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Autore: Sarah_lilith    12/07/2020    4 recensioni
Le estati a Yunmeng erano uniche. Tutti i Clan invidiavano le settimane che riempivano la città di serate danzanti e mercati notturni dove le bancarelle profumavano di vino e dolci.
I bambini attendevano quel periodo per sgattaiolare fuori ed osservare i grandi che si divertivano, mentre gli adulti potevano godersi la compagnia degli amici in tranquillità.
Ma le nottate erano dedicate in realtà ai ragazzi. E così sarebbe stato per sempre.
C’era solo da essere sicuri di non essersi persi quel periodo della vita.
-
Riflessioni di un Jiang Cheng molto cambiato dai vari dolori che ha affrontato col tempo. Una cosa semplice, nulla di impegnativo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jiang Wanyin/Jiang Cheng, Jin Ling/Jin Rulan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thought we built a dynasty that heaven couldn't shake.
Thought we built a dynasty, like nothing ever made.
Thought we built a dynasty forever couldn't break up…


(Dynasty - MIIA)

 

 

Quell’estate, le giornate ad Approdo del Loto si erano fatte calde e secche. L’aria profumava di fiori e di acqua dolce, satura del vociare della gente per strada.

Il vento era così forte da sospingere le barche senza bisogno che qualcuno remasse; scompigliava le capigliature delle giovani venditrici e le divise indaco dei cultori. La brezza trasportava con sé anche il rumore dei campanelli appesi alle loro cinture.

La superficie del lago non era mai stata così spumeggiante, a Yunmeng. Ricoperta di boccioli nuovi, si agitava abbastanza da far preoccupare i visitatori inesperti.

Gli abitanti del luogo, invece, mandavano i bambini a nuotare fino a sera, sfruttando la buona stagione che ancora non contemplava temporali o acquazzoni improvvisi. Fino a che l’afa non si faceva umida, non c’era da preoccuparsene.

La gente si divertiva a restare sveglia fino a tarda notte, radunandosi per strada e vagando fra le bacinelle di dolciumi o ninnoli vari. Come se ci fosse una festa ogni sera, le vie erano illuminate dalle tremolanti fiamme delle lanterne che proiettavano le ombre dei danzatori sulle pareti delle case vuote.

Nessuno si asteneva da quei bagordi. Perfino la sede del Clan era semi abbandonata, la sera.

Jin Ling era determinato a partecipare, anche se ripeteva ad amici e parenti, ovvero i suoi compagni di addestramento e suo zio, di non voler affatto farlo. Ogni qualvolta che glielo domandavano, il ragazzino rispondeva sempre allo stesso modo.

-Ho già dodici anni, non ho intenzione di sprecare tempo che potrei usare per allenarmi con arco e spada per ballare in mezzo ad una strada come un pazzo- brontolava incrociando le braccia al petto e alzando il mento -Fata, vieni qui- richiamava poi, facendosi affiancare dal fedelissimo cane prima di andarsene impettito.

Non ci cascava nessuno, in ogni caso. 

I suoi amici sapevano bene che al giovane dovevano prudere i piedi dalla voglia di passare una sera in quel tugurio. Suo zio invece, stranamente, non commentava mai la questione.

Ogni volta che veniva invitato a unirsi ai festeggiamenti, il viso del Gran Maestro di Yunmeng si scuriva e gli occhi grigi gli brillavano di quella che pareva nostalgia. Poi alzava un sopracciglio sottile e si dichiarava impegnato perché, testuali parole, "aveva un Clan da gestire, lui".

-Forse non gli piace… sai, divertirsi- aveva azzardato un giorno una delle guardie, rivolgendosi al compagno che stava appostato dall’altra parte del corridoio, fuori dagli alloggi del loro Gran Maestro.

Il collega gli aveva scoccato un’occhiata scettica e si era guardato attorno prima di sporgersi per rispondere.

-A chi non piace bere fino a star male e guardare belle donne che ballano?- aveva domandato con evidente sconcerto nella voce, controllando che nessuno passasse di lì e li sentisse.

L’altro aveva quindi scrollato le spalle come a dire che non lo sapeva. Entrambi si erano lasciati sfuggire un sospiro incredulo, ma la questione non era finita lì.

Molti parlavano dell’assenza del loro leader durante quelle notti, lamentandosi e ipotizzando assurde teorie sul suo evidente disinteresse verso quegli eventi mondani che capitavano solo una volta l’anno, quando la stagione lo permetteva.

-É innamorato, ecco perché non partecipa- borbottavano gli uomini, venendo all’istante smentiti dalle mogli che scuotevano la testa con fare mesto.

-Se fosse così sarebbe più che ansioso di presentarsi alla festa, dato che incontrerebbe di sicuro la sua bella, non credete?- li contraddicevano, le mani sui fianchi e lo sguardo di chi ne ha viste e sentite di peggiori -Se appartenesse ad un altro Clan, invece, non lo trovereste sempre qui in giro- continuavano, senza dare a nessuno la possibilità di replicare.

Alcuni sostenevano che si fosse ammalato di un morbo incurabile, altri ancora che fosse stato ferito in battaglia. C’erano perfino voci su di una sua possibile abdicazione in favore di Jin Ling, nonostante la giovane età del nipote.

Se avessero saputo la verità, in ogni caso, non lo avrebbero mai capito sul serio.

Le nottate di Jiang Cheng, durante i festeggiamenti, si spendevano in allenamenti al limite dell’autodistruzione fino a che non crollava addormentato sul pavimento della sua stanza, Zidian che gli sfrigolava tra le dita e il sudore che gli incollava la divisa alla schiena. Sfinito, il sonno lo accoglieva senza incubi pronti a divorargli il cuore.

Era un metodo che aveva collaudato con gli anni, quello di evitare a tutti i costi quelle serate mondane. Sapevano troppo di nostalgia. Gli impastavano la bocca di malinconia e la memoria di tristezza.

Quando era vivo, Wei WuXian adorava quel periodo dell’anno. Passava le nottate insonni in strada, a ballare, cantare a squarciagola e bere, bere fino a star male e poi ballare ancora.

Toccava sempre a Jiang Cheng riportarlo a casa, caricandoselo a cavalcioni come quand’erano bambini e barcollando, anche lui non propriamente sobrio, fino alle loro stanze. Spesso erano però così stanchi da non riuscire nemmeno a mettersi a letto, preferendo rannicchiarsi a terra e dormire vicini.

La loro Shijie li aveva trovati così tante volte abbracciati stretti per il freddo derivato dai vestiti umidi di vino e sudore, due sorrisi ebeti in faccia che erano tutto un programma e i capelli scompigliati. Non li aveva mai rimproverati, però.

Era tradizione che l’ultimo periodo estivo lo si spendesse così, consumando ogni forza per stare svegli tutta la notte e dormendo fin a pomeriggio inoltrato solo per rifare il medesimo errore la sera successiva. La loro adolescenza era stata magica, grazie a quelle settimane.

Forse era per questo che, anche dopo anni di lutto, Jiang Cheng non riusciva comunque a viverle serenamente. Il cuore gli appesantiva il petto come un masso che non poteva né spostare, né ignorare, quindi preferiva sfogare il dolore a modo suo. 

Quell’anno in particolare, sembrava che neppure gli allenamenti più estenuanti lo sfinissero abbastanza da negargli un sonno ricco di ricordi. Forse era il momento di dare un taglio definitivo al passato, in fondo.

Fu con questo pensiero in mente che, l’ultima notte di festa, il Capo Clan si diresse in totale silenzio verso l’armadio meno scuro che si trovava nell’angolo più buio della stanza.

Estrasse la chiave apposita dalla tasca della divisa e la inserì nella serratura di ferro battuto, girandola tre volte prima che il meccanismo scattasse con un suono secco. Aprì quindi le ante e, sospirando con calma, si chinò in avanti per afferrare un piccolo forziere di legno. 

Quest’ultimo non ebbe bisogno di nessun particolare oggetto, dato che la sua eventuale apertura si basava semplicemente sull’uso della giusta dose di energia spirituale. Una chiusura a prova di chiunque non fosse il proprietario, insomma.

Jiang Cheng si concentrò appena, passando distrattamente un dito sul bordo dello scrigno e facendolo aprire con uno scatto.

Al suo interno, un dizi nero come la pece brillò alla luce delle candele. 

Chenqing era l’unico oggetto che il cultore aveva salvato, nascondendolo al mondo e a se stesso. L’aveva relegato dentro una scatola sigillata in un armadio chiuso a chiave nelle sue stanze private, dimenticato da tutti. 

Ma non da lui.

Non c’era un vero motivo per cui volesse mantenere un legame con un oggetto simile, eppure non riusciva proprio a separarsene definitivamente.

Aveva provato il desiderio di distruggerlo più volte, quel maledetto flauto, ma il dizi di suo fratello era tutto ciò che era sopravvissuto alla guerra, quindi ogni volta rinunciava ancor prima di tentarci davvero. Era sempre stato così debole e sentimentale?

Sperava di no.

-Ma questa notte ci riuscirò- si disse con un sussurro che spezzò il silenzio della residenza -É arrivato il momento di crescere- asserì afferrando il flauto e gettando lo scrigno di lato, incurante del suo destino.

All’impatto con il pavimento di legno, l’oggetto emise un tonfo sordo, attutito forse dall’imbottitura scarlatta che lo riempiva. In bilico su di uno spigolo, crollò a terra dopo un’esitazione di qualche secondo, sollevando una nuvoletta di polvere che proveniva dal tappeto a fianco.

Immobile e inanimato, restò lì senza che l’uomo che ce lo aveva gettato lo degnasse di un solo sguardo. Era troppo impegnato a non scoppiare in lacrime come un bambino.

Jiang Cheng, concentrato com’era sul dizi che stringeva fra le mani, si dimenticò di respirare finché i polmoni non gli fecero male, costringendolo ad inspirare. Quel dolore gli fece bene, però, dato che riuscì a distaccarsi dai ricordi e riprendere contatto con la realtà.

Si diede un’occhiata attorno per assicurarsi che ciò che lo circondava fosse il presente e scosse la testa confuso. Strinse gli occhi tanto quanto le dita, finalmente cosciente di quanto potenti potessero essere le rimembranze passate.

Nella sua mente, però, c’erano solo immagini che lo trascinavano a fondo nei ricordi.

Wei Ying che roteava come un matto su se stesso nel bel mezzo ad una via affollata, la gente attorno a lui che rideva della sua voce stonata e della giara che teneva in mano. 

Wei WuXian euforico per un nuovo nastro trovato in una delle bancarelle ai lati della strada che lo implorava di legarglielo ai capelli e di non deriderlo per l’ennesima frivolezza insensata, nonostante quel pezzo di stoffa fosse identico a tutti gli altri che possedeva.

Wei Ying che gli si appoggiava addosso e chiudeva gli occhi con il mento appoggiato alla sua spalla, le braccia rigide attorno al suo collo ed un sorriso troppo grande sulle labbra.

Wei WuXian stanco e assonnato come non mai che tentava di far colazione senza crollare addormentato sul tavolo, gli occhi che gli si chiudevano e i pugni che non riuscivano a sostenergli il capo.

Frustrato, lanciò un urlo furioso e alzò il braccio in alto per gettare lontano da sé quell’oggetto maledetto. Una volta per tutte, finalmente, sarebbe riuscito a distruggerlo.

Ma non ci riuscì. 

Le sue dita non vollero lasciare la presa e il suo lancio andò a vuoto, il braccio che gli sbatteva inerme sul fianco e le ginocchia che gli cedevano. Cadde a carponi con solo la mano destra a sostenere il suo peso perché non crollasse a terra.

La sinistra era invece troppo impegnata a tenere il dizi stretto al petto, dove il suo cuore non la smetteva di galoppare veloce.

-Ti odio, ti odio, ti odio da morire- gridò al vento, le lacrime che gli bagnavano le guance e i loro freddi solchi che gli gelavano gli zigomi -Ti odio perché è tutta colpa tua, stupido idiota- singhiozzò ancora contro i pugni chiusi, portandosi le mani davanti al viso a mo’ di preghiera.

Forse ripeterselo all’infinito lo avrebbe convinto, nel profondo del cuore. 

Magari, alla fine, ci avrebbe creduto davvero.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Avevo questa storia in ballo da un po’, in realtà. Cioè, non avevo scritto nemmeno una riga, ma la mia mente se l’era già tutta bella che immaginata e ci avevo fantasticato su un sacco.
Poi, per puro caso mi è capitata sotto mano una fan art di Jiang Cheng che piangeva su Suibian e ho pensato: perché no?
Ovviamente grazie a Deb e Athe mi son ricordata che quel povero coglione non poteva avere la spada, dato che se la lisciava per bene Jin GuangYao nel suo covo segreto (probabilmente insieme alla testa di Nie Mingjue STO PIANGENDO) :) Ho optato per Chenqing, quindi.
Non ho nulla da dire, se non che mi sono depressa da sola nello scrivere questa breve… cosa. Non ne sono nemmeno convinta del tutto, ma Ely è una di quelle Beta che se non le dai qualcosa ogni tot ti inizia a miagolare come un gatto ferito quindi ho dovuto farlo. Stasera è un poco brilla (lo siamo entrambe) quindi perdonate eventuali errori.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

   
 
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