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Autore: Hotaru_Key22    18/07/2020    2 recensioni
"Si mise lentamente a sedere e si guardò i palmi delle mani lacerati dalle schegge di legno delle travi che avevano ceduto sotto il peso di Sirius. Prese dei respiri profondi e pensò che avrebbe assolutamente dovuto fronteggiare la sua paura per salvare il Black. In fondo quello oltre la porta era solo un molliccio, mentre il vero mostro si trovava lì, sopito dentro di lui."
-Questa storia partecipa al contest “Una giornata particolare” indetto da Artnifa sul forum di EFP-
Genere: Horror, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Lily Evans | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il mostro della Stamberga
Il crepitio del fuoco nel camino cadenzava il i passi di Remus, che riecheggiavano tra le pareti della Sala Comune di Grifondoro.
Gli altri malandrini erano seduti nelle tre poltrone vicine al calore delle fiamme incandescenti e approfittavano del fatto che tutti gli studenti fossero già andati in Sala Grande a cenare per non essere ascoltati.
«Silente mi ha chiesto se ricordo di aver aggredito la ragazza» sputò ad un tratto Remus, torturandosi le mani come se potesse grattare via l’invisibile sangue della studentessa di Tassorosso trovata morta quella stessa mattina alla Stamberga Strillante «Ha voluto che la vedessi prima che la portassero via.»
L’immagine della giovane si ripresentò vivida nella sua mente: gli occhi cerulei puntati al soffitto, i fili dorati dei capelli dispersi sulle assi di legno, le labbra spaccate rosse di sangue rappreso, la divisa di Hogwarts a brandelli, il corpo ed in particolare il volto ricoperti da graffi e tagli profondi che avevano fatto sì che una pozza di liquido rosso si formasse sul pavimento.
Aveva sollevato lo sguardo da quella visione e se n’era pentito dal momento che impronte di sangue erano sparse per tutte le pareti, come se la ragazza avesse tentato la fuga da qualcosa.
Aveva detto a Silente che non la riconosceva, ma dentro di sé provava sempre più sgomento, sempre più paura di sé stesso.
«Moony» lo richiamò alla realtà James, alzandosi dalla sua poltrona e afferrando le spalle del compagno «Noi siamo stati con te durante l’ultima luna piena e sappiamo che non sei stato tu.»
Calò il silenzio nella stanza e Remus parve tranquillizzarsi appena, ma poi Peter aggiunse un dettaglio che lo gettò nuovamente nel panico: «Non siamo stati con lui proprio sempre sempre.»
«James aveva uno dei suoi impegni da caposcuola con Evans e, dal momento che era quasi l’alba, abbiamo deciso di tornare anche noi al castello» rivelò Sirius, mal celando una punta di fastidio per la carica ricoperta dal suo migliore amico.
«Comunque questo non significa niente» asserì James, sollevando gli occhiali sulla nuca per stropicciarsi la fronte e gli occhi «La ragazza era una nata babbana, quindi potrebbe essere stata vittima di qualche Mangiamorte o fanatico!»
«Sì, incastriamo Snivellus e diamo la colpa a lui!» scherzò il Black, ricevendo uno sguardo severo da Remus e dovendo dunque aggiustare il tiro «Senti, Moony, se ti fa stare meglio stanotte torniamo alla Stamberga e vediamo se riusciamo a trovare qualcosa che provi la tua innocenza, ok?»
«E se non la trovassimo?» domandò Peter con sincera preoccupazione, procurandosi uno scappellotto ben assestato sulla nuca da James.
 
Quella notte i quattro ragazzi controllarono con la mappa del malandrino che nessuno si aggirasse per i corridoi di Hogwarts che conducevano all’esterno e sgattaiolarono via senza troppi problemi, correndo poi verso il Platano Picchiatore.
L’aria era fredda, pungente, pullulava di rumori sinistri provenienti dalla Foresta Proibita, nulla di troppo diverso dalle notti di luna piena.
«Vado prima io» disse James, mostrando come al solito la sua irruenza che di fatto lo faceva passare per il leader del gruppo.
Sirius tenne a bada l’albero con un bastone e fece cenno a Remus di andare per secondo, poi chiamò Peter, ma, vedendo che questo era concentrato nell’osservare qualcosa verso l’orizzonte, decise che sarebbe riuscito ad entrare da solo.
Lontano, alle soglie della Foresta Proibita, vi era una piccola luce calda che scompariva e ricompariva, oppure creava numerosi disegni nello sfondo scuro di quel bosco selvaggio e misterioso. Peter, che non era solitamente avvezzo ad allontanarsi dal gruppo, era come attratto da quella scia luminescente che lo invitava ad avvicinarsi come una scialuppa che lo avrebbe portato in salvo da quella notte buia e agghiacciante. Si mosse dapprima con titubanza e poi con passo più sicuro verso quel piccolo oggetto che iniziò a prendere forma e si rivelò come un caldo omino luminoso senza una gamba che reggeva una lanternina infuocata.
Peter lo seguì per poterlo studiare al meglio e lui scompariva e riappariva, riappariva e scompariva e quando appariva ancora era un sollievo perché lo salvava dal buio solido di quella notte senza luna.
E così, seguendo quel fragile e simpatico spirito, incurante delle radici sempre più fitte che gli ostruivano il cammino e dei rami sempre più numerosi che gli graffiavano le braccia e gli strappavano i vestiti, Peter si ritrovò all’interno della Foresta Proibita in un punto in cui da solo non era mai stato.
L’essere luminoso scomparve e lui rimase lì, immobile, rendendosi finalmente conto di ciò che stava facendo quando ormai era troppo tardi per tornare indietro.
«Sirius?» chiamò, senza poter ottenere risposta «James! Remus! Qualcuno mi aiuti, non so dove mi trovo!»
Le civette parvero tacere così come tutti gli altri rumori del bosco, come se l’intera Foresta lo stesse osservando in silenzio, contemplandolo alla stregua dell’intruso che era.
 
«Dov’è Peter?» chiese Remus, osservando Sirius uscire dal passaggio che dalle radici del Platano Picchiatore conducevano alla Stamberga Strillante.
«Starà arrivando» rispose semplicemente il Black, procurandosi degli sguardi di disapprovazione da entrambi i suoi amici.
«Abbiamo fatto questo discorso mille volte» si lamentò il licantropo «Peter è un ragazzo fragile e facilmente impressionabile, quindi non dobbiamo lasciarlo mai da solo!»
«Soprattutto da un po’ si lamenta spesso di non sentirsi davvero uno di noi ed è incredibilmente noioso doverlo convincere del contrario» aggiunse James, voltandosi nuovamente verso il tunnel e avvertendo: «Lo vado a prendere…»
All’esterno, però, non c’era traccia di Peter e la cosa infastidì il Potter non poco.
«Wormtail!» provò a chiamarlo, premurandosi di non alzare troppo la voce e cercando di scorgere la figura minuta del compagno, magari nella strada che portava al castello buio e silenzioso a quell’ora della notte.
Nel fare ciò si rese conto di alcune impronte sull’erba umida e si mise a seguirle, sperando così di riuscire a trovare l’amico e fermandosi solo ai margini della Foresta Proibita.
Stava quasi tornando indietro, quando avvertì un grido.
AAAAAH!
Era un grido stridulo, affogato nel pianto e sicuramente generato da un sentimento di angoscia e di paura, molto probabilmente del Pettigrew.
«Peter!» chiamò di nuovo, questa volta più forte, iniziando a correre all’interno della Foresta Proibita, la bacchetta ben salda alla mano pronta per ogni eventualità.
Improvvisamente avvertì i suoi piedi immergersi all’interno di una densa fanghiglia e udì un secondo urlo più lontano.
Aaaaah!
«Peter!» gridò ancora, accelerando il passo fino a che non si ritrovò con l’acqua che gli arrivava alle ginocchia e capì di essere finito nel mezzo di una palude.
Sussultò all’arrivo di un terzo lamento straziato e riprese a camminare con più cautela, spostando dalla sua strada un pezzo di tronco particolarmente contorto che galleggiava a pelo d’acqua.
Improvvisamente sentì come mille lame infilzargli entrambe le caviglie e, suo malgrado, urlò dal dolore. Guardò verso il basso la superficie della palude in cui era immerso farsi più scura e provò ad indietreggiare, cadendo malamente e ritrovandosi quindi in mezzo alla fanghiglia.
«Lumos» disse, la voce smorzata dalle fitte alle gambe, per controllare cosa fosse successo e tremò visibilmente, annaspando nel tentativo vano di alzarsi e scappare.
Intorno a lui l’acqua si colorava sempre più di rosso e più si muoveva più il suo sangue si mescolava con la fanghiglia della palude e gli macchiava i vestiti.
 
Sirius fu il primo ad avanzare all’interno della Stamberga Strillante. Le assi di legno scricchiolavano ad ogni suo passo quasi si stessero lamentando della sua presenza.
«Non dovremmo aspettare James e Peter?» chiese Remus, sporgendosi un po’ verso il passaggio.
CRACK!
Il rumore del legno che si spezzava ed un conseguente tonfo lo fecero voltare verso Sirius, o meglio verso dove si aspettava di trovarlo. Il Black, infatti, sembrava aver lasciato il posto ad un buco tra le assi del pavimento e la sua presenza non era più visibile all’interno di quella stanza.
«Cazzo!» si sentì gridare dall’interno della voragine, insieme ad altri lamenti affannati.
«Sirius!» chiamò Remus, affacciandosi dal pavimento e osservando l’amico nelle grinfie di un Tranello del Diavolo, che si stava adoperando per bene per stritolargli un braccio, l’addome ed uno dei polpacci.
«Non muoverti o andrà sempre peggio!» gridò il licantropo, mentre sperava che James facesse presto e cercava di trovare un modo per salvare Sirius «Hai la bacchetta? Devi fare luce!»
«Non riesco a prenderla!» rispose il Black, mentre sembrava che quella pianta maligna volesse staccargli la mano dal resto del braccio e frantumargli la tibia in mille pezzetti «Prestami la tua!»
Remus annuì e fece in modo che la bacchetta cadesse in direzione del braccio libero di Sirius. Questo la afferrò al volo e, prima di pronunciare l’incantesimo, si rese conto di cinque figure umane, nude e a quattro zampe, la pelle rattrappita e scarna che lasciava intravedere le costole e la sagoma di tutte le ossa, che strisciavano o gattonavano verso di lui. Emettevano lamenti con una voce rauca e spenta che dava l’impressione di essere stata sopita sotto metri e metri di terra, si trasportavano come se ogni passo fosse l’ultimo della loro esistenza, con una tenacia ed una convinzione esasperate e drammatiche.
«Che aspetti?» domandò Remus, stringendo le mani sulle assi di legno scheggiate fino a farle sanguinare «Sirius, cosa c’è che non va?»
«Ci sono cinque persone…» rispose il Black, stringendo maggiormente la bacchetta «Però c’è qualcosa di strano: non sembrano… vive.»
Il licantropo avvertì il suono sordo di uno sportello che veniva spalancato e si voltò a controllare, rabbrividendo un secondo dopo: dinnanzi a lui si ergeva un lupo mannaro con le zanne in mostra e la saliva che gocciolava sul pavimento, scandendo gli istanti di quella strana notte piena di eventi.
Il lupo doveva essere molto giovane e aveva gli occhi verdi che scrutavano Remus dall’alto in basso con insistenza e rancore.
Dopo l’attimo di sgomento il ragazzo si rese conto che quella notte non c’era la luna piena e che quella figura lì dinnanzi a lui non era altro che la sua più grande paura dal ritrovamento del corpo della ragazza: sé stesso.
«Moony!» chiamò Sirius, dopo essersi liberato con lumos dal Tranello del Diavolo «Hai qualche idea di come ci si comporti con questi amichetti?»
Il Black li osservò per qualche minuto, cogliendo altri particolari come gli occhi vacui, privi di pupille, e degli stracci che sembravano pendere dai loro corpi e fondersi con la loro pelle sulla schiena.
«Vai via!» sentì gridare a Remus, ma si sforzò per non distogliere lo sguardo da quegli esseri ignoti ed inquietanti.
«Remus!» disse, tentando di attirare l’attenzione dell’amico «Chi deve andare via? Chi è lì con te?»
 
Peter era stato punto da qualcosa di non troppo doloroso, ma aveva comunque cacciato un urlo dovuto alla suggestione del momento e alla convinzione che nessuno si sarebbe mai accorto della sua assenza e che sarebbe di certo morto solo, dimenticato da tutti.
Lo colse d’un tratto un’improvvisa vertigine e gli sembrò quasi che i suoi piedi si sollevassero da terra, ma era di certo solo un’impressione.
Eppure le vertigini aumentavano e Peter poté giurare di sentirsi capovolgere e di avere la testa al posto dei piedi e viceversa, mentre le braccia gli pesavano verso l’alto come se fosse spinto ad alzarle. Intorno a lui regnava il buio, così gridò anche quando un oggetto appuntito e rinsecchito gli sfiorò una gamba. Era forse un dito? Altre punte ruvide gli graffiarono le braccia e lo tirarono per la camicia, costringendolo a gridare di nuovo.
Provò a correre, senza riuscirvi, e un altro oggetto, stavolta a più punte, gli tagliò la guancia, facendo sì che gli cadessero delle gocce di sangue in un occhio.
In qualche modo, a seguito di un’altra vertigine, si ritrovò nuovamente in una posizione normale, ma del pavimento sotto i suoi piedi non vi era traccia e nuove mani ora lo graffiavano, ora lo tiravano, ora tentavano di cavargli gli occhi, ora gli solleticavano il collo.
«Lasciatemi andare! Lasciatemi andare!» urlò più volte, piangendo come un pazzo e desiderando che quello fosse tutto un incubo «Aiuto! Aiutatemi! James!»
E continuava a dimenarsi e tutto intorno a lui si lamentava e faceva rumore e quelle mani talvolta si spezzavano, talvolta erano così caparbie da togliergli il fiato e riuscire quasi a strangolarlo.
«Aiutatemi!»
 
James era con fatica riuscito a strisciare fuori dalla palude, ma non aveva più idea di dove fosse né riusciva più a sentire le grida di Peter.
«Peter!» chiamò con il fiato che gli restava in petto «Peter! Dove sei?»
Rimase in silenzio ad ascoltare, ma nulla giunse alle sue orecchie se non il canto delle cornacchie, che molto probabilmente ridevano di lui, che azzannato da qualcosa nella palude non riusciva più a mettersi in piedi.
CRA! CRA! CRA!
«Ti prego…» mormorò, sdraiandosi a terra nella vana speranza di scorgere un briciolo di cielo, mentre questo restava precluso alle sole cime degli alberi dai rami fittissimi «Peter, non puoi essere morto… non perché non ho fatto in tempo…»
Un fruscio lo fece scattare a sedere e la sua vista si scontrò contro due palle celesti e luminose nel buio della Foresta. Cercò di indietreggiare, ma con un balzo un felino simile ad una pantera gli fu addosso, affondando gli artigli affilati nelle sue spalle e ringhiando con il muso a pochi centimetri dalla sua faccia.
Il dolore era immenso, l’aria nei polmoni sempre meno per la pressione di quel meraviglioso e crudele felino. James chiuse gli occhi, incapace di assistere alla sua fine ancora per molto.
 
Sirius aveva capito due cose delle cinque figure che strisciavano e si lamentavano dinnanzi a lui: non erano vulnerabili agli incantesimi offensivi e tentavano di non avvicinarsi alla fonte di luce quando la bacchetta veniva utilizzata per tenere a bada il Tranello.
«Remus!» gridò ad un certo punto, sperando che l’amico avesse qualche idea «Ci sei? Come va lassù?»
L’aveva sentito gridare poco prima e sperava che stesse bene, che fosse stato solo un rumore troppo forte o uno scherzo di James, soprattutto dal momento che l’amico non aveva con sé la bacchetta.
«Remus!» chiamò ancora, più preoccupato per lui che per sé stesso.
Remus dal canto suo era pietrificato dalla paura e fu solo quando il lupo mannaro dinnanzi a lui fece uno scatto in avanti che riuscì a scansarsi, lasciandosi sfuggire un urlo per la sorpresa, e a scappare nella stanza di fianco, chiudendosi la porta alle spalle.
Le pareti intorno a lui presentavano numerose strisce di sangue e al ragazzo risultò semplice capire che si trovava nel luogo dove la studentessa di Tassorosso era stata uccisa. Nel luogo dove lui l’aveva uccisa.
Era come se ancora potesse vederla lì distesa, gli occhi pieni di sogni e di morte al tempo stesso.
Comunque, ciò che attirò la sua attenzione fu una fluida nuvola scura al centro della stanza, che fluttuava immobile nello stesso punto. Dal momento che questa non sembrava minacciosa, Remus provò ad avvicinarsi, ma, non appena mosse un passo, la nube si spostò velocemente verso di lui e lo sollevò in aria, scagliandolo poi contro uno dei muri e scappando subito dopo via, frantumando la finestra.
Il ragazzo tossì, sentendo il torace dolere con particolare intensità. Si chiese se fosse stata quella stessa presenza che lo aveva attaccato ad uccidere la studentessa, ma quasi subito rifletté che il cadavere era ricoperto da graffi e che quelli non potevano essere spiegati così facilmente.
Si mise lentamente a sedere e si guardò i palmi delle mani lacerati dalle schegge di legno delle travi che avevano ceduto sotto il peso di Sirius. Prese dei respiri profondi e pensò che avrebbe assolutamente dovuto fronteggiare la sua paura per salvare il Black. In fondo quello oltre la porta era solo un molliccio, mentre il vero mostro si trovava lì, sopito dentro di lui.
Si alzò in piedi faticosamente ed uscì, gridando: «Sirius! Stai bene? Lanciami la mia bacchetta!»
«Era ora!» rispose quello, tirando lo stecco di legno oltre il bordo del buco.
 
James era rimasto immobile per un tempo che gli sembrò interminabile, con gli occhi chiusi ed il fiato del felino a riscaldargli ed inumidirgli il naso. Non li vedeva, ma sentiva i suoi occhi glaciali infilzargli il cranio e scrutare dentro la sua anima.
Poi, ad un tratto, senza che niente di particolare accadesse, quella sorta di pantera nera estrasse gli artigli dalla carne del ragazzo e se ne andò a passo lento ad occuparsi di qualcos’altro.
A James sembrò di poter finalmente riprendere a respirare, nonostante il dolore alle caviglie fosse ancora insopportabile, e riaprì gli occhi, accorgendosi di qualcosa di insolito.
Peter galleggiava tra i rami degli alberi sopra la sua testa e piagnucolava come un bambino, rivolgendo preghiere ed implorazioni a quei pezzi di legno senza vita.
«Wormtail» lo chiamò, quasi non riuscendo a credere a ciò che vedeva.
«James?» chiese quello, con la sua stessa espressione in volto «Che ci fai lassù? Dammi una mano! Chi sono queste persone?»
Il Potter iniziò a ridere non tanto perché trovasse la scena divertente, ma in quanto fino a qualche secondo prima aveva immaginato gli scenari più orribili per sé e per il compagno.
«Smettila!» gli intimò Peter, agitandosi ancora di più e prendendo a schiaffi i rami degli alberi «Liberami da questi cosi! Non capisco più niente!»
«Peter, sono solo dei rami» lo rassicurò allora James, trovando sinceramente bella l’espressione stupita ed incredula del Pettigrew.
«Ti prendi gioco di me?» si lamentò però l’altro, continuando a dimenarsi «Ti prendi gioco di me come fate sempre! Vi vedo tu e Sirius sempre lì a sghignazzare! E anche stanotte nessuno è venuto a cercarmi! Nessuno si è preoccupato per me!»
«E io sono venuto qua a raccogliere fragole!» rispose a tono James, qualunque traccia di un sorriso scomparsa dal suo volto «Dimmi come sei finito lassù e vediamo come farti scendere…»
 
«Riddikulos!» gridò Remus verso il molliccio, che si trasformò immediatamente in un docile cagnolino con un pannolino.
Sirius intanto si trovava in una situazione alquanto scomoda, tra dover tenere a bada il Tranello ed i cinque morti viventi sempre più vicini. Due di loro gli avevano anche afferrato le gambe e la loro presa era gelida e dolorosa nonostante fosse debole e tremante.
«Levicorpus!» sentì dire a Remus e il suo corpo si sollevò da terra, provocandogli una sensazione di sollievo.
Scalciò ripetutamente i due esseri che lo avevano afferrato finché non caddero e, non appena arrivato in cima, si lanciò tra le braccia dell’amico.
«Brutto idiota, che cazzo è successo?» domandò con leggera irritazione, mal celata da quell’attimo di contentezza.
Remus non ebbe il tempo di rispondere, un crack fece voltare entrambi i ragazzi e ciò che si profilò davanti ai loro occhi li lasciò senza parole.
James era steso a terra, gli occhiali rotti, la pelle fin troppo pallida, le labbra cianotiche e i palmi rivolti verso l’alto, abbandonati sul pavimento.
«È solo un molliccio» disse Remus, che aveva avvertito il fiato di Sirius bloccarsi «Sir, è solo un molliccio.»
Il Black alzò la bacchetta dinnanzi a lui e balbettò: «RidRiddikulos
Non era tanto impaurito da quello scherzetto meschino, ma si era appena reso conto del fatto che James non fosse ancora tornato e che quindi gli era sicuramente successo qualcosa.
 
Quando finalmente uscirono dalla Stamberga Strillante, videro in lontananza, ai margini della Foresta Proibita, Peter trascinare James di peso.
«James!» gridò Sirius, correndo verso le due figure, mentre Remus si accasciava a terra per le fitte che scuotevano costanti il suo torace.
«Remus» disse dunque Peter, indicando oltre le spalle del Black e facendolo sbiancare.
Si sentì confuso ed impotente di fronte alla possibilità di perdere i suoi migliori amici e si domandò a chi avrebbero mai potuto chiedere aiuto in quell’ora della notte.
 
«Capisco James e Sirius, ma non me lo aspettavo proprio da te, Remus!» gridava in un sussurro Lily Evans nella Sala Comune di Grifondoro, mentre si legava i capelli rossi in una coda e applicava degli incantesimi curativi ad un James molto infastidito.
«Scusami» disse il licantropo, massaggiandosi la nuca e subendo gli sguardi taglienti di Sirius, preoccupato e offeso dalla scelta dell’amico di non menzionare il suo dolore alle costole «Il fatto è che… dopo vorrei parlarti.»
Dopo quell’ultima frase James sbuffò ancora più sonoramente, geloso della profonda amicizia che legava la sua storica cotta ad uno dei suoi migliori amici, il tutto alimentato dallo sconforto che provava in quel momento e l’astio sia nei confronti di Peter, che si era cacciato stupidamente nei guai, sia nei confronti di Sirius, che non era andato a cercarlo dopo aver visto che non tornava.
Non appena Lily finì con le ferite del Potter, fece cenno a Remus di seguirla e i due uscirono dalla Sala Comune, restando appena fuori dalla porta.
«Che succede?» chiese la ragazza, incrociando le braccia al petto «È per la studentessa di Tassorosso? Remus, sai di non essere stato tu…»
«No, non lo so» disse quasi con rabbia il licantropo, appoggiandosi al muro e affondando gli occhi umidi nei palmi delle mani «C’era qualcosa nella stanza, un fluido che galleggiava a mezz’aria… è stata questa cosa a colpirmi. Voglio tornare là dentro…»
«Diciamolo a Silente» propose Lily, avvicinandosi maggiormente all’amico e prendendogli il viso tra le mani per poterlo osservare.
«No» si affrettò a rispondere Remus, scuotendo il capo «Lui mi impedirà di tornare alla Stamberga e io ho bisogno di vedere con i miei occhi che non sono stato io ad uccidere quella ragazza… ho bisogno di sapere che c’è ancora una parte di me che non può diventare un mostro…»
«Remus» sussurrò la rossa, abbracciandolo con fare materno «Tu non sei un mostro e non lo diventerai, nemmeno in parte. Tornerò con te alla Stamberga Strillante se pensi sia importante.»
Il licantropo iniziò a piangere, provando a convincere Lily del fatto che fosse pericoloso e che sarebbe dovuto andare da solo per non provocare più altri danni, ma lei fu irremovibile.
Fu durante questo momento che James uscì a controllare come stesse l’amico e rimase a guardare la scena per qualche secondo.
«Come sta?» domandò Sirius, quando vide rientrare il Potter.
«Benissimo» rispose questo con puro astio nella sua voce «È tra le braccia di Lily, sembra un momento molto intimo…»
«Remus non ti farebbe mai una cosa del genere» disse il Black, osservando il dipinto che conduceva al corridoio «È un momento molto delicato per lui e Lily è una persona empatica e noiosa, è più simile a lui.»
«Tu non puoi evitare di difenderlo, vero?» si lamentò allora James, alzando gli occhi al cielo «Hai preferito restare con lui piuttosto che venire a cercare me…»
«Nessuno di voi è venuto a cercare me!» enfatizzò allora Peter, contribuendo a quello che presto sarebbe diventato un litigio.
«Abbassate la voce!» li riprese Lily, entrando nella Sala Comune con Remus e guardandoli uno per uno come solo lei avrebbe saputo fare «Sveglierete tutti così!»
 Poi annunciò «Io e Remus torneremo alla Stamberga Strillante.»
«Potete andare da soli» grugnì James, avviandosi per il dormitorio «O magari Sirius vorrà seguirvi…»
«Prongs, spero tu stia scherzando!» esclamò il Black, voltandosi poi verso la rossa e continuando: «Scusate, ma James è troppo impegnato a fare il bambino e dovrò occuparmi di lui!»
«Non contate su di me» proferì Peter a bassa voce, seguendo gli altri due e lasciando Remus e Lily da soli nel silenzio della Sala Comune.
 
«Prima era come se la Stamberga e forse l’intera Foresta volessero respingerci» raccontò Remus, mentre mostrava a Lily il metodo per bloccare il Platano Picchiatore «C’è qualcosa di molto strano in questa storia che mi porta a sperare di non essere stato io ad uccidere quella ragazza… ma tutte le vie d’uscita mi sembrano troppo semplici per spiegare quei chiari segni di un attacco da parte di un lupo mannaro…»
«Quindi cerchiamo qualcosa di complicato» scherzò la rossa, scendendo nel passaggio e venendo seguita quasi immediatamente dal licantropo.
«Era qui dentro che ho visto quella cosa» disse Remus prima di entrare nella stanza del delitto «Se dovesse essere tornata, non avvicinarti per nessun motivo.»
Aprirono la porta con estrema lentezza ed osservarono la nube scura vorticare fissa vicino alla finestra come fosse appena entrata anche lei. Per alcuni minuti il silenzio fu assordante e l’immobilità del tutto era rotta solo dal fluire calmo di quella sostanza misteriosa.
KRASH!
Successe in un istante.
Remus si ritrovò in piedi vicino la finestra, lo sguardo puntato su Lily distesa a terra, i capelli scomposti sul pavimento, il corpo ricoperto da graffi. Indietreggiò con l’angoscia che gli attanagliava il petto ed il fiato spezzato, mentre lacrime salate gli sgorgavano incontrollabili dagli occhi.
Era stata quella cosa ad uccidere la studentessa di Tassorosso? Era stata quella cosa ad uccidere Lily? No, era troppo semplice. Ad ucciderle era stato lui. Il mostro che si annidava in lui era uscito fuori in tutta la sua meschina potenza e da quel momento il ragazzo che Remus aveva con tutto sé stesso provato ad essere non poteva più trovare alcuno spazio.
Fu con quei pensieri ed il suo corpo tutto assalito dal pianto che venne inghiottito dalla notte e svanì.
 
Sirius era riuscito a convincere James e Peter che sarebbe stato meglio controllare che Remus e Lily stessero bene, quindi si avviarono anche loro nella notte.
«Lily!» gridò James, entrando nella stanza del delitto e accovacciandosi di fianco alla rossa, mentre Sirius correva alla finestra e Peter restava incerto sulla soglia della porta.
«Lily…» mormorò ancora il Potter, prendendo una delle mani della ragazza e voltandosi poi verso il Black «Hai qualche idea migliore del fatto che sia stato Remus a fare tutto questo?»
«In qualunque istante avrebbe potuto uccidere noi…» biascicò il Pettigrew, indietreggiando appena.
Sirius pensò al licantropo e al suo carattere mite, a quel “vai via” gridato a qualcuno alla Stamberga. Ma a chi?
Dopo qualche secondo Lily si mosse e aprì gli occhi, mettendosi con fatica a sedere.
«Lily» la chiamò ancora James, avvolgendole la schiena con un braccio «Non affaticarti…»
«Cos’è successo?» chiese subito Sirius, procurandosi uno sguardo di rimprovero dall’amico che decise di ignorare deliberatamente.
La rossa raccontò della sostanza scura e chiese di Remus, preoccupandosi nel constatare che l’amico fosse scomparso.
«Dobbiamo parlare con Silente» asserì, guardando James dritto negli occhi, ben consapevole di avere maggior presa su di lui «È stata quella cosa ad uccidere la studentessa di Tassorosso ed è stata quella cosa ad attaccare me…»
Si voltò verso Sirius con sguardo duro e deciso nonostante la stanchezza, poi continuò: «Sarà quella cosa ad uccidere Remus se non ci sbrighiamo.»
 
Il preside ascoltò attentamente i racconti dei quattro ragazzi con sguardo serio e cupo dietro gli occhiali a mezzaluna.
Spiegò loro che la sostanza con cui avevano avuto a che fare era un obscurus creato dalla studentessa di Tassorosso e che era stato questo ad ucciderla, a ferire Lily e ad impossessarsi di Remus. Inoltre disse che solo loro avrebbero potuto salvare il licantropo, facendo sì che questo si calmasse, staccandosi dall’obscurus.
 
Usciti dal castello, i quattro ragazzi avvertirono i chiari rumori di una battaglia provenire dalla Foresta Proibita e decisero di correre lì, quasi sicuri di trovarvi Remus.
«Remus!» chiamarono più volte, fino ad arrivare nel luogo dove la sostanza scura e fluida veniva attaccata dai soliti abitanti di quel bosco, ovvero i centauri.
«Fermatevi!» gridò Sirius, sfoderando la sua bacchetta, imitato poco dopo da Peter.
«Remus, ascoltaci!» provò invece James, alzando le braccia disarmate per sembrare più amichevole «Non sei tu questo! Tu non faresti mai del male a Lily! Questo mostro non sei tu!»
L’ultima frase sembrò dare particolarmente fastidio all’obscurus, o a Remus, che tentò di colpire il Potter e riprese ad attaccare i centauri con più violenza, mentre questi rispondevano a tono.
«Ma che bravo» disse il Black sarcastico, rivolto al suo migliore amico «Remus è quella cosa in questo momento, non puoi chiamarla mostro senza dare del mostro a lui!»
«Che facciamo?» domandò Peter, maledicendo la sua decisione di lasciare il dormitorio quella notte.
Lily pensò che tutti facessero fin troppo rumore per poter ragionare e prese un grande respiro, prima di urlare: «FERMI! STATE TUTTI QUANTI FERMI!»
Non solo i centauri, ma perfino l’obscurus sembrò ascoltarla, così si schiarì appena la voce e spiegò che sarebbe stato Sirius a parlare con Remus e che tutti gli altri avrebbero atteso il momento opportuno per attaccare.
Il Black era quasi inquietato dalle capacità persuasive di quella donna, ma pensò che doveva di certo esserci un motivo se la McGranitt l’aveva nominata prefetto e poi caposcuola.
Si avvicinò un po’ di più a quella nube nera che avrebbe dovuto custodire Remus e lasciò cadere la bacchetta, tendendo le braccia in avanti, leggermente allargate, come ad invitarlo in un abbraccio.
«Moony, so che sei là dentro» disse con la voce più calma e tranquilla che riuscisse ad ottenere, tentando di concentrarsi sull’immagine dell’amico che studiava tranquillo in biblioteca, mentre lui lo osservava nascosto dietro gli scaffali «Sei la persona più dolce e noiosamente responsabile che io conosca. E quando parlo di te non considero solo la parte di te che ti piace di più, considero tutto di te. Io ti voglio bene, Remus, ti voglio bene per tutto ciò che sei.»
L’obscurus si dissolse lentamente sempre di più, lasciando il posto a Remus, che indietreggiò appena, mormorando: «Non voglio farti del male…»
«Non me ne hai mai fatto» asserì Sirius, avanzando di qualche passo «Rem, sei sempre stato attento con me, anche durante le lune piene. Quando sei un lupo tu ci riconosci, sai che noi siamo amici e non ci attacchi. Tu sei sempre te stesso, anche quando ti trasformi, resti sempre tu.»
I due ragazzi erano vicinissimi e Remus poté appoggiare la testa sulla spalla del Black, lasciandosi abbracciare.
Una nube nera si stava lentamente formando nell’aria sospesa e paziente della Foresta, così Lily guardò James e lui ricambiò lo sguardo, sapendo di dover attendere il suo segnale.
«È tutto ciò che sei a renderti più forte, Remus» sussurrò Sirius, stringendo l’amico con tutto il calore possibile «Ed è tutto ciò che sei a far innamorare chi ti conosce di te, a far innamorare me.»
In quel momento l’obscurus uscì fuori e Lily ordinò di attaccare.
Dopo qualche minuto non ne rimase più traccia, ma Remus continuò a stare tra le braccia del Black a singhiozzare, troppo contrastato in sé stesso per poter volgere lo sguardo agli altri.
Sirius osservò gli amici con un’espressione dura e seria: non avrebbero parlato di quella notte mai più.

 
 
 
 
NdA:
Grazie per essere arrivati fin qui, spero che la storia vi sia piaciuta quanto a me è piaciuto scriverla!
Aggiungo di seguito alcune precisazioni:
-La creatura che Peter vede ai margini della Foresta Proibita è un Marciotto, meglio conosciuto come Fuoco Fatuo, e la peculiarità di questi esserini è proprio quella di far smarrire la via ai poveri malcapitati per divertimento;
-La creatura che punge Peter è, invece, un Billywig e la sua puntura provoca vertigini e levitazione;
-Ciò che morde James nella palude è un Dugbog, un essere che si nutre di piccoli mammiferi e infesta le coltivazioni di Mandragola, ma che azzanna le gambe di visitatori indesiderati nel suo habitat;
-Il felino dal manto nero è un Matagot, animale che attacca solo se minacciato (motivo per cui lascia andare James quando capisce che è innocuo e ferito);
-Le cinque figure con cui ha a che fare Sirius sono degli Inferi, che mal sopportano la luce e sono resistenti agli incantesimi offensivi.
   
 
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