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Autore: yopsbrain    24/07/2020    0 recensioni
«Il Destino non è cieco, non sceglie a caso. Se tu sei il Prescelto, significa che non sei un banale umano come credi.».
Quando i Sei Regni del Nuovo Mondo vengono trascinati in una guerriglia senza fine, quattro ragazzi che non potrebbero essere più diversi tra loro ma uniti dal destino diventano l'unica possibiltà di salvezza dalla distruzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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La piazza principale di Lutzsburg era gremita di persone e c'era una gran confusione, questo perché lo Stregone Bianco aveva indetto una riunione d'emergenza per l'attacco avvenuto il giorno precedente. Quello che aveva reso i paesani impazienti di parteciparvi era che non succedeva da moltissimi anni e non ce n'era mai stato bisogno, dato che i Regni avevano buoni rapporti l'uno con l'altro, eccetto quello dello Stregone Nero.
Tutti sapevano che nel Regno Nero vi abitavano i Deformi e che lo Stregone Nero, il sovrano, era quello che di più vicino c'era ad un tiranno. Da tempo ormai si viveva nel terrore che un'armata di Deformi spazzasse via quelle degli altri Regni, ma questa paura non aveva ancora raggiunto il Regno Bianco, il più lontano da quello Nero.
Davanti all'oratorio era stata allestita una pedana in legno e le persone se ne stavano ammassate ovunque per vedere meglio, persino davanti alla bottega di Paris non si riusciva a passare.
Lui ed Ellys si trovavano davanti alla porta della bottega insieme ai signori Arwëléth, i quali erano quasi morti d'infarto nel vedere la figlia tornare a casa con il volto insanguinato.
Ellys si guardò intorno con curiosità: il sangue era stato ripulito da ogni superficie, ma questo non cancellava di certo l'attacco.
Alcune porte erano rimaste danneggiate, c'erano ancora dei barili distrutti qua e là e delle casse di frutta del fruttivendolo riverse a terra.
A sedere su una sedia a ridosso della locanda c'era l'uomo che era stato ferito, la sua testa bassa.
Volgendosi verso la pedana, Ellys notò tra la folla una scintillante armatura dorata.
Capì subito di chi si trattasse e distolse lo sguardo sbuffando.
«Perché i Deformi ci attaccano?» chiese allora a Paris, voltandosi verso di lui.
«Li hanno esiliati quando anni fa erano venuti a cercar rifugio qui, lo sai bene. Credo che gli Stregoni temessero che il loro brutto aspetto potesse turbare la quiete dei Regni. C'erano già stati dei disordini a causa dei Deformi e del loro aspetto. Gli Stregoni hanno deciso di usare il pugno di ferro.» disse Paris.
Ellys aggrottò le sopracciglia: quello che le aveva detto Paris l'aveva turbata. Non riusciva a capire come fosse possibile allontanare qualcuno per il proprio aspetto.
Doveva ammettere che alcuni di loro erano davvero terrificanti, come lei stessa aveva constato il giorno precedente, ma questo non faceva di loro persone malvagie.
Ciò che li rendeva nemici era il fatto che venissero nelle loro città con l'intento di ucciderli. Uccidere.
Ellys quella notte non aveva chiuso occhio, non tanto per la paura, quanto per un pensiero che l'aveva tormentata: aveva ucciso anche lei, quel giorno.
Era rimasta nel buio e nel silenzio della sua cameretta a guardare il soffitto stesa sul letto a rifletterci.
Provava qualcosa di strano al pensiero di aver tolto la vita a qualcun altro, era qualcosa di orribile da fare... eppure non si sentiva in colpa quanto avrebbe dovuto.
I Deformi avevano cercato di ucciderla e lei si era difesa, non aveva altra scelta: o lei, o loro.
Pensò che lo stesso poteva essere accaduto a qualche paesano, ma sentiva che non sarebbe stato uguale per lei.
Eppure, si vergognò di pensare qualcosa del genere.
Anche i Deformi erano persone con una vita, un passato, una famiglia. Eppure la loro visione era demonizzata da tutti.
I pensieri di Ellys furono interrotti di colpo dalla fanfara che annunciava l'arrivo dello Stregone Bianco.
Si voltarono tutti verso la pedana in legno e alcuni paesani cominciarono a spingersi l'un l'altro per avvicinarsi, mentre una guardia aiutava lo Stregone Bianco a salire.
Il suo aspetto era sempre stato regale e austero, come si addiceva ad un re: indossava un vestito e un lungo mantello ricoperto di pelliccia di un bianco candido.
La sua corona argentata era splendidamente ricoperta da brillanti e pregiati diamanti -gli stessi che aveva negli anelli che portava-, ed era posata sulla sua cascata di lunghi e lischi capelli bianchi. La sua barba era lunga quasi quanto essi.
Insieme a lui salirono anche i suoi due consiglieri e la sua unica figlia, l'erede al trono.
Evelie Nèriagoth -cognome preso dalla defunta madre-, era una ragazza dalla belezza eterea, non si poteva dire il contrario.
Anche lei, quel giorno, indossava un vestito bianco molto pomposo e dalle larghe maniche. Sulla nuca, dalla quale scendevano lunghi capelli biondi che erano stati lasciati sciolti, era posta una tiara argentea.
La sua carnagione era molto pallida, visto che non usciva così spesso dal castello e i suoi occhi di un azzurro cristallino. Sembrava quasi fatta di porcellana.
Era davvero bellissima, pensò Ellys, ritraendosi un poco in se stessa; in confronto lei era un Deforme.
Osservava i lineamenti delicati del volto della principessa del Regno Bianco e poi pensava a se, sempre sgraziata e a volte anche un po' rozza.
Pensò poi che Evelie, più grande di lei di due anni, aiutava già suo padre nella gestione del Regno. Ellys era una contadina, che invece di aiutare i poveri genitori fuggiva a farsi i fatti suoi nel bosco.
«Miei cari sudditi,- rimbombò la voce dello Stregone Bianco, mettendo a tacere il brusio di sottofondo -sono terribilmente desolato e amareggiato per i fatti avvenuti ieri in paese. I Deformi non ci avevano mai attaccati prima e pensavo che mai avessero osato farlo, ma ammetto di aver peccato di ingenuità e mi scuso per questo. Per fortuna e grazie al pronto intervento di Sir Amsterdam Jones, nessuno ha perso la vita e questa è la cosa più importante. Ho preso provvedimenti in materia di sicurezza e ho mandato i miei cavalieri di pattuglia al confine per controllare che nessun Deforme si avvicini più qua. Ma per la vostra incolumità, ho dovuto inoltre fissare un coprifuoco: nessuno dovrà uscire di casa passate le dieci di sera. Non potrei mai perdonarmi che i miei sudditi vengano attaccati di sorpresa al buio e disarmati. Chi esce da solo per boschi o luoghi isolati si porti sempre un'arma e anzi, meglio non andare mai soli, ma almeno in due. Questi sono i provvedimenti presi fino ad adesso, ma io sono qui per eventuali chiarimenti e suggerimenti. Chi vuole si faccia avanti senza timore, ne discuteremo con tranquillità insieme ai miei consiglieri.».
Mentre i paesani cominciavano a mettersi in fila indiana per andare a parlare con il re, Ellys abbassò lo sguardo a terra.
«Non potrò più andare nel bosco a divertirmi...» mormorò.
«Posso accompagnarti io qualche volta. Tanto per me cambia poco o nulla, sto chiuso tutto il giorno in bottega.» disse Paris con un'alzata di spalle.
«Hai pensato al lavoro che dovrai fare in questi giorni?- gli domandò Ellys -Quante richieste di spade ed altre armi ci saranno?».
Paris sorrise, replicando:«Almeno avrò più soldi e potrò comprarmi delle scarpe nuove».
I due abbassarono lo sguardo sulle scarpe che stava indossando Paris, sporche e logore.
Nel mentre, Evelie Nèriagoth, annoiata a morte dalle discussioni nelle quali suo padre non la stava includendo, discese dalla pedana seguita da una guardia.
Durante il monologo dello Stregone Bianco aveva notato nelle prime file il giovane cavaliere che aveva difeso la città, adesso anch'egli in fila per avere un'udienza col sovrano.
Evelie gli si avvicinò, sorridendo, e lui la notò.
«Finalmente ho l'onore di conoscervi, Sir Amsterdam Jones, salvatore del Regno.» disse Evelie, con le mani incrociate sul grembo.
«Mi lusingate troppo, mia principessa.- disse prendendole la mano e baciandogliela -È un onore conoscere voi, ma dovrete scusarmi. Devo parlare con vostro padre ed è il mio turno.
Avrò piacere di parlare con voi più tardi, se lo desiderate.». Evelie guardò Amsterdam rivolgerle un inchino per poi sorpassarla e raggiungere lo Stregone Bianco.
Evelie sbuffò, ancora più irritata di prima: doveva trovare un altro ragazzo carino con cui parlare.
La principessa ed Amsterdam sembravano fatti della stessa pasta, entrambi amavano stare al centro dell'attenzione e ne soffrivano se non lo erano.
Evelie, era in effetti molto diversa da come se la immaginavano tutti: la principessa non era per niente responsabile e se anche fosse stata almeno saggia, questa qualità non si notava nei suoi atteggiamenti. Suo padre l'avrebbe descritta con due semplici aggettivi: viziata ed egoista.
Ma sistematicamente, lo Stregone Bianco soddisfaceva ogni suo vizio.
E se c'era una cosa che a Evelie piaceva fare, era creare false speranze nei contadini e nei poveracci quando parlava con loro.
Era un modo come un altro per attirare gli sguardi su di se, d'altronde.
Evelie adocchiò un ragazzo vicino alla bottega del fabbro e decise che sarebbe stata la sua prossima vittima.
Si diresse verso di lui, poi si fermò ad osservare la bottega con finto interesse. Fece finta di notarlo dopo essersi voltata nella sua direzione.
«Scusate, non vi avevo visto! Salve.» gli disse, stendendo le sue labbra in sorriso gioviale.
Il ragazzo, che stava parlando con un'amica vicino a lui, si girò e non appena vide chi aveva di fronte le rivolse una goffa riverenza.
«Vostra Altezza reale.».
«Voi siete...?» chiese Evelie.
«Paris Crawford, il fabbro del paese» rispose lui, tenendo la testa bassa.
«Io sono Ellys-» la ragazza si bloccò subito, non appena si accorse che la principessa Evelie non le stava rivolgendo la minima attenzione.
Stava ricoprendo Paris di complimenti, alla sua bottega e al lavoro che svolgeva, mentre lui l'ascoltava senza guardarla negli occhi.
Ellys capì di essere di troppo, perciò con la schiena leggermente ricurva, si allontanò per raggiungere i genitori che avevano preso la strada di casa qualche minuto prima.
La sua attenzione fu attirata da un mormorio proveniente dalla pedana e quando Ellys si voltò, vide lo Stregone Bianco prendere per un braccio Amsterdam Jones e farlo salire in carrozza con lui.
Ellys si bloccò ad osservare curiosa la scena, mentre uno dei consiglieri annunciava a gran voce che l'assemblea era terminata.
Lo Stregone Bianco sembrava avere fretta ed Ellys non comprendeva come avesse permesso ad un estraneo di salire sulla sua carrozza, quando nessuno lo aveva mai fatto -ad eccezione della figlia e i due consiglieri-.
Ellys alzò le spalle e si disse che quelli non erano affari suoi, decise quindi di proseguire per la sua strada.
Nel frattempo, Paris si era voltato e aveva notato che Ellys non era più al suo fianco.
La principessa gli stava ancora parlando, quando lui la bloccò dicendole:«Scusate, Vostra Altezza, ma adesso devo proprio andare. Perdonatemi.».
Senza troppe cerimonie, Paris si allontanò da lei piantandola in asso e lasciandola impietrita.
Questo per Evelie era inaccettabile: come poteva essere stata trattata con così tanta noncuranza?
Si ripromise di tornare alla bottega non appena ne avesse avuto il tempo, mentre la guardia che l'aveva seguita la informava che suo padre stava per partire con la carrozza.
Anche il resto della piazza si stava gradualmente svuotando e ognuno si preparava a tornare alle proprie mansioni giornaliere.
Vicino ad Ellys passarono due guardie che chiacchieravano tra di loro.
«Tu sai perché ha preso quel cavaliere? È così strano...» chiese una all'altra.
«Possiede la Chiave Blu, non hai visto? Ti rendi conto di quanto sia importante?» rispose l'altra.
Ellys era incuriosita dalla conversazione e decise di seguirli con discrezione per udire il seguito.
«La Chiave Blu? E che diamine è?» chiese l'altra guardia.
«Ma dove sei stato finora, idiota? È una semplice chiave argentata, con al centro una piccola pietra di colore blu. Sembra una gioiello da nulla, ma in realtà ha una grande importanza- Ellys cercò di avvicinarsi di più per capire meglio -Serve a...».
«Ellys! Dove stai andando?» qualcuno la bloccò di colpo.
Lei si voltò spaventata, ma come al solito era solo Paris.
«Non stavi parlando con Vostra Altezza Reale, la principessa Evelie Nèriagoth?» chiese Ellys, quasi in tono di scherno.
Era delusa dal fatto che non fosse riuscita a capire a cosa servisse quella chiave.
A cosa poteva mai servire una chiave? Ad aprire una porta, un forziere, che altro sennò?
Ciò che la incuriosiva di più però era il perché questa importantissima chiave ce l'avesse Amsterdam Jones.
«Veramente era lei a parlare con me. Però non ti ho più vista ed ho interrotto la conversazione.» disse Paris con naturalezza.
«Così dal nulla, con la principessa? Tu sei pazzo.» asserì Ellys bloccandosi di colpo.
«Tu, piuttosto, perchè seguivi quelle guardie? Cos'hai in mente questa volta?» le chiese Paris, sperando che Ellys non avesse avuto una di quelle idee geniali... che per quello che riguardava Paris, di geniale non avevano nulla, servivano solo a metterli nei guai.
«Niente. Ma ho visto lo Stregone Bianco prendere Sir Amsterdam Jones con se. Quelle guardie stavano dicendo la ragione è che possiede una chiave, con una piccola pietra...» Ellys smise di parlare di colpo.
Mise la mano sulla catenella della collana che portava ormai da anni, rivelandone il ciondolo che solitamente teneva nascosto sotto il vestito: una chiave, con al centro una piccola pietra luccicante verde.
«Di una chiave così? Ma questa ce l'abbiamo tutti e due...» disse Paris tirando fuori dalla tasca dei pantaloni la sua, la cui pietra era azzurra.
Ellys non capiva cosa ci fosse di speciale in quelle chiavi.
Lei e Paris le avevano trovate a terra nel bosco e l'avevano preso come un segno del destino: era un simbolo della loro forte amicizia, perciò ne avevano presa una ciascuno.
Ellys la portava sempre al collo, mentre Paris nella tasca dei pantaloni per evitare di rovinarla lavorando.
Le tenevano nascoste perché convinti che se altri le avessero viste, avrebbero pensato che in realtà i due avessero una relazione e l'ultima cosa che volevano era essere le persone più chiacchierate del paese.
«Da come l'ha descritta quella guardia sembrava proprio uguale alle nostre, ma con una pietra blu» osservò Ellys.
«E il Re avrebbe preso Sir Amsterdam Jones... perché ha una chiave?» chiese Paris, con un velo di sarcasmo.
Ellys alzò le spalle, senza rispondere.
Non aveva la minima idea di cosa pensare riguardo all'intera situazione.

Quella sera stessa, Ellys decise di uscire per una passeggiata notturna.
Aveva promesso e giurato ai genitori che sarebbe tornata prima del coprifuoco imposto dal sovrano, ma ben presto si era accorta di star facendo tardi.
Per le vie del paese non vi era anima viva, lei era l'unica che rischiava di non rispettare il coprifuoco.
Camminò il più velocemente possibile per rientrare al più presto in casa. Non voleva far preoccupare inutilmente i suoi genitori, non dopo quello che le era successo il giorno precedente.
Ellys sentì dietro di lei il rumore di zoccoli di cavalli e si voltò. Un uomo a cavallo stava dirigendosi nella sua stessa direzione.
Ellys si disse che doveva camminare ancora più veloce, se non correre a quel punto; udì il suo cavaliere discendere con grande fracasso.
Ormai, però, Ellys era al sicuro: svoltò l'angolo e rientrò in casa.
Ebbe appena il tempo sedersi al tavolo in cucina, poi suo padre e sua madre cominciarono ad esprimere la loro gioia nel vederla sana e salva: stavano cominciando a preoccuparsi seriamente.
Anche Ellys aveva tirato un sospiro di sollievo, ma la quiete era stata interrotta da un rumore alla porta.
Avevano appena bussato e il signor Arwëlèth si era già fatto avanti per aprire la porta.
La moglie lo raggiunse e i due signori si trovarono davanti ad un uomo che Ellys riconobbe anche da lontano.
«Buonasera, voi dovreste essere i signori Arwëlèth, se non erro.- li salutò lui -Sono Sir Amsterdam Jones e sono stato inviato qui dallo Stregone Bianco.».
«Ma... per quale motivo?» domandò il padre, con un certo timore.
«Il vostro re ha domandato di poter parlare con vostra figlia.» asserì Amsterdam.
I due coniugi si scambiarono un'occhiata carica di pensieri e parole. Lo sapevano, gli era stato detto diciotto anni prima.
Ma prima che potessero replicare, Ellys si fece avanti.
«Come fate a sapere il nostro indirizzo?» domandò con tono inquisitorio.
«Ho chiesto in giro e mi è stato riferito che voi, milady, foste la figlia degli Arwëlèth. L'indirizzo mi è stato dato dallo Stregone Bianco, insieme a l'ordine di condurvi al castello.» replicò Amsterdam, fissandola negli occhi.
«Ellys, devi andare.» udì ordinarle la madre.
Lei si voltò e le mandò un'occhiataccia.
«Non crederete mica che io ci caschi? Non sono stupida. Condurmi al castello non è di certo le sue intenzioni, madre!» protestò.
«Ti è stato ordinato dal Re, Ellys. Devi andare immediatamente.» ribatté il padre con tono severo.
Ellys scosse la testa energicamente, puntando i piedi.
«Non potete obbligarmi!» esclamò.
«Sì, invece. Siamo i tuoi genitori e tu non hai ancora raggiunto la maggiore età. Sir Jones, scortatela al castello e non badate alla sua testardaggine.» sentenziò il padre.
Ellys rimase impietrita dalla decisione dei genitori che la fecero uscire fuori di casa chiudendo la porta alle sue spalle.
Non comprendeva come avessero potuto sbatterla letteralmente fuori. Non potevano seriamente credere alla parola di un cavaliere sconosciuto.
«Vi ho ritrovata, finalmente.- disse Amsterdam -Ellys, eh? È un nome molto particolare.».
Ellys incrociò le braccia al petto e lo guardò in cagnesco.
«Cosa volete da me?- domandò -Perchè so bene che non mi porterete dallo Stregone Bianco.».
«Vi assicuro che tutto quello che sto facendo è eseguire gli ordini che mi sono stati dati.» le assicurò Amsterdam.
«Io non vi credo e non verrò con voi.» concluse Ellys, indietreggiando.
Infondo a lei, iniziava a crescere una certa ansia e preoccupazione. Il ricordo di quattro anni prima era ancora vivido.
«Miss Ellys, non vi sto mentendo ma voi state complicando le cose. Dovete credermi, si tratta di una questione urgente e di estrema importanza!» esclamò Amsterdam tendendo la mano verso di lei.
«Smettetela d'importunarmi.- disse con fermezza Ellys -E non cercatemi più.».
Gli diede le spalle e s'incamminò verso casa, ma qualche secondo dopo Amsterdam la sollevò dai fianchi sbuffando infastidito e portandola su una spalla con estrema facilità.
«Cosa credete di fare?- esclamò Ellys strabuzzando gli occhi -Mettetemi immediatamente giù!».
Provò a divincolarsi dalla sua presa battendo dei pugni sulla sua schiena, senza però alcun successo.
«Vi prego, potete cercare di non svegliare l'intero paese? Mi state irritando e non mi state lasciando fare il mio lavoro.» replicò Amsterdam con fermezza.
La mise sul cavallo e prima che lei potesse riscendere, lui salì e fece partire il cavallo.
«Come vi siete permesso! Fatemi scendere!» esclamò Ellys.
«Sentite miss Ellys, ho già abbastanza problemi e non vorrei aggiungere alla lista "essere decapitato dallo Stregone Bianco per non aver eseguito i suoi ordini" quindi vi chiedo per favore, nonostante nutra gran simpatia per voi, di chiudere la bocca.» Amsterdam era irremovibile, mentre Ellys era ormai disperata nel trovare una via d'uscita.
Come potevano i suoi genitori averla mandata via con quell'uomo?
«Se non fermate immediatamente il cavallo e non mi fate scendere, sarò io che vi farò decapitare. Vi giuro che griderò più forte che posso, attirerò l'attenzione di tutti e vi farò arrestare!» sibilò Ellys.
«Oh, mi farete arrestare! E come? Dicendo che stavo solo facendo il mio lavoro?» rispose lui sarcasticamente.
Lei aprì la bocca e minacciò di urlare sul serio, ma prima che potesse farlo, lui le mise una mano sulla bocca.
Questo per Ellys era davvero troppo: adesso la preoccupazione era sparita per lasciar spazio alla rabbia e decise che mordergli un dito fosse la scelta più razionale di tutte.
Amsterdam tolse immediatamente la mano, imprecando.
«Siete impazzita!?» esclamó lui sorpreso.
«Io no, ma voi sì!».
Dopo qualche altro minuto di cavalcata, durante il quale Ellys si era ormai arresa al suo destino, Amsterdam guidò il cavallo lungo uno stretto sentiero che finiva davanti ad un portone.
«...Siamo seriamente dallo Stregone Bianco?» sussurrò Ellys. Ormai era notte inoltrata e il grande castello dello Stregone Bianco incuteva timore.
«Ve l'avevo detto, Miss Ellys. Sono un uomo d'onore, al contrario di quello che pensate.» disse Amsterdam, facendo rallentare il passo del cavallo.
Ellys osservò il castello che man mano che il destriero andava avanti si avvicinava. Si trattava di un'imponente costruzione in pietra dalla quale partivano ben quattro torri e altrettanti bastioni.
Un immenso giardino faceva da contorno al castello.
Ellys non avrebbe nemmeno saputo dire per quanto si estendesse, ma da quel poco che aveva potuto osservare, aveva notato una gran varietà di fiori.
Ma l'oscurità circostante e la fioca luce della luna davano al castello un profilo sinistro, Ellys avrebbe preferito starsene in camera sua in quel momento, senza alcun ombra di dubbio.
«Dal modo in cui mi avete messa sul cavallo, non sembravate molto onesto nelle vostre intenzioni.» ribattè con fare polemico Ellys, scendendo finalmente da cavallo.
Anche Amsterdam scese e si mise a legare il cavallo ad una piccola staccionata composta da una dozzina di paletti.
«Così mi offendete.- protestò lui con tono da finto offeso -Siete stata voi, che testarda come un mulo, non mi volevate dare ascolto. Anzi, non scomodiamo il mulo. Non vorrei insultarlo paragonandolo alla vostra testardaggine.»
Ellys spalancò la bocca. «Che cafone!» sussurrò a denti stretti.
«Vi ho sentita... ma visto che oggi mi sento particolarmente magnanimo farò finta di niente.- disse Amsterdam finendo di legare il cavallo alla staccionata -Seguitemi, adesso.».
Amsterdam condusse Ellys davanti all'entrata del castello. Quando un inserviente aprì il portone, spalancò gli occhi dalla meraviglia.
Davanti a lei, si estendeva un grande salone illuminato dalla luce di moltissime candele.
In fondo al salone, in posizione centrale, c'era una grande scalinata che portava al piano superiore.
Il salore era decorato con vari scudi e stendardi, dei quali Ellys non aveva la minima idea della provenienza.
Era collegato a altre due stanze, una a destra ed un'altra a sinistra.
«Il Re ci sta aspettando nel suo studio al piano superiore.» disse Amsterdam, mettendo una mano dietro la schiena di Ellys, esortandola ad andare avanti.
«Ma... Io non sono presentabile.» mormorò Ellys facendo qualche passo in avanti incerta.
«Credo che con quello che vi dovrà dire, non starà a guardare se siete presentabile o meno...- le fece notare Amsterdam -E poi mentite. Siete solo un po' spettinata, ma andate benissimo così.».
Ellys si domandava cosa volesse lo Stregone Bianco da una semplice contadina come lei.
I due salirono lungo la scalinata ed arrivarono al piano superiore.
Il salone era uguale a quello di sotto, con l'unica differenza che vi erano molte più porte che portavano ad altre stanze. Amsterdam condusse Ellys davanti ad una delle porte davanti a loro e bussò.
«Chi è?» chiese una voce da dentro.
«Sono Sir Amsterdam Jones, Vostra Altezza.» rispose lui.
«Entrate, presto!» lo esortò la voce.
Amsterdam aprì la porta ed Ellys ammirò la stanza.
Di fronte a lei c'era lo Stregone Bianco, seduto dietro alla scrivania e dietro di lui c'era una grande libreria e scaffali sui quali erano posti strani oggetti di cui lei non capiva l'utilità.
Lo Stregone Bianco indossava una vestaglia bianca, senza alcun ricamo e sulla sua testa non vi era nessuna corona, solo i capelli bianchi e lunghi.
Ellys fece un'impacciata riverenza, mentre osservava di sottecchi Amsterdam che ne fece una molto più aggraziata e composta.
«Benvenuta, Dama...» fece per dire lo Stregone Bianco.
«Ellys Arwëlèth. Non sono una dama, ma una semplice paesana.» precisò Ellys, incrociando le mani dietro la schiena. «Certo... Sir Amsterdam vi ha già accennato qualcosa?» chiese lo Stregone Bianco alzandosi in piedi.
Ellys aprì la bocca per rispondere, ma fu preceduta dal cavaliere.
«Non ce n'è stata alcuna possibilità, sire. La ragazza non mi dava alcuna fiducia, credeva che avessi intenzioni disoneste.» riferì Amsterdam.
Ellys lo guardò con un velo di sarcasmo sugli occhi e lui ricambiò lo sguardo, sorridendogli beffardamente.
«Di questo tempo è bene non fidarsi degli sconosciuti...- disse il Re, mettendosi quindi davanti ai due ragazzi -Amsterdam mi ha detto che voi avete una chiave che usate come ciondolo di una collana.».
Ellys annuì, tirando il ciondolo fuori da sotto lo scollo del suo vestito.
Il Re alzò la mano stretta in un pugno, mettendola davanti agli occhi di Ellys.
Quando l'aprì rivelò due chiavi color argento.
«È uguale a queste due, non è vero?».
Ellys guardò la sua chiave. Erano identiche.
L'unica differenza tra le tre chiavi era il colore delle piccole pietre al centro di esse: la sua era verde e le altre due erano una bianca e l'altra blu.
«Aspettate... anche il mio amico ha una chiave identica alla mia, con la pietra azzurra» disse Ellys, passando le dita sulla sua chiave.
Gli occhi dello Stregone Bianco s'illuminarono di gioia e sorrise.
«Ma è magnifico!- esclamò -Ebbene, viste le circostanze mi sento in dovere di rimandare la nostra discussione a domani. Devo discuterne con tutti voi, perciò Sir Amsterdam, Miss Ellys e il vostro amico, siete invitati qua domani a pranzo.».
«C-Che?» balbettò Ellys incredula.
«Avrei voluto parlarvene stasera, in tutta segretezza, ma ora non vi è tempo di andar a prendere anche questo vostro amico, quindi lo farò domani con molta calma e con tutti presenti. Adesso vi prego, Sir Amstedam, di riaccompagnare Miss Ellys a casa. Non vorrei che le accadesse qualcosa.».
Ellys ancora non credeva a quello che aveva sentito.
Lei e Paris a castello? Erano solo due poveracci.
E le chiavi? Cosa c'era dietro a queste chiavi di così tanto importante, da parlarne in segretezza?
Amsterdam ed Ellys ridiscesero le scale dopo essersi congedati dal sovrano e uscirono dal castello per tornare al destriero del cavaliere.
«Quindi avevate anche voi quella chiave? Dove l'avete trovata?» chiese Ellys, mentre Amsterdam aggiustava la sella del cavallo.
«La storia è abbastanza complessa e ve la risparmio.» rispose.
«Ma aspettate un momento... come avete fatto a vedere la mia?- chiese Ellys picchiettando un dito sul mento -La tengo sempre sotto la camicia...».
«Mentre lottavate con il Deforme vi si devono essere sbottonati un paio di bottoni...» rispose Amsterdam con nonchalance.
Un rumore sordo vibrò nell'aria.
Amsterdam si voltò lentamente, portandosi una mano sulla guancia che pizzicava.
Ellys teneva ancora la mano in aria e lo stava fulminando con gli occhi.
«Provateci solo un'altra volta e non avrete né occhi per vedere né lingua per parlare.» lo minacciò a denti stretti.
Si voltò e salì sul cavallo senza aggiungere altro.
«E adesso portatemi immediatamente in centro, da Paris Crawford.» ordinò.
«Come desiderate...» rispose Amsterdam diventato paonazzo dall'imbarazzo mentre saliva sul cavallo.

   
 
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