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Autore: Lacus Clyne    14/07/2020    5 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Buon pomeriggio! Dopo aver pubblicato una one-shot, torno su Dark Circus con la lunga conclusione del secondo capitolo che si preannuncia piuttosto movimentato. Ho tralasciato una cosa quando ho cominciato la pubblicazione: in realtà la storia, che ho cominciato a scrivere nel 2014, dopo la conclusione di Underworld, non è del tutto inedita, avendo cominciato a pubblicarla già cinque anni fa sempre su EFP. All'epoca, causa studio, non potevo aggiornare regolarmente nè avevo finito di scrivere, pertanto la cancellai con il proposito di tornare a postarla una volta terminata. Questa volta, essendo stata completata in toto, pubblicherò senza problemi. Come sempre, chiedo di farmi sapere cosa ne pensiate, vedo che le letture ci sono. :) Buona lettura!!


 

 

 

 

 

 


Mi svegliai mezza stordita a causa della suoneria. Avevo lasciato lo smartphone acceso. Il problema era ripescarlo nel casino dei nostri vestiti sparsi in giro. Per di più, sotto la trapunta del mio letto, il peso di Trevor addormentato accanto a me era alquanto difficile da gestire. Facendo attenzione a non svegliarlo, allungai il braccio per cercare il telefono, che continuava a suonare. Soltanto dopo diversi tentativi riuscii ad afferrarlo. Mi venne un dubbio improvviso quando lessi, accanto all’ora, 03:20 di notte, il nome di Alexander Graham. Ma quel tizio non dormiva mai? Trevor si svegliò nello stesso istante in cui sgattaiolai fuori dal letto per rispondere, tanto che la sua voce arrochita mi fece desistere dal proposito di lasciare la stanza. Mi sedetti accanto a lui, mentre si stiracchiava e risposi.

– Detective Graham? Spero per lei che abbia sbagliato persona. – protestai, sbadigliando, mentre il mio fidanzato si tirava su, incerto. Dall’altro lato del telefono, la voce dell’agente Graham era del tutto sveglia e inflessibile.

« Tra dieci minuti, fuori casa. Stiamo passando a prenderti .»

Stiamo passando… a prendermi? Stiamo? Fui alquanto corteggiata dall’idea di mandarlo a quel paese e rimettermi a dormire, ma considerando il tono, doveva essere successo qualcosa di importante, se aveva richiesto la mia presenza. Guardai Trevor e a giudicare dalla sua espressione, la mia doveva essere piuttosto preoccupata.

– Che è successo? – domandai, ormai completamente sveglia. Temetti di conoscere la risposta ancor prima di rendermi conto di aver posto la domanda. Graham tacque per qualche istante. E ne ebbi la conferma. – Si tratta di lui, vero? È il Mago? –

Trevor aggrottò le sopracciglia, mentre gli prendevo la mano. Avevo bisogno del suo contatto.

« Nove minuti e mezzo, Hastings. Non abbiamo altro tempo. » disse e riattaccò.

Il mio cuore mancò un battito. Le sensazioni che si erano appena riaffacciate quella mattina, in quel momento esplosero tutte insieme. Il ricordo di Daisy. Il terrore. Quella voce infernale. Il motivo per cui avevo ero lì, in attesa. Sospirai.

– Vengo con te, Kate. – disse Trevor, balzando in piedi.

– Non se ne parla. È pericoloso! – contestai.

– Ho già rispettato le tue decisioni. Ora rispetta la mia. Non ti lascio correre da quel mostro da sola. Ho paura, Kate. E non voglio che ti succeda nulla. Ora, a quanto pare, il tuo collega è stato chiaro. Preferisci rimanere seduta lì o ci sbrighiamo? –

Quando parlava così, Trevor non ammetteva repliche. A malincuore, ma sapendo che la sua presenza mi avrebbe dato più coraggio che mai, annuii.

 

Il detective Graham non si fece attendere. Quando uscimmo di casa era già lì con la sua Hyundai Veloster Turbo metallizzata. Salimmo velocemente in macchina, trovando ad accoglierci anche un assonnato Jace nel posto accanto a Graham.

– Katie e il fidanzato senza nome. Volete del caffè? – propose, allungandoci un paio di bicchieri mentre allacciavamo le cinture.

– Trevor Lynch, idiota. E grazie. – rispose il mio fidanzato, prendendo i bicchieri mentre Graham ci lanciava un’occhiata dallo specchietto retrovisore, prima di ripartire. Nell’incrociare il suo sguardo, mi resi conto che non aveva esattamente gradito la presenza di un estraneo nel suo abitacolo, ma considerando il momento, non avrebbe comunque potuto cacciarlo. Feci spallucce, poi tirai su un sorso di caffè caldo.

– Cosa sappiamo? – domandai, a marcia ripresa.

– Julie Dawson, tre anni. Era al parco con la nonna l’altro ieri. È scomparsa all’improvviso e abbiamo ragione di credere che sia stata presa… dal Mago. – spiegò Jace, con una leggera esitazione nella voce. Il disagio che provava nel parlare di quel mostro era lo stesso che provavo io al sol pensiero di averci di nuovo a che fare.

– Il Mago… che razza di nome è? –

Graham alzò lo sguardo per un secondo, incrociando quello di Trevor dallo specchietto, poi tornò a guardare la strada.

– Non sappiamo niente di lui. A parte le informazioni che Hastings ci fornì. Sembra che quel pezzo di merda sia capace di far perdere le sue tracce come per magia. E per questo si è deciso di chiamarlo in quel modo, signor Lynch. – spiegò, mentre Trevor trangugiava il suo caffè.

Effettivamente, la prima volta che l’avevo incontrato, anch’io avevo avuto quella strana sensazione. Ricordava una sorta di inquietante mago oscuro e questo mi faceva paura. Quel nome in fin dei conti gli era congeniale. Strinsi il mio bicchiere.

– Era questo che intendeva la sua collega questa mattina? –

Graham annuì.

– Dobbiamo farcela. Stavolta non possiamo permettergli di farla franca. – mormorai, sentendo salire la tensione più che mai quando, dopo l’ultima svolta, ci trovammo nei pressi di un magazzino utilizzato da una grande catena di distribuzione di giocattoli. Diversamente da Daisy, in pieno centro, stavolta aveva scelto una location più significativa.

Quando scendemmo, il freddo della notte ci avvolse più di quanto avesse fatto all’uscita da casa. Mi strinsi nel cappotto, così come Jace e Trevor che si ritrovarono concordi nel notare l’aria pungente. Graham invece era concentrato e la sua espressione truce in quel momento mi fece pensare che non vedeva l’ora di mettere le mani su quel criminale.

– A quanto pare non sono ancora arrivati. – disse Jace, guardandosi intorno.

– Di chi parli? – domandai, trasalendo quando vidi per la prima volta la beretta M9 nera d’ordinanza in mano a Graham, impegnato a sbloccare la sicura. Jace non ebbe bisogno nemmeno di rispondere che fummo raggiunti da un paio di auto del III Dipartimento. I rinforzi, al comando di Maximilian Wheeler. Rivederlo fu come un piacevole déjà-vu, dal momento che non era affatto cambiato. Perentorio e determinato, ordinò ai suoi di procedere come stabilito, mentre ci raggiungeva. Scambiò uno sguardo con Graham, poi si rivolse a me e a Trevor.

– Katherine Hastings. Chi non muore si rivede. Signor Lynch. –

Trevor fece un cenno di saluto col capo. Io sorrisi.

– Felice di rivederla, detective. Avevamo bisogno di rinforzi. –

Mentre lo dicevo, notai che Jace gesticolava nervosamente.

– … Rinforzi? – mi fece eco, voltandosi appena verso Graham. – Immagino che tu non le abbia detto che l’operazione è affidata ai miei, vero? –

A quanto pareva, tra quei due continuava a non correre buon sangue.

– Devo essermene scordato. – replicò il mio superiore con un tono sottintendente che provocò l’irritazione di Wheeler.

– Stavolta non la passa liscia. – disse tra sé e sé, ma non riuscii a capire a chi si stesse riferendo. Nel frattempo, la squadra di Wheeler era riuscita a entrare. Sperai che facessero presto, ma dovevo ammettere che ero preoccupata. A farmi rendere conto dell’esser tesa come una corda di violino fu il primo sparo che sentimmo. Trasalii, così come Trevor, mentre Jace, Graham e Wheeler, oramai abituati, scattarono in difesa. Sentimmo urla provenire dall’interno. Voci concitate, passi in corsa, porte che sbattevano. Volevano attirarlo all’esterno. Ma quella strategia non mi sembrava affatto adatta.

– Così non faranno altro che farlo innervosire! Si spazientirà e userà la bambina! – urlai. Wheeler fremette. – I miei uomini sono addestrati. Abbiamo stabilito questa strategia tenendo conto dei casi precedenti. Un’azione congiunta è l’unico modo per farlo uscire allo scoperto. –

– Si sentirà braccato e ucciderà Julie! – ribadii. Niente. Wheeler era troppo convinto. E se Trevor era un pesce fuor d’acqua e Jace non aveva l’autorità per contestare Wheeler, l’unico che sembrò in parte d’accordo con me fu Graham.

– Lei lo sa, vero? Ha capito che quell’uomo è un esibizionista. Il magazzino è il suo palcoscenico. Sta preparando il suo spettacolo e lo farà in grande stile, per noi. Ma se il pubblico non sarà quello che si aspetta, si sentirà frustrato e ucciderà la bambina prima che possiamo intervenire! –

Un ghigno comparve sul volto di pietra di Alexander Graham. Era quello che aspettava. Per un attimo pensai che volesse umiliare Wheeler. In realtà, ciò che voleva era un pretesto per entrare in azione. E considerando che non era il tipo di persona che si faceva problemi a ignorare ordini che non fossero i propri, quando lo vidi correre verso il retro del magazzino, inseguendo la figura che ne era uscita, mi resi conto che non si sarebbe fermato, a qualunque costo.

– Graham!! – urlai, nello stesso momento in cui lo fecero gli altri. Wheeler sbraitò, richiamando immediatamente i suoi, mentre Jace, tornato in macchina, afferrò il tablet dallo zaino. Trevor, in tutto quel trambusto, era sconvolto. Immaginai che si fosse reso conto, come me del resto, di quanto potesse essere pericoloso quel lavoro. E io, che avevo appena dato il via libera a Graham affinché si scatenasse contro il Mago, mi resi conto che non potevo restare lì, con le mani in mano.

– Aiuta Jace, Trevor. Qualunque cosa stia facendo. – suggerii.

Trevor annuì, raggiungendo un indaffarato Jace, sentendoli parlare di software di riconoscimento e di localizzazione. Evidentemente, voleva aiutare Graham con la mappatura della zona. Wheeler mi scoccò un’occhiataccia, richiamandomi all’attenzione. – Si rende conto di cos’ha fatto, signorina Hastings?! –

Al diavolo la buona educazione. Affilai lo sguardo. – Dottoressa Hastings, prego. E sì, detective Wheeler. Cerco di salvare una bambina innocente. –

Approfittando della confusione dovuta alla riorganizzazione delle squadre, mi misi a correre nella direzione che Graham aveva preso. La voce di Trevor si alzò su quella di Wheeler nel chiamare il mio nome. Ma avevo fatto una promessa, la notte in cui Daisy Ross era morta. Non avrei lasciato che accadesse un’altra volta.

Corsi più velocemente che potevo sperando di raggiungere Graham. Avevo il cuore in gola, al pensiero di ritrovarci davanti quel bastardo, ma al tempo stesso, volevo soltanto portare in salvo la piccola Julie. Incrociai alcuni membri della squadra di Wheeler, chiedendo loro di ascoltare le istruzioni che Jace avrebbe fornito e riuscii a raggiungere Graham, che si era fermato non molto lontano da dov’eravamo. Tutto intorno, magazzini chiusi e soltanto una probabile via di fuga, proprio nella direzione verso cui Graham puntava la sua pistola.

– È già la seconda volta che fai di testa tua oggi. Vieni qui. – ordinò, senza scomporsi. Aveva ragione, ma mi sarei sorbita i rimbrotti una volta fuori pericolo. Obbedii, posizionandomi alle sue spalle. A giudicare dal modo in cui teneva sotto tiro, doveva essere davvero teso e non potevo certo dargli torto. Mi guardai intorno, cercando di prestare quanta più attenzione possibile, quando sentii la voce di Jace risuonare ovattata nell’auricolare che Graham portava all’orecchio. Nel guardarlo, notai anche un tratto di un tatuaggio che dal collo scendeva verso la spalla destra. Scacciai il pensiero di cosa potesse rappresentare, richiamando invece alla mente il particolare che il Mago portava sul polso. Non ero mai riuscita a capire cosa fosse.

– Siamo coperti. – bisbigliò appena, e io mi sentii rassicurata, giusto il tempo di sentirlo alzare la voce. – Allora, gran figlio di puttana. Rimani lì o devo venire a prenderti? –

Raggelai di botto. Si era bevuto il cervello?

– Che diavolo fa? Lo provoca?! –

Feci per afferrare il suo Woolrich nero, ma mi fermai non appena fummo raggiunti dagli agenti di Wheeler con lui a capo, pistola alla mano a sua volta. Al suo ordine, i suoi puntarono verso di noi e rabbrividii. A quel punto, ebbi la sensazione di aver commesso un terribile errore di valutazione, ritrovandomi nel bel mezzo di una faida tra due ex colleghi che avrebbero volentieri premuto il grilletto l’uno contro l’altro.

– Voi non state bene. Davvero. – mormorai, facendo un passo indietro. Graham sospirò appena, senza sorprese.

– So che sei lì. Allora, quando comincia lo sp--

Nello stesso istante in cui Wheeler richiamò Graham interrompendo il suo appello, sentimmo un lamento infantile provenire dal buio proprio di fronte a noi. Fu sufficiente a far raggelare l’atmosfera intorno e a farci tornare concentrati sul motivo per cui eravamo lì in quel momento. La voce di Jace risuonò incomprensibile nell’auricolare di Graham, così come quella di Trevor, tanto che il mio superiore decise di toglierlo. E poi, di lì a pochi istanti, fummo sorpresi da un’incredibile quantità di fumo colorato sparato verso di noi, del tutto simile a quelli da effetti speciali spesso utilizzati nel circo. Nella confusione che seguì, a causa della nuvola fitta, mi ritrovai a tossire e persi l’orientamento. Mi coprii la bocca con una mano, mentre con l’altra cercai Graham, invano. Dove diavolo era finito in un momento simile? Sentii gli altri agenti tossire, alcuni urlare. Avrei dovuto gettarmi a terra e aspettare, probabilmente, ma ero talmente disorientata che continuavo a camminare come un cieco senza bastone consapevole di non poter chiamare aiuto, per non rischiare di soffocare. Gli occhi mi bruciavano, tanto che pensai ci fosse qualche sostanza urticante. Altro che Mago, quel bastardo aveva intenzione di conciarci per le feste. Pensai a Trevor, sperando che avesse maggior buonsenso di me e restasse al sicuro con Jace. Tenni gli occhi chiusi, ritrovandomi ogni tanto a sbattere contro persone che non riuscivo e che non riuscivano a vedere. A tutti gli effetti, non sapevo dove diamine stessi andando. Pensai alla piccola Julie. Il lamento che avevo sentito era sicuramente il suo. Dovevo trovarla. Riaprii gli occhi, nel fumo che poco per volta sembrava diradarsi, quando mi sentii afferrare per il braccio senza particolare grazia. Trasalii al pensiero che potesse essere quel maledetto demonio e cercai di divincolarmi. Non avevo mai preso lezioni di autodifesa, ma sapevo fin troppo bene che il modo migliore per liberarsi da una presa era assestare un calcio in mezzo alle gambe dell’aggressore. A giudicare dalla posizione, era frontale, rispetto a me. Non appena provai a sollevare la gamba per sferrare il mio attacco e liberarmi, la voce ovattata di Graham proprio al mio orecchio mi fece desistere di botto.

– Ti ho presa, Hastings. Ti ho presa. Stai tranquilla. –

Tossii a causa del fumo inalato per la sorpresa e mi aggrappai a lui con forza, ringraziando il cielo. E pensando che gli avrei dovuto chiedere scusa una volta in salvo. Ci allontanammo insieme raggiungendo la via oscura in cui si era nascosto il Mago. Una volta oltrepassato il piccolo cannone spara fumo che ci aveva fatto dannare, finalmente potemmo respirare normalmente. Un respiro dopo l’altro, bramando l’aria come mai. Ora capivo in qualche modo come dovevano sentirsi i sopravvissuti agli incendi. Gli occhi mi bruciavano ancora, ma quando riuscii a mettere a fuoco, il viso di Alexander Graham mi sembrò improvvisamente un’ancora di salvezza. Tossì anche lui, mentre ancora lo tenevo stretto. Il tempo di vedere il sorriso del diavolo alle sue spalle. Il brillio della lama che ricordavo. Il terrore che raggelava le vene. Volevo urlare, ma la voce non mi usciva. Avevo inalato troppo fumo. Allora, approfittando della distrazione di Graham, mi spinsi sul lato, trascinandolo con me. Finimmo contro il muro, schivando l’attacco del Mago, che andò a vuoto. Graham imprecò, lo shock sul volto quando si ritrovò davanti il suo nemico. Differentemente da me, lui non l’aveva mai visto, sebbene il nero dei suoi abiti lo oscurasse più del dovuto. Ma lo sconvolgimento maggiore subentrò quando si rese conto di non avere più con sé la pistola d’ordinanza.

– Cazzo! – sbraitò, tra stizza e frustrazione.

Eravamo disarmati, in svantaggio visivo su tutti i fronti mentre quel bastardo aveva la strada spianata. Dovevamo giocare d’astuzia, ma in che modo? Lo stesso Graham l’aveva provocato.

– C-Cos’hai fatto a Julie? – domandai, con la voce fin troppo arrochita. Il Mago si fermò e sollevò il braccio sinistro verso l’alto. Sollevammo entrambi lo sguardo. Avrei urlato a gran voce se non fosse stato per la gola irritata nel vedere la bambina imbracata a circa cinque metri d’altezza. Da quella posizione non si riusciva a capire se fosse viva o meno, ma di certo, non era cosciente. Mi venne da piangere, mentre Graham, se fino a quel momento era stato spavaldo e irruente, lasciò cadere la maschera e lanciò un urlo talmente profondo da farmi tornare di colpo alla realtà. Mi voltai appena in tempo per vederlo tirarsi su e lanciarsi contro il Mago, totalmente fuori di sé. Ignorai totalmente la tensione e quel rimasuglio di autocontrollo che mi imponeva di fermarlo e cercai un modo per raggiungere la bambina. Cercai l’aiuto di Wheeler e dei suoi, mentre Graham e il Mago erano impegnati in uno scontro diretto. Riuscii a spegnere il cannone che continuava a sparare fumo colorato. Era molto più rudimentale di quanto pensassi, tanto che mi fu sufficiente staccare la presa di corrente dalla sua prolunga. E se quel poco mi dette speranza, fu subito smorzata dalla voce iraconda di Graham, che mi costrinse a voltarmi tutto d’un tratto. Avevo spento il cannone, era vero, ma i due cavi erano in qualche modo connessi all’imbracatura della piccola Julie. Come una sorta di dispositivo di sicurezza da bungee jumping, quando vidi la corda allentarsi, compresi di averla condannata a morte sicura. Cercai di afferrare il cavo, ma non feci in tempo per un soffio e gridai. Stavolta, la voce mi uscii sicura e alta, tanto ero shockata. Gli spari che seguirono e l’arrivo di Wheeler e di alcuni dei suoi misero in fuga il Mago, costringendo Graham alla decisione più difficile che potesse prendere in quell’istante. L’inseguimento dell’assassino o il salvataggio di Julie. Nell’istante in cui i nostri sguardi si incrociarono, vidi tutto il suo tormento. Il dilemma che andava oltre l’etica. L’odio che avrebbe superato il dovere se soltanto qualcuno avesse messo in salvo quella bambina. Ancora una volta, avrei dovuto decidere per lui. Per fare la cosa giusta.

– Alexander Graham! – urlai. – Salvi quella bambina, agente! –

Sgranò gli occhi, come se si fosse improvvisamente ricordato quale fosse il suo dovere. Avevo usato la parola agente apposta. Perché prima di tutto, era quello che era. Un agente. Un agente che aveva giurato di proteggere le persone. Prima ancora di essere un detective. Si voltò in un lampo, correndo nella direzione opposta a quella del Mago e spiccando un salto non appena fu all’altezza giusta per afferrare Julie. Passarono secondi interminabili, mentre Wheeler e i suoi correvano all’inseguimento del killer, per l’ennesima volta. Mi alzai, quando rimanemmo da soli, raggiungendolo. Era chinato, curvo nelle spalle, stringendo la bambina con fare protettivo. Mi chinai a mia volta, accarezzando la testolina scura della piccina. Aveva i capelli legati in due trecce morbide. Graham le sfiorò la guancia col dorso delle dita, poi si voltò appena verso di me, l’espressione, per la prima volta da quando l’avevo incontrato, sollevata. E sorrisi, sentendo gli occhi pungere come mai tra irritazione e lacrime.

– È viva. Julie è viva. –

Julie è viva. Avrei ringraziato Dio in tutti i modi possibili, non appena ne avessi avuto l’occasione. Crollai a sedere sotto il mio stesso peso, appoggiando la testa contro il suo braccio, esausta. Se anche Wheeler non fosse riuscito a catturare il Mago, quella notte, avevamo salvato una bambina. Una mezza vittoria, probabilmente. Per me, una vittoria che valeva più di tutto, in quel momento.

Jace e Trevor ci trovarono così, pochi minuti più tardi. Il mio fidanzato mi aiutò ad alzarmi e tra le sue braccia, la tensione che avevo accumulato si risolse in singhiozzo. Jace aiutò Graham, prendendo in braccio Julie che fortunatamente, continuava a dormire. Probabilmente, aveva usato del cloroformio per tenerla buona e sperai che ne avesse usato a sufficienza da non farle mai ricordare quei terribili momenti, in futuro. Quando Graham si alzò, il respiro gli si mozzò in gola.

– Capo, che hai? – domandò Jace.

Graham portò la mano al fianco destro. Quando la tolse, il palmo era insanguinato. Nella colluttazione, il Mago doveva averlo colpito.

– Mio Dio! – esclamai, ancora stretta a Trevor, che più di me, si doveva essere reso conto di quanto fosse pericoloso quel lavoro. Il capo si appoggiò al muro, pressando la mano sul fianco.

– Jace. Chiama un’ambulanza, ok? E avvisa Wheeler che la bambina è viva. Ah, e già che ci sei, cerca la mia pistola. Dev’essere da qualche parte qui vicino. –

Un’ultima occhiata in direzione della via di fuga ed ebbi la sensazione che avremmo avuto a che fare nuovamente col Mago, prima o poi. Appoggiai la guancia sul petto del mio Trevor, sentendo le sue labbra sulla testa.

– Scusami, amore… – mormorai.

Trevor sbuffò, facendo voltare Graham verso di noi. – Quando mi chiami “amore” sei pericolosa. Mi basta che tu stia bene. Solo quello. –

Annuii, al pensiero che dovevo al capitano Graham almeno un po’ di gratitudine. E di lì a poco, intanto, Jace ci annunciò che un’ambulanza era già sulla strada.

 

Il detective Wheeler ci raggiunse in ospedale circa un paio d’ore più tardi. Avevamo ricevuto assistenza tempestiva, tanto che gli occhi e la gola stavano già decisamente meglio. Anche Graham era stato medicato e si era già premurato di avvertire la famiglia Dawson del ritrovamento felice della loro piccolina. Fortunatamente, i medici avevano escluso violenza fisica, eccezion fatta per qualche escoriazione dovuta all’imbracatura e alla caduta. L’effetto del cloroformio per di più, era svanito e Julie si era svegliata, trovando accanto i suoi genitori. Trevor, Jace e io, seduti in sala d’aspetto, ne avevamo approfittato per riposare qualche minuto, quando fummo raggiunti da Graham, Wheeler e dai genitori di Julie, una coppia giovane, che poteva avere a occhio e croce un paio d’anni più dei due detective. La mamma di Julie, con gli occhi cerchiati da notti insonni e chissà quante lacrime versate nell’attesa di notizie, singhiozzava.

– Dottoressa Hastings, i signori Jason e Madeleine Dawson. Signori Dawson, lei è la psicologa del nostro Dipartimento. – disse Graham, facendo le presentazioni.

Mi alzai, così come Trevor e Jace, tendendo loro la mano. Madeleine, come a non poter trattenere più la stanchezza e l’emozione, proruppe in un pianto dirotto e mi abbracciò, tra lo stupore di tutti, compresa la sottoscritta. Ero stanca anch’io, titubante, ma ricambiai quell’abbraccio e guardai Jace. Una volta aveva detto che dare brutte notizie era la parte peggiore del nostro lavoro. Ma in momenti come quello che stavamo vivendo, c’era del buono.

– Grazie… grazie per averci riportato la nostra bambina… –

Sorrisi. – È merito del detective Graham… è stato lui a salvarla. E il detective Wheeler, anche… insomma, abbiamo fatto una specie di lavoro di squadra… – spiegai malamente, tanto che Wheeler sospirò contrariato. Trevor affilò lo sguardo. La mamma di Julie invece si scostò, sorridendo tra le lacrime, lasciando il posto al marito.

– Può dirci se secondo lei Julie avrà problemi in seguito? –

Quella domanda era la più ovvia del mondo, ma dopotutto, capivo bene la loro paura. Non sapevamo cosa e quanto Julie avesse visto e subito in termini di implicazioni psicologiche e naturalmente, non potevamo correre il rischio di sottovalutare eventuali traumi.

– Abbiamo ragione di credere che il suo rapitore non volesse ucciderla in prima persona. I medici sostengono che abbia passato diverso tempo sedata, per cui, c’è la possibilità che non abbia vissuto esperienze traumatiche definitive com’è accaduto all’ultima… piccola vittima, tre anni fa. Qual è stata la reazione di Julie nel vedervi? Si è spaventata? –

I due si guardarono e fu Madeleine a rispondermi. – No… ha soltanto chiesto dove fosse il suo peluche preferito, quello che aveva quando è stata rapita… –

– Capisco. Allora statele accanto, fatele percepire serenità. E vedrete che col tempo dimenticherà totalmente quel pupazzo e con quello, la brutta esperienza. – suggerii, sorridendo loro.

I coniugi Dawson si strinsero la mano e per la prima volta, mi resi conto di quanto le parole fossero importanti. Ci congedammo pochi istanti dopo, mettendomi a loro disposizione. Quando andarono via, accompagnati da Wheeler, che non mancò di bisbigliarci un “non finisce qui”, Graham ci chiese di mantenere il riserbo sul caso, poi richiese la presenza di Trevor. Immaginai che fosse per imporgli di non intromettersi più in faccende che lo riguardavano, ma eravamo tutti talmente stanchi che anche a volerlo, non avremmo certo avuto la forza di sindacare. Così, quando rimasi sola con Jace, nell’attesa, ci ritrovammo a scambiare un paio di chiacchiere.

– Sei stata coraggiosa, Kate. Davvero. –

– Dillo ai miei occhi che ancora lacrimano. Primo giorno di lavoro e mi ritrovo a che fare con un bombarolo vendicativo e con lo psicopatico rapitore di bambini… ci vuole coraggio, sì. – scherzai, ma Jace fu di diverso avviso. Guardava verso il punto in cui Trevor e Graham si erano fermati, l’aria seria che avevo visto durante la mattina.

– Vuoi prendermi di nuovo in giro? Guarda che non ti conviene, sai? – e gli assestai un buffetto sulla spalla che ignorò.

– Kate, ascolta. Credo che in qualche modo tu possa fargli bene. Al capitano Graham, intendo. –

Aggrottai le sopracciglia. – Che stai dicendo? –

– Avete impedito che un’altra bambina fosse uccisa. In passato, la situazione gli era sfuggita di mano e Daisy Ross è morta a causa del Mago. Ma non era lei la prima vittima. –

Deglutii ripensando a quando Wheeler aveva annunciato la fuga, nuovamente, del killer. Jace si voltò a guardarmi. La sua espressione era palesemente combattuta, tanto che dovetti chiedergli di non raccontarmi nulla, se non se la fosse sentita. E forse, era anche un metodo di difesa per me. Ero sicura di voler sapere altro, per quella notte?

– Jace… –

Jace Norton accennò un sorriso triste. – La prima vittima del Mago, sei anni fa, fu Lily Graham. La figlia di Alexander. Per lui è diventata personale. –

Sgranai gli occhi, appoggiandomi al muro dietro di me in preda di un tuffo al cuore.

– Mio Dio… – fu la sola cosa che riuscii a dire, incrociando lo sguardo grave e stanco di Graham di ritorno insieme a Trevor. L’aver salvato Julie, ora, aveva assunto un significato del tutto inaspettato.

 

 

  
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