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Autore: Aliseia    11/07/2020    2 recensioni
Era ancora lì, legato a quell’albero, ma il lavoro incessante dei polsi lo aveva quasi liberato dalle corde. E i denti avevano completamente lacerato il bavaglio. «Aiuto.» disse senza troppa convinzione.
«Sarà un po’ difficile ottenerlo se sospirate così.»
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In The Vault Of Time'
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Fandom: Da Vinci’s Demons
Genere: Angst - Introspettivo
Rating: Teen and up audiences
Personaggi: Leonardo Da Vinci, Girolamo Riario

Note alla mia serie: Ho scoperto questa serie in ritardo, ma poco importa. Da Vinci’s Demons fu bruscamente interrotta con la stagione 3 e ancora l’anno scorso si parlava di una possibile stagione 4, ambientata ad anni di distanza. Da Vinci’s Demons perciò non si è mai conclusa. E questo la rende interessante, insieme ai motivi che mi tennero lontana all’inizio: è sfacciata, pop, storicamente inattendibile. Quasi sicuramente OOC rispetto ai personaggi storici. Ed è proprio questo che ci rende liberi. Basta dimenticare il Leonardo dei musei e concentrarci sul nostro adorabile Leonardo pop. Basta pensare che l’Italia di allora fosse davvero un sogno fatto in computer grafica. Basta capire che non è di storia, di arte o di scienza che stiamo parlando, ma di un’allegoria sull’omosessualità negata o ostentata. Poiché Da Vinci’s Demons è la storia di una grande storia d’amore. E lo slash ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
Note alla storia: questa storia ha un seguito nella prossima, In The Shadow Of Your Heart.
Dediche: a Miky che ancora una volta condivide il sogno con me. Grazie, sei un angelo.
A Abby, che condivide un sogno più o meno della stessa epoca, nella consapevolezza che lo slash non sente ragioni.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a David S. Goyer, agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
 
 
 
Breathe Me
 
Help, I have done it again
I have been here many times before
Hurt myself again today
And, the worst part is there's no-one else to blame

Be my friend, hold me
Wrap me up, enfold me
I am small and needy
Warm me up and breathe me

Breathe Me - Sia
 
 
La storia non racconta del suo ritorno. Di come a poche ore dalla partenza Leonardo fosse tornato a Roma con la scusa di recuperare un libro rubato all’archivio vaticano. Perduto poi nella colluttazione o forse nella fuga che lo aveva riportato dai fedeli amici, Nico e Zoroastro. E da Riario. Era ancora lì, legato a quell’albero, ma il lavoro incessante dei polsi lo aveva quasi liberato dalle corde. E i denti avevano completamente lacerato il bavaglio. «Aiuto.» disse senza troppa convinzione.
«Sarà un po’ difficile ottenerlo se sospirate così.» Leonardo si fermò proprio davanti all’avversario, ancora più o meno legato all’albero a cui lo avevano assicurato prima di partire. L’artista attese ancora prima di aggiungere alcunché, ostentatamente immobile mentre l’altro si agitava, si contorceva senza tregua, con il solo risultato al momento di rendere credibile il paragone già azzardato da Lorenzo: un serpente. Un serpente inquieto con occhi enormi dal colore indefinito, la pelle dall’apparenza liscia e intatta che affiorava dalla camicia strappata. Sul petto glabro ora brillava solo un enorme crocifisso. La chiave era nella borsa che l’Artista aveva lasciato alle cure dei propri fedeli compagni. Troppo rischioso tornare da lui con quell’oggetto tanto prezioso, parte di un meccanismo dall’incastro perfetto il cui completamento era nell’altra chiave, quella sul petto di Leonardo. L’artista aveva vinto quella battaglia, ma non gli bastava: erano troppe le sfide che quell’uomo sinistro lanciava alla sua ragione. Come mai nulla pareva scalfirlo? Perché non aveva pietà di nessuno ma portava fiori sull’oscura tomba di una povera donna? Quale segreto nascondevano quegli occhi cangianti, che ora sembravano neri e indagavano i suoi in attesa di una nuova condanna?
«Sei stato tu?» La voce di Leonardo un po’ tremava. Riario farfugliò qualche parola incomprensibile finché Leonardo bruscamente non lo liberò di ciò che restava del bavaglio.
«Parla, sei stato tu a denunciarmi?»
Riario sorrise. L’incresparsi di quelle labbra mobilissime era il più imprevedibile degli enigmi. «Parlate dell’accusa di sodomia?» chiese soave. Ora il sorriso aveva una sfumatura maligna, ma gli occhi restavano seri e profondi, quasi spaventati.
«Sì, quella.»
«Il Santo Padre ha parlato di una grafia femminile…»
Leonardo fu più vicino, e un pugno partì dritto al ventre dell’altro, che si piegò con un gemito. Riario tossì, sospirò e chiaramente assaporando tutto il dolore tornò a sollevare lo sguardo. «Non l’ho scritta io.»
«Ma l’hai ispirata.» Leonardo sembrava stranamente agitato. Ne era uscito benissimo, a quel che si diceva, ma la paura e forse la vergogna provate dovevano averlo scosso in modo particolare.
«Ispirata? Come potrei conoscere le vostre abitudini… E quali prove potrei avere… se si escludono poche frasi smozzicate del povero modello che avete sedotto?»
Quella non era nient’altro che una confessione e il colpo che partì mandò Riario a sbattere il capo con violenza contro il tronco.
«Come osate…» la voce dell’Artista tremò ancora.
«Perché questa cosa vi turba tanto, Da Vinci?»
Leonardo fissò l’altro con aria interrogativa.
«La sodomia. – riprese Riario - Non è usanza antica e gradita nella vostra corrotta città? Voi siete… l’Artista. Perché dovrebbe importarvi di ciò che gli altri dicono di voi?»
«A parte il fatto che la preferenza per tale gradita usanza poteva condurmi al rogo… Non sopporto il tradimento. Non sopporto che quelli che mi sorridono in pubblico poi vadano a spifferare i fatti miei. Abitudini e frequentazioni che non dovrebbero riguardare Roma e i suoi abitanti, allo stesso modo in cui io non sbircio nelle vostre camere da letto.»
«Roma non si interessa di nulla… Ma vede tutto.» sottolineò Riario.
«E giudica.»
«Se non volete essere giudicato, e condannato, contenete la vostra vita dentro gli insegnamenti di santa madre Chiesa.»
«Ma poi non sarei più il genio che dite.» Leonardo era tornato più o meno padrone di sé. Più o meno. Distolse gli occhi dal volto sofferente dell’altro, ma la visione del torace seminudo non contribuì alla sua tranquillità. Girolamo Riario era così fragile, così vulnerabile. E così provocante nella sua virginale ritrosia.
«La sodomia non mi turba – l’artista sorrise con durezza – E spero che non turbi neanche voi.» L’ironia nello sguardo fu equivocata da Riario che si mosse a disagio. «Tra un istante arriveranno le guardie svizzere.» mormorò.
All’inizio Da Vinci nemmeno capì le ragioni della patetica minaccia, ma poi qualcosa nel contegno dell’uomo legato gli rivelò la verità: la pelle chiarissima che rabbrividiva, gli enormi occhi inquieti… Ecco, il rigido contegno s’era incrinato e s’intravedeva il magma delle passioni. «Ora capisco. Quello di cui mi accusate è ciò che temete per voi. E ciò che temete… è ciò che desiderate.»
«Siete pazzo.» mormorò Riario con voce roca.
Leonardo si avvicinò ancora un poco, le labbra sfiorarono l’orecchio dell’altro. «Non temete, Conte Riario. Non vi farò mai un simile sgarbo. Soprattutto perché temo che vi piacerebbe.»
«Come osate?» urlò Riario.
Leonardo suo malgrado dovette fare un balzo indietro. «Perché urlate, Conte? Le guardie svizzere potrebbero sentirvi e farsi strane idee.»
«Come potete pensare di obbligarmi?» Lo sguardo era più addolorato che spaventato. La forma sembrava preoccupare Riario più della sostanza.
«Obbligarvi? Non è nel mio stile. Ma affidatevi a me per una notte e potrei farvi pregare…»
Riario smise di parlare. I grandi occhi tristi, le labbra espressive parlavano per lui con i loro guizzi, le fughe improvvise, l’accenno assurdo di un sorriso. «Confondete i vostri desideri con i miei.»
«Oh no – Leonardo ostentò un’aria divertita – Sono uno scienziato, disseziono mostri… Potrei giocare un po’ con voi per studiare le vostre reazioni di creatura notturna. Ma niente più di questo. Non siete un uomo con cui vorrei condividere i miei desideri.»
Riario si umettò le labbra, apparentemente incassando bene gli insulti. «Eppure siete qui.» rispose semplicemente.
Leonardo era spiazzato. Quell’uomo assurdo un attimo prima lo temeva, ora lo provocava, certo allo scopo di denunciarlo. Di costringerlo a quella profanazione per poi mandarlo al rogo. In ogni caso i polsi erano ormai liberi e Leonardo se ne accorse. Forse, molto banalmente, aspettava un suo momento di debolezza per sorprenderlo e colpirlo. «Ti ripeto, Girolamo, a costo di deluderti, che non ho alcun interesse nella tua ridicola persona. Sei solo la marionetta del Papa.»
«Non merito dunque nemmeno il vostro affronto.» commentò beffardamente Riario.
«Che vi piacerebbe. Ma… No. Vi lascio alle vostre guardie svizzere. Chissà, magari loro non andranno tanto per il sottile.»
La bassa risata di Riario accompagnò l’Artista mentre girava su se stesso e si allontanava. “L’ossessione dei propri fallimenti è una condanna peggiore della morte – ripeté tra sé Leonardo – e la frustrazione dei propri desideri è una punizione peggiore della loro imposizione”. Di scatto si voltò tornando velocemente sui propri passi. Riario aveva mosso qualche passo incerto, libero dalle corde, ma l’Artista lo costrinse ancora contro l’albero. Prese quel volto magro tra le mani e lo baciò. Era un bacio beffardo, all’inizio, una sequenza di piccoli morsi. Poi, trovando ben poca resistenza, Leonardo affondò la lingua e lentamente, languidamente trasformò l’iniziale diffidenza in smania. Riario sgranò gli occhi, poi li chiuse. Quindi ricambiò il bacio, prima con timidezza, poi con crescente passione. Leonardo era inebriato da quella resa così repentina. Incredibile… era vero. L’ossessione di Riario per lui aveva sempre avuto contorni poco chiari, ma ora erano scandalosamente, trionfalmente evidenti la sua origine e la sua natura. «Andrete all’inferno, Conte.» mormorò Leonardo sulle labbra sottili. «Lo so.» rispose il condannato.
L’Artista si concesse ancora un po’ di quel bacio, respirò il suo stesso respiro ed era sale di sangue e di una dolcezza imprevista la lingua, così facile da sottomettere alla sua. Le labbra erano aride, instancabili, non stavano mai ferme nemmeno nel bacio. La mano di Leonardo scese sul ventre e sfiorò la cintura. Poi si bloccò.
«Paura, Artista?»
«No, io no. Voi piuttosto. Ma vorrei rassicurarvi. Non vi darò ciò che volete. Dovrete rimpiangere qualcosa di più di una chiave… Se l’ambizione frustrata è un tormento, aspettate di sapere che effetto fa un desiderio insoddisfatto.» gli morse con leggerezza un orecchio e si staccò da lui.
Gli occhi di Riario ora erano immensi, spiritati. Era ormai buio e Roma si ammantava dei suoi misteri. Lasciò cadere le braccia lungo il busto mentre già Leonardo si allontanava. «Che effetto fa, Da Vinci? Ditemelo voi!» Leonardo colse con la coda dell’occhio la plateale agitazione del suo avversario. Allargava le braccia, misurava a lunghi passi lo stesso metro di terra. Non lo inseguiva ma cercava di raggiungerlo alzando di un tono la voce. «È un inganno del vostro orgoglio quello che vi fa sentire al sicuro! Da Vinci!»
Leonardo già lontano non si voltò. Ma non era abbastanza lontano da poter ignorare il seguito. «Voi siete tornato da me! Voi avete desideri inconfessabili, ancora più umilianti perché ispirati da un vostro nemico. Voi tornerete!»
Finalmente Leonardo si girò, il vento portò le sue parole. «Voi pregherete… Lo state già facendo!»
La risata di Riario si confuse nell’aria notturna. «Tornerete, Artista, e per una volta completerete l’opera.»
Leonardo incassò le spalle e voltandosi repentinamente accelerò il passo.
«Tornerai da me, Leonardo.»
 
  
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