Virus
capitolo
7
L’ultimo saluto
La
morte non è che un cancello…
con
la morte finisce niente,
è
un cancello che si deve attraversare
per proseguire il viaggio.
Dal film Departures
La
mattina seguente Taichi fu
svegliato da un tuono. Non appena aprì gli occhi,
sobbalzò dal divano e, ancora
destabilizzato dalla sera precedente, cercò di capire cosa
ci facesse in cucina
ancora con la divisa addosso, quando, finalmente, riuscì a
collegare ciò che
ero accaduto il giorno precedente. No, non era un incubo. Ora si
ricordava
tutto: il suo migliore amico Yamato era stato ucciso brutalmente da
chissà chi
e per chissà quale motivo. Si affacciò alla
finestra e guardò il cielo nero e
la pioggia tagliente che sbatteva contro la vetrata. Anche il cielo
piangeva e
si ribellava alla tragedia che li aveva avvolti senza preavviso. Se
solo avesse
saputo che non lo avrebbe più rivisto, avrebbe fatto di
tutto per riabbracciarlo
un’ultima volta. Nei suoi pensieri tornò a bussare
il viso stravolto e quasi
assente di Sora nel momento in cui il Sergente Yoshida aveva rivelato
in quel
freddo obitorio cosa fosse accaduto. Una fitta al cuore lo
colpì violentemente.
Aprì il frigo e si versò nel bicchiere un
po’ di acqua, bevendola tutto d’un
fiato. Il suo battito era accelerato e la frustrazione si era
impossessata di
lui. Salì le scale a chiocciola iniziando a spogliarsi.
Buttò i vestiti madidi
di sudore nella cesta dei panni sporchi ed entrò nella
doccia. L’acqua calda scorreva
sul suo corpo liscio e scolpito. Non si accorse che calde lacrime si
stavano
mischiando a quelle dell’acqua che fuoriusciva dal soffione.
Uscì tamponando
tutto il corpo con l’asciugamano, si diresse verso la sua
camera, per poi
infilarsi un paio di boxer neri e una divisa pulita. Era presto, ma non
aveva
nessuna voglia di rimanere a casa per torturarsi il cervello. Scendendo
in
cucina inserì una cialda nella macchinetta del e, dopo aver
bevuto il suo primo
caffè della giornata, munendosi di ombrello, uscì
di casa per correre alla
stazione di Polizia.
Essendo
in anticipo, chiese al
collega all’ingresso se il Sergente fosse già
arrivato e, quando quello annuì,
andò verso l’ufficio del suo superiore.
-Buongiorno,
Sergente Yoshida.-
-Oh,
Agente Yagami, entri pure!-
asserì l’uomo non appena lo vide davanti alla
porta.
-Ci
sono novità sul caso del mio
amico?- chiese rivolgendosi con uno sguardo speranzoso.
-No,
mi dispiace, purtroppo niente
in particolare. Il testimone che ci ha chiamato, ha sentito
l’esplosione ed è
corso nel vicolo, ma non ha visto nulla di sospetto.-
-Capisco.-
rispose il prescelto
demoralizzato.
-Yagami,
perché non vai a casa a
riposarti, sarai esausto per la situazione.-
-La
ringrazio, Sergente, ma sto
bene!- mentì il ragazzo. Stare a casa da solo avrebbe solo
peggiorato la
situazione.
Tornò
nel suo ufficio e cominciò a
sistemare vari documenti sparsi sulla scrivania per tenere occupata la
sua
mente.
Quando
riuscì ad ordinare tutto, la
sua ex fidanzata, l’agente Bellucci, gli portò una
carpetta contenente il caso
Ishida.
-Il
capo ti ha fatto delle
fotocopie, se vuoi darci un’occhiata… magari
può venirti in mente qualcosa.-
-Ah…
okay.- le disse prendendo in
mano i documenti.
-Taichi,
mi dispiace tanto per il
tuo amico.-
-Grazie,
Menoa.- le rivolse un
sorriso quasi accennato. In fondo non era cattiva, erano solo
incompatibili.
“E’ stata gentile”, pensò tra
se.
Continuava
a guardare e riguardare
quei documenti, ma niente. Non riusciva a trovare nessun dettaglio che
potesse
condurlo alla verità. Yamato era sicuramente un ragazzo
apparentemente freddo e
distaccato, si irritava facilmente e con lui se ne erano date di santa
ragione
in passato, ma non aveva mai fatto male ad una mosca. Un episodio in
particolare lo riportò al passato.
Flashback
Digiworld
1999
Dopo
essersi reso conto che suo
fratello Takeru non aveva più bisogno di lui, Yamato si era
allontanato dal
gruppo insieme al suo fidato Gabumon. Aveva fatto quella scelta per
maturare e
crescere interiormente, ma, quando incontrò Cherrymon, il
misterioso e
intelligente digimon dalle sembianze di un albero di ciliegio,
nonché servo di
Puppetmon, uno dei quattro padroni delle tenebre, Yamato era
particolarmente
frustrato. Il digimon, riuscendo a captare la sua
vulnerabilità, riuscì così a
convincerlo che il suo vero nemico fosse proprio Taichi e che la cosa
più giusta
fosse quella di attaccare proprio lui per ritrovare la sua vera
personalità. Era
l’ennesima trappola di un digimon malvagio ed il ragazzo
c’era caduto con tutte
le scarpe. Così tornò dal gruppo di amici,
visibilmente felici del suo ritorno.
Taichi
gli era corso incontro
felicissimo di rivederlo.
-Ciao
Yamato, dov’eri? Ti abbiamo
cercato dappertutto!- Nemmeno il tempo di cantare vittoria per quel
ritorno o
di ottenere una risposta, che rimasero tutti attoniti nel vedere che
MetalGarurumon, il digimon del biondo, aveva attaccato Agumon
chiedendogli uno
scontro.
-Ma
che sta facendo? Glielo hai
detto tu di comportarsi così?-
anche
Sora si era messa tra i due ragazzi cercando di portare
l’amico sulla retta
via.
-Adesso
basta, Yamato, convincilo a
smettere subito.- continuò Taichi incredulo da quella
situazione.
-No,
Taichi, non lo fermerò!- il
digiprescelto dell’amicizia aveva risposto con uno sguardo
crudele.
-Non
lo fermerai? Sei impazzito?-
il castano era veramente stupito da quel comportamento, così
come anche il
resto del gruppo.
Inutile
dire che la discussione
andò per le lunghe e ancora una volta Sora si
fiondò tra i due per mettere
pace, ma il biondo non aveva nessuna intenzione di smettere, al
contrario di Taichi
che si allontanò sbuffando.
-Dove
pensi di andare. Battiti con
me!- urlò il biondo.
-Non
ho voglia di battermi, ci
vuole tanto a capirlo?-
Solo
quando MetalGarurumon gli
barrò la strada, cominciando ad attaccarli, non ci fu
più niente da fare. La
battaglia tra i due digimon iniziò. Come i loro partner,
anche Yamato e Taichi
iniziarono a litigare. Continuarono a prendersi a pugni e ad azzuffarsi
per un
pezzo. Il piano di Cherrymon aveva funzionato: li aveva messi l'uno
contro
l'altro, proprio come voleva lui. Per fortuna in tutto quel trambusto
un’entità
amica si impossessò del corpo di Hikari che
iniziò a spiegare tutti motivi per
cui erano stati scelti per essere i bambini prescelti. Aggiunse,
inoltre, che
ogni digimedaglione rappresentava la qualità migliore di
ognuno di loro.
Dopo
quelle spiegazioni, Yamato si
era tranquillizzato. Taichi gli propose di proseguire il viaggio
insieme, ma
lui rifiutò.
-Ritenevo
che affrontandoti sarei
riuscito a trovare la risposta che cercavo. Lo so che chiedere scusa
non
servirà a niente, ma mi dispiace. In ogni caso, per me
è arrivato il momento di
scoprire la mia vera natura. E questo, amici, è una cosa che
devo fare da solo.
Perciò non proseguirò il viaggio insieme a voi.-
Non
si capacitava del fatto che proprio
a lui avessero dato la digipietra dell’amicizia. Si
separarono ancora una
volta.
Fine
flashback
A
quei ricordi un’altra lacrima
rigò il suo viso. Dopo quell’episodio Yamato
cambiò, divenne finalmente più
maturo. Ciononostante, avevano continuato a punzecchiarsi negli anni e
il
motivo principale era sempre stato Sora. Continuava, però, a
non capacitarsi
del perché potessero averlo ucciso.
Si
era crogiolato per così tanto,
che non si rese conto che era già pomeriggio e che aveva
saltato il pranzo. Ma
del resto non aveva nemmeno un po’ di fame. Quando il suo
turno finì, tornò
subito a casa. Si era messo in tuta e aveva bevuto un energy drink
giusto per
rimettersi un po’ in forza. Accese la tv e si
buttò sul divano, quando il suo telefono
vibrò. Era un messaggio di Sora:
“Ciao
Taichi, il funerale di
Yamato sarà domani alle 16:00.”
Ingoiò
un magone inesistente. Visto
lo stato del corpo dell’amico, avevano deciso di saltare la
veglia come era
solito fare in Giappone, secondo la tradizione Buddista.
Non
rispose a Sora, non gli andava
di scriverle “ci sarò” visto che si
trattava di un evento spiacevole. Ma era
più che logico che sarebbe stato presente anche lui.
Chiamò, invece, il
Sergente per informarlo della sua assenza a lavoro, in maniera tale da
essere
presente al funerale, il quale, comprendendo, non obiettò
minimamente.
Spense
la tv e salì nella sua
camera. Stavolta non si sarebbe addormentato sul divano. Quando si
adagiò sul
letto, nonostante fosse solo tardo pomeriggio, crollò. Aveva
pensato talmente
tanto quel giorno, che non voleva più pensare a nulla.
***
Sora
era rimasta tutto il giorno a
casa della famiglia del suo fidanzato defunto. Erano tutti devastati
dal dolore
e il fatto che non potessero nemmeno organizzare una veglia per lui,
fece
irritare il signor Ishida, che continuò a sbraitare con
l'impresa di pompe
funebri.
Nella
veglia, avrebbero dovuto
chiamare un Tanatoesteta. Il suo compito sarebbe
stato quello di dare al
corpo freddo di Yamato, una bellezza che sarebbe durata per sempre, con
calma,
con precisione, ma soprattutto con tanta amorevolezza.
Poi,
avrebbero presentato il corpo
ai congiunti, come se fosse ancora vivo, e amici e parenti lo avrebbero
potuto
visitare e salutare come si deve, partecipando ad una ricca cena che
sarebbe divenuta
momento di condivisione del dolore. Il diritto di sepoltura, secondo i
Giapponesi,
è quello di preparare il defunto per una partenza serena.
Invece, per Yamato
Ishida tutto questo non sarebbe stato possibile, poiché la
morte che aveva
affrontato non permetteva tutto ciò.
Takeru
era immobile e ammutolito
sul divano della cucina da ore. La sua fidanzata continuava a spronarlo
a
mangiare o a bere senza risultati. Sembrava un vegetale.
Ancor
peggio, la madre era rimasta
a letto tutto il giorno, non voleva vedere nessuno e continuava a
colpevolizzarsi di non essere stata una madre presente per Yamato a
causa del
divorzio. C’erano dei momenti in cui l’ex marito
andava a controllarla e
premurosamente cercava di consolarla.
E
poi c’era lei, Sora Takenouchi,
che si sentiva così vuota e sola. Si sentiva un macigno
sullo stomaco e avrebbe
avuto bisogno di un abbraccio in quel momento. Già, ma da
chi? Pensò per un
attimo a Taichi. Lui, nonostante tutto, era stato il suo migliore amico
e,
proprio in quel momento, aveva tanto bisogno di lui. Non lo avrebbe
chiamato di
certo, eppure continuava a pensare che la sua presenza in quel momento
per lei
sarebbe stata vitale. Quando gli organizzatori stabilirono quando si
sarebbe
svolto il funerale, pensò di avvisarlo, ma, da parte
dell’amico, non arrivò
nessuna risposta.
Proprio
in quel momento arrivò Mimi
e, quando la vide da sola in un angolo a fissare il vuoto, le si
buttò al collo
e cominciarono a piangere all’unisono senza dirsi nulla. Per
fortuna, almeno in
quel momento aveva trovato una spalla su cui piangere.
***
Il
pomeriggio del funerale arrivò.
Davanti
all’altare del tempio, il
corpo di Yamato era disposto dentro una bara. Davanti a quella,
c’era una
tavoletta di legno con inciso il nome postumo assegnato
dal sacerdote.
Il nome postumo è un nome diverso da quello che la persona
ha avuto nella sua vita,
e che si suppone aiuti ad evitare che il defunto ritorni ogni volta che
venga
pronunciato il suo nome. Erano tutti presenti: i genitori del ragazzo,
il
fratello e la sua fidanzata Hikari, Sora e sua madre, Taichi, Koushiro,
Joe,
Mimi, tutte le famiglie dei digiprescelti, i componenti della vecchia
band in
cui suonava Yamato, gli “Knife of day”.
C’era anche Daigo Nishijima e sua
moglie. E altri amici di famiglia e compagni di facoltà del
ragazzo.
Erano
tutti vestiti di nero: gli
uomini con il pantalone e la giacca e le donne in abito o kimono. Ciascun membro della
famiglia offrì incenso
in ordine gerarchico, seguito dagli amici. Ogni persona che gli offriva
l’incenso giungeva dinnanzi all’urna posta davanti
alla bara, si metteva
sull’attenti, tenendo in mano il rosario, si inchinava e
poneva un pizzico di
incenso all’interno; poi si inchinava nuovamente e tornava al
suo posto. Dopo
che il sacerdote terminò la lettura del sutra, i presenti si
allontanarono.
Saltarono la procedura di mettere i fiori nella bara, poiché
era già stata
sigillata per motivi più che ovvi. Dopodiché, la
bara fu disposta su un carro
funebre e ,tutti coloro che avevano assistito al rito funebre,
proseguirono
lungo il corteo, verso il luogo della cremazione.
Arrivati
al luogo stabilito, i
familiari assistettero al procedimento della bara scaricata verso il
forno
crematorio e, non appena l’urna fu riempita delle ceneri del
ragazzo, e venne
coperta con un panno bianco, si svolse un altro corteo funebre per
trasportarla
al cimitero. Dopo quest’ultima fase, tutti salutarono la
famiglia e andarono
via tutti quanti. Tutti, tranne Taichi, che rimase con lo sguardo
spento e
assopito davanti alla tomba dell’amico.
-Mamma,
rimango un altro po’.-
disse Sora a Toshiko, mentre si avvicinava all’amico. La
signora Takenouchi,
notando che non sarebbe rimasta sola, annuì e
tornò a casa.
-Ciao.-
la voce di Sora fece
sobbalzare il castano.
-Sora,
come stai?- fu l’unica frase
sensata che riuscì a spiccicare.
-Strana.-
rispose con schiettezza
l’amica.
Contemplarono
la tomba in silenzio,
poi Taichi sospirò, entrambi si voltarono a guardarsi
intensamente.
-È
tutto così surreale.- asserì
l’amico.
Sora
annuì senza distogliere lo
sguardo dai suoi occhi. Provò a cacciare una lacrima
indietro senza riuscirci e,
notandolo subito, il ragazzo gliela asciugò con il pollice.
A quel gesto Sora
scoppiò in un pianto quasi liberatorio e lo
abbracciò istintivamente. Taichi
all’impatto rimase spiazzato, ma poi la strinse con forza a
lui, accarezzandole
i capelli.
Quell’abbraccio,
che Sora aveva
tanto desiderato, la fece sentire meglio. Rimasero stretti una manciata
di
minuti in silenzio, poi lei si staccò dal suo petto e lo
fissò.
-Taichi,
per favore, promettimi che
mi starai vicino.-
A
quella richiesta esplicita sgranò
gli occhi.
-Te
lo prometto! Ci sarò tutte le
volte che lo vorrai.-
Entrambi
si sorrisero a vicenda,
per poi salutare il digiprescelto dell’amicizia. Poi, Taichi
accompagnò Sora a
casa. Lo aveva promesso a lei, ma anche a se stesso: le sarebbe stato
accanto
ad aiutarla a superare questo brutto momento.
La
morte ci rende tutti uguali:
ricchi, poveri, uomini, donne, non esiste differenza quando bussa alla
nostra
porta. Ma quando le persone che ami se ne vanno, lasciano anche la
tristezza
del vuoto incolmabile a farci compagnia.
Note
finali:
E
niente, oggi sono di poche
parole: sarà colpa del capitolo un po’ triste (che
tra l’altro, considero più un
capitolo informativo che altro), saranno le poche ore di sonno che ho
addosso
(circa 4, o forse anche meno), sarà che ultimamente sono
intasata di lavoro (e per
fortuna, aggiungerei).
Fatto
sta che oggi non mi
dilungherò come al solito.
Unica
cosa che voglio dire è che se
dovessi mancare per un paio di settimane sia con gli aggiornamenti sia
con gli
scambi è solo perché è il periodo
incasinato e non trovo né tempo né
concentrazione. Quindi chiedo scusa in anticipo, ma non appena mi
rassereno e
trovo qualche ora di pace torno tra di voi, croce sul cuore!
Ringrazio
come sempre la mia beta Digihuman
e tutti coloro che leggono e recensiscono, compreso i lettori
silenziosi.
A
presto <3
Wendy