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Autore: Lady Aquaria    24/07/2020    2 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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nuovo capitolo principale
43.
Forever
Girl I'm out of my head over you
And I lived so long believing all love is blind
But everything about you is telling me this time
It's forever, this time I know
And there's no doubt in my mind
Forever, until my life is through
Girl I'll be loving you forever
[Forever – Kiss]
 
25 luglio 2012, Las Vegas
L'espressione di Camus non prometteva niente di buono: lo sguardo improvvisamente assottigliato, gli occhi che saettavano rapidamente da lei a Milo, la voce più bassa di un paio d'ottave come faceva sempre, quando era sottosopra.
"No. Ti prego, dimmi che non è vero. Non dirmi che tu sapevi."

 
*

Il giorno precedente...
"Hai visto il bagno? Solo la vasca è grande quanto il nostro letto."
Camus gettò un'occhiata oltre l'enorme parete di vetro, che dava su un panorama mozzafiato di Las Vegas. Più che New York, Las Vegas meritava l'appellativo della città che non dorme mai.

"Sì, ed è carente di privacy." borbottò.
"Siamo al ventiduesimo piano e non siamo i Brangelina, a chi vuoi che interessi una coppia di francesi di passaggio?" ridacchiò Mei, mettendo in carica il cellulare sul comodino. "Io sto per mettermi un po' in ammollo nella vasca che ti ho accennato poco fa. Ti unisci a me o preferisci continuare a lamentarti? E dai, siamo soli, godiamoci questa fortunata situazione finché possiamo... i bambini sono a casa, siamo nel tuo... beh, nel vostro addio al celibato, siamo negli USA... sciogliti un po', Mr Freeze."
A essere del tutto onesti, l'addio al celibato era di Milo, dal momento che lui non era più celibe da un bel pezzo.
"Però le tende le voglio chiuse."
In corridoio, Milo e Shaina erano appostati fuori dalla porta della stanza di Camus e Mei, esattamente accanto alla loro.
"Senti qualcosa?!"
Shaina sospirò.
"Per l'amor del cielo Milo, siamo atterrati da poche ore, saranno stanchi morti, no? Lasciali stare."

Non udendo alcun rumore provenire dall'interno, Milo decise di scribacchiare qualcosa su un biglietto, prima di infilarlo sotto la loro porta.
"Vedrai che risate, domani. Ceniamo? E magari torniamo anche noi a... riprenderci dal jet-lag in camera? E niente scuse, ho comprato le aspirine in aeroporto."

 
*
 
"C'è un caldo asfissiante qui... sei assolutamente certa che il luogo dell'appuntamento sia questo?"
Mei ricontrollò il biglietto che quella mattina aveva trovato sotto la porta della loro camera, mentre Camus parcheggiava l'auto presa a noleggio; avevano, con suo sollievo, superato il lunghissimo boulevard sul quale si affacciavano le famose wedding chapels, per finire davanti a un altro edificio pregno del kitsch tipico di Las Vegas.

"Assolutamente è un parolone, Cam. Non sono pratica del posto." obiettò Mei, guardandosi intorno.
"Miei Dèi, tutti questi neon mi fanno rimpiangere Pigalle." borbottò Camus, pigiando qualche tasto sul display del navigatore satellitare e scoprendo che sì, l'indirizzo era proprio quello. "Hai un'aspirina, o qualcosa del genere? Sento arrivare il mal di testa."
Mei frugò nella borsetta, porgendogli una bustina orosolubile.
"È surreale ascoltare Puccini a Las Vegas." commentò poi Camus, massaggiandosi le tempie: dalle casse a lato della plancia, le note del valzer di Musetta.

"Certo non è come essere al Metropolitan."
"Sì, beh. Quale versione è? Quella con Maria Callas?"
"No. Non credo tu abbia mai ascoltato questa versione."
"Allora è quella soprano russa, come si chiama...?"
Mei alzò un sopracciglio, guardandolo in tralice e interrompendolo con un gesto secco della mano.
"Come no: le piacerebbe, a quella, cantare come cantava mia madre." replicò, stizzita.

Camus sgranò gli occhi.
"Stiamo ascoltando tua madre?!"
"Sì. Mia madre non ha mai, e ripeto mai, sbagliato verso. E soprattutto quando interpretava Tosca non ha mai rovinato l'eroina pucciniana facendola fluttuare nell'aria. Aveva la testa ben concentrata su quel che faceva, e lo faceva bene." puntualizzò, con un moto d'orgoglio.

"Impressionante." convenne Camus, poco dopo. Si guardò intorno, cercando un minimo segno dei due amici. "Ancora non capisco perché siamo qui, a essere sincero, Chicago è molto più a est di Las Vegas."
"Lo scopriremo quando arriveranno Milo e Shaina." replicò pratica, guardando fuori dal finestrino seguita da Camus, che si era sporto verso di lei.

"E pensare che ho suggerito a Hyoga di venire qui a sposarsi... ma che bella idea Camus, complimenti."
Francamente non capiva come aveva potuto anche solo pensare di mandare Hyoga e Freya a sposarsi in un posto del genere. Un paio di coppie in abiti nuziali stava posando per le foto, più in là un figurante vestito da Elvis posava con un'altra coppia e non molto distante, un altro figurante stava fumando.

Assottigliò lo sguardo, riconoscendo nel costume di quest'ultimo la figura di un componente di una certa band.
"Tesoro, quando Milo ti ha chiesto di infilare in valigia un certo tipo di abbigliamento, ti ha anche spiegato il motivo dietro quella richiesta?"

"No, perché?"
"Perché ho un brutto presentimento." le rispose, componendo il numero di Milo sul cellulare.

"Occupato, ovviamente. Putain."
"Ti stai lasciando andare a un certo linguaggio, ultimamente, o sbaglio?"
"M'è sfuggito, scusami. Milo riesce a mandarmi il sangue al cervello, a volte."
"Beh, io frequento la quarta casa eppure non parlo come uno scaricatore di porto..." ribatté Mei, spegnendo la radio non appena il cellulare di Camus iniziò a squillare. "...la cavalcata delle Valkirie?!"
"È una lunga storia." abbozzò Camus, prima di rispondere. "Dove siete finiti?"
Dall'altra parte, Milo rispose dopo pochi squilli: in sottofondo Mei riconobbe una canzone dei Kiss e iniziò a canticchiare a bassa voce seguendo le parole del frontman.
"Voi, dove siete? Vi stiamo aspettando da un po'!" fu la replica di Milo. Camus gli ripeté l'indirizzo del bigliettino e lui annuì, richiamando Shaina. "Aspettateci, usciamo noi: qui dentro c'è il rischio di perdersi!"
"Il posto è questo, loro sono già arrivati, hanno detto di aspettarli perché ci vengono incontro." la informò Camus, riponendo il cellulare nella tasca interna della giacca. "Che c'è?"
"Che c'entra Wagner con Milo?"

"Alcuni contatti hanno una suoneria personalizzata, così riconosco subito chi mi sta chiamando."
"Sì, ma cosa c'entra un compositore tedesco con un greco?"
"La danza di Zorba sarebbe stata troppo scontata, non credi?" glissò Camus.
"Per non contare il fatto che Milo ti avrebbe fatto lo scalpo senza alcuna pietà. Ne deduco quindi che ne ho una anche io?"
"Certo. Il tema di Darth Vader." le rispose, prima di scendere dall'auto per aprirle la portiera.
"...e beh, sono soddisfazioni." sospirò Mei, provvedendo poi a controllare il trucco nello specchietto dell'auto. "Non pensavo che questo vestito fosse così scollato quando l'ho visto online. Non che ci sia molto da mostrare, a dir la verità... mamma mi ha lasciato in eredità molte cose, ma non il petto."
"Beh, a me piace così com'è." la osservò Camus, gettando una lunga occhiata nella scollatura in questione. "Sei bellissima, e ti sta molto bene."

Gli sorrise in risposta, prima di intravedere una coppia appena dentro l'edificio: lui camicia rosso sangue sotto un completo scuro, lei in un abito a sirena rosso e nero, i capelli raccolti e un cerchietto con veletta davanti al volto.
"Oh guarda quei due! Mi ricordano quella cantante italiana e il marito tennista, anche lei era vestita di rosso!"
"Chi, Loredana Bertè? No, aveva solo il velo, era Borg quello vestito completamente di rosso."

"Milo, li ho trovati, eccoli là!"
Camus sgranò gli occhi, riconoscendo Milo e Shaina nei due in abito scuro.
"No. Ti prego, dimmi che non è vero. Non dirmi che tu sapevi."
"Cosa?!"
Le mostrò un cartello, con le indicazioni per la Kiss Wedding Chapel, all'interno dell'edificio.

"Ma dai, è un posto così…volgare per sposarsi!"
Mei parve realizzare in quel momento.
"Sposarsi?" ripeté. "Aspetta un attimo... Milo e Shaina si sposano oggi?"
"Sorpresa!" esclamò Milo, alle sue spalle.
"Oddèi, allora è vero! Perché non mi hai detto niente?"
"Perché altrimenti non sarebbe stata una sorpresa, ti pare?"

"Ma se avessi detto qualcosa avremmo potuto organizzarci in maniera diversa, fare qualcos'altro... se avessi immaginato..."
"Mei, lo apprezzo tantissimo, ma per noi è già tutto perfetto così, voi due e basta. Avevo anche pensato di truccarmi come Gene ai bei vecchi tempi della band, ma ho pensato che forse sarebbe stato un po' esagerato." ammise Milo.
"Ah, dici?" interloquì Camus. "È già una bella sorpresa così, fidati."

"Beh, perché anche tu, in quanto testimone, avresti dovuto truccarti. Per il bene tuo e di Tommy Thayer, ho preferito evitare."
"E io te ne sarò eternamente grato." Camus inarcò un sopracciglio, prima di
guardare Shaina, che in quel momento pareva totalmente diversa da ciò che era abituato a vedere. "Sì, tu ridi perché non hai idea del guaio nel quale ti stai cacciando."
Milo si schiarì la voce, per attirare la loro attenzione.
"A dire il vero le sorprese non sono finite affatto. Il dieci agosto, alla fine di questo viaggio, ritorneremo a Las Vegas per quello che è un mio personale dono di nozze per Mei: te l'avevo promesso anni fa, ricordi? Io e te saremmo andati a un concerto."
"Dimmi che scherzi." disse Mei, portandosi le mani alla bocca, incredula.
Milo estrasse una busta dalla tasca interna della giacca, all'interno della quale quattro biglietti aspettavano solo di essere usati.
"L'undici agosto noi quattro assisteremo alla tappa lasvegassiana dei Kiss, baby."
"Oh miei Dèi! Miei dèi!!" Mei iniziò a saltellare sul posto, come una bambina la mattina di Natale, prima di gettare le braccia al collo dell'amico. "Dici davvero? È da una vita che sogno di andare a un loro concerto!!"   

"Quindi dovrò venire anche io? Accidenti, mi toccherà ripassare il loro repertorio." commentò Camus.
"Come mai mi sembri più entusiasta del concerto piuttosto che del matrimonio?" domandò Milo.
"Ma smettila, scemo." ridacchiò Mei.    

"Shaina, posso scambiare un paio di parole con te, per favore?"
Milo ridacchiò.
"Non riuscirai a farle cambiare idea!"
"Certo che no, sarebbe una battaglia persa in partenza, dato che ormai è irrecuperabile."

Si allontanarono di qualche metro prima di parlare.
"Ti devo delle scuse."
Shaina corrugò la fronte.
"Non capisco."
"Io credo di sì." rispose Camus. "Per quello che ti dissi a Monastiraki, qualche mese fa."

Fece mente locale.
"Oh, quello. L'avevo già dimenticato."
"Io no, quando sbaglio lo riconosco." Camus allungò la mano verso di lei, serio.
Shaina guardò la mano, quindi di nuovo Camus.
"Diciamo che sei protettivo verso le persone cui vuoi bene e che sotto quell'apparenza altera e impassibile c'è comunque un uomo che sa amare, anche se ti da fastidio darlo a vedere." sorrise. "Milo è fortunato ad averti come amico."

Milo e Mei guardavano i due, diversi metri più in là, con aria interrogativa.
"Sai qualcosa che non so? Mi devo preoccupare?" chiese Milo.
"Conosci Camus, no? Qualunque cosa sia successa, a me non l'ha detta." replicò Mei. "È più testardo di un mulo."

Milo sospirò: lo conosceva eccome, non per niente erano migliori amici.
"Sì, anche Shaina è cocciuta. Anche se si sopportano a malapena, quei due hanno qualcosa in comune, che a loro piaccia o no. Vorrà dire che se dovesse riuscire a farle cambiare idea, potremmo sempre scappare insieme. Che dici?"
Mei ridacchiò.
"Non credo funzionerebbe."
"Perché no? Siamo scorpioni entrambi, sotto molti aspetti noi due ci capiamo al volo, e poi tra due scorpioni c'è una chimica molto forte."
"Il che è senza dubbio positivo, ma fuori dal letto, ci scontreremmo di continuo nel tentativo di far capitolare l'altro." obiettò Mei. "Anche se probabilmente, o diciamo sicuramente, saresti tu a cedere."
Milo le circondò le spalle, sogghignando.
"Continua a ripetertelo, cara." asserì. "Deve ancora nascere la persona in grado di sottomettermi."

Inspiegabilmente, guardarono entrambi Shaina.
"Shaina è ariete ascendente leone, giusto?"
"..."
"Beh, ci sarà un motivo se al Santuario è soprannominata Tisifone, come una delle Erinni. Deve ancora nascere, dicevi?" ridacchiò Mei, scoccandogli un'occhiata divertita. "Continua a ripetertelo, caro."

"Ti odio quando fai così."
"Perché sai che ho ragione."
Camus e Shaina tornarono da loro, il primo con uno sguardo interrogativo negli occhi.
"Tutto bene?"
"Oh sì. Io e Mei stavamo progettando di fuggire insieme." spiegò Milo.
"Tsk... me la riporteresti indietro dopo dieci minuti. Quindici, se vogliamo essere ottimisti."
"Perché senza di me ti sentiresti perso."
 
La cerimonia, decisamente atipica, fu officiata da un figurante che impersonava Gene Simmons, in un'atmosfera profondamente rock: drappi neri sulle sedie, luci da palcoscenico e numerosi altoparlanti a riprodurre le ballate romantiche dei Kiss.
"...avrei dovuto immaginarmelo, quando ha parlato di Las Vegas. In effetti tutto questo è da Milo." mormorò Camus, a bassissima voce. "Non riesco a immaginarmi questi due idioti a sposarsi come fanno tutti."

Sarebbe stato strano, a dirla tutta, vedere Shaina in abito bianco, in una cerimonia come quella di Marin e Aiolia.
"Noi scorpioni siamo anticonvenzionali, ormai dovresti saperlo."

"...a proposito, mi devo aspettare sorprese di questo genere a settembre?"
Mei proruppe in un sorriso obliquo.

"No, stai tranquillo."
"Con voialtri c'è ben poco da star sereni." obiettò Camus.
L'officiante partì con le formule di rito, sciorinate imitando il tono di voce del cantante, quindi invitò i due sposi a proseguire con i voti nuziali.
"Cavolo, non sono bravo con i discorsi..." balbettò Milo, sgranando gli occhi. "Cam, hai qualche suggerimento?!"
"Bravo, proprio la persona giusta." commentò Mei.
"Direi che forever è già di per sé un ottimo spunto." rispose l'interpellato, accennando alla canzone in sottofondo in quel momento.
"Hai ragione, Cam. Grazie."
"Ma ti pare." abbassò di nuovo la voce quando Milo tornò a guardare Shaina. "Lo conosco da una vita ma è la prima volta che non sa cosa dire. E così osi insinuare che non sono bravo con le parole."
"Sì, ma è una mancanza che compensi con altri talenti." replicò Mei, interrompendosi, distratta dalla voce di Milo, che stava canticchiando seguendo le parole del cantante.
Camus inarcò un sopracciglio.
"Sta cantando."

"È romantico, dai."
"Oddio."
"Smettila!!"
"Per onestà devo ammettere che mai, per nessuna ragione, mi vedrai fare una cosa del genere."
"No, figurati. E chi si aspetta gesti romantici così, da te?" scherzò Mei.
Poco dopo, istintivamente, Camus cercò la sua mano per stringerla nella propria.
"Stai piangendo, monsieur non faccio romanticherie." sussurrò Mei.
"...scusami." sospirò, tamponandosi gli occhi con il fazzoletto.
"Il tuo migliore amico si sta sposando, non puoi non commuoverti."
 
*
 
"Milo, quando hai scelto il mezzo, hai controllato che fosse adatto alla patente di Mei?" domandò Camus, guardando l'enorme camper che li aspettava nel parcheggio.
"Certo, perché?"

"A me sembra un bestione troppo difficile da manovrare."
"Grazie della fiducia, Cam." borbottò Mei. "Ho guidato anche furgoni in vita mia, sai?"
"Converrai con me che camper e furgoni sono due mezzi totalmente diversi tra loro, eh. E beninteso, non sto mettendo in dubbio le tue capacità..."
"...qualunque ma stia per arrivare, tienilo per te, per favore. Mi stai mettendo ansia, e alla soglia di un viaggio da millemila chilometri, non va bene!"
Milo s'interpose tra i due.
"Cerchiamo di calmarci tutti quanti per goderci questi giorni. Quando mai ci ricapiterà un'avventura del genere, noi quattro insieme senza figli, senza obblighi e senza pensieri? Io dico di portare le chiappe su quel camper e partire, senza dire nient'altro: un domani, a Nikos, vorrò raccontare bei ricordi, non litigi. Coraggio, che se tutto va come prevede la tabella di marcia, dovremmo arrivare a St.Louis entro domani. "

 
"Non riuscirò mai a capire come facciano gli statunitensi a definire pizza questa cosa immangiabile." disse Shaina, quella sera, davanti alla deep dish pizza che lei e Milo avevano preso a portar via. "Non so se avete mai mangiato una pizza in Italia, ma è tutt'altra cosa."
"A Napoli insieme a mia madre, quand'ero ragazzina." rispose Mei, che alla pizza aveva preferito un kebab. "Quanto mi mancano quei giorni.  Una sera dovremmo organizzarci per una cena in un vero locale italiano. Ne vale davvero la pena."

"Secondo te perché certe cose le evito come la peste?" sorrise Camus. "Uh, prima che mi dimentichi, dato che per le prossime due settimane vivremo tutti e quattro in stretto contatto, credo sia giusto stabilire un paio di regole per la buona convivenza."
Milo roteò gli occhi.
"Oh Dèi, non è possibile, nemmeno in vacanza riesce a rilassarsi..."
"Non iniziare a protestare, che l'ultima volta a New York è stato un incubo." rispose Camus, nello stesso momento.

"Esagerato."
"Esagerato un corno, se raccontassi tutto, trascorreremmo i prossimi cinque giorni fermi in quest'area a parlarne."
Mei guardò i due, quindi ridacchiò.
"A proposito di voi due, qualcuno dovrà spiegarmi cosa c'entra Wagner con te."
Shaina corrugò la fronte, mentre Milo iniziava a ridere.
"Hai mai visto apocalypse now?" domandò poco dopo, a Mei. Quando lei annuì, continuò. "Quella scena pazzesca con gli elicotteri che attaccano il villaggio dei vietcong, dove il colonnello ordina ai suoi uomini di sparare a tutto volume la cavalcata delle Valkirie? L'ho fatto talmente arrabbiare durante quel viaggio a New York, che una sera mi disse vorrei essere su quegli elicotteri per spararti addosso."
Camus continuò a mangiare, ignorando le occhiate delle due donne.
"Ma che perfido!" esclamò Mei. "Ma ti sembrano cose da dire?"
"Ah, stai tranquilla, sono sicuro che l'ha detto solo perché arrabbiato. In realtà non lo pensa sul serio. Vero?" domandò Milo. "…Cam, non lo pensi davvero, eh?"
L'interpellato gli lanciò un'occhiata da dietro il suo kebab, senza muovere un muscolo.

"Camus, ma perché non mi vuoi bene?"
 
Più tardi, Camus rientrò in tutta fretta dal bagno, chiudendo rapidamente la porta a scomparsa che divideva la stanza da letto dal resto del camper: erano partiti appena quel pomeriggio e un paio di regole erano già state infrante.
"Cosa c'è ancora?" domandò Mei, sentendolo sbuffare appena, senza alzare lo sguardo dal messaggino che stava inviando. Aveva già fatto abbastanza polemiche quel pomeriggio, quando si erano fermati in un Walmart per fare spesa e aveva commentato –del tutto a ragione– sulla presenza di una corsia sulle armi da fuoco quasi accanto alla corsia con l'abbigliamento infantile, per non parlare della critica alla corsia con il pane e una scelta di ciambelle e muffins di ogni genere.
Sinceramente non era sicura di poter sopportare altre lamentele.
"Devi usare il bagno?" volle invece sapere Camus.
"No, non ancora, perché?"
"Perché ti toccherà trattenerla, temo. Il resto del camper sarà off-limits per almeno mezz'ora."
Mei corrugò la fronte, quindi si accostò alla porta, origliando quanto stava accadendo.
"Oh. Questo addio al celibato ha preso una piega inaspettata."

"Già. Adesso siamo nella loro luna di miele."
"Shh! Se noi sentiamo loro, sicuramente loro possono sentire noi. Lamentati a voce molto bassa."
"Figurati, Milo disconnette udito e cervello quando gli fa comodo."
Restarono in silenzio qualche secondo, decidendo poi di accendere la tv incassata nella parete.
"Che situazione imbarazzante." mormorò Camus, a bassa voce.

"Devono festeggiare, dai."
"Beh, dovrebbero avere la maturità necessaria per tenere a bada gli istinti, soprattutto quando siamo in quattro a condividere uno spazio così ristretto e ci sono altre due persone a meno di dieci metri che potrebbero sentire. Anzi, no, eliminiamo il condizionale." borbottò Camus. "Certe voglie le ho anche io ma le tengo a bada."

Stava per rispondergli con una battuta delle sue, ma preferì tacere, limitandosi a inarcare le sopracciglia.
"È questione di rispetto, che diamine. E non fare quella faccia, quelle voglie le ho anche io, sebbene di solito non sia io a prendere l'iniziativa, su questo devo darti ragione."
"Eh, un po' d'intraprendenza e lascivia non ti farebbero male, sai, come all'isba lo scorso agosto, tanto per dire."

"..."
"Su, cerca qualcosa da guardare."
Si schiarì la voce, imbarazzato.
"Vediamo cosa offre la tv stasera. America's Got Talent oppure... Hell's Kitchen... o il telefilm con Carrie Bradshaw."
Mei diede una rapida occhiata, sbuffando.
"Che fai, giri il coltello nella piaga?"

"Vada per Hell's Kitchen, allora." Camus fece spallucce.
Mei si mise a sedere sul letto, scostando le tende dell'ampia finestra e notando un diner al di là della superstrada che costeggiava l'area attrezzata in cui avevano deciso di fermarsi per trascorrere la notte.
"Lo so che ti piace vedere Gordon Ramsay che s'imbestialisce con i malcapitati di turno, ma potremmo andare a bere qualcosa in attesa che la situazione... come dire... si sgonfi."

"Ottima scelta di parole, la tua." Camus si allungò verso la finestra, guardando il locale in lontananza: a occhio e croce una specie di ristorante italiano, a giudicare dal nome. Beh, sempre meglio di un fast food. "Siamo appena in Illinois, hai idea di quanto manca alla California? Se saremo costretti a scendere ogni volta che quei due di là daranno sfogo ai loro istinti, o torniamo a casa obesi o con la cirrosi epatica."
"...esagerato. Vuoi mica che succeda tutte le sere, no?"
"Dici? Io non ne sarei così sicura, fossi in te. D'accordo, fammi mettere qualcosa addosso." capitolò Camus. "Ah, per sapere, come intendi scendere da qui? Sgattaioliamo di là come se niente fosse o usciamo dalla finestra?"

"Beh, se riesci a strizzarti in venti centimetri..." ribatté Mei, chiudendo per sicurezza la finestra in questione.
Si vestirono in fretta, cercando di raggiungere la porta del camper nel più breve tempo possibile.
"Non preoccuparti, le chiavi di riserva sono sul bancone, l'area è video sorvegliata e secondo google maps c'è una stazione di polizia a mezzo chilometro da qui." sussurrò Mei, chiudendo a chiave e raggiungendolo, qualche metro più in là. "Gli lascio un messaggio whatsapp? Che c'è?"

"Neanche su National Geographic ho ascoltato grida di quel genere." rispose Camus, lanciando un'ultima occhiata al camper. Si guardarono un attimo, prima di scoppiare a ridere, correndo insieme verso la sopraelevata che li avrebbe portati al diner.
 
"Chissà quando ci capiterà di nuovo, di cenare noi due soli in un locale che non sia ad Atene o a Parigi." sospirò Mei. "Ammettilo, che comunque sei contento di essere qui."
"Sì, beh. Sai che a volte sono polemico, certe cose ho bisogno di carburarle." le rispose. "E così avevate in mente questo, quando mesi fa avete iniziato a organizzare l'addio al celibato... cioè mi correggo, la luna di miele?"
Mei rubò una cucchiaiata di tiramisù dal piatto di Camus, spingendo verso di lui la propria torta di ricotta in un invito ad assaggiarla.
"Non proprio. Il matrimonio a Las Vegas e ciò che ne consegue non erano nei miei piani." ridacchiò. "Sai com'è, imprevisti non calcolati. Avevo anche pensato a un viaggio in transiberiana, ma ho scoperto che l'hai già affrontato due volte, quindi eccoci qui, quindici giorni attraverso gli States."

Camus sorrise, mentre i ricordi di quei due viaggi tornavano a galla, evocati dalla memoria: del primo, insieme al maestro Volya, ricordava poco, il secondo, affrontato insieme a Hyoga e Isaak poche settimane prima dell'incidente, aveva ricordi dai contorni più nitidi.
"Quello lascialo organizzare a me, per favore." sorrise, richiudendo i ricordi al sicuro. "Ho più esperienza di te in merito."
"Cosa, la transiberiana?"
Annuì.

"Sì. Voglio rifarla con te, e quando i bambini saranno grandi, porteremo anche loro. Novemiladuecentottantotto chilometri da Mosca a Vladivostok o potremmo anche pensare alla transmongolica e arrivare a Pechino via Ulan Bator. Adesso che esistono anche cabine con il letto da una piazza e mezza e il bagno privato, è un viaggio più confortevole di quelli che ho già vissuto."
"Ci vuole poco, a giudicare dai treni che ho visto in certi documentari." sorrise Mei.
"Non farti condizionare dai racconti di viaggio di estranei. Chissà che non riesca ad organizzarlo già per le ferie del prossimo anno."

Per lei erano già tanti quindici giorni negli States, figurarsi venti giorni per un viaggio di quel genere; Camus però aveva parlato dell'anno successivo, e i bambini sarebbero stati più grandi e già svezzati per l'epoca. Non lo interruppe né lo disilluse, preferendo sorridergli di rimando e spiluccare la torta che aveva nel piatto.
Un trillo sul cellulare di Camus, un messaggio di Milo che domandava loro dove accidenti fossero finiti.
"Forse dovremmo lasciare la camera da letto a loro e noi prendere il letto sulla cabina di guida." propose Mei, attirando immediatamente la sua attenzione.
"A parte le mie vertigini, dovremmo dormire nelle lenzuola in cui si sono appena rotolati? Nemmeno per sogno."

"Va bene, era solo un suggerimento. Comunque una volta Lixue ha bagnato il letto, quando eravamo ancora al Goro-Ho, ma ho pulito tutto e dopo ci ho dormito tranquillamente." iniziò Mei, finendo con l'essere interrotta.
"Ascolta, un conto è la pipì di nostra figlia, un altro sono quei due. Per quanto voglia bene a Milo, ci sono limiti che non si possono valicare per nessun motivo." obiettò Camus. "Neanche per amicizia."

Mei sorrise.
"Come si vede che non hai mai trascorso una notte al Goro-Ho durante la maturità sessuale di Shiryu."

La guardò, con un'occhiata disgustata.
"Per favore, vorrei evitare di avere incubi stanotte." le rispose, facendola ridere. "Dai, prendiamo qualcosa per la colazione di domani e torniamo dai due sposini."
"Non abbiamo già abbastanza cibo per il viaggio?"
"Quelle schifezze che Milo ha insistito per comprare da Walmart, io, non le mangio." puntualizzò Camus, alzandosi. "Ci tengo alle mie arterie."
Inarcò le sopracciglia, guardandolo di traverso e allungando una mano –a tradimento- alla sua tasca dei jeans sottraendogli qualcosa.
"Giusto, allora iniziamo col gettare via queste." disse, mentre lui di riflesso toccava la tasca vuota, protestando. "Se cerchi il portafogli ti ricordo che l'hai dato a me prima di uscire. Dunque, frolla o riccia, la sfogliatella?"

Milo guardò ancora una volta fuori, scostando le tende dal parabrezza senza vedere neanche l'ombra dei due amici.
"...secondo me sono usciti per colpa nostra." esordì Shaina porgendogli una tazza di caffè. Nella piccola camera aveva trovato il pigiama di Mei gettato in maniera disordinata sul letto disfatto, insieme a un libro e quella che sembrava una confezione di tappi per le orecchie: dovevano essere usciti d'improvviso, forse mentre loro due erano nel pieno dell'azione.  

"Ma no, figurati." minimizzò Milo. Beh, conoscendo Camus poteva anche darsi, in effetti.
"Okay, ma la prossima volta cerchiamo di non fare troppo rumore."
Le rivolse un sorrisino obliquo, prima di bere qualche sorso.
"Tu cerca di non fare troppo rumore."

"Scemo."
"L'astuccio, Mei."
"Di quale astuccio parli?"
Corrugò la fronte, riconoscendo poi i due amici nei due che, fuori dal camper, stavano parlando in un francese per lui ancora troppo fitto.
"Ridammelo, dai."
"Costringimi."
"Sono loro?" mormorò Shaina.
"No, non è in borsa, mi spiace. Perquisiscimi se vuoi e ti prego, fai un lavoro accurato."
Milo aprì la porta, sorprendendoli: lui impegnato a farle il solletico mentre la bloccava a sé, lei in preda alla ridarella con un involto in equilibrio precario in mano.
"Mi farai cadere le sfogliatelle!"
"Ah no, queste bisogna salvarle." annuì Milo, afferrando l'involto e lasciandoli alle loro beghe.
"Come sarebbe a dire, vedi una donzella in difficoltà e non l'aiuti?"
"Donzelle? Io non vedo donzelle." rispose Milo.
"Traditore. Mi arrendo! Basta, mi arrendo!"
"Ci dispiace se vi siete sentiti obbligati a uscire, se succederà di nuovo cercheremo di fare molto meno rumore." si scusò Shaina, una volta saliti a bordo anche Camus e Mei.
Quest'ultima fece finta di non capire.
"La mia Lonely Planet indicava quel locale italiano come il migliore della zona, ho convinto Camus a uscire per provare il loro tiramisù." spiegò, allegra. "Perché?"

Shaina e Milo si scambiarono un'occhiata.
"Ah, okay. Allora niente, come non detto. A domattina, buonanotte!"
"A voi." replicò Camus.
"Le tue capacità diplomatiche stanno facendo passi da gigante, i miei complimenti." sussurrò poco dopo, rigirandosi l'astuccio porta sigarette tra le dita. "Che c'è?"
"Lo capisci da te, vero, che è un controsenso pensare al colesterolo di un paio di ciambelle glassate ma allo stesso tempo fumare?"
"Parli come se fumassi venti sigarette al giorno, ne fumo una ogni tanto."

"Ecco, questa è una delle classiche scuse che usate voi fumatori. Sono seria. Una ogni tanto o venti al giorno, non fa differenza: ogni sigaretta è un chiodo per la bara."
"...Mei..."
"Cosa credi? Che prima o poi arrivi Lucifero e si porti via tutto il catrame dai tuoi polmoni dopo averti ficcato le mani nel petto?"
"Che cosa?!" le rispose, sbigottito, non afferrando la citazione.
"Ti ricordo che a casa ci sono quattro bambini che hanno bisogno di te. Io ho bisogno di te. Se non vuoi pensare a me, okay, d'accordo, ma a loro quattro dovresti pensarci. Non sprecare la vita che ti ha ridato Zeus, perché non ce ne sarà un'altra. Buonanotte, Camus."
 
Poche ore dopo, Milo scese dal letto con i vestiti in mano, trovando Mei già sveglia.
"Sapevo che oggi ci sarebbe stata la luna piena, ma non mi aspettavo di vederla già di prima mattina..."
"Ehm... ciao, Mei. Già in piedi?" 
"Ciao Milo. Come sarebbe? Sono le otto, per me è già tardi." sorrise quest'ultima, apparecchiando il tavolo per colazione e concedendo all'amico il tempo necessario per coprirsi.
Saltellando su un piede in equilibrio precario, Milo s'affrettò a infilarsi slip e jeans.
"In quanto a buone maniere faccio pena, ma là sopra è tanto difficile rivestirsi quanto è facile spogliarsi." abbozzò a mò di scusa. "È già tanto aver preso le cose giuste anziché il tanga di Shaina..."

"Ah, non preoccuparti, ci vorrebbe ben altro per mettermi in imbarazzo, certo non è la prima volta che vedo un uomo. Anche se in tanga no, non mi è ancora successo." ridacchiò Mei.
"Potrei vomitare." commentò Camus, uscendo dalla camera e infilandosi in bagno.
"Certo, c'è chi può permetterselo e chi no. Io posso." Milo alzò la voce per farsi sentire, quindi la riabbassò di nuovo. "Per quel che può servire, credo che tu abbia ragione su tutta la linea."
Mei corrugò la fronte.
"Di che parli?"
Milo si grattò la testa, imbarazzato.

"Vi ho inavvertitamente ascoltati, ieri sera."
"Ci vuole poco ad ascoltarci a vicenda, dal momento che le pareti tra un locale e l'altro non sono di mattoni."

"Te l'avevo detto che ieri sera sono usciti per colpa nostra..." interloquì Shaina.
"Guarda che avevo davvero intenzione di provare quel locale." mentì abilmente, stupendosi di quanto fosse diventata brava, con le bugie, seppur a fin di bene. "E il loro tiramisù, detto tra noi, era squisito, con i savoiardi intinti nel caffè e non nel rhum o in chissà quale schifezza estrapolata dalle ricette made in Usa. Se proprio devo trovare qualcosa che mi ha dato fastidio ieri sera, è l'aver ordinato una torta al posto del tiramisù in questione."

"Perciò non ci avete sentito mentre...?" insisté Shaina.
Mei ci pensò su un attimo, indecisa se mentire o no. Ma in tal caso, neanche la sua più riuscita bugia sarebbe servita a qualcosa.
"...a tal proposito dovresti insegnarmi qualche trucchetto perché il mio non ha mai urlato in quel modo." le sfuggì, obbligando Milo a schiarirsi la voce, la mano a coprirsi gli occhi.

"Athiná mou..."
"Dai, siamo tutti adulti e vaccinati qui." ridacchiò Mei. "E poi, se non posso fare le battutacce oscene con voi, con chi dovrei farle, con Shunrei? Per carità del cielo, l'ultima cosa che voglio è sentir parlare mia cognata di come si comporta mio fratello a letto."
"Perché, è già successo?" intervenne Camus, sedendosi accanto a lei. La vide rabbrividire, ricordando certe frasi della cognata. "Lo prendo per un sì."
"Ma non pretenderai mica che si comporti da monaco, no?"
Mei roteò gli occhi.

"Non ho detto questo, ma è mio fratello, a nessuno piace ascoltare certe cose riguardo il ragazzo al quale hai persino cambiato i pannolini e dato il biberon."
"Beh, ma dovresti pensare al fatto che adesso è un uomo, Mei, non è più il bambino al quale davi la pappa. È cresciuto e ha certe esigenze, come tutti." continuò Milo.

"Una parte di lui per me sarà sempre il bambino col quale ho giocato e il ragazzo che con me ha condiviso tante cose. Non capisci che non è la sua maturità che mi dà fastidio, ma i dettagli intimi. L'ultima volta ho impiegato settimane a non pensare alla sua posizione preferita quando parlavo con lui. Fa sesso? Ottimo, buon per lui, tutti lo facciamo, ma un conto è ascoltare dettagli su un amico, un altro è sul sangue del tuo sangue: se andassi da lui e gli parlassi della mia vita sessuale, Shiryu mi direbbe ma che schifo! e ti dirò, non avrebbe tutti i torti."
Milo ci pensò su un attimo, mentre beveva il suo caffè.

"A te da fastidio quando parlo di certi argomenti?" domandò quindi a Camus.
"Andiamo, Milo, non puoi paragonare le due situazioni, non siete fratelli." sospirò Shaina.
"Lascialo rispondere."
L'interessato impiegò più tempo del normale per vuotare la sua tazza di tè, nel tentativo di evitare la domanda.

"D'accordo, io ne parlo più spesso di te e spesso devo cavarti le parole di bocca, ma..."
"Io non scendo mai nei dettagli perché sono cose troppo private." rispose infine Camus.  
"...e perché conoscendoti, diventeresti rosso pomodoro." sghignazzò Milo.

"Vogliamo rimetterci in movimento, visto che dobbiamo arrivare in Kansas e in Oklahoma oggi?" ribatté l'altro punto sul vivo, alzandosi da tavola.
"Ecco, appunto."

 
Più tardi quella sera, Hyoga sistemò il tablet sul supporto, prima di avviare Skype e attendere una risposta; dall'altra parte, dopo circa un paio di minuti d'attesa, rispose Mei.
"Ciao. Camus non può rispondere, sta aiutando Milo a ritirare le moto. Se ti da fastidio aspettare, ti consiglio di richiamare più tardi."
"Aspetto, non ho fretta. Volevo dirti che per la sorpresa è tutto a posto, Kirill e gli altri sono stati informati e sono tutti lieti di aiutarti. Anche il vestito è pronto e volevo sapere se va tutto bene, dove siete..."
Shaina, con i capelli umidi raccolti in un mollettone, le andò in aiuto rispondendo a Hyoga.
"Ciao, Hyoga, tutto bene, siamo partiti da poche ore ma siamo fermi in Kansas e ci siamo lasciati l'Illinois e il Missouri alle spalle. Praticamente abbiamo incontrato l'unico giorno di pioggia di questo periodo e i due baldi uomini che ci accompagnano stanno ritirando le moto perché l'acquazzone è pazzesco, senti? Roba da non crederci."

Sentiva chiaramente il rumore della pioggia battente sul tetto del camper, accompagnato dalle voci attutite di Milo e Camus.
"La solita sfortuna eh?" ridacchiò, intravedendo dei movimenti alle spalle di Shaina.
"Che tempo del cavolo. Non piove mai, e quando decide di farlo? Quando noi siamo qui." si stava lagnando Milo.

"Guarda che in Kansas piove regolarmente, siamo solo stati sfortunati." sentì Camus subito dopo. Entrò nel suo campo visivo pochi secondi dopo: bagnato fino alle ossa con i capelli appiccicati alla testa e i vestiti che grondavano acqua.
"Ehilà." li salutò, agitando le mani.
Camus si avvicinò subito al computer, con un gran sorriso sulle labbra, mentre Mei dispiegava sulle loro teste fradice due asciugamani.

"Privjet! Come state? E i bambini?"
"Shunrei ha messo a dormire i piccoli, Lixue invece è più testarda e insiste per stare ancora un po' sveglia, qui sono le ventuno e trenta e per ora va tutto bene. La sedia a dondolo entrata nel Guinness dei primati l'avete vista?"
"Vista e fotografata, ovviamente." s'intromise Milo. "Che ti stai perdendo! Adoro questo viaggio, anche se, ad essere sincero, a furia di stare su quella sella ho un gran male al culo."

Hyoga scoppiò a ridere, accorgendosi tardi della presenza di Lixue alle sue spalle; presenza che invece non sfuggì a Camus, che rivolse all'amico uno sguardo di brace.
"Scusatelo, il premio Nobel per la Finezza oggi è un tantino su di giri."

"Oddio quanto mi mancate." rise Hyoga poco dopo.
A parte poche altre manifestazioni climatiche avverse, il foro di una gomma e una mezza indigestione di Milo, il resto del viaggio proseguì quasi senza intoppi: riuscirono ad arrivare a Santa Monica con un giorno d'anticipo, approfittando di quelle ore in più per girare un po'.
Persino il concerto, nonostante i brutti presentimenti di Camus, filò liscio come l'olio.

**
 
"Finalmente! Quasi dimenticavo le vostre facce." sorrise Shura, incrociandoli davanti alla prima casa, intenti a scaricare le valigie dall'auto di Milo. "Com'è andato il viaggio?"
Camus rispose alla stretta dell'amico, prima di rispondergli.

"Prova tu a farti Milano – Atene in economica, con le ginocchia che quasi toccano la gola, dopo Los Angeles – Milano in premium." borbottò. "Fortuna che è durato solo due ore e mezza."
"Shura! Ciao, amico!" interloquì Milo, con la voce roca.
"Come mai questa voce? Che vi è successo?"
"Concerto dei Kiss, tre sere fa... la voce ancora non ci è tornata." spiegò Mei.

"E avete portato anche Camus? Ah sì, avrei proprio voluto vederlo!"
"Non ho mai detto che i Kiss non mi piacciono, solo che non sono un pazzo esaltato come quei tre." rispose l'interessato. "La nota positiva è che almeno hanno un buon motivo per stare un po' zitti."
"Nota più che positiva, direi." convenne Shura. "Vi fermerete ancora o partirete?"
"Prendiamo i bambini e torniamo a casa, a parte la licenza matrimoniale del mese prossimo, io ho esaurito le ferie e Mei ha alcune faccende da portare a termine." rispose Camus, seguendolo poi lungo le scale, fino ad arrivare a destinazione.

Più tardi, mentre Lixue era intenta a guardare le foto del viaggio, Mei si precipitò in bagno.
"Non vedevo l'ora di farmi una doccia." sospirò Camus, stiracchiandosi. "Ho ancora male alle gambe, non hai idea. Che c'è?"
"Dovresti portarmi all'ottava casa con una certa urgenza."

"Okay, lasciami indossare qualcosa, prima. Cos'è successo?!"
Mei indicò il neonato che portava in braccio.
"Fedra ha scambiato i bambini, questo è Nikos, non Milo."
Camus s'avvicinò, allungando le braccia per prendere il bambino.
"Ma guarda chi c'è!" sorrise.
"Eh no, adesso è il mio turno, in ospedale non mi ci hai neanche fatto avvicinare." protestò Mei. "Noto con piacere che delle ancelle del santuario c'è proprio da fidarsi, se non riescono a distinguere un bambino occidentale da uno con evidenti tratti orientali. Passi una delle ragazze giovani, ma Fedra dovrebbe essere in grado di notare la differenza."
"…con gli occhi chiusi si somigliano molto però." disse Camus.
"Se non fosse per la carnagione color mozzarella di mio figlio rispetto a quella caffelatte di Nikos."
"…beh un errore capita a tutti, dai."
Mei inarcò un sopracciglio.
"Per fortuna quelle ragazze non lavorano in ostetricia o scambierebbero neonati e genitori di continuo."

Quando comparvero all'ottava casa, Milo andò loro incontro.
"Stavamo per venire da voi, Fedra ci ha dato il vostro Milo al posto di Nikos."
"Da cosa te ne sei accorto, dal vago aspetto orientale di mio figlio?" scherzò Camus.
"No. Dal suo appetito, s'è scolato un intero biberon nel giro di pochi minuti: in questo assomiglia molto a me." rispose Milo, allungando le mani verso il figlio.
"Uhm, devo proprio?" protestò Mei, stringendo al petto Nikos e lasciandogli un lungo bacio sulla fronte prima di restituirlo agli amici. "Ringraziando il cielo Milo ha un buon appetito, a quasi tre mesi ha la costituzione di un bambino di uno e mezzo. Vieni amore mio, saluta gli zii, torniamo a casa."
 
***

Lady Aquaria's corner:
–Il titolo si riferisce all'omonimo brano dei Kiss.
–Mr.Freeze è un nomignolo scelto non a caso: deriva dal personaggio omonimo della DC Comics, interpretato da Arnold Schwarzenegger in Batman & Robin (quello con Clooney, per intenderci).

–Tommy Thayer è il chitarrista dei Kiss (ruolo "ereditato" da Ace Frehley); la sua maschera è quella de The Spaceman, l'uomo dello spazio.
–No, la pessima performance della soprano che ha inaugurato la stagione teatrale 2019/2020 alla Scala lo scorso dicembre, non l'ho digerita.
–Le scuse di Camus si riferiscono a questa drabble, della raccolta "Love her all i can".
–La citazione di Mei riguardo Lucifero e il catrame nei polmoni è tratta dal film Constantine (del 2005).
 
 
 
   
 
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