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Autore: Bloodred Ridin Hood    10/07/2020    3 recensioni
Una sete insopportabile, un bambino che piange e una strana sensazione di déjà-vu.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mila non era sicura se fosse stata la sete o qualcos’altro a destare il suo sonno. Alzò la testa dal cuscino e si sforzò di aprire gli occhi per leggere l’orario della sveglia elettronica sul comodino. Le tre e venti di notte.
Si rivoltò sul materasso, supina, e allungò un braccio per cercare l’interruttore dell'abat jour. L'accese e scostò le coperte con un gesto secco. 
Provò a inumidirsi le labbra screpolate. La sete era implacabile, la gola secchissima. 
Mila emise un lungo rassegnato sospiro.
Per quanto alzarsi in quel momento fosse una terribile seccatura che le sarebbe costato uno sforzo grandissimo, sapeva che non poteva fare altrimenti. Non si sarebbe riaddormentata finché non avrebbe soddisfatto quell'insopportabile bisogno di acqua.
La donna si mise a sedere, si alzò a fatica e cominciò a camminare a piedi nudi verso l’uscita della stanza. 
Sforzandosi di mantenere l’equilibrio, ancora intontita dal brusco risveglio, camminò lungo il corridoio, raggiunse le scale e cominciò a scendere al piano inferiore. 
Gli scalini scricchiolavano ritmicamente sotto i suoi passi, riecheggiando nelle sue orecchie, ancora poco abituate al risveglio. Arrivata all’ultimo gradino, Mila sollevò lo sguardo e nell’oscurità notò una figura in piedi al centro del soggiorno. 
Si bloccò confusa e allungò una mano per premere l'interruttore della luce.
“Lucas?” lo chiamò con un filo di voce.
Si schiarì la gola e ripeté più a voce alta.
Il bambino, in piedi al centro del soggiorno, intento a guardare qualcosa oltre la finestra, si voltò con occhi sgranati. Le lacrime gli rigavano il viso, il mento gli tremava.
“Tesoro, che succede? Che ci fai qui al buio?!” chiese a quel punto la madre andando preoccupata a raggiungere il figlio.
Il bambino tornò a guardare fuori dalla finestra.
“C’è qualcosa lì!” disse con la vocina rotta dal singhiozzo “Lì sull'erba! Ho paura! Ho tanta paura!”
La madre si avvicinò, gli passò una mano sui capelli e guardò il volto del bambino contratto dal pianto e dal terrore.
“Va tutto bene piccolino, hai solo fatto un altro brutto sogno.” disse la donna con un sorriso rassicurante “Stai tranquillo adesso. La mamma è qui.”
Si spostò per prendere un pacchetto di fazzoletti lasciato sul tavolino davanti alla TV, ne tirò fuori uno e andrò ad asciugare il viso del figlioletto. 
Gli sfilò gli occhiali, spruzzati di lacrime, e fece per pulire le lenti. 
“Non era un sogno.” mugugnò lui “Guarda, sono lì!”
Il bambino alzò il braccio e puntò il dito indicando un punto nel prato.
Mila si avvicinò alla finestra per controllare fuori.
“Non li vedi?” chiese il bambino “Lì, sull'erba.”
La madre scostò la tenda con il dorso della mano e guardò fuori.
“Tesoro, non c’è niente sull'erba.” disse piano con un sorriso rassicurante “È stato solo un brutto sogno!”
Questi episodi non erano rari per Lucas. Dicevano che era normale per un bambino di cinque anni avere degli incubi di tanto in tanto. D’altronde fin da piccolissimo era stato un bambino dall’enorme fantasia. Poi certo, il problema era che a volte questa fantasia lo suggestionava decisamente un po’ troppo. E se di solito bastava rimanere a fargli compagnia fino a che non si addormentava, certe volte neanche questo era sufficiente.
Mila si piegò davanti a lui.
“Adesso ce ne torniamo su.” disse in tono dolce, rimettendogli gli occhiali sul naso “Devi dormire. Se no domani come farai a svegliarti per andare a scuola?”
Gli sorrise di nuovo e gli diede un buffetto sul naso. Lucas la guardò in silenzio ancora scosso dai singhiozzi, ma non rispose.
“Devo… devo cambiarmi il pigiama.” mormorò a quel punto il bambino.
La madre corrugò per un attimo la fronte con confusione, poi abbassò lo sguardo e notò la chiazza che scendeva lungo i pantaloni del pigiama.
Aprì la bocca sorpresa e guardò il figlio preoccupata.
Non era raro che Lucas avesse brutti sogni e che si spaventasse, ma al punto di farsi la pipì addosso? Non aveva mai avuto episodi di pipì a letto quando era più piccolo. Come mai gli stava capitando adesso a cinque anni? Possibile che si fosse davvero spaventato così tanto?
Mila cercò di non mostrarsi troppo turbata. Si girò ancora una volta verso la finestra. Niente. Non c'era assolutamente niente di insolito là fuori. 
Sorrise al bambino e gli accarezzò ancora una volta i capelli, con fare rassicurante.
“Non preoccuparti tesoro. Adesso andiamo in bagno, ti laviamo, prendiamo un pigiamino pulito e torniamo a dormire.”
Il bambino accennò un poco convinto sì con la testa.

 

Mila tirò indietro le coperte e il bambino si sedette sul lenzuolo azzurro con gli animali della foresta. Guardava la mamma con occhioni tristi. Lei gli sorrise, gli sfilò ancora una volta gli occhiali e li mise via sul comodino.
“Va tutto bene.” continuava a ripetere, ma il bambino sembrava ancora inesorabilmente spaventato.
“Rimani a dormire qui con me?” chiese con una vocina debole debole.
Mila esitò prima di rispondere, gli accarezzò la fronte, poi decise che forse per quella notte poteva anche accontentarlo.
“Va bene.”
Lucas allora subito si spostò su un lato del letto per fare spazio alla mamma.
“Tra un attimo però, tesoro.” disse però lei mentre tornava improvvisamente l'urgente voglia di bere.
Lo strano incontro con suo figlio le aveva in qualche modo fatto dimenticare quella terribile arsura, che ora era però improvvisamente tornata, ancora più forte di prima. 
Era insopportabile, non poteva più aspettare. Era come se il suo corpo le stesse dicendo che doveva assolutamente bere e il più in fretta possibile o sarebbe morta.
“Prima vado a prendermi un bicchiere d’acqua.” disse alzandosi “Tieni pure la luce accesa, torno tra un secondo.”
Il bambino si tirò su a sedere.
“No!” esclamò a voce alta “Non andare mamma, ti prego!”
Stava ricominciando a piangere.
“Tesoro! Vado e torno, farò in un attimo!” disse la madre muovendo quelle labbra asciuttissime “Farò in frettissima, te lo prometto!”
“Non devi andare!” Lucas scoppiò in lacrime “Ti prego, non lasciarmi! Non abbandonarmi! Non voglio stare solo!”
La madre uscì nel corridoio.
“Non piangere. Sto tornando, faccio in frettissima!” ripeté lei accelerando il passo. 
Arrivò velocemente al piano di sotto, lanciò un’occhiata veloce alla chiazza di acqua e candeggina dove aveva lavato il pavimento poco prima ed entrò in cucina.
Era preoccupata. Qualsiasi cosa stesse accadendo a suo figlio la faceva stare un po’ in pensiero. Qualcosa l'aveva spaventato al punto da fargli fare la pipì addosso ed ora la stava aspettando in lacrime al piano di sopra. Sospirò. Non poteva fare a meno di sentirsi un po' in colpa ad averlo lasciato solo in quelle condizioni, ma non poteva farci niente, doveva assolutamente bere qualcosa e il prima possibile.
Prese velocemente un bicchiere dallo scolapiatti e una bottiglia d’acqua lasciata lì sul piano.
Versò l'acqua e la bevve tutta d’un colpo, cominciando finalmente a placare quel tremendo desiderio. Si preparò anche un secondo bicchiere.
Lo bevve e si asciugò le labbra con il dorso della mano. 
Come fece per girarsi, pronta a tornare da suo figlio, la sua attenzione venne catturata da qualcosa fuori dalla finestra. 
Si raggelò, per un attimo le mancò il respiro e il cuore cominciò a batterle forte.
Muovendosi molto lentamente, tornò a guardare fuori, verso quel prato apparentemente vuoto. Non era certa di aver visto proprio una figura e non sapeva neanche definire cosa mai potesse essere, ma per qualche ragione quella percezione era stata abbastanza per provocarle una sensazione di malessere, come una sorta di irrequietezza insopportabile o un terrore che non poteva spiegare.
Si avvicinò al vetro della finestra e guardò ancora fuori. Non c’era assolutamente niente sul quel prato, vagamente illuminato dalla luce dei lampioni. Non c’era niente, il mondo a quell’ora era addormentato in un sonno immobile.
Eppure… - e il cuore continuava a batterle forte - perché avvertiva quello strano senso di fastidio?
Deglutì e fece qualche passo indietro.
Ripensò a Lucas, suo figlio di cinque anni, terrorizzato sotto le sue coperte, che la stava aspettando. Gli aveva promesso che avrebbe fatto in frettissima. Doveva tornare da lui il prima possibile.
Uscì dalla cucina e fece per raggiungere velocemente la scala, respirando nervosamente, ma quando passò ancora una volta davanti alla finestra, quella stessa finestra davanti alla quale si era fermato suo figlio, e questa volta vide inequivocabilmente qualcosa. 
Si pietrificò e si voltò di scatto verso il vetro, col cuore in gola.

Ancora una volta il prato appariva completamente vuoto, eppure era certa di averli visti.
E la cosa più incomprensibile era che, sebbene non fosse in grado di spiegare cosa avesse visto, era certa che tutto ciò non stava succedendo per la prima volta. 
No, Mila ne era sicura. Li aveva già visti in passato. Anzi, era sicura che in un certo senso li conosceva bene. Era come se quella percezione, durata solo un millesimo di secondo, fosse stata capace di risvegliare qualcosa nella sua memoria. Qualcosa che era lì dormiente, sepolto nella sua mente da chissà quanto tempo. Era un ricordo inafferrabile, ma che comunque esisteva.
E Mila sapeva che a questo punto non poteva più raggiungere quelle scale. Aveva paura, una folle paura, ma non poteva scappare, non poteva andare ad abbracciare suo figlio al piano di sopra. Lei doveva… vederli, doveva rispondere a quella chiamata. Non c'era altra scelta, il suo cervello non ammetteva alternativa. Doveva farlo e basta.
Respirando a fatica, Mila raggiunse la porta d’ingresso, l’aprì e uscì in giardino. Fece qualche passo sul prato guardandosi attorno. Erano lì, li percepiva, ne avvertiva la presenza, che gli faceva letteralmente schizzare il cuore contro la cassa toracica. Ma per quanto fosse terrificante, doveva stare lì con loro, perché è così che è sempre stato.
Camminò ancora sull’erba, i suoi piedi scivolavano sui fili d’erba bagnati di rugiada. 
Notò finalmente quell’oggetto in mezzo al prato. Una sorta di scatola nera, lucida, abbandonata sull’erba. E quella visione le provocò un vero e proprio malessere fisico, nausea, la testa era leggera e il suo corpo sempre più pesante e sempre meno suo.

Lentamente però cominciava a capire, cominciava a dare forma a quell'impressione, a quel ricordo primordiale. 
“Non sono pronta.” disse allora alle figure sul prato che adesso riusciva a distinguere sempre più definite.
L’aveva sempre saputo. Ogni umano su questa terra l’ha sempre saputo. Ma come è possibile dimenticare una cosa del genere?
“Mio figlio.” supplicò allora cominciando a piangere, mentre il suo corpo si muoveva da solo e andava ad inginocchiarsi davanti a quella scatola “Gli ho promesso che sarei tornata, che avrei fatto in frettissima.”
Quelle figure grigiastre e terrificanti presero ad avvicinarsi lentamente. Lei allungò le dita tremanti su quella scatola, quello scrigno che custodiva la chiave delle sue memorie. 
Il contatto con quel materiale provocò una scossa definitiva ai suoi pensieri. Finalmente tutto divenne totalmente, perfettamente chiaro e le lacrime presero a scendere più velocemente. 
Vedeva tutto ora. Sapeva tutto. Tutti i segreti del mondo, le risposte alle domande che ognuno di noi si pone, che abbiamo sempre conosciuto ma che non ricordiamo fino a quel momento.
I muscoli di Mina si contrassero contro la sua volontà, piegò la testa all’indietro, guardando il cielo cosparso di stelle luminose, un fascio luminescente l’avvolse.
Gli accompagnatori si chiusero a cerchio intorno a lei, ora poteva chiaramente vedere e riconoscere gli esseri che dominano dall'ombra il pianeta Terra.
Erano pronti a partire. 
Mina guardò la finestra della camera di suo figlio, il suo piccolo, dolce Lucas.
“Gli avevo promesso che gli avrei fatto compagnia, che non l’avrei lasciato solo.” mormorò iniziando a librarsi in aria e a svincolarsi dalle leggi della gravità.
Un’unica, ultima lacrima le scivolò sul viso, mentre cominciava quell’ascesa.
Partirono in un lampo di luce verde, penetrando la notte, squarciando l'atmosfera e ancora più in alto, verso le stelle, verso il luogo da dove siamo arrivati.


 
  
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