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Autore: Wendy_88    12/07/2020    5 recensioni
Un virus letale, nemici misteriosi, un triangolo amoroso e un cadavere. Una serie di eventi segneranno le vite dei nostri otto digiprescelti.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Yamato Ishida/Matt | Coppie: Sora/Tai
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Virus

capitolo 7

L’ultimo saluto

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La morte non è che un cancello…

con la morte finisce niente,

è un cancello che si deve attraversare per proseguire il viaggio.

                                                              Dal film Departures

 

 

La mattina seguente Taichi fu svegliato da un tuono. Non appena aprì gli occhi, sobbalzò dal divano e, ancora destabilizzato dalla sera precedente, cercò di capire cosa ci facesse in cucina ancora con la divisa addosso, quando, finalmente, riuscì a collegare ciò che ero accaduto il giorno precedente. No, non era un incubo. Ora si ricordava tutto: il suo migliore amico Yamato era stato ucciso brutalmente da chissà chi e per chissà quale motivo. Si affacciò alla finestra e guardò il cielo nero e la pioggia tagliente che sbatteva contro la vetrata. Anche il cielo piangeva e si ribellava alla tragedia che li aveva avvolti senza preavviso. Se solo avesse saputo che non lo avrebbe più rivisto, avrebbe fatto di tutto per riabbracciarlo un’ultima volta. Nei suoi pensieri tornò a bussare il viso stravolto e quasi assente di Sora nel momento in cui il Sergente Yoshida aveva rivelato in quel freddo obitorio cosa fosse accaduto. Una fitta al cuore lo colpì violentemente. Aprì il frigo e si versò nel bicchiere un po’ di acqua, bevendola tutto d’un fiato. Il suo battito era accelerato e la frustrazione si era impossessata di lui. Salì le scale a chiocciola iniziando a spogliarsi. Buttò i vestiti madidi di sudore nella cesta dei panni sporchi ed entrò nella doccia. L’acqua calda scorreva sul suo corpo liscio e scolpito. Non si accorse che calde lacrime si stavano mischiando a quelle dell’acqua che fuoriusciva dal soffione. Uscì tamponando tutto il corpo con l’asciugamano, si diresse verso la sua camera, per poi infilarsi un paio di boxer neri e una divisa pulita. Era presto, ma non aveva nessuna voglia di rimanere a casa per torturarsi il cervello. Scendendo in cucina inserì una cialda nella macchinetta del e, dopo aver bevuto il suo primo caffè della giornata, munendosi di ombrello, uscì di casa per correre alla stazione di Polizia.

Essendo in anticipo, chiese al collega all’ingresso se il Sergente fosse già arrivato e, quando quello annuì, andò verso l’ufficio del suo superiore.

-Buongiorno, Sergente Yoshida.-

-Oh, Agente Yagami, entri pure!- asserì l’uomo non appena lo vide davanti alla porta.

-Ci sono novità sul caso del mio amico?- chiese rivolgendosi con uno sguardo speranzoso.

-No, mi dispiace, purtroppo niente in particolare. Il testimone che ci ha chiamato, ha sentito l’esplosione ed è corso nel vicolo, ma non ha visto nulla di sospetto.-

-Capisco.- rispose il prescelto demoralizzato.

-Yagami, perché non vai a casa a riposarti, sarai esausto per la situazione.-

-La ringrazio, Sergente, ma sto bene!- mentì il ragazzo. Stare a casa da solo avrebbe solo peggiorato la situazione.

Tornò nel suo ufficio e cominciò a sistemare vari documenti sparsi sulla scrivania per tenere occupata la sua mente.

Quando riuscì ad ordinare tutto, la sua ex fidanzata, l’agente Bellucci, gli portò una carpetta contenente il caso Ishida.

-Il capo ti ha fatto delle fotocopie, se vuoi darci un’occhiata… magari può venirti in mente qualcosa.-

-Ah… okay.- le disse prendendo in mano i documenti.

-Taichi, mi dispiace tanto per il tuo amico.-

-Grazie, Menoa.- le rivolse un sorriso quasi accennato. In fondo non era cattiva, erano solo incompatibili. “E’ stata gentile”, pensò tra se.

Continuava a guardare e riguardare quei documenti, ma niente. Non riusciva a trovare nessun dettaglio che potesse condurlo alla verità. Yamato era sicuramente un ragazzo apparentemente freddo e distaccato, si irritava facilmente e con lui se ne erano date di santa ragione in passato, ma non aveva mai fatto male ad una mosca. Un episodio in particolare lo riportò al passato.

 

Flashback 

Digiworld 1999

Dopo essersi reso conto che suo fratello Takeru non aveva più bisogno di lui, Yamato si era allontanato dal gruppo insieme al suo fidato Gabumon. Aveva fatto quella scelta per maturare e crescere interiormente, ma, quando incontrò Cherrymon, il misterioso e intelligente digimon dalle sembianze di un albero di ciliegio, nonché servo di Puppetmon, uno dei quattro padroni delle tenebre, Yamato era particolarmente frustrato. Il digimon, riuscendo a captare la sua vulnerabilità, riuscì così a convincerlo che il suo vero nemico fosse proprio Taichi e che la cosa più giusta fosse quella di attaccare proprio lui per ritrovare la sua vera personalità. Era l’ennesima trappola di un digimon malvagio ed il ragazzo c’era caduto con tutte le scarpe. Così tornò dal gruppo di amici, visibilmente felici del suo ritorno.

Taichi gli era corso incontro felicissimo di rivederlo.

-Ciao Yamato, dov’eri? Ti abbiamo cercato dappertutto!- Nemmeno il tempo di cantare vittoria per quel ritorno o di ottenere una risposta, che rimasero tutti attoniti nel vedere che MetalGarurumon, il digimon del biondo, aveva attaccato Agumon chiedendogli uno scontro.

-Ma che sta facendo? Glielo hai detto tu di comportarsi così?-  anche Sora si era messa tra i due ragazzi cercando di portare l’amico sulla retta via.

-Adesso basta, Yamato, convincilo a smettere subito.- continuò Taichi incredulo da quella situazione.

-No, Taichi, non lo fermerò!- il digiprescelto dell’amicizia aveva risposto con uno sguardo crudele.

-Non lo fermerai? Sei impazzito?- il castano era veramente stupito da quel comportamento, così come anche il resto del gruppo.

Inutile dire che la discussione andò per le lunghe e ancora una volta Sora si fiondò tra i due per mettere pace, ma il biondo non aveva nessuna intenzione di smettere, al contrario di Taichi che si allontanò sbuffando.

-Dove pensi di andare. Battiti con me!- urlò il biondo.

-Non ho voglia di battermi, ci vuole tanto a capirlo?-

Solo quando MetalGarurumon gli barrò la strada, cominciando ad attaccarli, non ci fu più niente da fare. La battaglia tra i due digimon iniziò. Come i loro partner, anche Yamato e Taichi iniziarono a litigare. Continuarono a prendersi a pugni e ad azzuffarsi per un pezzo. Il piano di Cherrymon aveva funzionato: li aveva messi l'uno contro l'altro, proprio come voleva lui. Per fortuna in tutto quel trambusto un’entità amica si impossessò del corpo di Hikari che iniziò a spiegare tutti motivi per cui erano stati scelti per essere i bambini prescelti. Aggiunse, inoltre, che ogni digimedaglione rappresentava la qualità migliore di ognuno di loro.

Dopo quelle spiegazioni, Yamato si era tranquillizzato. Taichi gli propose di proseguire il viaggio insieme, ma lui rifiutò.

-Ritenevo che affrontandoti sarei riuscito a trovare la risposta che cercavo. Lo so che chiedere scusa non servirà a niente, ma mi dispiace. In ogni caso, per me è arrivato il momento di scoprire la mia vera natura. E questo, amici, è una cosa che devo fare da solo. Perciò non proseguirò il viaggio insieme a voi.-

Non si capacitava del fatto che proprio a lui avessero dato la digipietra dell’amicizia. Si separarono ancora una volta.

Fine flashback

 

A quei ricordi un’altra lacrima rigò il suo viso. Dopo quell’episodio Yamato cambiò, divenne finalmente più maturo. Ciononostante, avevano continuato a punzecchiarsi negli anni e il motivo principale era sempre stato Sora. Continuava, però, a non capacitarsi del perché potessero averlo ucciso.

Si era crogiolato per così tanto, che non si rese conto che era già pomeriggio e che aveva saltato il pranzo. Ma del resto non aveva nemmeno un po’ di fame. Quando il suo turno finì, tornò subito a casa. Si era messo in tuta e aveva bevuto un energy drink giusto per rimettersi un po’ in forza. Accese la tv e si buttò sul divano, quando il suo telefono vibrò. Era un messaggio di Sora:

Ciao Taichi, il funerale di Yamato sarà domani alle 16:00.”

Ingoiò un magone inesistente. Visto lo stato del corpo dell’amico, avevano deciso di saltare la veglia come era solito fare in Giappone, secondo la tradizione Buddista.

Non rispose a Sora, non gli andava di scriverle “ci sarò” visto che si trattava di un evento spiacevole. Ma era più che logico che sarebbe stato presente anche lui. Chiamò, invece, il Sergente per informarlo della sua assenza a lavoro, in maniera tale da essere presente al funerale, il quale, comprendendo, non obiettò minimamente.

Spense la tv e salì nella sua camera. Stavolta non si sarebbe addormentato sul divano. Quando si adagiò sul letto, nonostante fosse solo tardo pomeriggio, crollò. Aveva pensato talmente tanto quel giorno, che non voleva più pensare a nulla.

 

***

 

Sora era rimasta tutto il giorno a casa della famiglia del suo fidanzato defunto. Erano tutti devastati dal dolore e il fatto che non potessero nemmeno organizzare una veglia per lui, fece irritare il signor Ishida, che continuò a sbraitare con l'impresa di pompe funebri.

Nella veglia, avrebbero dovuto chiamare un Tanatoesteta. Il suo compito sarebbe stato quello di dare al corpo freddo di Yamato, una bellezza che sarebbe durata per sempre, con calma, con precisione, ma soprattutto con tanta amorevolezza.

Poi, avrebbero presentato il corpo ai congiunti, come se fosse ancora vivo, e amici e parenti lo avrebbero potuto visitare e salutare come si deve, partecipando ad una ricca cena che sarebbe divenuta momento di condivisione del dolore. Il diritto di sepoltura, secondo i Giapponesi, è quello di preparare il defunto per una partenza serena. Invece, per Yamato Ishida tutto questo non sarebbe stato possibile, poiché la morte che aveva affrontato non permetteva tutto ciò.

Takeru era immobile e ammutolito sul divano della cucina da ore. La sua fidanzata continuava a spronarlo a mangiare o a bere senza risultati. Sembrava un vegetale.

Ancor peggio, la madre era rimasta a letto tutto il giorno, non voleva vedere nessuno e continuava a colpevolizzarsi di non essere stata una madre presente per Yamato a causa del divorzio. C’erano dei momenti in cui l’ex marito andava a controllarla e premurosamente cercava di consolarla.

E poi c’era lei, Sora Takenouchi, che si sentiva così vuota e sola. Si sentiva un macigno sullo stomaco e avrebbe avuto bisogno di un abbraccio in quel momento. Già, ma da chi? Pensò per un attimo a Taichi. Lui, nonostante tutto, era stato il suo migliore amico e, proprio in quel momento, aveva tanto bisogno di lui. Non lo avrebbe chiamato di certo, eppure continuava a pensare che la sua presenza in quel momento per lei sarebbe stata vitale. Quando gli organizzatori stabilirono quando si sarebbe svolto il funerale, pensò di avvisarlo, ma, da parte dell’amico, non arrivò nessuna risposta.

Proprio in quel momento arrivò Mimi e, quando la vide da sola in un angolo a fissare il vuoto, le si buttò al collo e cominciarono a piangere all’unisono senza dirsi nulla. Per fortuna, almeno in quel momento aveva trovato una spalla su cui piangere.

 

***

 

Il pomeriggio del funerale arrivò.

Davanti all’altare del tempio, il corpo di Yamato era disposto dentro una bara. Davanti a quella, c’era una tavoletta di legno con inciso il nome postumo assegnato dal sacerdote. Il nome postumo è un nome diverso da quello che la persona ha avuto nella sua vita, e che si suppone aiuti ad evitare che il defunto ritorni ogni volta che venga pronunciato il suo nome. Erano tutti presenti: i genitori del ragazzo, il fratello e la sua fidanzata Hikari, Sora e sua madre, Taichi, Koushiro, Joe, Mimi, tutte le famiglie dei digiprescelti, i componenti della vecchia band in cui suonava Yamato, gli “Knife of day”. C’era anche Daigo Nishijima e sua moglie. E altri amici di famiglia e compagni di facoltà del ragazzo.

Erano tutti vestiti di nero: gli uomini con il pantalone e la giacca e le donne in abito o kimono.  Ciascun membro della famiglia offrì incenso in ordine gerarchico, seguito dagli amici. Ogni persona che gli offriva l’incenso giungeva dinnanzi all’urna posta davanti alla bara, si metteva sull’attenti, tenendo in mano il rosario, si inchinava e poneva un pizzico di incenso all’interno; poi si inchinava nuovamente e tornava al suo posto. Dopo che il sacerdote terminò la lettura del sutra, i presenti si allontanarono. Saltarono la procedura di mettere i fiori nella bara, poiché era già stata sigillata per motivi più che ovvi. Dopodiché, la bara fu disposta su un carro funebre e ,tutti coloro che avevano assistito al rito funebre, proseguirono lungo il corteo, verso il luogo della cremazione.

Arrivati al luogo stabilito, i familiari assistettero al procedimento della bara scaricata verso il forno crematorio e, non appena l’urna fu riempita delle ceneri del ragazzo, e venne coperta con un panno bianco, si svolse un altro corteo funebre per trasportarla al cimitero. Dopo quest’ultima fase, tutti salutarono la famiglia e andarono via tutti quanti. Tutti, tranne Taichi, che rimase con lo sguardo spento e assopito davanti alla tomba dell’amico.

-Mamma, rimango un altro po’.- disse Sora a Toshiko, mentre si avvicinava all’amico. La signora Takenouchi, notando che non sarebbe rimasta sola, annuì e tornò a casa.

-Ciao.- la voce di Sora fece sobbalzare il castano.

-Sora, come stai?- fu l’unica frase sensata che riuscì a spiccicare.

-Strana.- rispose con schiettezza l’amica.

Contemplarono la tomba in silenzio, poi Taichi sospirò, entrambi si voltarono a guardarsi intensamente.

-È tutto così surreale.- asserì l’amico.

Sora annuì senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Provò a cacciare una lacrima indietro senza riuscirci e, notandolo subito, il ragazzo gliela asciugò con il pollice. A quel gesto Sora scoppiò in un pianto quasi liberatorio e lo abbracciò istintivamente. Taichi all’impatto rimase spiazzato, ma poi la strinse con forza a lui, accarezzandole i capelli.

Quell’abbraccio, che Sora aveva tanto desiderato, la fece sentire meglio. Rimasero stretti una manciata di minuti in silenzio, poi lei si staccò dal suo petto e lo fissò.

-Taichi, per favore, promettimi che mi starai vicino.-

A quella richiesta esplicita sgranò gli occhi.

-Te lo prometto! Ci sarò tutte le volte che lo vorrai.- 

Entrambi si sorrisero a vicenda, per poi salutare il digiprescelto dell’amicizia. Poi, Taichi accompagnò Sora a casa. Lo aveva promesso a lei, ma anche a se stesso: le sarebbe stato accanto ad aiutarla a superare questo brutto momento.

 

La morte ci rende tutti uguali: ricchi, poveri, uomini, donne, non esiste differenza quando bussa alla nostra porta. Ma quando le persone che ami se ne vanno, lasciano anche la tristezza del vuoto incolmabile a farci compagnia.

 

 

 

Note finali:

E niente, oggi sono di poche parole: sarà colpa del capitolo un po’ triste (che tra l’altro, considero più un capitolo informativo che altro), saranno le poche ore di sonno che ho addosso (circa 4, o forse anche meno), sarà che ultimamente sono intasata di lavoro (e per fortuna, aggiungerei).

Fatto sta che oggi non mi dilungherò come al solito.

Unica cosa che voglio dire è che se dovessi mancare per un paio di settimane sia con gli aggiornamenti sia con gli scambi è solo perché è il periodo incasinato e non trovo né tempo né concentrazione. Quindi chiedo scusa in anticipo, ma non appena mi rassereno e trovo qualche ora di pace torno tra di voi, croce sul cuore!

Ringrazio come sempre la mia beta Digihuman e tutti coloro che leggono e recensiscono, compreso i lettori silenziosi.

A presto <3

Wendy

  
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