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Autore: Mnemosine__    24/07/2020    1 recensioni
Will adorava il lato italiano di Nico, davvero, ma a volte gli sarebbe piaciuto sapere cosa usciva da quelle splendide labbra pallide.
One-Shot, Solangelo. Perchè non ne abbiamo mai abbastanza.
Storia presente su Wattpad.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Siccome per rendere la mia idea dovrei scrivere in inglese e credo che non tutti potrebbero capire facilmente cosa succede, ho deciso che scriverò comunque tutto in italiano per evitare casini.
Le parti che andrebbero in italiano saranno in corsivo, quelle che andrebbero in inglese in formato normale.
Spero di aver reso l'idea, visto che i nostri piccioncini vivono in America ma Nico è italiano.
Nella mia mente contorta (so che probabilmente era piccolo e che nella storia originale di zio Rick Nico non potrebbe ricordare granché oltre a qualcosa sulle origini italiane) Nico capisce e parla benissimo l'italiano, specialmente quando è stanco o deve imprecare (visto che in parolacce e imprecazioni siamo i re del mondo).


What did you say?

 

Will adorava un sacco di cose, lì al campo. Adorava l'incarico di capo dell'infermeria, perché gli dava la preparazione necessaria per poter diventare un dottore, adorava sentire il profumo del campo di fragole vicino alle cabine, adorava il momento del falò, quando durante la sera con i suoi fratelli intonava canzoni di tutti i tipi per divertire i semidei e passare il tempo insieme.
Ma, da alcuni mesi ormai, qualcosa aveva scalato le classifiche.
Anzi non qualcosa, qualcuno.
Dopo la guerra contro Gea, aver sistemato il campo e fatto pace con i romani, Will si era ritrovato a consigliare caldamente -ordinare- al tenebroso figlio di Ade di rimanere tre giorni in infermeria per dei controlli. 
Durante il suddetto periodo, poi allungato a due settimane perché "non sono ancora sicuro che tu stia bene" Will aveva avuto modo di parlare con Nico di Angelo, di conoscerlo e passarci tempo insieme.
Che poi in quei momenti fosse solo Will a parlare, riempiendo il silenzio con battute e sorrisi, era tutto un altro discorso.
Ma Nico non lo mandava via, e a Will andava bene così.
Quando alla fine del ricovero Nico lo aveva salutato con un "A domani, Solace" Will aveva preso quelle parole alla lettera.
Il giorno dopo il figlio di Apollo si era presentato alle otto di mattina davanti alla cabina di Ade per un 'controllo di routine'.
Inutile dire che Nico gli abbia sbattuto la porta in faccia ringhiando di passare a mezzogiorno.
Fu quello che Will fece. 
Ad ora di pranzo stava di nuovo bussando ritmicamente alla porta della cabina 13.
Quando il figlio di Ade aprí la porta con il suo solito sguardo omicida che faceva tremare tutti gli altri semidei, Jason e Percy compresi, Will non batté ciglio.
Anzi, lo trovò adorabile.
"Cazzo vuoi Solace?"
Will aggrottò la fronte, confuso da quegli strani suoni.
Aveva detto qualcosa e il suo nome, ma cosa?
"Eh?" Riuscì a dire.
Nico strinse gli occhi in due fessure, ma fece un profondo respiro e si chiuse la porta alle spalle.
Indossava una maglietta nera, il suo giubbotto da aviatore e pantaloni lunghi rigorosamente scuri. 
Come facesse a stare vestito così a settembre, Will se lo chiedeva ogni giorno.
"Cosa c'è." Ripeté Nico.
"È ora di pranzo." Disse Will sorridendo felice. 
Dai capelli sparati in aria e il segno del cuscino sulla guancia del figlio di Ade, Will poté capire facilmente che il più piccolo si era appena svegliato.
Nico grugnì, ma si fece accompagnare da Will fino alla mensa lasciandolo parlare a macchinetta per tutto il tragitto e separandosi davanti al tavolo di Apollo, mentre Nico raggiungeva Percy e Jason, che su concessione speciale di Chirone e del Signor D avevano ottenuto un tavolo unico per i figli dei pezzi grossi.
Will mangiò in silenzio il suo hamburger. Cos'era quello che aveva detto prima Nico? Spagnolo? 
Quella fu la prima volta che Will rimase senza parole.
"Austin." Chiamò il fratello mentre masticava.
"Tu conosci il portoghese?" 
Il fratello scosse la testa "Perché dovrei conoscere il portoghese, Willow?"
Will fece una smorfia "Non so... Non importa." 
Austin rise per la faccia del fratello, per poi tuffarsi nel proprio piatto di carne.
Will decise che avrebbe dovuto scoprire di più riguardo a quel ragazzo a prima vista tenebroso che in poco tempo gli era entrato nel cuore.
Così, conscio della propria fantasmagorica capacità di agire di soppiatto e fare lo stalker pari a zero, decise che sarebbe stato meglio approfondire la conoscenza del piccolo figlio di Ade parlandoci. 
Perché se c'era una cosa che sapeva fare era proprio parlare e far chiacchierare le persone.

Trovò il figlio di Ade sulla parete di arrampicata insieme ad alcuni figli di Ares.
Il figlio di Ade stava concordando con Clarisse la penitenza che avrebbe dovuto scontare chi dei due fosse arrivato in cima per secondo.
"Nico!" Will si fermò davanti ai due, appoggiando le mani sulle proprie ginocchia per prendere fiato.
"Cosa c'è, Solace?" Chiese Clarisse sbuffando, mentre si infilava i guanti.
"Voglio passare del tempo con Nico!" Trillò Will.
Il figlio di Ade fece una smorfia, guardando la parete di roccia.
"Dovrei arrivare in cima, prima." 
"In cima? È pericoloso!"
Will gli arpionò le spalle con le mani, non curandosi dell'occhiata di fuoco che Nico gli stava mandando.
"Non puoi rischiare la vita!" 
Nico alzò gli occhi al cielo "Solace, se non mi lasci immediatamente ti ritroverai con le tue stesse mani da ricucire." 
Will ritirò le braccia e le strinse dietro la schiena facendo anche un passo indietro. 
"Ehm... preferirei di no."
Nico si infilò i guanti e fece un segno affermativo a Clarisse. 
"Visto che sei qui fai da giudice imparziale." 
Così Will passò il pomeriggio a guardare Nico e i figli di Ares arrampicarsi sulla parete, trattenendo un urlo quando iniziò a fuoriuscire la lava e a colare proprio verso il figlio di Ade.
Ma, finita la sfida e dopo aver stabilito che era proprio Nico ad essere il primo arrivato in cima, Will ottenne il resto del pomeriggio insieme al figlio di Ade.

Will parlò per quasi tutto il tempo costruendo un monologo su quanto gli piacesse l'idea di poter andare a fare il dottore, un giorno. E Nico ascoltava, paziente, senza mai dirgli di chiudere il becco o andarsene perché stufo di tutto quel chiacchierare.
Cercò anche di nascondere una risata, quando Will inciampò su un sasso ruzzolando a terra.

Da quel giorno Will e Nico passavano insieme molto tempo passeggiando, in infermeria, sulla spiaggia (solamente di sera quando il sole era basso e non avrebbe potuto scottare la pelle pallida di Nico) e, a volte, perfino nell'arena, dove Nico aveva ottenuto l'immenso piacere di insegnare a Will le basi della scherma.
Più il tempo passava, più Nico si apriva con il figlio di Apollo.
Piano piano i monologhi del biondo vennero sostituiti da lunghe domande e risposte monosillabiche, per poi diventare vere e proprie conversazioni, anche se brevi.
Occasionalmente, poi, Nico gli raccontava qualcosa su se stesso, solamente perché ormai di Will sapeva tutto e avevano finito gli argomenti di cui parlare.
Non certo perché con il figlio di Apollo si sentiva in sintonia, nossignore.
Era solo un ragazzo che lo aveva preso in simpatia e, siccome Nico era una persona relativamente educata, non voleva gridargli di andare via e mantenere una distanza di sicurezza.
Così Will venne a conoscenza che Nico era stato chiuso nell'hotel Lotus fino a pochi anni prima, e che era nato negli anni '40, nientemeno che a Venezia.
Venezia, che scoprí poco dopo essere in Italia.
Ecco scoperto il mistero dei suoni strani; niente spagnolo né portoghese insomma.
In pochi giorni Will decise che si, al campo adorava un sacco di cose, ma quel ragazzo più piccolo (o grande?) di lui le aveva superate tutte.
Se poi aggiungiamo che ogni tanto, durante le loro conversazioni, Nico si lasciava scappare qualche frase o parola in italiano, era ancora più adorabile. 
Da quel momento Will aspettava con impazienza qualche gaffe di Nico, che si lasciava scappare commenti nella sua lingua madre. 
Will adorava quando Nico parlava italiano, anche se era sicuro che la maggior parte delle volte lo faceva per prenderlo in giro.
Ma quelle parole per Will senza significato avevano un suono magico, se uscivano dalle labbra pallide di Nico.
Il problema era solo sapere cosa significavano.

Una sera Nico gli fece una domanda che lo fece pensare per due intere settimane, senza nemmeno dormire bene, per riuscire a trovare un modo per far sorridere il figlio di Ade.
"Will." Lo chiamò Nico risvegliandolo dal proprio dormiveglia.
I due erano distesi sull'erba a guardare le nuvole.
"Mhmm?" 
Will rotolò su un lato per guardare il viso del figlio di Ade.
"Ti manca mai casa?" Nico continuava a guardare le nuvole muoversi nel cielo, portate in giro dal vento.
"Beh, certe volte mi manca mamma ma... io considero questa la mia casa." Rispose Will portandosi un braccio sotto la testa per stare più comodo.
Nico sospirò.
"Dico... non ti mancano mai i sapori di casa, l'atmosfera, le persone?" 
Will si appoggiò al gomito, per alzare il busto e guardare negli occhi il moro.
"A te manca?" 
Nico alzò le spalle, incrociando le braccia al petto. "Mi manca Bianca, il ricordo delle lasagne della mamma, il profumo del cibo che cucinava al pranzo della domenica..." 
Will annuì e si distese di nuovo al suo fianco, pensieroso. 
"Credo che mi manchi il profumo di casa." Disse Nico prima di alzarsi a sedere, rimettersi la giacca da aviatore sulle spalle e raggiungere Jason che lo chiamava per allenarsi con la spada.
E Will rimase lì, pensieroso, cercando un modo per far sparire quello sguardo malinconico al suo amico.
Beh, a quella persona speciale non meglio etichettabile (ancora) che in quelle settimane aveva trovato un posto speciale nel suo cuore.

I giorni passarono, Will e Nico continuavano a vedersi, Will lo convinse pure a fare un giro sulla canoa nel laghetto, ma nessuno dei due ritirò più fuori l'argomento casa.
Almeno finché un giorno Will si sedette davanti a Percy e Jason, proprio di fianco a Nico, nel tavolo su cui un figlio di Apollo proprio non poteva stare. 
"Cosa fai, idiota." Sussultò Nico quando Will si lasciò cadere di peso sulla panca al suo fianco.
"Non puoi stare qui, lo sai." Continuò in inglese.
Will si strinse nelle spalle.
"Ti porto fuori a cena." Annunciò a gran voce.
Vide con la coda dell'occhio Percy e Jason che si lanciavano sguardi strani tra loro, molto da pazzi inquietanti.
"A cena." Ripetè Nico.
"Già. Ho già chiesto a Chirone." Sottolineò il figlio di Apollo.
Il centauro fece un segno con la mano, come per affermare quelle parole.
E lì Nico si accorse che nell'intera mensa era sceso un silenzio di Tomba.
Deglutì. 
"Dove?" 
Will aggrottò le sopracciglia, non capendo.
Aveva notato che quando Nico era nervoso tendeva adorabilmente a tornare alla sua lingua madre. 
Forse avrebbe dovuto prendere lezioni di italiano, per farlo felice e poter conversare in quella lingua tanto stana quanto ormai familiare, anche se non ci capiva niente.
"Cosa?" 
Nico arrossì, rendendosi conto di non aver parlato in inglese. 
"Dove vuoi andare, Solace?" 
Will gli fece l'occhiolino. "Oh, è una sorpresa." 
Quelle parole avrebbero dovuto fargli suonare un campanello d'allarme, Nico lo sapeva.
Perché Will Solace, per quanto maledettamente carino e gentile potesse essere, non era propio una cima quando non si parlava di cose mediche.
Gia, avrebbe proprio dovuto dire di no.
E invece, eccolo lì a fissare l'insegna rossa bianca e verde del ristorante in cui Will aveva prenotato.
"Da Mario." Lesse l'insegna.

Will annuì contento. "Profumo di casa, avevi detto." 
Nico boccheggiò, realizzando che quel cretino di un figlio di Apollo aveva preso alla lettera il suo commento dell'unica conversazione veramente seria dell'ultimo mese che avevano fatto. 
"Will non c'è bisogno che tu..." iniziò Nico, conscio di cosa poteva rischiare entrando in un ristorante italiano in America. 
Ci aveva provato una volta, per mangiare una pizza vera e prenderne una per il sacrificio ai morti, ma poi aveva optato per il Mc Donald. Molto meglio, in confronto.
Già la vista del locale gli faceva male agli occhi, visto che sembrava una bandiera italiana vomitata a caso su tavoli e vetrine. 
Il nome, poi, aveva un che di troppo tipico e stereotipato.

Cercò Will con lo sguardo e lo trovò a metà tra entrata e uscita, tenendogli la porta aperta.
"Forza!" Lo incitò.
"Speriamo bene." Borbottò il figlio di Ade entrando nel locale.
Non si sorprese molto quando vide che anche all'interno i colori della bandiera italiana erano gli unici a spiccare tra sedie, tavoli e tovaglie.
"Buongiorno." Lo accolse un cameriere con un accento che Nico conosceva.
"Avete prenotato?" Chiese poi a Will.
"Si, Will Solace." Disse il biondo con un gran sorriso verso il cameriere. 
Anche il cameriere sorrise, in un modo troppo ammiccante per i gusti di Nico, e gli disse di seguirlo al tavolo.
Mentre passavano davanti al pizzaiolo, anche lui giovane, il cameriere disse a gran voce verso il ragazzo dietro al bancone. 
"Carino il biondo, eh?" 
Nico strinse gli occhi cercando di non tirargli un pugno sul naso, notando poi il ragazzo delle pizze annuire e sorridergli salutandolo con la mano.
"Ecco il vostro tavolo." Disse il cameriere fermandosi davanti a un tavolino rosso e bianco.
"Torno tra poco con i menù." Aggiunse prima di dileguarsi, lanciando un'occhiata un po' troppo lunga al figlio di Apollo.
"Gentile, vero?" Chiese Will sedendosi al proprio posto.
Nico alzò le sopracciglia, scettico, per poi sfilarsi la giacca e appoggiarla sulle spalle della sedia.
"Will." Lo chiamò piano.
Il figlio di Apollo lo guardò curioso.
"Perché mi hai portato qui?" Chiese.
Will gli sorrise "Hai detto che ti mancava casa e ho pensato che fosse la cosa più vicina all'Italia che potessi avere." 
Nico giocherellò con l'anello che portava al dito. 
"Voglio dire... fai questo per tutti gli amici? Perché noi siamo amici, giusto?" Abbassò gli occhi.
Will rimase in silenzio per alcuni secondi, fece per aprire bocca ma il cameriere si presentò davanti a loro con due menù. 
"Ecco qui, volete qualcosa da bere, intanto?" 
Chiese verso Will. 
Il figlio di Apollo si riscosse e annuì "Dell'acqua, intanto. A te va bene?" 
Nico annuì. 
Will aspettò che il cameriere sparisse di nuovo per parlare mentre giocherellava con il menù.
"Beh certo che siamo..." tentennò.
"Tu sei... sei diverso. Sei Nico, sei speciale, ecco."
"Vuoi dire che non siamo amici?" Chiese Nico con voce lugubre.
"No! Non intendevo questo." Si agitò il biondo. "Voglio dire che ti considero più... più di un amico, Death boy." 
Will si guardò intorno, sempre più nervoso. Ma Nico non lo stava fermando né gli aveva intimato di chiudere la bocca, quindi forse poteva continuare.
E forse non gli avrebbe tirato un pugno in faccia a discorso finito.
"Credo tu abbia capito che non mi piacciono le ragazze, non so se tu sia interessato a me ma... io sono interessato a te." 
Finí la frase masticando le ultime parole, ma il figlio di Ade aveva capito benissimo.
Nico spalancò gli occhi, rosso in viso, a quella frase così diretta.
"Tu..." 
"Ecco l'acqua." Il ragazzo di prima aveva un tempismo del cavolo, in fatto di arrivare e scomparire durante le loro conversazioni.
"Cosa ti porto, bellezza?" Chiese a Will. 
Nico strinse la tovaglia tra le mani, conscio che quel ragazzo dalla dubbia provenienza del sud Italia, probabilmente aveva pure un accento falso, ci stava decisamente provando con il suo...
Cos'era diventato Will? Una amico? No, ormai era appurato che i due non fossero solo amici ma, non sapeva bene come definirlo, persona speciale bastava?
"Questi spaghedi bolonise, grazie." Disse Will arrancando sulla pronuncia del piatto.
Il cameriere rise "Si dice spaghetti alla bolognese, dolcezza." 
Will gli sorrise, non capendo cosa aveva detto il ragazzo.
"Lasagne." Si intromise Nico, guardando male il tipo. 
Il cameriere annuì, guardò di nuovo il biondo e andò a riferire allo chef.
"Cosa mi ha detto?" Chiese Will a Nico.
Il figlio di Ade si strinse nelle spalle. "Niente." 
Ancorò gli occhi di Will con i suoi, decidendo poi che era stata una cattiva idea e abbassando lo sguardo. 
"Riguardo a prima..." iniziò il figlio di Apollo.
"Ti sono indifferente?" Chiese. 
Fantastico. Altra domanda diretta. Che gioia.
"Mi piaci." Farfugliò diventando rosso come la tovaglia "Da un po'."
Will, che era sicuro Nico avesse detto qualcosa di importante, si maledí per non aver preso lezioni di italiano in quelle due settimane.
"Nico, mi dispiace ma non ho capito nulla." Gli disse lui con voce dolce.
"Oh." Nico arrossì ancora più di prima così Will, che stupido non era poi del tutto, gli prese la mano da sotto il tavolo. 
Nico tremó ma non si ritrasse, non gli schiaffò nemmeno la mano né gli tirò nessun calcio.
"Mi piaci, Nico." Scandì Will. "E credo di piacere a te, o mi sbaglio?" Decise di rendere facile la risposta al moro, perché un si o un no (soprattutto il no) erano più o meno simili sia in italiano che in inglese.
Nico scosse la testa, stringendo la mano di Will.
E Will pensò che Nico, al di là del suo aspetto tenebroso e terrorizzante, fosse la creatura più dolce dell'universo.
"Vuoi... vorresti essere il mio ragazzo?" Continuò il figlio di Apollo.
Senti la mano di Nico irrigidirsi nella sua, poi però si rilassò.
"Preferirei persona speciale." Borbottò alzando lo sguardo.
Will sorrise raggiante, fece per alzarsi ma il cameriere spuntò da dietro il bancone con i due piatti fumanti.
"Ecco qui, tesoro." Disse ammiccando a Will.

Mai, e dico mai, il figlio di Apollo aveva mai visto un cambio di espressione e comportamento tanto veloci nel figlio di Ade.
Nico tornò al suo colorito naturale, gli occhi che se avessero potuto avrebbero ucciso a vista, lasciò la mano di Will per portarla sul tavolo mettendo in mostra l'anello con il teschio e iniziò a tamburellare le dita sul tavolo.
Dei, quella tovaglia era disgustosamente troppo colorata.
"Solo per informazione" cominciò Nico guardando il cameriere. "Non ci stai provando con il mio ragazzo, vero? Perché sai, sono una persona pericolosa." Disse tranquillamente ma con voce tagliente.
"Oppure chiamate tesoro, dolcezza e flirtate con tutti, qui dentro?"
Il ragazzo raggelò sul posto, quando incrociò gli occhi del figlio di Ade.
"Io..."
Nico socchiuse gli occhi, incrociando le braccia "Se avremo bisogno di qualcosa manderai qui un tuo collega etero, grazie." Finí il moro con voce glaciale.
Il cameriere annuì, troppo spaventato da quegli occhi neri e imbarazzato dalla figuraccia appena fatta, camminò all'indietro mentre Nico continuava a fissarlo, fino ad arrivare alla postazione del pizzaiolo che aveva assistito alla scena ridendo. 
"Cosa...? Cosa gli hai detto?" Chiese Will assaggiando gli spaghetti che, doveva ammettere erano davvero buoni.
"Semplicemente di togliersi dalle palle." Disse Nico prendendo la forchetta.
"Mi è sembrata una conversazione più lunga." Obbiettò Will.
"Il succo era questo." 
Will rise pensando che si, avrebbe dovuto prendere lezioni per poter capire la sua personcina speciale fino in fondo.
Nico mangiò le lasagne che (bleah, Will non portarmi mai più in una brutta copia di un ristorante italiano) non voleva ammettere fossero pure buone, ma mai lo avrebbe detto ad alta voce per non tornare in quel ristorante di stupratori seriali.
Alla cassa, poi, il padrone del ristorante gli fece il conto e dopo aver pagato, Nico si lasciò sfuggire un "Se fossi in lei controllerei che i miei camerieri non flirtino con i clienti."
Lasciando l'uomo a bocca aperta e facendo ridere Will dopo avergli spiegato il significato delle proprie parole.

Quella sera, quando Will accompagnò il figlio di Ade alla sua cabina, entrambi erano leggermente nervosi, all'idea di doversi salutare.
Will lasciò la mano di Nico solo per potersi togliere la giacca della personcina speciale lì accanto dalle spalle e riconsegnargliela.
"Allora... buona notte, persona speciale." Gli sorrise.
Nico deglutì, imbarazzato, mentre Will si avvicinava pericolosamente al suo viso.
"Dovrei fermarmi?" Chiese piano il figlio di Apollo a qualche centimetro dalle sue labbra.
Nico non rispose e Will lo interpretò come un permesso a baciarlo.
Le lebbra di Nico erano fresche e morbide, pensò Will.
Quando si staccarono Nico era rosso in volto, ma sorrideva.
"Io..." balbettò il figlio di Ade. "Ti amo." Disse prima di sparire nella propria cabina e sbattergli la porta in faccia.
Will rimase sbigottito, aveva davvero risposto al bacio? 
Felice, si incamminò verso la cabina 7 sorridendo e canticchiando.
A metà strada si bloccò. Cosa gli aveva detto Nico prima di sparire nella casa 13? 
Ti amo, che voleva dire? 
Will scosse la testa, sicuro che fosse una cosa importante, visto il grado di rossore sulle guance del più piccolo.
"Austin!" Chiamò Will a gran voce sbattendo la porta della cabina producendo un gran baccano.
A chi importava fossero le undici e quaranta di sera? 
Austin boccheggiò svegliandosi di soprassalto, così come tutti i fratelli e sorelle che stavano beatamente dormendo.
"Che c'è, Willow?"
Will corse dal fratello, con un'espressione da pazzo, perché adorava quando Nico gli parlava in italiano, ma forse sarebbe stato meglio masticare qualche parola tipica, così tanto per evenienza. 
Conoscendolo, Nico avrebbe potuto dichiarargli il suo amore da un momento all'altro e lui non ci sarebbe nemmeno arrivato. 
Mica lo sapeva, lui, l'italiano.
Cosa diamine voleva dire ti amo? Buonanotte?
"Conosci qualcuno che parla italiano?"

 

   
 
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