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Autore: avoidsoma    22/07/2020    1 recensioni
Un ragazzo entra in tre negozi di videogiochi per fare alcune compere, ma per qualche motivo non riesce a completare nessun acquisto. Storia ispirata a un sogno fatto e al racconto "Le memoria di un pazzo" di Tolstoj.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre negozi

C'erano tre negozi di videogiochi posti uno di fianco all'altro e io non avevo mai visto prima d'ora una combinazione del genere. Si trovavano in un corridoio senza uscita tutto dedicato a loro, nel centro commerciale che stavo esplorando per la prima volta. In giro c'era così poca gente che la struttura sembrava deserta o abbandonata, ma tutti i negozi erano aperti. Il pavimento risplendeva per quanto poche persone erano passate, e un gruppo di donne delle pulizie continuava a passare per disinfettare tutto ciò che capitasse a loro tiro. L'unico cliente ero io, da fuori vedevo che nei negozi non c'era nessuno. Ripetei in mente il mio obiettivo in maniera chiara e precisa: "devo cercare e comprare solo i videogiochi che avevo giocato nella mia infanzia, quelli che riconosco dal forte senso di nostalgia che suscitano". Come un mantra, ripetei più volte la stessa frase e tastai il portafoglio nella mia tasca, per assicurarmi di aver portato i soldi con me. Ero pronto per iniziare la mia ricerca.

Il primo dei tre negozi era quello più minimale all'esterno, perché non aveva un'insegna e non c'era nulla di esposto dietro la vetrina. Entrai e questa estetica era ancora più presente all'interno. In fondo c'era un bancone con la cassa, mentre appesi ai muri laterali degli scaffali. Non c'era nessun altro arredamento, tutto era di colore bianco candido, suscitava una sensazione asettica e monotona come in un ospedale. L'unica cosa che spezzava la monotonia era il completo nero di un ragazzo che stava dietro al bancone.

    «Buongiorno e benvenuto nel negozio!» mi disse appena entrai.
    Risposi rapidamente al suo saluto. Era davvero strano come negozio e l'unica cosa che potevo fare era chiedere direttamente al ragazzo. Egli però non faceva altro che fissarmi e mettermi in soggezione. Era molto più alto di me, non che ci volesse molto a esserlo, era magrolino e portava degli occhiali larghi appoggiati sul naso. I suoi capelli neri si intonavano con il vestito ed erano molto curati, li aveva sicuramente tagliati la mattina stessa. Doveva prendere in seria considerazione la pulizia e la cura dell'estetica.
    «Scusami, per caso ci conosciamo?» mi domandò a bruciapelo, proprio un attimo prima di esporre la mia richiesta.
    «Non saprei...» dissi io rapidamente, cercando di guadagnare tempo. Mi aveva completamente spiazzato la sua domanda perché a tutto pensavo ma non se l'avessi conosciuto in passato. E iniziò una rapida ricerca nei meandri dei ricordi, confrontando tutti i volti visti e conosciuti con quello del ragazzo. Tuttavia non mi veniva nessuno in mente e così risposi di non conoscerlo.
    Lui invece si aggiustò gli occhiali sul naso e mi disse: «Io invece mi ricordo di te e del tuo viso. Ci siamo conosciuti in un campo estivo organizzato dalla parrocchia di G. una decina di anni fa. Purtroppo non ricordo il tuo nome, ma sono certo di averti conosciuto.»
    Come in un flash mi venne subito in mente chi fosse quel ragazzo. Prima non riuscivo a ricordarlo perché c'erano centinaia e centinaia di volti da ricordare e confrontare, ma ora che avevo ristretto l'insieme delle persone mi venne subito in mente. Era un ragazzo che avevo davvero conosciuto in quel campo estivo, ma in tutti questi anni era giustamente cambiato, aveva dei capelli molto più corti, era più in carne e poi non portava gli occhiali.
    «Ho aperto questo negozio da poco e ancora lo sto sistemando, vuoi vedere intanto quello che ho?» mi disse, uscendo da dietro il bancone e avvicinandosi ai pochi scaffali presenti. Da lontano non ci avevo fatto caso, ma sopra essi c'erano delle cartucce di gioco per la console portatile Nintendo DS. Erano decine e decine, poste una di fianco all'altra e tutte senza confezione.
    «Non ho solo queste cartuccie, se ti interessa ne ho centinaia in alcuni scatoloni nel retro. Sto facendo spazio a casa e allora mi è venuto in mente di venderli aprendo un negozio» disse con aria soddisfatta e con un largo sorriso. Percepivo fin da subito che era un vero appassionato ed esperto di videogiochi, tuttavia, anche se non era quello che cercavo, decisi di assecondarlo e di ascoltare la sua esposizione. Mi fece vedere prima di tutto una cartuccia originale di Rayman, un po' logora ma a detta sua perfettamente funzionante.
    «Sono sicuro che giocandolo i ricordi saranno ancora più vividi» e fece uscire da una tasca una Nintendo DS affinché potessi provare il gioco. Prese la cartuccia e la inserì, accese la console il suono di avvio iniziale già mi aveva fatto tornare in mente i bei tempi felici e spensierati dell'infanzia. Eppure la cartuccia non sembrava funzionare, la console non riusciva a leggerla.
    «Non fa niente» dissi io tornando con i piedi per terra, per un attimo avevo davvero creduto di poter giocare. Si stava creando una situazione imbarazzante e il ragazzo non sapeva cosa dire, così gli dissi: «Hai qualche altro videogioco da farmi vedere?»
    Mise via la console e continuò la sua esposizione dei giochi sugli scaffali. Li prendeva uno alla volta e me li mostrava, ma questa volta non si azzardava a provarli. Ascoltavo poco i suoi monologhi pieni di dettagli e ricordi, notai invece che mancavano completamente i prezzi, non esisteva un cartellino accanto alla scheda o un adesivo sopra essa. Non conoscendo il costo dei videogiochi mi venne all'improvviso un magone molto forte, e un blocco alla gola mi impediva di chiedere il prezzo. Pensavo che fosse un comportamento maleducato chiederlo, anche se era nel mio diritto, e poi pensavo a cosa sarebbe successo se il prezzo risultava molto alto. Non potevo rischiare in questo modo, per fortuna arrivò un'occasione quando vidi la schedina di "Pokèmon Ranger: Ombre su Almia", un videogioco a cui ero molto legato da bambimo. Questo gioco mi aveva così influenzato e catturato che avevo iniziato a scrivere addirittura un piccolo racconto a forma di diario, uno dei miei primi scritti. Amavo la sua ambientazione e storia, che se pur semplici era tutto realizzato nei minimi dettagli. E così vedendo il gioco sullo scaffale, subito mi aveva interessata, volevo possederlo a tutti i costi.
    «Questo lo voglio» dissi fermamente interrompendo il monologo del ragazzo, «Lo voglio perché ricordo che ci giocavo moltissimo da piccolo, ma non l'ho mai avuto per me, me lo ero fatto prestare.»
    «È davvero un bel gioco, il secondo capitolo di una saga spin-off poco fortunata di Pokèmon, con...» cominciò a dire, ma io lo interruppi perchè non volevo di nuovo perdermi nei suoi discorsi.
    «Guarda, conosco molto bene questo gioco, non è necessario raccontarmelo. Lo voglio e basta, peccato che non ci sia la scatola, ma lo voglio davvero. Quant'è il prezzo?»
    «Il prezzo è di 15€.» mi disse il ragazzo, cambiando all'improvviso la voce, che diventò più fredda e rigida.
    «Quindici euro per una sola schedina e pure senza scatola mi pare troppo» dissi io, «Facciamo cinque.»
    Iniziò una breve contrattazione del prezzo, ormai nella mia lunga ricerca che stavo affrontando avevo imparato a non accettare mai il prezzo proposto all'inizio dai venditori, se erano privati il prezzo era sempre trattabile. Alla fine trovammo un punto di raccordo naturale al prezzo di 10€, anche se io spingevo molto sulla mancanza della scatola.
    Il ragazzo prese la cartuccia e la mise in una piccola bustina di cartone marroncina, completamente anonima e minimale come era il resto del negozio. Quando arrivò il momento di pagare, ripensai al suo prezzo e conclusi che era un po' troppo per un videogioco del genere, ma la voglia di giocarci e la nostalgia mi stava completamente inebriando e ormai avevo completamente messo da parte il mio obiettivo originario.
    Stavo per tirare fuori i soldi e darli al ragazzo quando a un tratto mi è venuta una tale angoscia, paura e orrore come mai non ne avevo provato. Le mie mani con i soldi rimasero immobili a metà strada e il ragazzo non sapeva cosa fare, se prenderli o aspettare che glieli consegnavo io.
    "Cos'è questa angoscia mai provata prima? Da dove viene?" mi domandavo, e nel mentre non riuscivo a muovere alcun muscolo. Il tempo  si era come fermato ed esistevamo solamente io, i soldi nella mia mano e la cartuccia nella busta appoggiata sul bancone. Tutto il resto era fuori dal mondo. A un tratto la mano che teneva i soldi ha iniziato a ritrarsi da sola, contro la mia volontà. Tenevo stretti i dieci euro in banconota, ma non riuscivo a controllare per niente i suoi movimenti. Essa alla fine rientrò nella tasca con i soldi. La sensazione di oppressione e angoscia sparì all'improvviso proprio com'era venuta, mentre il ragazzo mi stava guardando in maniera interrogativa e imbarazzata.
    «Emh no, non posso più prendere il gioco...» cominciai a dire per giustificare quello che era appena successo, «Non posso perché mi sono ricordato ora che devo fare un'altra spesa importante e ho i soldi contati, mi dispiace.»
    Il ragazzo sembrava credere alla mia scusa inventata sul momento e riprese la busta ponendola al di sotto del bancone.
    «Quindi... arrivederci! Alla prossima volta, sicuramente tornerò!» dissi e il ragazzo mi salutò a sua volta, ma io ero ormai uscito con tutta fretta dal negozio. Quello che era appena successo mi aveva sconvolto e non sapevo il perché fosse accaduto, ma il risultato era evidente: avevo perso l'occasione di acquistare un videogioco che tanto desideravo, ma la cosa più incredibile era che una volta uscito avevo di colpo perso la voglia di possederlo e rigiocarlo. Quando avevo visto tutte quelle schedine mi ero lasciato andare in un forte momento di nostalgia, e per questo motivo avevo perso di vista il mio vero e unico obiettivo. Altro che stupidi videogiochi per una console portatile giapponese, dovevo prendere dei giochi seri per il computer!

Rimasi a osservare davanti al secondo negozio. Rispetto al primo, era molto più curato nei dettagli e soprattutto pieno di colori: fuori c'era un'insegna luminosa con il logo "OpenGames", all'interno vedevo tanti scaffali pieni zeppi di merce, dai videogiochi confezionati alle console più recenti del momento. Ero fiducioso che avrei trovato anche videogiochi usati, e con un pizzico di fortuna sarei riuscito a scovare quelli che mi interessavano per davvero. Così entrai.

    Dentro l'atmosfera era soffusa, con toni misti tra il blu e l'arancione. C'erano varie sezioni dedicate per ogni console, ma a me interessava solo una, quella per il computer. E questa purtroppo occupava un angolino angusto del negozio, come se fosse dimenticato da tutti. A parte uno scaffale con i videogiochi appena usciti e alcune periferiche in vendita, non c'era nulla che catturava la mia attenzione. Senza il bisogno di chiedere al dipendente dietro al bancone, capii che non avrei trovato quello che cercavo.
    Non persi tempo e uscii dal negozio, senza salutare per non disturbare il dipendente tutto assorto nel suo compito al computer.

Il terzo negozio faceva parte della catena più famosa tra le tre, merito anche del suo stile inconfondibile dell'insegna: linee rosse con linee bianche, che su univano e giocavano insieme per formare il logo del franchise "GameSpot". Gli stessi colori erano riportati anche all'interno; il bianco mi faceva a tratti ricordare il primo negozio, ma la differenza era abissale poiché questo era nettamente più ricco e fornito di mercanzia, ancora più del secondo. Ovunque c'erano scaffali pieni zeppi di videogiochi, una musica in stile rock che caricava tantissimo, poster e schermi che mostravano di continuo le offerte del negozio e i videogiochi appena usciti con i loro trailer mozzafiato. Appena entrai mi sentivo come bombardato da così tante informazioni, ma il mio obiettivo era chiaro e preciso così individuai subito la sezione dedicata ai videogiochi per il computer. Essa era come sempre risicata in un angolo, con in evidenza i videogiochi più recenti, e volantini appesi con le offerte che ricordavano come conveniva acquistare o preordinare per guadagnare dei fantastici vantaggi, a detta loro. Per fortuna, di fronte allo scaffale, c'era una capiente cesta metallica piena zeppi di videogiochi usati messi alla rinfusa, con sopra un cartellino rocco in cui era scritto a lettere grandi "Tutto a 2€", per far capire che prima se ne liberavano e meglio era.

    E così cominciai a scavare in quel contenitore per trovare qualcosa di interessante. Come un archeologo che scava sempre più in profondità nel terreno con la speranza di trovare reperti e manufatti sempre più antichi, io tiravo fuori i videogiochi nella cesta scavando un bel buco, e più andavo sotto e più trovavo videogiochi vecchi. Avevo quasi raggiunto il fondo che finalmente cominciai a trovare quello per cui ero venuto e per cui avevo tanto faticato. Le scatole erano così rovinate, dalla pressione della cesta e dalla noncuranza, che le etichette stesse erano logore e sbiancate, quasi non si leggeva più il prezzo. Appena mi cadeva l'occhio su una confezione con sopra il logo "FX Interactive", subito lo agguantavo, lo riportavo in superficie e lo valutavo. Ho amato molti videogiochi di questo editore, sia quelli strategici sia giochi di ruolo. Molti videogiochi che trovavo già li possedevo, ma era comunque bello tenerli in mano per rievocare tutti i ricordi dell'infanzia. Era curioso che quasi nessuno di questi lo terminavo da bambino, per quanto ero incapace mi bloccavo anche solo all'inizio, tuttavia mi immedesimavo nelle fantastiche ambientazioni e facevano volare la mia fantasia.
    Scava e scava, finalmente trovai tre videogiochi che ancora mi mancavano e che mi interessavano. Erano due strategici e un gioco di ruolo, tutti e tre li avevo iniziati e poi abbandonati senza finirli. I primi due si chiamavano "Imperivm - Le guerre Puniche" e "Panzers", con due ambientazioni completamente diverse: uno nell'antica Roma repubblicana mentre il secondo durante la seconda guerra mondiale. Erano degli strategici in tempo reale davvero belli, con diversi cenni storici che avevano fatto nascere la mia passione per la storia. Il terzo era invece "Sacred: La leggenda dell'arma sacra", un gioco di ruolo d'avventura immenso. Di questo avevo ancora il disco, ma la scatola con il libretto delle istruzioni e il poster con la mappa lei avevo persi. Presi tutte e tre le confezioni senza pensarci troppo mi diressi subito in cassa.
    Appena misi le confezioni sopra il bancone la ragazza, anche lei concentrata davanti al computer a fare qualcosa, si accorse di me e prese le scatole vuote. Aprì dei grossi archivi sotto il bancone e in pochi minuti si rialzò con tre dischi in mano e diversi libretti e contenuti aggiuntivi, li mise dentro le confezioni e passò il tutto sotto il lettore dei codici a barre. Io osservavo in silenzio ogni suo movimento, alla fine disse: «Sono 2,50 €.»
    Dal portafoglio presi le monete precise, tuttavia appena mossi la mano per porgere i soldi alla ragazza per pagare, il sentimento di paura e angoscia di prima tornò a farsi sentire nel mio animo. Questa volta era una sensazione meno intensa, eppure impediva lo stesso le mie capacità motorie. I video pubblicitari andavano al rallentatore, con l'audio tutto dilatato. La donna dietro al bancone non batteva ciglio, era come paralizzata. Io mi sentivo di nuovo al centro dell'universo, tutto girava intorno a me, la mia mano chiusa in pugno con le monete e i tre videogiochi sul bancone. La mano, come la prima volta, si allontanò lentamente dal bancone per tornare indietro, avvicinandosi al portafoglio che tenevo con l'altra mano libera. In tutto ciò io soffrivo immensamente perché non avevo il controllo del mio corpo, era come essere imprigionati dentro un sacco di carne impossibile da comandare. Con tutte le mie forze cercavo di ostruire la mano, mi spostavo con degli scatti, mi mettevo fisicamente tra i soldi e il portafoglio. Ma nessun tentativo funzionò, contro la mia volontà le monete tornarono dentro la sacchetta del portafoglio.
    Nel momento esatto in cui le monete tra loro tintinnarono, la donna di fronte a me tornò a battere gli occhi e i video pubblicitari tornarono alla velocità normale. Il viso di lei diventò subito currucciato, per lei doveva essere passato solo qualche secondo, mentre per me sembrava passata un'eternità. Vidi i suoi occhi posarsi d'istinto sulla merce davanti al bancone, come per verificare che ancora ci fosse, e una volta resasi conto che nulla era mutato, disse di nuovo: «Sono 2,50 € in tutto.»
    Feci di nuovo correre la mente per ingegnare una scusa plausibile nel più breve tempo possibile. Per fortuna non servì, poiché la donna fece le spallucce come se avesse capito all'istante il mio vero problema. Così portò via i videogiochi e mi disse: «Arrivederci e buona giornata!» e tornò al concentrarsi sul computer, o almeno così sembrava.
    Mi ci volle qualche secondo per capire che ora finalmente controllavo il mio corpo e i muscoli, e così uscii anch'io: «Buona giornata!»

Appena uscito mi sedetti su una panchina di fronte a tutti e tre i negozi. Non avevo concluso nulla dalla mia ricerca, e tutto a causa delle mie mani. Ciononostante, toccandole con premura e osservandole attentamente, non ci trovavo nulla di strano o di particolare. Erano le mie mani, legate alle mie braccia, a loro volta legate al mio busto che è legato alla mia testa. Stringevo il pugno, lo aprivo, alzavo e abbassavo le singole dita: tutto funzionava alla perfezione, senza il minimo ritardo o esitazione.

    Fuori dai negozi non sentivo più l'angoscia e l'oppressione provata durante i pagamenti. A quanto pare tale sensazione veniva solo quando stavo per pagare e la cosa era assai curiosa. Capii che era una sorta di repulsione, ma non riuscivo proprio a comprendere le cause. Perché mai dovevo rifiutarmi di acquistare? Per il primo acquisto ci poteva pure stare, poiché non era quello lo scopo per cui ero venuto, ma nel terzo negozio proprio non c'era una scusa o un motivo che tenesse, avevo i videogiochi che tanto desideravo in mano. Non era una questione di quantità e neanche di prezzo, era qualcosa di più radicato e profondo nel mio animo. Per fortuna era tutto finito, il sentimento era ormai lontano e le mani di nuovo sotto il mio controllo. Come un brutto sogno o un ricordo lontano, ormai faceva parte del passato e mi sembrava impossibile pensare che mi fosse davvero successa una cosa del genere. Cercai subito di rimuovere tali ricordi dalla memoria, facevo finta che non fossero mai accaduti.
    Mi alzai e mi allontanai dal corridoio. I tre negozi erano rimasti aperti, ma ancora non c'era nessuno oltre a me. Mentre tornavo per incontrare la mia famiglia, rimasta nel frattempo in qualche altro negozio, mi venne la sensazione che loro erano riusciti a comprare qualcosa a differenza mia. E loro non si facevano questi problemi.
   
 
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