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Autore: Akicchi    13/07/2020    0 recensioni
{DAL TESTO}
"Una bella P, ricordatelo. P di Perdente."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rufus Shinra
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Un profumato bouquet di fiori trasportava il suo odore per la grande sala della sfarzosa e luminosa villa, il corpo di un bambino che correva stringendoselo al petto con un enorme sorriso stampato in quei lineamenti puerili, innocenti di chi ancora viveva rinchiuso nella propria bolla di sapone. Il vestitino bianco ed immacolato si sposava con il marmo del decoro e del pavimento tirato a lucido, oltre a rappresentare il candore di cui era dotato, era fresco per l’occasione. Che occasione? “Buon compleanno al futuro Presidente.”
Questo recitava il biglietto senza firma, ma era palesemente un dono da parte di una persona appartenente al secondo sesso, in quanto era raro tra uomini scambiarsi dei fiori, portandolo a credere per un fugace, radioso momento che provenisse dalla propria madre. Una madre di cui non aveva alcun ricordo se non di una voce stridula, a causa delle urla, ma non delle parole che pronunciava e il padre non ne faceva mai parola. Lo stesso genitore a cui mostrava quel mazzo che cullava tra le braccia con fare orgoglioso, ricavandone un’occhiata per un istante confusa seguita da una fragorosa risata contagiosa per il suo braccio destro, un uomo di corporatura robusta e dalla lunga barba, che scemò nello stesso istante in cui il giovane rampollo pose la fatidica domanda.
«Cosa c’è di divertente, papà? Sono dei fiori per dire che mi vogliono bene.»
Non lo avesse mai chiesto in quanto gli veniva strappato via dalle manine, lo sguardo confuso e che andava a cercare una spiegazione.
«Dei fiori per comunicarti che ti vogliono bene?» Ripeté l’uomo con fare indagatore. «I sentimenti di questo tipo sono una debolezza, Rufus. Ti renderanno debole e senza spina dorsale.»
«Ma papà…» Stava obiettando? «Sono solo…»
Il mazzo si rovesciò a terra, fiore per fiore, petalo per petalo, davanti ai suoi occhietti azzurri come il ghiaccio.
«Sciocchezze. Sono solo delle sciocchezze, figliolo.»
Annuendo remissivo e girando i tacchi, il suddetto si congedò per potersi isolare da quella festa fatta di ipocrisia e falsità, dove la gente si aggiornava sulle voci che correvano per Midgar, la famiglia Shinra e così la compagnia che una volta adulto avrebbe ereditato. Voci che cambiavano con una piroetta, una stretta di mano ed un cambio di partner di danza. Tutti davano l’aria di divertirsi tranne il festeggiato seduto sulla propria poltroncina in pelle pregiata, raggomitolandosi con le gambe al petto.
Voleva che quella giornata finisse al più presto possibile e che tutti si rimuovessero le loro maschere, ma al tempo stesso... voleva che durasse un altro po’, solo un altro po’ per avere il proprio papà con sé o non lo vedeva quasi mai a causa del lavoro e quando lo vedeva, c’era sempre quell’aria tesa che lo spingeva ad aver paura di compiere un’azione di troppo – anche solo prendere un bicchiere d’acqua poteva risultare fatale e pericoloso.
Ricordava ancora quella notte in cui si era alzato per bere e lo aveva trovato in cucina, davanti ad una carta, portandolo a sentire il piccolo cuoricino palpitare freneticamente dall’agitazione. Eppure non lo strigliò come temeva, anzi. Era in vena di conversare e per questo lo aveva invitato ad ascoltare le sue chiacchiere, le sue costruzioni, le sue imprese e come voleva rendere il proprio regno più grande, più vasto. Solo che mancava qualcosa per Rufus, qualcosa di veramente importante. Nonostante non comprendesse del tutto, fingeva un ottimo interesse e per essere un bambino, era abbastanza bravo a nascondere la verità sulla propria mancanza di conoscenza.
«Papà, dove costruisci il passaggio segreto per scappare dalla stanza? Se per caso arrivo il nemico devi scappare, no? Potrebbe anche arrivare dallo spazio come afferma Palmer.»
Il disappunto era palese nel volto del padre, ormai aveva imparato a conoscere il linguaggio dei suoi gesti, dei suoi muscoli e delle sue espressioni, ma era stato abbastanza furbo da nascondersi dietro l’ombra del responsabile del Dipartimento Sviluppo Spaziale in quanto non voleva essere sgridato. Non voleva essere rimproverato... era un bravo bambino e quella preoccupazione in merito ad una potenziale risorsa di fuga ne era la prova, perché voleva salvare il proprio genitore, lo voleva salvare per davvero. Nonostante lo stesse tranquillizzando che la Shin-Ra non avesse nemici, in caso contrario nessuno sarebbe arrivato fino al settantesimo piano, Rufus sentiva di non essere del tutto tranquillo e per questo tentò di scappare con la scusa di aver sonno. Aveva rovinato il buon umore del padre ed era meglio svignarsela nonostante avesse deciso di soddisfare quel suo desiderio, sebbene non pianificava di farne uso in quanto non era un codardo, portandolo a sentire il piccolo stomaco stringersi.
«Papà, mi dispiace, non volevo dire che…»
«Perché chiedi scusa? Stai ammettendo di avere torto?»
«Sì.»
«Come rinunci facilmente!» Il primogenito Shinra sentiva il bisogno di quel passaggio segreto in quel preciso istante. «Farò marcare con un segnale facile da capire l’ingresso del tunnel di emergenza. Una bella P, ricordatelo. P di Perdente
 
Gli anni passavano ed il bambino cresceva fino a diventare un giovane adolescente, il quale assisteva di sfuggita e passivamente al padre darsi a delle avventure molto sbrigative, molto accese che potevano lasciare il segno. Come una segretaria, una donna dei bassifondi... aveva perso il conto di quante ne aveva sedotte e non gli importava più. Un padre che ormai lo aveva escluso da quel mondo e dal quale si era allontanato, come un giglio soffocato nonché figlio della rabbia e dell’imbroglio, a causa delle scoperte arrivate in seguito a causa delle telefonate che gli capitava di udire di sfuggita da parte di una donna che parlava di un certo Lazard. Come non si era perso le uscite furtive del genitore per comprare dei regali costosi, l’invio di indulgenti somme di denaro in quanto sapeva che lui esprimeva il suo affetto con tale freddezza ed era meglio liberarsi di lui al più presto possibile ed appropriarsi di quella poltrona.
Non aveva mai visto suo padre così coinvolto in una donna, ma quella a quanto pare era diversa a ragioni lui ignote, e la suddetta come aveva ripagato quelle attenzioni?
“Un rimpiazzo per me.”
Non era abbastanza come figlio? Non gli aveva dimostrato il suo valore, il suo essere un ottimo vice-presidente? Cos’altro doveva fare per essere considerato anche in minima parte? Nonostante non lo desse a vedere, era quel tipo di ragazzino che cercava l’approvazione del padre e non ne ricavava neanche una, neanche una parola di conforto, solo il freddo dell’abbandono e del doversi sollevare da solo sotto quell’ombra grande e possente impossibile da raggiungere. Ormai era troppo tardi, ormai quel rapporto che c’era tra loro, qualunque fosse stato, si era frantumato in mille pezzi a causa di quell’ultimo figlio illegittimo, Evan. Erano ufficialmente nemici e non più padre e figlio.
Doveva fare affidamento solo su sé stesso, oramai, perché dimostrare delle emozioni di tenerezza era soltanto una perdita di tempo, una sciocchezza. Per questo non aveva amici o legami particolarmente intimi, si era sollevato sulle proprie gambe da solo per reagire senza fare affidamento su nessuno. Chi aveva bisogno di qualcosa di inutile come dei legami? Erano deboli, fragili e poi aveva il potere, i soldi. Se avesse eventualmente trovato una persona a cui legarsi, non avrebbe guardato il vero lui, avrebbe guardato solamente la sua carica come futuro Presidente e il suo portafoglio, ma mai il suo lato più umano. Un lato che stava perdendo di vista, un lato che stava sopprimendo per raggiungere il proprio scopo.
 
Finanziare un gruppo di terroristi per cercare di impossessarsi del proprio trono non era stata un’ottima idea, se n’era reso conto tardi, ma sotto suo grandissimo stupore il padre non lo aveva ucciso né altro ancora, anzi. Era stato fin troppo magnanimo a riservargli un esilio giustificato come un lungo viaggio d’affari quando in realtà era legato ai Turks, il lato più oscuro e sporco della Shin-Ra, dove trovò modo di legarsi inavvertitamente ai componenti di quel gruppo alquanto bizzarro. Sembravano non rispettare molto le volontà del suo genitore, nonostante fossero sotto ad Heidegger, erano abbastanza neutrali al riguardo.
Per questo quando salì al potere dopo la morte del genitore dava più importanza ai suddetti che a quello che, in passato, era il braccio destro del padre. Perché ormai erano diventati le sue guardie del corpo, ogni parte del suo corpo. Loro lo avrebbero protetto senza esitare, avevano la sua schiena e lo sapeva molto bene ed era per questo che si affidava più a loro che alla milizia, non era un caso se rispondeva più facilmente al richiamo del capo dei Turks, un uomo chiamato Tseng, che ad Heidegger. Perché sapeva come prenderlo, come attirare la sua attenzione.
 
 
Non aveva versato neanche una lacrima alla morte del padre, non ne versò neanche una alla distruzione della Shin-Ra, ma un pensiero lo aveva rivolto a lui i due anni successivi dall’esplosione. Era una giornata tranquilla e mite, il cielo era grigio come il cappotto che indossava in quel momento, ritto in piedi davanti a quella lapide dove spuntò un mazzo di fiori in bella vista. Gli stessi fiori che aveva ricevuto come regalo di compleanno tanti, tanti anni prima.
Era una provocazione quella? Eccome se lo era, era palese dal suo sorriso tirato in quel volto cresciuto e maturato.
«Ricordi quando mi dicesti che i sentimenti erano delle sciocchezze, papà? Come questi fiori. Ebbene, ora non hai più potere su di me. Non più. Io non sarò mai come te, perché ho degli amici al mio fianco.»
Le mani ora andavano dentro le tasche di quella giacca larga ed ampia, gli occhi chiusi mentre delle voci lo richiamavano in lontananza. No, non era più solo. Per la prima volta riuscì a voltarsi definitivamente senza guardare indietro, senza cercare un’ombra. Ora era tempo di fare luce nella sua nuova vita, una vita dove un gruppetto di quattro persone lo aspettavano: i Turks erano appena diventati la sua famiglia. Non tutte le famiglie erano di sangue, eppure... era anche grazie al padre se era riuscito a mettersi in salvo, ma non lo avrebbe mai e poi ammesso, grazie a quel codice che era il giorno del proprio compleanno.
Forse suo padre gli voleva bene in un modo alquanto contorto, ma oramai era passato. Ora doveva guardare il futuro e lasciarselo alle spalle, perché lui non era suo padre. Rufus Shinra era Rufus. Solo Rufus e non era suo padre.
 
 
 
 
Angolo personale:
Sì, sono ancora tra i vivi e non scrivevo fan fiction per me da troppi anni e si vede, mi dispiace tantissimo. ;;
Serviva questo remake a farmi riprendere oltre alle novels? Può darsi, chi può dirlo. In ogni caso ieri (il 12) era il compleanno di Rufus e ho pensato di scrivere questa fan fiction su di lui, che magari dovrò riscrivere in alcune parti, ma non ho avuto né il tempo di revisionarla, anche se spero che sia di vostro gradimento lo stesso!
Un grazie sentito va alla mia partner di role nonché una delle mie migliori amiche, compagna di fandom, roleplaying, scleri, chiamate e molto altro che mi sopporta ogni giorno e mi ha fatto cadere ancor di più nella rovina di Rufus. Beh, che dire, grazie! <3
E a voi, grazie per aver letto questo scempio. <3
   
 
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