dovere di proteggerti, non posso...

- Vi prego.

Artù alzò la testa per guardare Graham, che non disse niente. Stava per crollare a causa della stanchezza. Guardò ancora Emma. Incrociò i suoi occhi per la prima volta; in essi vedeva il dolore, la paura, l’orrore, tutte cose che non avrebbero dovuto esserci nello sguardo di una bambina così piccola. Eppure vide anche determinazione, fermezza, una caparbietà che aveva trovato negli occhi di certi uomini, tra i quali anche i suoi Cavalieri, ma che lo sorprese comunque perché, dopo quello che le era accaduto, non avrebbe mai immaginato che avrebbe trovato la forza di reagire.

Artù si riscosse. - D’accordo. Ora però ascoltami bene, Emma. È molto importante.

   
 
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