Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: VeronicaDallari    11/07/2020    0 recensioni
-Io mi ricordo- inizia Irene, dopo essersi calmata un po’, -di quando si è seduto di fianco a me la prima volta, del primo sorriso, anche del primo messaggio. Fa un po’ te, li ho eliminati per non ricascarci, ma non è servito a nulla. E mi fa male guardarmi indietro e rendermi conto di aver potuto fare di tutto ma non aver fatto niente; le persone cambiano idea, a volte troppo in fretta e a volte troppo tardi. Come faccio a dimenticarmi di tutto, Giorgia? Io non ce la faccio a guardarlo suonare, mi sento come un walkman rotto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa epica storia di inettitudine mista a ritrovamenti di coscienze inizia con la perdita di religione di una delle ragazze più carine dell’intera provincia di Modena. Che non è poi tanto grande quanto pretenziosa.

Irene Lanzotti, minuta, delicata, i lineamenti di un’adolescente veramente bella sul corpo di una donna, come una sorta di sciaquetta preannunciata delle fanfiction più scadenti in circolazione, ha gettato via il proprio grillo parlante verso Luglio – o forse Giugno – del 2016, pronta a vivere la propria vita, a fare le proprie esperienze, sentimentali o sessuali che fossero.

Ha agito, sta agendo. Ma…?

Be’, non si può certo dire che Maurizio Lugli sia brutto; effettivamente si avvicina molto agli stereotipi di bellezza – o meglio, carineria – per cui le ragazzotte dei bassifondi di Instagram amano impazzire. Alto, stiloso, i capelli acconciati a meraviglia, sempre e comunque un outfit impeccabile nella collezione degli outfit dei nonni d’Italia – o forse del mondo intero: maglioncino sui toni del marrone, camicie bianco-azzurrine… – nonché un viso dai lineamenti simili a quelli di un personaggio di uno di quei dannati cartoni giapponesi dalla musica troppo alta e i colori troppo vivaci. Capelli ed occhi scuri, questi ultimi sproporzionatamente grandi rispetto al resto del volto, ma che creano un insieme davvero piacevole. Zigomi a posto. Mascella a posto. Addominali a posto. Intelligenza a posto.

Tutto a posto. Effettivamente si potrebbe stilare una lista dell’impeccabile, impeccabilissima perfezione del Lugli in quanto tale; marmoreo, naturalmente dotato in modo quasi crudele rispetto agli altri coetanei che, dall’invidia, lo prendono in giro; dal cuore di calcestruzzo precompresso armato in zirconio, misterioso il giusto, con un pizzico di follia sottile quasi quanto la voglia dell’autore di profondersi in conclamate ammirazioni solamente perché si sente una pessima, pessima persona in confronto al soggetto qui descritto.

Eppure qualcosa che non va deve esserci, altrimenti la storia non avrebbe un inizio.

I due si sono conosciuti per motivi lontani, come il recupero di una verifica di Chimica Analitica qualche mese prima. Maurizio ha la media più alta della classe, forse quella più alta della scuola, ed ovviamente chi non si farebbe avanti per la splendida, malcapitata Lanzotti, indifesa come una principessa chiusa dal malvagio Re nel suo castello?

Invero, si sono conosciuti. Ed anche piuttosto bene. Si sono conosciuti talmente bene da superare brillantemente i compiti di recupero e dedicare molto, troppo del tempo rimanente ad altro, e che altro. Che all’autore si creda sulla parola, descrizioni di tal tipo lo getterebbero nella più nera delle disperazioni.

Ad Irene, nonostante sia un’inguaribile romantica, nulla della loro storia esplicitamente sessuale ha precedentemente infastidito, se non la non esistente correlazione logica tra il proprio disgusto verso la personalità di Maurizio e il desiderio per il corpo di lui – che Dio perdoni l’autore.

E così, la loro storia è andata avanti per mesi di scappatelle notturne e sperimentazioni nella loro sfera più segreta; attraenti e quasi diciassettenni entrambi, cosa di meglio poteva esserci per iniziare nel modo migliore il penultimo anno di superiori?

Maurizio però si è accorto di volere di più, e gliel’ha detto piuttosto chiaramente. Voleva chiamarla la sua ragazza, avere la certezza che lei fosse sua e solo sua e stronzate simili; era ed è una persona piuttosto gelosa. Irene ha uno sporco segreto, non ai livelli dell’identità di Gossip Girl ma quasi, che si vergogna a rivelare persino a se stessa:

Lei non vuole saperne niente di Maurizio, più niente. Ritiene che sia stato tutto un errore e vorrebbe prendersi a schiaffi per tutte quelle… come chiamarle? Sveltine. Perché la verità è che Lugli la mette in imbarazzo, a morte.

Irene si ricorda numerosi episodi durante i quali avrebbe semplicemente voluto seppellire la testa sotto terra; tutte le volte a ginnastica in cui Maurizio ha finto di cadere per poi rialzarsi dopo un paio di capriole, oppure tutte le volte che ha inventato qualche strano nome per suscitare scandalo e far ridere la classe – lei non ha mai riso, se non di imbarazzo – o di tutte quelle volte che ha battibeccato con un professore amato da tutti solo per apparire, o di quando piroettava in mezzo al laboratorio o di quando, ancora, sfilava fiero per i corridoi della scuola vantandosi di aver compiuto chissà quale prodezza fisica per poi mostrare gli addominali, per non parlare di quei momenti in cui, con la sua voce forzatamente baritonante saltava su con un “ma sì, quel robo...” e i professori gli chiedevano di definire gli oggetti in modo più preciso e lui sorrideva e continuava “il robo...”

Irene non sa, ma non vuole più sapere. Non vuole. E le sembra di prendere in giro Lugli continuando con questa storia, quindi qualcosa dovrebbe inventarsi, anche perché ormai ogni volta che lo vede prova sempre più disgusto. Non per chi è, ma per chi vuole essere, ed Irene non lo sopporta.

Quel pomeriggio delle prime settimane di Settembre stanno a casa di lui, perché i suoi sono impegnati a pranzo con qualche collega di lavoro. Dire che Irene sia tesa come una corda di violino le pare un eufemismo, quindi si accontenta del paragone con un’asse di legno. Rigida. E piena di schegge. Poco prima di uscire ha avuto un crollo di nervi ed è scoppiata a piangere nella doccia. Si sente un po’ in trappola, e la cosa peggiore è che ci si è chiusa dentro completamente da sola, forse con un po’ di aiuto divino, ma comunque senza troppe difficoltà.

Maurizio apre la porta. Come suo solito veste elegante: una camicia perfettamente stirata e un paio di pantaloni dalla piega impeccabile. È solo un po’ spettinato.

Le sorride e si fa indietro per lasciarla passare. Il salotto è in ordine, ma i due si dirigono verso il vero luogo dei misfatti, camera di lui. Che, tra parentesi, è un vero disastro, un po’ come la camera di ogni ragazzo. In fondo, come si può pretendere che un ragazzo si occupi proprio di tenere in ordine la propria stanza? Un paio di poster di cartoni animati giapponesi spiccano, vivaci, appesi al muro.

-Siediti pure- fa lui, indicando il posto acanto a sé sul letto. Irene fa come suggerito.

E lui ha sempre qualcosa di così strano . Ha quell’aurea un po’ impacciata che sembra carina, cosa che subito ha attratto Irene, ma è così… così… Andrea lo definisce come uno con i complessi di inferiorità, che fa di tutto per poter essere sempre al centro dell’attenzione.

E quindi Irene cerca le parole adatte per dirglielo, ma lui ha già iniziato ad accarezzarle la coscia, e lei si paralizza. È stata lei ad iniziare tutto, come può pretendere che tutto finisca senza che lui ed il resto della classe la prendano per… per, insomma, Irene si capisce. E non dovrebbe importargliene troppo, ma sa che a parole è una cosa, a fatti un’altra, e che purtroppo la sua mente è fin troppo fragile per sopportare scherzi del genere.

Perciò si volta verso di lui e gli sorride. -Ti va di vedere un film?

Un paio d’ore e mezza più tardi, esce non esattamente indenne dal luogo del delitto. Ha detto che suo padre l’aspetta in un parcheggio poco più avanti per fuggire da quell’incubo, ma in realtà se n’è andata da sola, a piedi. Non riesce a stare ferma, non può stare ferma o ripenserebbe ossessivamente ai suoi piani falliti. Fallati . Proprio come i suoi buoni propositi.

Senza pensarci minimamente, raggiunge il parco giochi, che a quell’ora è quasi vuoto. Si dirige verso le zone più nascoste, fino ad arrivare ad una panchina. La panchina.

Irene ci si siede, per poi scoppiare a ridere ancor prima di aprire il messaggio che le è appena arrivato, macabro promemoria della tragicomica, ennesima esperienza appena vissuta. “Ho quasi diciassette anni, mamma” eppure mai si è sentita tanto fragile e vulnerabile nei confronti di quel grande, inaffrontabile cannibale soprannominato vita sentimentale . E no, non le è mai interessato nessuno al punto da tentare di fare tutto ciò che ha fatto, infatti non capisce perché diamine abbia dovuto umiliarsi in quel modo davanti agli occhi di un fantomatico e, purtroppo, onnisciente Dio.

E cerca di sbadigliare, ma la mandibola le fa terribilmente male. Di nuovo. Si tasta il viso; quella mattina si è guardata allo specchio sperando di trovare qualcosa di diverso, qualcosa che le indicasse che quella dei mesi prima non era lei, ma un qualche specie di mostro che si è impossessato del suo intatto corpo e della sua ancor più intatta mente.

E invece no, ha trovato solo qualche livido sul collo pateticamente riconducibile a un succhiotto; terribilmente mainstream per una sedicenne, ancor più terribilmente vero e vivido nella sua malata, malata mente. Mente che a quanto pare sa distaccarsi dalla coscienza anche troppo bene, per i gusti di Irene. Ma no, il mondo è andato per quel verso ed Irene è andata per quel verso ed ora più che lamentarsi non può fare nulla. Forse soffrire, sì, forse pentirsi, ma ormai il dado è tratto e le cose vanno portate avanti fino alla fine. Almeno per salvarsi la reputazione.

Si ferma a riflettere un altro po’, ma non troppo; è stanca e ha voglia di parlare con i suoi amici. Inizia a dirigersi verso casa, quando nota uno scenario piuttosto peculiare.

-...coraggio, muoviti!- mormora il ragazzo, rivolto al canarino che tiene in mano. Indossa vestiti scuri, abbinati alla montatura degli occhiali.

Irene gli si avvicina senza fare troppo caso a lui e tenta di accarezzare il piccolo uccellino. -Ma è ferito?

-Non lo so, ma non sembra.- Il ragazzo lo esamina da tutte le angolazioni, toccandolo per vedere se emette qualche cinguettio di dolore. -Secondo me è solo caduto.

-Capito.- Irene tende le mani. -Posso tenerlo?

Il ragazzo la guarda torvo, per poi scrollare le spalle e passarle il batuffolo. È incredibilmente leggero. Irene ha decisamente bisogno di quel genere di purezza nella propria vita; si sente come se fino a quel momento avesse sbagliato tutto. Si sente indegna di tanta delicatezza e gioia.

Un paio di lacrime scivolano sul suo volto, mentre con fermezza e leggerezza accarezza il becco del piccolo pennuto. -Ma sei bellissimo.

Il ragazzo pare preoccupato per la sanità mentale di lei. La scruta con quegli occhi dal colore strano, che alla luce del sole sembrano una pozzanghera. “Accidenti, molto romantico.” -È tutto okay? Vuoi sederti?

-No, io...- Tira su con il naso, poi scoppia a ridere. Tenendo al sicuro il cucciolo, porge la mano destra allo sconosciuto. -Scusa, è stata una giornataccia. Piacere, Irene.

Le sorride. -Lorenzo. Fai il Fermi?

Lei annuisce.

-Ah, mi pareva di averti già vista. Senti, so che ti sembrerà un po’ strano, ma ti va di prenderci un gelato? Sto cercando ogni scusa possibile per evitare mio padre, e mi sembra che anche a te serva un po’ di compagnia.

Irene ha l’anima talmente rotta che anche se le si presentasse Pennywise nella sua miglior tenuta da clown lo seguirebbe senza fare domande. -Va bene, ma come facciamo con lui?

Lorenzo scrolla le spalle. -Se ha avuto l’imprinting con me, non imparerà mai a volare. Bisogna risvegliare il suo istinto.

Irene aggrotta la fronte. -E come?

Lui le strappa il canarino di mano. Il piccolo emette un ultimo squittio prima di venire lanciato nel vuoto da Lorenzo.

-Ma cosa cazzo fai?- grida Irene, precipitandosi a guardare verso il burrone. Non c’è più traccia dell’uccellino.

-O impara così, o non ce la farà mai, e morirà comunque. E ora andiamo?

Irene lo guarda di traverso, ma ha un viso troppo dolce per essere un qualche sorta di sociopatico violento. Sente di potersi fidare, sempre che non butti via le persone come butta via i canarini.

Qualche istante dopo, i due si allontanano, e il passerotto si alza in volo.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: VeronicaDallari