Se ultimamente (da un bel po’ in realtà), la mia ispirazione non è stata altalenante (come lo è stata alcuni anni fa e passavo dallo scrivere, al disegnare o creare video tributi su YouTube) ma totalmente assente, l’unica cosa rimata costante è il mio amore per questo manga e in particolare per Abel che adoro da quando avevo 14 anni (e ora ne ho 29!). Sarà stata la quarantena, ma un giorno mi sono ritrovata ad aprire la pagina Word e a buttare giù due righe e questa cosa/roba è venuta fuori da sé: penso ci siano dei passaggi del manga salienti per l’evoluzione del rapporto di Abel e Georgie (come l’abbraccio durante il temporale, l’arrivo a Londra, il momento che descrivo in questo testo, la scena del giardino a casa Gerald, ecc … ) ma, purtroppo, non tanto approfonditi. Secondo me, una grossa grossa pecca di questa opera è il modo in cui si velocizza la storia da quando Georgie lascia Lowell; è impressionante, sembra quasi non vedessero l’ora di finire. Sarebbe bastato un volume in più! Chissà cosa gli costava!
Quindi, non so nemmeno io che cos’è, volevo descrivere un momento in particolare: partendo da un avvenimento da me immaginato ci tenevo a dare voce all’introspezione (anche un po’ di Abel) in quella fase delicata in cui Georgie già lo ama ma non riesce proprio a capirlo …
Scrivo
troppo: vi saluto tutti/e e vi ringrazio per chiunque
leggerà o criticherà
questa scritto senza senso.
Always and
forever la groupie di Abel!
È
il calore del fuoco che scoppietta nel camino.
La morbidezza delle
coperte che ti cullano in un abbraccio.
È
la dolcezza della crostata alle more..
L’odore
delle mimose.
È
la delicatezza del vento e il sentiero di
strada battuta.
È
le onde del mare.
L’oceano.
Il sapore del
sale sulle labbra.
“Cosa
rappresenta lui per te?”
Tesa,
ripensi a quella domanda.
Avevi deglutito ed eri stata
assorbita da un assordante silenzio.
È
freschezza dei fiori che
sbocciano.
La carica di una mandria al
galoppo.
È la forza di un temporale.
La carezza di una goccia di
pioggia.
La timidezza di una lacrima.
La
sua mano poggiata con
delicatezza sulla tua schiena fanno accelerare i battiti del tuo cuore.
Resta un passo indietro per farti
passare.
I tuoi occhi incrociano i suoi
per un breve istante.
E tu ti senti...
…viva?
“…
Casa. Lui è … casa.”
L’avevi guardata smarrita, eppure sentivi che quella parola
fosse in
grado di racchiudere tutto quanto; tutto ciò che
rappresentava, tutto quello
che ti scatenava dentro.
“Ha senso per te?”
Emma aveva sorriso e ti aveva poggiato una mano sulla guancia.
“Georgie, non lasciare che le convinzioni di una vita basata
su una
menzogna ti frenino dall’amare.”
È
l’abbraccio di una madre.
La rassicurazione di un padre.
È l’emozione di un primo bacio.
Il brivido di uno sguardo.
È il pianto di vita di un bambino
che nasce.
È il sospiro di un atto d’amore.
- Non lasciare che le convinzioni di una vita basata su una menzogna ti frenino dall’amare. –
Cosa voleva dire?
Ti
stringi nella mantella e,
attenta, scansi tutte le persone che affollano la via del mercato.
Le dita della sua mano sono sulla
tua schiena in un tocco delicato, quasi impercettibile.
Ma tu le senti.
Ti guidano e ti proteggono.
Senti solo quelle tre dita, il
loro calore trapassarti i vestiti.
Le
senti sulla spina dorsale.
E sei tesa.
È tutto ovattato: il vociare
della folla, le risa dei bambini, le urla dei venditori,
l’abbaiare dei cani.
Emma la
strinse in un abbraccio.
“Lo capirai, Georgie. Dai ascolto alle tue emozioni, non
respingerle.
Hai tutte le risposte che cerchi.”
Sfiati piano rendendoti conto di aver
trattenuto il respiro.
Sobbalzi quando una sua mano ti
stringe l’avambraccio.
Stavi sbagliando strada,
intontita e distratta.
“Di qua. Allunghiamo un po’ ma la
strada è libera.”
Ora camminate l’uno accanto
all’altra.
Senti i suoi occhi su di te.
“Stai bene?”
Annuisci.
No, non stai bene. Non riesci a
capire. Non riesci a respirare.
-
Non
lasciare che le convinzioni di una vita basata su una menzogna ti
frenino
dall’amare. –
-
Hai tutte
le risposte che cerchi. –
…
A quali domande?
A quest’ansia?
Le risposte spiegano il fiato
corto?
Il peso che senti sul
petto?
Lo
sai perché sei preoccupata.
Su cosa dovresti ragionare?
Domani sarete tutti a rischio.
Tutti.
Ogni secondo è prezioso e Arthur è
in pericolo più di chiunque altro.
Non dovresti stupirti del macigno
che senti sul petto.
Non dovresti interrogarti del
perché dell’ansia e del fiato corto.
Non c’è dell’altro! Non
c’è …
… vero?
Arrivate
al cantiere.
I suono dei vostri passi è
confuso dalle grida degli addetti ai lavori, dal rumore sordo degli
utensili, del
battere dei martelli sulle tavole di legno.
Uomini con in spalla sacchi pieni
di materiale vi scansano veloci scendendo dalle due imponenti navi in
costruzione.
Sollevi il capo e a bocca aperta
ti guardi intorno. La loro solennità entra in contrasto con
la loro fragilità,
ora che sono così grezze, incomplete. Ti sembra impossibile
siano in grado di
galleggiare, di affrontare viaggi per mesi e permettere a
così tante persone di
sognare un futuro nuovo, di sperare di riabbracciarsi, di poter tornare
a casa.
“Buongiorno Signor
Allen.”
“Salve.”
L’uomo vi sorride e vi si
avvicina correndo goffamente. Sembra entusiasta.
“Abel, per queste navi mi è stato
utilissimo ascoltare le tue opinioni. La prossima che
costruirò voglio che sia
assolutamente sul tuo progetto.”
Per un attimo ti si stringe il
cuore.
“La sua prossima nave …”
Si sarà stretto anche il suo?
Pronuncia quelle parole con
lentezza, come a voler elaborare il concetto.
Lo guardi furtivamente.
Abel a volte ti sembra
imperscrutabile, ma tu lo sai cosa sta provando. Lo sai che significato
ha per
lui.
“Signor Allen ho un favore da
chiederle.”
Glissi, siete lì per altro.
“Voglio che ci prenoti dei posti
sulla nave che salpa domani mattina per l’Australia. Deve
farlo a nome suo in
modo che il Duca Dangering non ci scopra.”
Come hai potuto distrarti in
pensieri così futili?
Domani dovrete liberare Arthur
dal suo inferno in terra e tu … e tu pensi ad Abel? No
…
… nella tua mente ci sono entrambi.
Affollano i tuoi pensieri giorno e notte e fanno accelerare i battiti
del tuo
cuore …
… eppure le ragioni sono così
diverse, vero?
“Dica che si tratta
di quattro suoi parenti …”
“No, faccia per tre.”
Le sue parole ti arrivano come
uno schiaffo.
Ti
volti di scatto.
Ed ecco il tuo cuore che manca un
battito.
Dopo un attimo di smarrimento,
esitante, rompi il distacco tra voi e schiava di un gesto ormai consueto, retaggio di
un’infanzia comune, gli
tocchi il petto stringendogli la camicia tra le dita.
Ti tremano le mani.
Ti aggrappi a lui, alla speranza
di aver mal interpretato tutto.
Perché hai mal interpretato,
vero?
“Non dovevi salire su quella nave
insieme a noi?”
E trema anche la tua voce.
“Non dovevamo tornarcene tutti in
Australia?”
La vista si appanna mentre lui ti
lancia uno sguardo veloce.
Cosa stai provando, Abel?
Si allontana di un passo e tu lo
perdi.
“Io
resterò al posto di Arthur nella sua cella
finché la nave non sarà salpata. E poi, quando
riuscirò a scappare, costruirò
con il signor Allen la prossima nave …”
I suoi occhi brillano, mentre
osserva una delle navi in costruzione, perso in chissà quali
sogni.
“La mia nave …”
Il tempo ti sembra rallentare
mentre lo osservi. Ogni parola che vorresti pronunciare la senti
morirti in
gola.
“ … il progetto è già
deciso, non
resta che costruirla la mia nave.”
Ed
ecco un altro schiaffo in
pieno viso. Uno schiaffo carico di quei sentimenti che lui ha sempre
provato,
che l’hanno sempre tormentato, che hai sempre percepito.
Eccoli ancora lì, sono vivi,
ardono insieme a quei sogni che il signor Allen ha risvegliato in un
batter
d’occhio – o, forse, non avevano mai smesso di
esserci, relegati lì, in un
angolino del suo cuore? -
Lo guardi mentre parla, quasi non
lo ascolti, completamente intontita dalla consapevolezza di essere
parte di
quei sogni irrealizzati. E ti senti come se stessi cavalcando
controcorrente,
con un vento così forte che ti spezza il fiato e ti fa
arrancare, speranzosa di
riuscire a prendere un solo misero respiro.
Ti senti come se cercassi di
alzare il capo sotto una violenta cascata che ti spinge violentemente
verso il
basso.
La consapevolezza dei suoi
sentimenti, che hai ignorato prima – non per tuo volere,
certo - e calpestato
poi, ti si rovescia addosso con tutta la sua forza.
“Se riusciremo a salvare Arthur,
potremo in qualunque momento provare l’innocenza del Conte
Gerald.”
Lo guardi e deglutisci.
Cosa sta dicendo?
“Quando Arthur si sarà rimesso in
Australia, io verrò a prendervi con la mia nave ed allora
sarà la fine delle
ambizioni di Dangering.”
Queste sono le sue priorità?
“No, Abel, prendi la nave insieme
a noi! Non possiamo
lasciarti in una
cella e andarcene!”
Il problema non è solo saperlo lì
a Londra dopo, ma saperlo per ore in quella cella schifosa, in pericolo.
“Sta’ tranquilla, ci sarà Maria a
darmi una mano. Se non restassi io in quella cella verremmo tutti
catturati
prima ancora di arrivare al porto.”
La sua calma, le sue soluzioni
così semplicistiche, come se per lui fosse ovvio, scontato
sacrificarsi per loro, ti
mandano in bestia! Come può non capire!
“Ma se tutto va bene non ci
troveranno!”
Lo dici forse in modo troppo
concitato. Lui ammutolisce e tu non trattieni le lacrime.
“… Io non posso salire su quella
nave lasciandoti lì.”
La voce trema.
La verità è che se restasse e
andasse tutto bene, per tornare chissà quando, ti
distruggerebbe.
E se restasse e andasse tutto
male, se gli succedesse qualcosa, ti devasterebbe.
In ogni caso il tuo cuore
resterebbe a Londra insieme a lui.
E per questo non lo vedi
voltarsi, abbassare lo sguardo, impensierirsi.
“È il
modo migliore perché si salvino tutti.”
Sì, certo. E chi salverà te?
-
Cosa
rappresenta lui per te? –
Lui
è il sole che splende alto e
ti riscalda.
È la brezza leggera che ti
rinfresca in un pomeriggio assolato.
È acqua fresca sul viso.
Lui è la tua terra.
È il tuo cuore.
Non
riesci più a proferir parola.
Non riesci nemmeno a pensare.
Tornando a casa, camminate l’uno
accanto all’altra attenti a non guardarvi, a non sfiorarvi, e
il rumore dei
vostri passi, insieme al garrito di qualche gabbiano, sono gli unici
suoni che
rompono il silenzio grave che vi divide.
Il tuo sguardo è basso, il suo fermo,
impenetrabile, puntato sulla strada davanti a lui.
Ma è dilaniato dentro tanto
quanto lo sei tu.
Il suo silenzio è carico di
parole non dette, di abbracci trattenuti, di carezze mancate.
Carico di un amore che pensa di
non dover provare.
-
È il modo
migliore perché si salvino tutti.
Lo
pensa davvero. Come pensa a
quanto vorrebbe stringerti tra le sue braccia per fermare il tuo
pianto, per
tenerti al sicuro e non lasciarti andare mai più.
Non sai che ogni lacrima versata,
ogni supplica, ogni frase detta per cercare di trattenerlo lo
frantumano in
mille pezzi, costringendolo a combattere la lunga ed eterna battaglia
della sua
vita: cuore o cervello? Parlare o tacere? Partire o restare?
Cosa dovrebbe fare? Andar
via con loro sarebbe un sogno, il suo
cuore resterebbe sempre accanto a quello di Georgie, ma avrebbe senso
mettere a
repentaglio la vita di tutti loro? Far correre il rischio di essere
trovati e
uccisi? Per quale capriccio? Per poter tornare a casa perché
Georgie non riesce
a non aver pietà di lui? Del resto, a cosa servirebbe in
Australia? La presenza
del fratello egoista aiuterebbe Arthur a tornare in sé? Dopo
tutto quello che
ha passato l’unica medicina per la sua salvezza sarebbe la
vicinanza Georgie,
non del fratello cocciuto e schiavo del suo amore.
Se c’è qualcosa che ha imparato
dai suoi errori è che i suoi sentimenti possono essere messi
da parte, lui e il
suo amore possono essere sacrificati per la loro salvezza; e forse, se
il cielo
sarà clemente, un giorno potrà tornare per
rendere Arthur fiero di lui.
E tu che gli chiedi così
disperatamente di restarle accanto, maledizione! Lo uccide!
Ma in questa battaglia, il
cervello ha con sé un piccolo alleato, una metà
del suo cuore che batte per il
suo fratellino; e la scelta, seppur devastante, diventa per lui
così scontata,
semplice, inevitabile: partire solo per amore di lei? No, restare per
amore di
entrambi.
E nella strada del ritorno, il
silenzio grave tra voi è denso di questi pensieri, ma Abel
tace e tu non riesci
ancora a comprendere né lui né quello che
c’è dentro di te.
Non ancora …
-
Cosa
rappresenta lui per te? –
-
Non
lasciare che le convinzioni di una vita basata su una menzogna ti
frenino
dall’amare. –
Continuate a camminare senza guardarvi né parlare.
Ma
il tuo silenzio? Che
significato ha?
Il groppo in gola? Le lacrime?
Il batticuore? Il brivido al suo
tocco? La felicità per la sua vicinanza?
Li provi perché è la tua
famiglia? Perché … è
tuo fratello?
Eppure ha smesso di esserlo.
No, quel giorno a Londra, il
giorno in cui vi siete ritrovati, il giorno in cui, in quella serra,
non ha
potuto darti l’abbraccio fraterno che desideravi, lui ti
è apparso come uno
sconosciuto e allora hai capito che non poteva e non sarebbe mai
più stato tuo
fratello.
Allora perché?
-
Hai tutte
le risposte che cerchi. –
Continui
a camminare torturandoti
le mani. Trattenendo la voglia di abbracciarlo forte e supplicarlo di
non restare
in quella cella.
Ma perché? Perché dividerti da
lui ti terrorizza così tanto?
E purtroppo – forse sarà poi
troppo tardi? O meglio tardi che mai? - ancora
non capisci, non capisci, non capisci.