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Autore: Picci_picci    12/07/2020    1 recensioni
Marinette era entrata in quel loop due anni fa e proprio non riusciva ad uscirne. Così come non riusciva ad uscire dalla relazione malsana che aveva intrapreso con Chat Noir, ma doveva mettere un punto a questa storia. E un buon punto di inizio sarebbe stato allontanarsi dalle labbra del suo chaton.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rivelazioni di vita'
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“Per l’amor del cielo! Vestiti!”
“Senza offesa, insettina, ma sono cose che conosci molto bene”, ribatté Adrien con un sorrisino, per nulla in imbarazzo di quella situazione. E poi, perché doveva essere in imbarazzo? Era Marinette la ragazza dei suoi sogni! Marinette! A poco gli importava come era venuto a conoscenza dell’identità della sua lady, lui era felice come un bambino la mattina di Natale. 
“Come fai ad essere così..così..insomma, hai capito”, esclamò la ragazza con un gesto della mano e le guance più rosse di un pomodoro maturo.
“In realtà no, non ti sei spiegata.”
“Smettila di fare lo scemo. E ti prego mettiti una maglia.”
“Se mi restituisci la felpa, volentieri.”
Marinette arrossì ancora di più e Adrien si chiese se poteva essere possibile per un essere umano diventare ancora più rosso. Ma lo avrebbe sicuramente scoperto. Stuzzicare così la sua lady era qualcosa che gli scaldava il petto e lo trovava quasi più appagante del sesso. Da sottolineare il quasi. 
Con un gesto di stizza, Marinette si tolse dalle spalle la sua felpa e gliela lanciò contro. Quello con cui stava parlando era proprio il suo chaton: labbra piegate in un ghigno costante, occhi verdi scintillanti e capelli sbarazzini. Eppure allo stesso tempo era Adrien, il suo Adrien. E lei stava andando in confusione, completamente, e non sapeva più come comportarsi. Soprattutto considerando le sue notti passionali con Chat Noir negli ultimi due anni. Oh mio dio, aveva fatto sesso con Adrien Agreste! Doveva andarsene da quegli occhi verdi, subito. 
“Io me ne vado.”
“Marinette, ti prego, aspetta”, gli chiese lui, con tono serio, “dobbiamo chiarire.”
“Chiarire cosa esattamente? Il fatto che io sono Ladybug? O il fatto che tu sei Chat Noir? O, ancora, il fatto che abbiamo fatto sesso insieme per gli ultimi due anni?”
“Tutto questo.”
“Beh, lo faremo un altro giorno.”
Incredibile come gli atteggiamenti di Ladybug fossero fusi con quelli di Marinette, come aveva fatto a non capirlo prima?
“Marinette, lo so che sei confusa.”
“Confusa è un eufemismo! Ti rendi conto che il mio mondo mi è caduto addosso in nemmeno dieci secondi?!”
Adrien non voleva pensarlo, eppure, “Sei dispiaciuta del fatto che sia io Chat Noir?”
Marinette spalancò gli occhi, “sì.”
Adrien rimase spiazzato. Quella schiettezza, il fatto che non avesse nemmeno vacillato… Lo odiava così tanto? Per questo lei non aveva voluto più vederlo?
“Perché? Perché sei rimasta delusa, Marinette?”
“Perché? Perché per colpa tua ho passato gli ultimi anni della mia vita da schifo”, c’era una parte razionale del suo cervello che le stava dicendo di non andare avanti, ma la ignorò bellamente, “perché a causa tua sono finita in questo loop, perché è colpa tua che il mio cuore è ridotto in mille pezzi! E adesso, proprio adesso, che ho deciso di andare avanti, di pensare a me senza nessun ragazzo intorno, tu lanci questa bomba!”
“Per la cronaca, la bomba è stata sganciata a causa tua.”
“Hai ragione”, rispose lei tenendo gli occhi incollati a quelli di lui. Erano lucidi per le lacrime trattenute, esattamente come quelli di lei.
“Tikki, trasformami!”
Nel caso ci fossero stati dei dubbi, questa era la conferma: Marinette, la sua dolce Marinette, era la sua lady. Ma forse non era mai stata sua, né in veste civile né in veste di supereroina.
“Prima hai detto che il tuo cuore è a pezzi per colpa mia”, disse il biondo mentre Ladybug si trovava sul cornicione della finestra, “devi farmi capire qualcosa.”
“Ero innamorata di te, Adrien. E forse lo sono ancora, ma io...io non posso”, e con questo lanciò lo yo-yo e sparì nel buio della notte.
Aveva appena fatto la cosa più coraggiosa della sua vita e poi era scappata, come potete essere realmente una eroina? E come aveva potuto non collegare Adrien con Chat Noir? Idiota, ecco cos’era, un'idiota! 

***

Era andata via, come ogni notte. Però, stavolta, non aveva avuto solo il suo corpo, no. Stavolta Adrien sapeva l’identità della sua lady.
Il fatto che lei gli avesse appena detto che era innamorata di lui e che il suo cuore era in pezzi a causa sua, era un altro dettaglio.
“La conosco, Plagg. Ti rendi conto? Ladybug è Marinette!”
“Alla buon ora, genio. Pensavo che nemmeno ora lo avessi capito.”
“Ladybug è Marinette! MARINETTE.”
“Grazie, ma lo so. Già da un pezzo. Perché ho un portatore così stupido?”
“Guarda che il portatore così stupido è anche quello che ti sfama e ti compra la miglior marca al mondo di camembert.”
“L’unica cosa buona che ti salva.”
Plagg, con una fetta di camembert tra le zampine, osservava il suo portatore fare su e giù per la stanza.
“Che cosa ti frulla in quella testolina bionda?” Lo chiese solo a titolo informativo e perché, era sicuro, volesse commettere qualche sciocchezza.
“Devo andare. Ora.” 
Come volevasi dimostrare, pensò Plagg.
“Ti rendi conto che lei, adesso, è sconvolta e non ti vorrà vedere, vero?”
“Sì, ma ci devo parlare.”
“Che ne dici di aspettare domani, così, anche tu provi a mettere in ordine i tuoi pensieri?”
“Forse hai ragione.
“No, io ho sempre ragione”, ribatté il kwami col visetto puntato in alto con fare altezzoso.
“Plagg”, iniziò Adrien con tono petulante, “di addio alla tua marca preferita di camembert.”
E con in sottofondo le lamentele del kwami della sfortuna, Adrien andò a letto, convinto che domani avrebbe parlato con la sua lady.

***

Marinette non aveva chiuso occhio e le sue occhiaie ne erano la testimonianza. Si era svegliata presto e con una lentezza disarmante aveva fatto una doccia, si era vestita con un grazioso abito rosso e aveva cercato di coprire in tutti i modi le occhiaie.
Adesso era diretta a lezione, con i tacchi degli stivali che producevano un rumore secco sul marciapiede e la borsa a tracolla che stringeva convulsamente con una mano.
Fece per togliersi una ciocca di capelli dagli occhi e lo vide.
Giubbotto di pelle nera, ma era serio?, occhiali da sole e una testa bionda che conosceva dannatamente bene. Dietro di lui si trovava una delle macchine del marchio Agreste, pronta ad ogni ordine del giovane. Il genio, in senso ironico, si era appostato davanti all’entrata della sua università in modo tale da vedere chiunque entrasse. Poco, ma sicuro, l'avrebbe vista e fermata per parlare della loro assurda situazione.
Voleva essere vista da Adrien? No.
Voleva parlare con Adrien? Dio no, chissà che imbarazzo.
Cosa fare, allora?  
“Ehi, Marinette che c’è?”
Si girò e davanti a lei vide una massa di capelli ricci, “Keyla, ciao, che bello vederti qui.”
“Sai com’è, siamo in classe insieme. Tutto bene?”
No, per niente. Keyla lo aveva già capito, quanto tempo ci avrebbero messo gli altri?
“Per caso”, iniziò titubante, “ c’è un ingresso secondario”, disse indicando con il pollice la struttura dietro di lei.
“Credo di sì, ma perché?”
“Beh, ecco, c’è una persona che non voglio vedere.”
Keyla si sporse oltre di lei e dopo vari secondi a scrutare l’entrata della facoltà, individuò il problema.
“Adrien Agreste?”
Marinette annuì. 
“Ma dolcezza, non hai frequentato il collège con lui? Chi vorrebbe evitare Adrien Agreste?”
Tutti lo vorrebbero evitare se avessero commesso il mio stesso errore, pensò Marinete.
“Con quel giubbotto è ancora più figo!”, esclamò Keyla.
Keyla aveva assolutamente ragione. Aspetta, cosa? Marinette ripigliati e non pensare con gli ormoni.
“Keyla abbassa la voce”, sussurrò prendendola per il braccio.
“Va bene. Che dici, ho speranze con un Agreste?”
Nessuno avrebbe avuto speranze con un Agreste, benché meno con quel Agreste che aveva il cuore spezzato per un'eroina che lo aveva sfruttato per i suoi interessi e lasciato solo. E se invece, quello che voleva Adrien era proprio quello?  Trovare una nuova fiamma per dimenticare lei?
“Okay dalla tua stretta deduco di no. Molla il mio braccio che sennò mi verrà un livido.”
Marinette lasciò subito l’arto in questione diventando rossa come il suo vestito.
“L’entrata?”, domandò con un filo di voce.
“Gira subito in queste stradina che abbiamo alle spalle, la seconda porta, quella con gli infissi blu, ti porterà nel corridoio secondario.”
“Grazie Keyla e..scusami per il braccio.”
“Fa niente. Ci vediamo in aula.”
Osservò Keyla allontanarsi con i ricci che danzavano ad ogni suo passo.
“Marinette?”, sentì mentre imboccava la strada consigliatele da Keyla.
“Non guardarmi con quello sguardo, Tikki. Non sono ancora pronta.”
Infissi blu, infissi blu. Dove erano gli infissi blu?
“Rimandare farà soltanto peggio. Via il cerotto, via il dolore.”
“Vorrei fosse vero”, sussurrò la portatrice.
Ecco gli infissi blu!
“Tikki ha ragione, sai?”
Cos’era, il suo tormento personale? Da grande e coraggiosa eroina, Marinette corse il più velocemente possibile verso la porta. Non abbastanza, però, perché si sentì strattonare per un braccio. La presa di lui era salda e gentile, ma mandava un messaggio chiaro: non ti lascio andare finché non lo decido io. Gatto possessivo.
“Che vuoi?”
“Secondo te, insettina?”
“Io l’avevo detto che non era una buona idea”, esclamò Plagg uscendo la suo nascondiglio.
“Nessuno ti ha interpellato, Plagg.”
“Sì, ma io gli do ragione”, ribatté Marinette.
“Visto! Lei sì che è geniale. Enchanté, mademoiselle”, esclamò il kwami con un piccolo inchino.
“Plagg, lasciamoli soli”, e, stranamente, non si lamentò alle parole di Tikki, ma la seguì tranquillo.
“Continuo a dire che sei fortunata ad avere Tikki come kwami.”
“Anche Plagg non mi sembra male. Tranne per il formaggio.”
“Come darti torto?”, rispose Adrien con un sorriso sulle labbra che durò pochi secondi, “Dobbiamo parlare.”
“Devo andare a lezione.”
“Marinette.”
“Adrien.”
Lui scosse il capo biondo, “non vincerò mai contro di te.”
“Mi sembra strano che tu avessi ancora speranze al riguardo.”
Ed eccoli qui, Ladybug e Chat Noir, a parlare e scherzare come se niente fosse, come se niente fosse successo. Ma era successo perché quelli erano Marinette e Adrien che parlavano come Ladybug e Chat Noir.
“Marinette, ti prego.”
“No, Adrien, non potrò mai perdonarmi per quello che ti ho fatto.”
“Ma io sì.”
“Non m’importa.”
“E tu?”, chiese il ragazzo passandosi una mano tra i capelli.
“Ed io cosa?”
“Potrai mai perdonarmi per il dolore che ti ho causato nella mia veste civile?”
“Adrien.. Non si può forzare una persona ad amare e grazie a te l’ho capito...forse è stato doloroso, ma è stato giusto.”
“My lady...io”, incredibile che gli mancassero le parole.
“Non mi amavi, probabilmente nemmeno adesso visto che hai scoperto che razza di egoista sono, ma va bene così. Tu sei innamorato di Kagami e va bene così”, va bene così, anche se lo disse con le lacrime agli occhi.
“Marinette..”
“Non dire niente, ti prego”, lo fermò lei.
Adrien le lasciò il braccio di fronte ai suoi occhi lacrimanti e lei andò via, di nuovo.
Ma stavolta, Adrien non accettava che lei se ne andasse senza che lui le avesse detto quello che le voleva dire.
“Io non sto più con Kagami, l’ho lasciata anni fa, dopo nemmeno sei mesi di relazione. E sai di chi è stata la colpa? Tua, Marinette. Perché, anche se ero convinto di amare Ladybug, la tua lontananza, il tuo abbandono mi ha fatto male più di qualsiasi cosa. E lo sai perché? Perché ti amavo, ti amo.”
Marinette si fermò con la mano posata sulla maniglia. Ma cos’è, voleva ucciderla?
“Vattene”, disse tremante.
“Cosa?”
“Ho detto di andartene, Adrien. Vattene!”, urlò lei guardandolo negli occhi. Aveva le lacrime che le rigavano le guance, il mascara colato e le occhiaie. Non si era mai sentita peggio di così. Continuarono a guardarsi negli occhi, nessuno dei due muoveva un muscolo.
“Va bene, se non te ne vai tu, me ne vado io”, esclamò lei.
“Certo che per essere una coraggiosa eroina, sei brava a scappare”, disse lui con veleno nella voce.
Lei lo ignorò, entrò nella facoltà e chiuse la porta dietro di sé. Come ogni volta, pensò Adrien.

 
   
 
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