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Autore: Kaiyoko Hyorin    19/07/2020    3 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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~ PREMESSA DELL'AUTRICE ~

Prima di cominciare questo viaggio ci tengo a specificare che (parafrasando AleeraRedwoods) per questa storia mi sono lasciata ispirare sia dal libro che dalla trilogia cinematografica, a seconda di quello che più ritenevo adatto e senza preferire una cosa all’altra e che la mia riconoscenza va al maestro J.R.R Tolkien, a cui appartengono fatti e personaggi citati in questa sudata, maldestra Fanfiction (ad eccezione di uno, di P. Jackson).
Di storie come questa ce ne sono molte in giro per il web, con nuovi protagonisti che entrano in un mondo che non è il loro, in un modo a volte spiegato ed altre lasciato all'immaginazione. Questa storia non è qui per fornire spiegazioni incontrovertibili, ma per essere raccontata ancora una volta così come a molti di voi è nota e al contempo non lo è più. L'ho scritta principalmente per me, perché quando l'ispirazione chiama così forte non c'è modo che possa essere ignorata.
E' iniziato tutto come un gioco, un passatempo, uno sfizio che poi si è evoluto ed ha preso forma e colore, ha preso vita propria, per mezzo di un racconto come tanti altri. A differenza delle mie opere precedenti non pretende originalità ad ogni colpo di scena, molte delle idee trascritte qui sono state ispirate da altre opere, perché il mondo del fantasy è vasto ed ampiamente già stato esplorato, ha delle regole e ad esse mi sono attenuta, malgrado le mie personali digressioni. Su questa storia c'è la mia firma di scrittrice in erba, in essa il mio fugace e semplice sogno di raccontarla e nulla di più, giacché è solo questa la mia pretesa: volerle dare forma e struttura, senza lasciarla nel limbo inconsistente che è quella dimensione che segue l'idea e anticipa la stesura nero su bianco.
Questa storia è stata ispirata principalmente da un'altra opera in cui mi sono imbattuta per caso, non avendola cercata, ed è solo grazie ad essa che ha visto la luce. Per alcune cose, lo ammetto, la segue di pari passo (come ho già detto, non vi è pretesa di originalità assoluta per quanto leggerete qui di seguito) mentre per altre vi si discosta, per poi ricongiungersi in seguito. Ci tengo quindi a ringraziare dal più profondo del cuore colei che l'ha pubblicata e che mi ha dato il permesso e l'incoraggiamento necessario a dar vita alla mia: su EFP la potreste conoscere come Princess_of_Erebor, autrice di Non sarà un'avventura, la cui stesura è ancora incompiuta ma che mi auguro prossimamente avrà un seguito e in futuro una fine sul suo sito dedicato [link].
Se avete letto la premessa fin qui e vi è comunque rimasta la voglia di dare un'occhiata a questo scritto, non posso che salutarvi ed augurarvi sinceramente una buona, piacevole, leggera lettura, nella speranza che anche voi vi divertiate a leggerla tanto quanto io mi sono divertita a scriverla.

Kaiy-chan.

















“A tale can be start in many ways [...]
A journey there and back again,
that’s what is told in Hobbit’s tales.”
[ There and back again, Wind Rose ]




La ragazza si ritrovò stesa supina, con l'erba sotto di lei che le solleticava la pelle scoperta di braccia e fianchi. I suoni della natura circostante ed il fruscio del vento fra i rami si fecero strada attraverso il fischio persistente che aveva nelle orecchie, il quale fortunatamente già andava attenuandosi.
Confusa e spaesata, quando provò ad aprire le palpebre la luce del giorno le ferì le pupille, costringendola a cercarvi riparo con un braccio mentre esternava una smorfia infastidita. Le ci vollero un paio di minuti prima che la percezione del mondo intorno a lei si facesse abbastanza nitida e concreta da permetterle di farsi strada attraverso i suoi stessi pensieri.
Dov'era?
Riaprì di nuovo le palpebre e stavolta la luce che filtrava dal tetto di foglie sopra di lei non la costrinse a più di un rapido sfarfallio delle ciglia, prima che i suoi occhi si adattassero alla luminosità soffusa dell'ambiente.
Si trovava distesa su un prato, fra alti alberi verdeggianti, probabilmente un bosco.
Tuttavia, come tentò di tirarsi su facendo perno con un braccio sul terreno umido, la testa prese a vorticarle freneticamente in circolo e lo stomaco le si ribellò senza preavviso. Vomitò sull'erba accanto a sé, mentre i conati e l'acidità della bile le fecero salire le lacrime agli occhi.
Che schifo.
Tossì ed ansimò, prima di rotolare lontano da ciò che il suo stomaco aveva appena rilasciato e riuscire finalmente a porsi carponi sul terreno fresco ed umido.
Dov'era finita?
A giudicare dal bernoccolo che avvertiva pulsarle dietro la nuca doveva aver battuto la testa. Non ricordava nulla sul come era arrivata in quel bosco, né del perché vi si fosse recata. Le ultime cose che ricordava erano uno stridore metallico, una luce accecante ed un senso di vertigine che le smorzava il respiro.
– Finalmente ti ho trovata! – esclamò una voce roca e perentoria segnata dall'età e da una nota di sollievo.
Con un sussulto la ragazza sollevò di scatto lo sguardo, ma appena mise a fuoco l'alta figura che, con passo affrettato, stava avvicinandosi a lei, perse del tutto la voce finendo per boccheggiare come un pesce.
Lo sconosciuto aveva una veste grigia ed un caratteristico cappello a punta blu, del medesimo colore del mantello che gli drappeggiava dalle spalle. Appariva come un uomo anziano, seppur nel pieno delle forze, con una lunga barba cinerea a pendergli sul petto e due occhi penetranti e vividi al di sotto d'un paio di sopracciglia cespugliose. In una mano reggeva un bastone nodoso dall'estremità contorta.
– Sù, in piedi ragazza mia! Siamo già in ritardo! – la esortò impaziente, prima di fermarsi ad un paio di metri da lei, scrutandola con un nuovo cipiglio – Certo che non sembri avere una bella cera... ma hai affrontato un viaggio non da poco, avrei dovuto aspettarmi qualcosa del genere.
La poverina, intenta a combattere contro una crescente confusione ed una assoluta incredulità, non riuscì a far altro che guardare il suo interlocutore con aria stralunata.
Non poteva sbagliare... eppure non poteva essere vero.
– ...Gandalf? – si arrischiò a chiedere, e la sua voce le risuonò più roca e sofferta di quanto avrebbe voluto a causa della nausea.
– E chi altri? Forza, dobbiamo sbrigarci – insistette ancora una volta lo stregone, prima di lasciar perdere ogni riserbo e bruciare le distanze residue. Il suo cipiglio tuttavia si distese in un'espressione più bonaria mentre l'aiutava a mettersi in piedi – Ti spiegherò strada facendo... ho qui con me degli abiti, ma non abbiamo tempo. Per ora indossa il mantello, così non darai troppo nell'occhio. Ce la fai a camminare?
Lei annuì con un cenno del capo, seppur ancora incerta, faticando a riemergere da tutte le parole con cui lo stregone grigio la stava sommergendo, ma tanto bastò.
– Bene – commentò infatti Gandalf, con un cenno del capo in segno d'assenso a suggellare la cosa.
Quindi si voltò, imboccando un sentiero fra gli alberi e prendendo a camminare a grandi passi attraverso la boscaglia, cosicché la ragazza fu costretta ad affrettarsi per non rimanere indietro.
Doveva aver battuto la testa più forte del previsto, rifletté mentre si sistemava il mantello donatole dallo stregone sulle spalle, celando ciò che restava dei propri abiti sotto la stoffa verde scuro. Le suole delle scarpe da ginnastica fecero presa sul terreno umido del sottobosco, affondando leggermente nel terriccio mentre la proprietaria incespicava dietro alla sua guida.
– Gandalf – riprovò – dove stiamo andando? E perché mi trovo qui?
– Sei stata portata qui per un motivo ben preciso, mia cara... a proposito, come ti chiami?
– Kat.
– Bene, Kat. Dicevo: sei qui per un motivo ben preciso, ma al momento non posso dirti di più. Ti basti sapere che c'è bisogno del tuo aiuto per un'impresa non da poco e che dovrai far ricorso a tutto il tuo coraggio per affrontarla.
La voce severa e sbrigativa dello stregone grigio, i suoi modi spicci e concisi, risuonarono familiari alla ragazza, tanto da indurla a farsi trasportare dagli eventi. Probabilmente stava solo sognando e non aveva intenzione di rovinare un così straordinario parto della propria mente.
– Sì, ma dove sono? – domandò, pur già conoscendo intimamente la risposta.
Fu in quel momento che la boscaglia intorno a loro si diradò e Kat si arrestò bruscamente, spalancando nuovamente gli occhi dallo stupore nel ritrovarsi davanti i dolci paesaggi collinari della Contea. Il sole era già basso sull'orizzonte ed i suoi raggi tingevano il cielo punteggiato di nuvole di tonalità che variavano dall'azzurro chiaro all'oro passando dal rosso fuoco. Probabilmente mancava meno di un'ora alla fine del giorno ed i campi dinanzi i suoi occhi spiccavano dorati e bruni fra i prati di smeraldo ed i boschetti rigogliosi, il tutto tagliato dalle ombre che iniziavano a proiettarsi lunghe sulla terra. Il fiume si snodava sinuoso in quello spettacolo al pari di un nastro scintillante, impreziosendo quella visione agli occhi della ragazza già rimasta a bocca aperta.
– Questa è la Contea, – le rispose Gandalf con voce che tradiva il profondo affetto che nutriva per quei luoghi, fermandosi a propria volta – la terra dei mezz'uomini, gli hobbit. Fra i luoghi più pacifici della Terra di Mezzo.
Kat dal canto suo non trovò altro da dire, troppo meravigliata nel ritrovarsi davanti una visione simile, così ricca di dettagli come mai era riuscita ad immaginarsela. La sua attenzione fu richiamata l'istante seguente da una nuova esortazione ad andare dello stregone e la ragazza si affrettò a corrergli dietro mentre imboccava una strada battuta che si snodava poco più in basso, oltre il dolce declivio dell'altura sulla quale aveva indugiato nella sua contemplazione.
Il sapore della bile e del vomito di poco prima la indusse a sputare a terra, prima di riuscire ad affiancarlo, e quando lo fece non mancò di pulirsi la bocca con un lembo di stoffa della maglietta. Quel modo di fare, pur per nulla signorile, non sembrò sorprendere o disgustare lo stregone, il quale continuò a tenere lo sguardo fisso avanti a sé mentre tornava a parlare.
– Ti consiglio il massimo riserbo sul luogo da cui provieni – le disse, procedendo con il bastone che batteva rapido sulla via maestra – ..così come io non farei parola del modo in cui ci siamo incontrati o del come tu sia giunta qui, né del fatto che non sei di questo mondo. – e poi lo stregone parve come accorgersi dell'evidenza e, bloccandosi solo un istante per lanciarle un'occhiata dall'alto della sua statura, sfoggiò una smorfia severa e colpevole al contempo – In effetti è meglio se non parli affatto. Penserò io a spiegare le cose, al nostro arrivo.
Kat si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, non sapendo se offendersi o scoppiare a ridere per l'ironia della cosa: era appena stata trattata come quello sconsiderato del giovane Pipino. Scelse una via di mezzo, sorridendo fra sé e sé mentre procedeva accanto alla sua guida, lasciando spaziare lo sguardo per il paesaggio circostante.
Non sapeva come o perché, ma sembrava proprio che fosse stata magicamente trasportata ad Arda e quella consapevolezza le gonfiò il petto di entusiasmo. L'inattesa vitalità le diede le energie necessarie ad accelerare il passo, mentre il buon umore prendeva il sopravvento. Si sentiva emozionata come una bimba la mattina di Natale e bastò questo stato d'animo a farle ritrovare il resto delle forze ed a farla procedere con più sicurezza sulle gambe.
– Sai, sei un po' diverso da come credevo, Gandalf il Grigio.. – commentò non riuscendo a trattenere il proprio pensiero, mentre gli scoccava un'occhiata da sopra la spalla. L'Istar inarcò un sopracciglio e lei sorrise maggiormente – sei più alto di quanto mi sarei aspettata...
Gandalf, che effettivamente la sovrastava con un'altezza che era quasi il doppio della sua, dopo un primo istante di perplessità mosse la mano libera a mezz'aria, come a scacciare quelle parole, ed il suo atteggiamento non fece altro che indurre la ragazza a continuare, imperterrita.
– ...ed anche il resto del paesaggio è diverso, pur non sapendo bene in che modo. – rifletté ad alta voce, guardandosi intorno – Forse il fatto di viverlo in prima persona me lo rende estraneo ed affascinante, più di quanto potesse risultarmi da dietro uno schermo...
– Vorrei tanto comprendere tutto ciò che dici, mia cara, ma sfortunatamente non ho le tue stesse conoscenze sul tuo mondo – la interruppe lo stregone senza tanti giri di parole – e francamente, dubito vi sia qualcuno in queste terre che le possieda.
Kat chiuse la bocca, comprendendo il messaggio, giacché la via iniziava ad avvicinarsi a delle abitazioni: delle vere case hobbit, sepolte sotto le colline come pittoresche tane di coniglio o asserragliate sui versanti erbosi, con le loro porte circolari ed i loro steccati e muretti ricoperti d'edera.
Eppure, malgrado la meraviglia che ancora le condizionava l'animo, quando passò accanto al cortile recintato di una delle piccole dimore ed ebbe ricambiato con un cenno il gentile gesto di saluto di una hobbit intenta a stendere il bucato, si rese finalmente conto dell'evidenza. Di colpo si arrestò, piantando i piedi sul sentiero battuto e cercando lo stregone con lo sguardo.
Non ci credo! – esclamò mentre quello la superava, ignorandola, troppo di fretta per stare a sentirla – Non sei tu ad essere troppo alto... sono io ad essermi ristretta!
Gandalf non le rispose e lei tornò a corrergli dietro, rischiando di inciampare su un ciottolo della strada maestra, sorpresa e quasi sconvolta per quella rivelazione.
– Gandalf! – lo chiamò accusatoria ed agitata, cercando di indurlo a prestarle attenzione.
La cosa funzionò perché, pur non fermandosi, lo stregone tornò a scoccarle un'occhiata da sopra la spalla, ed il suo cipiglio la colpì in pieno.
– Immagino sia dovuto alla natura della missione che ti attende: segretezza sarà la nostra parola d'ordine in questo viaggio e probabilmente queste sono le dimensioni più adeguate al tuo ruolo. Ma non hai proprio motivo, a parer mio di lamentarti, giacché non differisci poi molto dal resto della Compagnia... ed ora, se vuoi farmi questo piacere, ti invito a tenere per te altre osservazioni di questo genere e ad accelerare il passo. C'è ancora parecchia strada da fare, prima di giungere a Casa Baggins.
Sentendo quelle ultime parole, Kat trattenne il respiro, decidendo di rimangiarsi la risposta pronta che aveva già sulla punta della lingua per non creare ulteriori malumori e fare come lo stregone le aveva suggerito. Abbassò lo sguardo, tornando a procedergli al fianco, cedendo al proprio lato più introverso.
– Certo, chiedo venia – disse soltanto, un po' amareggiata. Non voleva infastidirlo ulteriormente con le proprie sciocchezze o il proprio entusiasmo.
Un attimo dopo la grossa mano dello stregone grigio calò sulla sua spalla, schiacciando le morbide onde di una ciocca di capelli lì adagiata.
– Non devi scusarti, giovane Kat – le disse, più bonariamente di poc'anzi – Posso solo intuire come tutto ciò possa risultarti nuovo e sorprendente e come la tua mente debba essere affollata di pensieri e domande, ma ti invito ad avere pazienza. Vedrai che le risposte arriveranno, quando sarà il momento.
La ragazza allora, conquistata dall'assennatezza e dai modi misteriosi che tanto adorava da sempre nello stregone che le procedeva accanto, annuì con un cenno del capo ed un timido sorriso. Quindi, insieme all'Istar, riprese il cammino verso la casa dello hobbit, mentre si chiedeva in silenzio chi, dei mezz'uomini che abitavano nella confortevole dimora a Sottocolle, avrebbe conosciuto di lì a poco.

continua...

   
 
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