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Autore: hyperktesis    17/07/2020    1 recensioni
Sbocciava la luna nel cielo, come le lacrime negli occhi di lei, e sotto lo sguardo indifferente degli astri, Remus, decidevi in quale cuore affondare la lama.
[remus/lily]
[partecipa al Hold my Angst (Flash contest - Edite e inedite) indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nickname: aware_ / hyperktesis
Titolo: l'ipomea o della colpa
Fandom: Harry Potter
Introduzione: Sbocciava la luna nel cielo, come le lacrime negli occhi di lei, e sotto lo sguardo indifferente degli astri, Remus, decidevi in quale cuore affondare la lama.
Note. Questa ship - che non ha ancora una specifica su efp? sono ancora senza parole :( - è, inutile dire, una delle mie preferite da tempo immemore: l'amo da quando ho quindici anni, credo, abbiamo abbondantemente superato il lustro, lol. Spero di avervi reso almeno minimamente giustizia, dunque! Per quanto riguarda le lines di apertura, vengono da June, di Florence and The Machine. Come titolo, invece, la mia scelta è ricaduta sull'ipomea per una serie di fattori: oltre ad essere detto fiore della luna, per la sua forma tonda e il colore pallido, è anche associato ad un presagio di morte, di rimpianti – nella sua essenza, mi era apparso specchiare adeguatamente i sentimenti di Remus. Ma non aggiungo altro, non voglio spoilerare: è già breve la shot. :P
Buona lettura!

 

 

 

 

 

you were broken-hearted and the world was, too
and I was beginning to lose my grip
and I have always held it loosely, but this time I admit
I felt it really start to slip

 

 

 

 

 

l'ipomea
o della colpa

 

 

 

 

Aveva gli occhi tristi e le mani strette, protese nel vuoto – lì sulla torre di Astronomia, dove ogni gesto si proietta tra le stelle e le cose sembrano tutte eteree, parte di un’altra dimensione. Osservava, forse, l'incedere della notte, gli astri fatalmente immobili, ma invero convergenti verso un punto ignoto, il traguardo ultimo, la fine del mondo: e come quei nodi lucenti, anche tu, avanzando verso lei.

Il rumore dei tuoi passi soverchiava il docile ululato del vento. Il pezzo di carta sgualcito fra le tue dita sembrava farsi rovente: le parole vergate sgraziatamente erano ormai una macchia d’inchiostro, eppure rimanevano come impresse a fuoco tra i tuoi pensieri e non riuscivi nemmeno a proferire parola.
 

Mi stai evitando, Remus?

 

Non ti guardava mentre parlava, il suo intero corpo che esalava come polline quella che avrebbe dovuto essere la sua indifferenza: ma avevi ascoltato troppe volte, troppo bene quella voce per non scorgervi una traccia d’esitazione, un tono screziato d’amarezza.
 

Sono qui, mi pare.

 

Eri avanzato fino alla balaustra di pietra, abbastanza vicino da sentire i suoi capelli sfiorarti le braccia e allo stesso tempo lontano da non riuscire a sentirne davvero il respiro, forzatamente fermo – lo indovinavi da come si tormentava le dita giunte, ormai livide.

 

Lo sei?

 

Aveva detto al buio della notte, alzando lo sguardo: e quando quei cristalli verdi dei suoi occhi si erano posati su di te, avevi potuto percepire distintamente il vapore caldo nei tuoi polmoni calcificarsi, opprimente.

 

Lo sei?

 

Sapevi mentire, Remus, l'avevi fatto per una vita intera ed un'altra ancora l'avresti fatto, ma non stavolta, non a lei: a lei che di te sapeva quasi tutto – innocente, ignara; coglieva, lei, oltre il velo cupo della tua aberrante essenza, ogni scintilla di pensiero che davvero valeva.

 

Adesso sì.

 

L'avevi sussurrato appena, ma era bastato a sciogliere la gemma fredda nel suo sguardo in un liquido tremare. La lacrima che le aveva poi percorso il viso era scorsa lungo il tuo cuore, piagandolo.
Ogni cosa era soltanto colpa tua, il tuo ostinato dovere di non gravare sugli altri, di non ferire un amico.

 

Remus, perché?

 

Perché era arrivato il momento in cui anche solo sfiorarle la mano era un pungolo nel tuo petto, e l'attimo in cui potevi più sentirti umano era quello in cui l'accarezzavi con le iridi – soltanto da lontano perché la fedeltà ad un fratello contava di più di qualsiasi pretesa il tuo animo canide potesse mai avanzare.

 

Non posso.

 

Aveva posto il tuo viso nella sua mano, costringendoti dolcemente a guardarla negli occhi, ad affrontare il peso delle tue scelte: la scelta di proteggere la tua amicizia dal tradimento e lei dal pericolo che rappresentavi – la scelta, in fondo, di proteggere te dal rischio di essere felice e non saper più smettere.

 

Invece puoi.

 

Il tocco delicato delle sue dita lungo le tue cicatrici aveva risvegliato i tuoi sensi da un atavico torpore, quello stesso che la flebile luce della luna quasi piena avrebbe normalmente scrollato dalle tue spalle, con un brivido gelido lungo la schiena. Le tue membra sembravano improvvisamente irrigidite e dolenti come l'attimo che precede la metamorfosi, la bocca riarsa.

 

Devi lasciarmi andare, Lily.

 

La tua voce era rauca, moriva nella tua gola per rinascere ululato in un altro corpo, un'altra vita che non era la tua – e forse avresti voluto lo fosse, abbandonandoti al tuo più recondito e superficiale desiderio, cedendo al tormento fatale di quei sottili petali rosei sul suo volto.

 

Remus...

 

I suoi occhi teneri avevano vacillato una volta ancora, indugiando sui tuoi tratti contorti – non impaurita, straziata. Sapevi che aveva capito. Aveva come sempre compreso tutto, il passato il presente il futuro, il futuro che improvvisamente non importava più, che non-

L'avevi stretta a te, ponendo finalmente le tue fauci umane sulla sua bocca soffice, il fiore proibito che ti eri interdetto per troppo a lungo, negandoti il più dolce e mortale dei sapori.
Ma ad un attimo di perdizione non poteva soccombere la tua intera coscienza, avresti vinto il lupo strappandoti pelo e l'anima di dosso.

 

Perdonami.

 

Il richiamo della luna lo avresti soffocato tra le zanne, e se non fosse bastato l'avresti squartato nel tuo stesso collo deforme con artigli neri di morte.

 

Oblivion.

 

 

 

 

   
 
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