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Autore: Shadow writer    21/07/2020    9 recensioni
In una metropoli urbana dominata da corruzione e giochi di potere, una giovane donna cerca di farsi spazio attraverso strade poco lecite.
Dopo gli ultimi eventi, la duchessa si trova alle strette e la posta in gioco si fa sempre più alta: il potere e le persone che ama.
Quello che non sa, è che qualcuno le sta alle calcagna, impaziente di vederla crollare. Ma come può combattere un nemico invisibile?
Dalla storia:
“Sentì un fermento nel suo stomaco e una sensazione di ebbrezza che le andò alla testa.
«Sei fortunata» replicò e si passò la lingua sulle labbra, come assaporando quel momento. «Si dà il caso che concedere favori sia la mia specialità».”
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La duchessa '
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► Nota: questa storia è la seconda parte di La duchessa




Prologo


 
 
Alexander guardava il proprio riflesso nel tavolo di metallo della sala interrogatori. I segni del tempo rigavano la superficie e distorcevano la sua immagine, ma era ancora abbastanza pulita da mostrargli il suo volto stanco con la barba chiara che ricopriva le guance pallide.
Era dimagrito e non aveva bisogno di uno specchio per saperlo. Spesso si sentiva debole e affamato, ma con il tempo ci aveva fatto l’abitudine.
Cominciò a chiedersi perché l’avessero portato nella sala interrogatori se nessuno si stava facendo vivo, quando udì un rumore di passi provenire dalle sue spalle.
La porta doveva essere aperta – non riusciva a vederla perché era ammanettato al tavolo – e sentiva nitidamente i suoni che provenivano dal corridoio.
Il ritmo di quei passi gli attraversò il corpo e in un lampo capì che lo aveva già sentito. Lo aveva sentito quando lei scivolava fuori dal letto di notte per andare a prendere un bicchiere d’acqua. Quando lo raggiungeva mentre cucinava, abbracciandolo da dietro e posando la guancia sulla sua schiena. Quando saliva le scale e lui la sentiva dall’interno, tanto erano sottili le pareti.
I passi arrivarono dietro di lui, gli girarono attorno, prendendosi più tempo del dovuto, e finalmente gli si fermò di fronte.
Alex avrebbe voluto evitare il suo sguardo, toglierle almeno la soddisfazione di avere la sua attenzione, ma c’erano troppe cose che voleva sapere e poteva farlo solo guardandola negli occhi.
Lei si mosse in avanti, verso il tavolo, e il vestito in velluto scarlatto che indossava si mosse come un abito regale. Si crogiolò dell’attenzione che lui le stava dando, prima tirare la sedia per lo schienale e sedersi lentamente.
«Ben ritrovato, Alexander» gli disse, pronunciando le parole quasi lettera per lettera.
Lui strinse i denti e lei dovette notarlo perché sul viso le si dipinse un ghigno trionfante. L’idea di avere un certo effetto su di lui – anche se si trattava di odio – pareva eccitarla.
«So cosa stai pensando» continuò lei, mentre con fare disinvolto si sistemava i lunghi capelli dietro alle spalle. «È stato molto scortese da parte mia non farmi viva negli scorsi mesi, ma sono stata molto impegnata.»
Alex sentiva che il suo respiro era accelerato improvvisamente, percepiva come i polmoni si riempivano e svuotavano con rapidità, e questo era un chiaro segno che stava perdendo la lucidità.
Era stato allenato a parlare in modo calmo e razionale durante i processi e i dibattiti pubblici, quando gli animi si scaldano troppo velocemente. Era stata la sua capacità di autocontrollo - raggiunta a fatica e molto esercizio – a determinare molti dei successi della sua vita. Nella vita privata rimaneva irascibile, ma se c’era qualcuno che era in grado di fargli perdere ogni freno, si trattava di Emily.
Il volto della ragazza ondeggiò davanti ai suoi occhi.
«Sono qui dentro per colpa tua» sputò e la vide sbuffare, incrociando le braccia al petto come una bambina imbronciata.
«Mio caro, si è trattato solo di un’incomprensione». Allungò una mano sul tavolo per sfiorare quella di Alex, ma lui le sottrasse di scatto, per quanto le catena a cui erano attaccate le manette glielo permettesse.
«Un’incomprensione?» ripeté scandalizzato. «Tu lo chiami così, mentre io trascorrerò un anno in carcere!»
Emily roteò gli occhi con fare teatrale e sbuffò ancora: «Stai vedendo il bicchiere mezzo vuoto, caro. Dovresti dire che grazie a me trascorrerai solo un anno qui.»
La giovane aveva cambiato tono di voce e aveva pronunciato l’ultima frase con un forte accento britannico. Alex la fissò in silenzio e lei sbuffò per la terza volta, come se tutta quella storia l’annoiasse mortalmente.
«Tu!» sbottò Alexander, con gli occhi sgranati.
«Sì, io» replicò lei. «Non c’è di che.»
Lui la fissò ancora per qualche istante esterrefatto. L’ultima volta che aveva sentito un accento così marcato era stato quattro mesi prima, durante il processo. Un membro della giuria gli aveva posto alcune domande e lui aveva notato che nonostante fosse ormai un cittadino americano non aveva perso quella pronuncia. 
Alexander pensò che avrebbe dovuto smettere di stupirsi per le vette che raggiungeva il potere di Emily. O meglio, di Cassandra, della duchessa.
Fare un patto con un criminale? Molti lo avrebbero fatto per l’ebrezza che se ne ricavava. Comprare i voti per un candidato sindaco? La vicenda non era nuova a Tridell. Ma comprare un membro della giuria? Gli affari di Emily dovevano essere maledettamente più oscuri di quanto avesse pensato.
«Ti stanno trattando bene là dentro?»
La domanda della giovane lo riportò alla realtà, in quella sala della prigione dove era ammanettato ad un vecchio tavolo di metallo.
Quando era entrato in carcere, tutti gli avevano detto di stare attento. Lui era stato dalla parte di coloro che spedivano in prigione e ci sarebbe stata la fila per le vendette. Alexander aveva avvertito fin da subito gli sguardi biechi che gli lanciavano, le facce minacciose che lo seguivano nei corridoi, gli insulti bisbigliati sottovoce in qualsiasi lingua. C’era un gruppo di carcerati in particolare che lo seguiva sempre ovunque. Si trattava di due uomini massicci dalle braccia tatuate. Generalmente si tenevano distanti, ma se qualcuno degli altri si avvicinava troppo, loro si facevano avanti e tutti si volatizzavano.
Questa coppia bizzarra pareva incutere un certo timore a tutti, ma non avevano mai dato segno di voler aggredire Alexander. Si era chiesto a lungo quale fosse il motivo e numerosi sospetti senza conferma gli avevano attraversato la testa.
Ora, guardando Emily con quel suo sguardo fiero e il mento alto, tutto si fece chiaro.
«Perché farmi rinchiudere se stai spendendo così tanto per migliorare il mio “soggiorno”?» le domandò.
Lei si strinse nelle spalle. «Te l’ho detto, si è trattata di un’incomprensione. E poi nessun costo, mi sto solo facendo pagare.»
Alexander scosse il capo, con gli occhi fissi sul tavolo di metallo.
Non guardarla, si disse, non fare il suo gioco.
«È stato un piacere, ma è proprio tempo che me ne vada» gli disse lei e, mentre si rialzava, aggiunse.
«Non preoccuparti, ci rivedremo presto».
Alex non aveva bisogno di guardarla per sapere che aveva dipinto sul viso quel suo sorriso compiaciuto che molti scambiavano per gentilezza, quando invece si trattava di soddisfazione perché tutto era andato come lei lo aveva previsto.
«Mi hai rovinato la vita, Emily» sputò e questa volta alzò gli occhi, per incendiarla con lo sguardo.
Lei non batté ciglio.
«Non ci vedremo presto, anzi, spero che non ci vedremo mai più» aggiunse e quasi si stupì per la durezza del suo tono. Era rinchiuso tra quelle quattro mura da mesi e non era neanche a metà della sentenza. Aveva avuto tempo di accumulare rabbia e dolore e gli era bastato vedere il volto della responsabile per capire che non si era ancora rassegnato.
Le labbra di Emily si tesero in un sorriso, ben diverso dal precedente. C’era dell’amarezza in quell’espressione, ma allo stesso tempo la consapevolezza di essere in una posizione di forza. Gli si avvicinò e, lentamente, sollevò una mano e gli accarezzò una guancia. Lui la trafisse con gli occhi, ma non si mosse.
«Cerca di rimanere vivo, tesoro. Ho promesso a Noah che presto incontrerà il suo papà.»
Gli diede un buffetto, con fare materno, e senza attendere alcuna replica se ne andò da dove era venuta.
 
 




 
°°°


 
Angolo scrittrice

Ciao!
Innanzitutto, voglio ringrazire chi ha seguito la prima parte della storia, sia silenziosamente, sia facendomi avere un'opinione a riguardo. Grazie di cuore a tutti voi <3

Ed ecco finalmente la seconda parte di La duchessa! Per ora vi lascio solo il prologo, in modo che possiate aggiungere la storia tra le seguite/preferite/da ricordare: così non vi perderete i successivi aggiornamenti :)
Per i prossimi capitoli ci vorrà ancora del tempo. I capitoli sono ultimati, ma non la revisione, a cui voglio dedicarmi nelle prossime settimane (o magari mi basteranno solo pochi giorni, chi lo sa xD... p
roprio per questa mia scarsa capacità organizzativa, sarebbe utile salvare la storia ahah). Quando comincerò a pubblicare i capitoli, li aggiornerò il più regolarmente possibile. 
Nel frattempo, potete farmi sapere cosa ne pensate del prologo! :)

Spero a prestissimo,

M.

 
   
 
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