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Autore: Velidart    19/07/2020    1 recensioni
"..schiacciò stampa di nuovo e attese che la macchina gli risputasse fuori il foglio. Quando lo prese avvertì il calore emanato dall'inchiostro appena colato, lo portò al naso e assaporò quell'odore acre e pungente: gli era sempre piaciuto annusare l'odore della carta, delle pagine ingiallite, del colore stampato. Era qualcosa che gli metteva addosso il ricordo nostalgico di un'epoca passata, fatta di semplicità e conversazioni sentite."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ennio per cortesia mi stampa la fattura dei Montressori?-

E si dileguò velocemente così come se n'era comparsa all'improvviso.
Ennio sbuffò, si alzò gli occhiali da vista e si stropicciò gli occhi con le mani grinzose; poi guardò l'orologio - solo mezz'ora, è passata solo mezz'ora - si ritrovò a pensare con sgomento.
Passò la mano sul mouse e attese che lo schermo s'avviasse: il blu elettrico del pannello luminoso comparve all'improvviso e gli procurò una breve fitta agli occhi; le mani tornarono così ad alzare le lenti e a strofinare le palpebre pesanti.
Quand'è che aveva iniziato a sentirsi così stanco la mattina? Lui che a vent'anni s'alzava quotidianamente alle cinque, balzava in sella alla sua bicicletta e percorreva quindici chilometri per arrivare puntuale alla fabbrica degli Zanussi. Trenta chilometri al giorno, tranne la domenica, per 356 giorni l'anno per una decade.
Poi era arrivata Erica, le promesse, il matrimonio, il mutuo, i figli, il trasferimento, la morte e, da un po' di tempo a questa parte, la stanchezza.
Da quando? Ennio non se lo ricordava esattamente, erano forse trascorse settimane, mesi o anni?
Di tutto quello che aveva passato nei suoi quasi settant'anni di vita, quella maledetta sensazione che ti prende le ossa, la schiena, il fiato e gli occhi era la cosa più tremenda che gli era capitata.
-Brutta la vecchiaia- si disse fra se e se a denti stretti.
Mosse il mouse e cliccò l'icona gialla che lo rimandava all'internet, spostò poi la freccia bianca sulla casellina delle fatture on-line e attese il caricamento.
Un banner pubblicitario catturò la sua attenzione:

Nuova bici elettrica BLM X5e. Tua a soli 62 euro al mese per 12 mesi e bla bla bla...

"Fanno di tutto per non farti fare più niente. Adesso ti fanno pure pagare per spronarti a praticare un po' di corsa e qualche flessione. Io mi facevo le gambe con la Cinelli e al pomeriggio lavoravo nel campo con la vanga e il piccone. Ora se ne stanno a rincoglionirsi tutto il giorno attaccati a quell'affare infernale per cui darebbero la vita; o ai loro videogames, o a questi schermi che fanno un male cane"
Scacciò i pensieri con un gesto, chiuse seccamente la pubblicità cliccando sulla minuscola croce colorata e studiò attentamente la colonna che era comparsa sulla sinistra dello schermo.
Ci erano voluti quasi due anni per imparare, ma alla fine era riuscito a fare quelle dannate fatture elettroniche; certo, di tanto in tanto si perdeva nei meandri di quelle decine di menù e sotto-menù che gli si paravano davanti, ma alla fine riusciva sempre a trovare la sezione corretta.
A quarantacinque anni Erica era mancata, il cancro se l'era portata via in appena due mesi, e il suo stipendio in fabbrica non era stato sufficiente per il mutuo, le bollette, la macchina e i vizi dei suoi tesori, Michela e Fernando, che all'epoca avevano rispettivamente dodici e quattordici anni. Così s'era dovuto ingegnare e, grazie all'aiuto d'un amico che aveva fatto carriera e s'era aperto un bello studio in centro, era stato assunto a tempo indeterminato come segretario tuttofare. La paga era migliore e gli aveva consentito di tirare avanti nonostante la dipartita della sua Erica..
Oh la sua Erica..

-Ennio, anche quella dei Fiscaldi! Dovrebbe essere di 1254,13 euro dell'ottobre scorso- proruppe nuovamente la voce di prima.
-Si signora!- le rispose Ennio prontamente, contento di essere stato interrotto prima di poter approfondire quei ricordi dolorosi.

Si raddrizzò un poco, cliccò sulla lista delle fatture emesse e si mise alla ricerca di ciò che gli serviva scorrendo lentamente la rotellina del topo da scrivania.
Tutto sommato non si poteva lamentare: aveva il suo ufficio, piccolo ma intimo, la sua scrivania, i suoi fogli, la sedia comoda che gli era stata regalata l'anno prima dalla figlia Michela per la sua schiena malandata, la sua stilografica Parker Sonnet dell'82..
Tutto il necessario per fare in modo che si sentisse a suo agio. Eppure, nonostante tutto quell'agio, avvertiva che con il trascorrere del tempo il suo corpo stava diventando sempre più pesante, sempre più rigido e curvo.
I tasti li pigiava a fatica e con una lentezza esasperante, dimenticava subito quello che doveva trascrivere e perciò era costretto a riguardare più e più volte il foglio e il monitor; per fare un'operazione semplice ci poteva mettere anche dieci minuti perché si perdeva sempre più spesso nei suoi pensieri. Era così stanco: una stanchezza però non solo fisica, ma che gli prendeva la mente e gli attanagliava le viscere. La pensione la prendeva, avrebbe potuto anche mollare tutto e andare avanti con quello che riceveva dall'INPS; ma Michela era in procinto di sposarsi e si sentiva in dovere di darle una mano con l'affitto. Aveva pensato di darle la sua casa, ma c'era Fernando di mezzo e non poteva certo lasciarlo a mani vuote quando sarebbe giunto il momento.

Trovò la fattura dei Montressori. "Prestazioni professionali inerenti la progettazione e direzione lavori di ristrutturazione del fabbricato.." euro 9.754. Cliccò su stampa.

"Ah già, il momento" pensò con amarezza.
Settant'anni che, ora guardandosi indietro, erano passati in un lampo. Una fitta dolorosa gli attraversò il petto all'improvviso: sapeva che non doveva pensare alla morte, qualcosa che lo terrorizzava e che aveva cercato di riporre negli angoli più scuri della sua testa, ma che di tanto in tanto schizzava fuori come un missile, attraversandogliela da parte a parte con una violenza, con una schiettezza inaudita.
Il dottore gliel'aveva detto: "Prenda le goccine, cinque o sei quando le capitano questi episodi basteranno. Cerchi di rilassarsi, si distragga e si metta a fare qualcosa." Al diavolo le goccine, non avrebbero certamente cambiato la realtà dei fatti: lui era vecchio, solo e con una manciata d'anni rimasti da vivere immerso nella sua stessa merda.
La stampante s'azionò all'improvviso facendolo sobbalzare, il foglio bianco venne risucchiato e nel giro di una manciata di secondi venne risputato fuori, pieno di inchiostro e con caratteri lievemente sbiaditi. Ennio mugugnò, ma non disse nulla poiché rimasto ancora incerto a causa di quella sensazione di disagio che l'aveva colto pochi secondi prima; riprese lentamene a scrollare il mouse lasciando che la sua mente intorpidita riprendesse a pensare.
Ma il danno ormai era fatto: il suo umore era peggiorato e avrebbe passato la giornata a rimuginare sulla sua solitudine.

-Fiscaldi- lesse con un filo di voce, schiacciò stampa di nuovo e attese che la macchina gli risputasse fuori il foglio. Quando lo prese avvertì il calore emanato dall'inchiostro appena colato, lo portò al naso e assaporò quell'odore acre e pungente: gli era sempre piaciuto annusare l'odore della carta, delle pagine ingiallite, del colore stampato. Era qualcosa che gli metteva addosso il ricordo nostalgico di un'epoca passata, fatta di semplicità e conversazioni sentite. Ennio si riscosse e s'alzò lentamente, recuperò l'altro foglio e s'avviò a passi misurati lungo il corridoio che conduceva alla stanza della collega, bussò un paio di volte nonostante la porta fosse aperta e attese il cenno d'assenso. Una volta ricevuto il permesso depose le carte sulla scrivania, mostrò il suo miglior sorriso di circostanza e fece dietrofront. Prima di rientrare si bloccò all'improvviso: con la coda dell'occhio aveva notato qualcosa che aveva catturato la sua attenzione. Si sporse dalla finestra grigiastra del corridoio e guardò fuori.

Un unico palloncino giallo, del colore del sole, s'avviava pigramente verso un cielo terso e contornato da poche nuvole dalla consistenza simile a cotone. Ondeggiava cullato dal vento producendo un lento movimento circolare, come quello d'un pendolo che rintocca il mezzogiorno. Di colpo il frastuono della città scomparve, i palazzi divennero vetro trasparente e le persone steli d'erba ondeggianti alla brezza del mattino. Ennio sorrise con sincerità e rimase a osservarlo in silenzio, fino a che quello non scomparve alla vista immergendosi nell'infinito.

   
 
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