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Autore: Blackberry23    25/07/2020    4 recensioni
Ichigo aveva capito che poteva farcela benissimo da sola e che non aveva bisogno di lui. Non le serviva un uomo che decidesse ogni aspetto della sua vita, non voleva diventare una semplice casalinga come sua madre. Così, il “per sempre” le era sembrato una minaccia. E aveva osato: aveva rifiutato la sua proposta di matrimonio, lasciandolo. A nulla erano valse le sue proteste, lei era stata irremovibile. Era cresciuta. E aveva voglia di ricominciare a vivere.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Pianeta Terra, diciassette anni prima


 
Alouette, gentille alouette, alouette, je te plumerai...
In un caldo pomeriggio di sole, sotto l’occhio vigile della bambinaia, la piccola Minto giocava allegramente alla corda nel giardino di Villa Aizawa, canticchiando una filastrocca per darsi il ritmo.
Alouette, gentille alouette...
Ad un tratto, Minto vide la madre uscire frettolosamente dalla porta di casa. La bambina smise subito di saltare e, con un gran sorriso, trotterellò verso di lei.
Maman, maman!
Ma puce! Cosa c’è di così urgente?
– Vuoi giocare con me?
– Tesoro, non ho tempo. Ho una riunione d’emergenza tra trenta minuti.
– Oh... anche di sabato... – fece la bimba, rabbuiandosi in volto. Il suo sguardo si posò tristemente sulla Rolls-Royce nera appena arrivata nel vialetto. L’autista della famiglia Aizawa, il signor Takamura, scese velocemente dalla macchina e, dopo un breve inchino, aprì la portiera.
– Però stasera andiamo a vedere “La bella addormentata” come mi avevi promesso, vero? – chiese speranzosa.
– Minto... mi sa che stasera tornerò tardi...
– Ma me l’avevi promesso!
– Oh, ma puce, ma puce... non sai quanto mi dispiace! Mi farò perdonare... te lo prometto! – esclamò la donna, chinandosi ad abbracciare la figlia. Dopo averla baciata sulla fronte, aggiunse: – Questa sera sarà la tua governante ad accompagnarti a vedere il balletto a teatro. E domani mi racconterai tutto, d’accordo? Sono sicura che vi divertirete moltissimo!
Sorridendo alla sua bambina, la signora Aizawa salì in macchina e l’autista chiuse la portiera.
– Non faccia il musino, signorina. Sua madre è molto impegnata al lavoro, ma è veramente dispiaciuta di doversi assentare – disse la governante, mentre Minto guardava l’automobile allontanarsi.
– Sono sempre tutti molto impegnati e non hanno mai tempo per stare con me… – mormorò la bimba.
– Il lavoro è importante, signorina! Si fanno sacrifici per chi si ama: lo capirà da grande. Su, torni a giocare!  
Minto riprese il gioco della corda. Spiccava salti talmente leggeri che sembrava che volasse come un uccellino.
Alouette, gentille alouette...
Come le sarebbe piaciuto volare nell’infinito del cielo azzurro! Che sfortuna non avere un paio d’ali! Con le ali, avrebbe raggiunto facilmente gli uffici dei suoi genitori. Con le ali, si sarebbe posata sul davanzale della finestra di suo fratello, per fargli compagnia mentre studiava. Con le ali…
– Signorina, è l’ora del tè!
 

Pianeta degli alieni, presente


 
– Signorina, è l’ora del tè!
Minto si voltò di scatto. Era immersa nei ricordi e non si era resa conto che Cardamome aveva bussato alla porta della sua camera per servirle il tè pomeridiano.
– Prego, entri pure!
Dopo aver varcato la soglia, lo scienziato le rivolse un sorriso imbarazzato e posò il vassoio sul tavolino al centro della stanza. Minto ricambiò il sorriso e si avvicinò con la carrozzina, facendo arrossire l’alieno.
– Grazie. Lei è sempre così gentile con me.
– Oh… si figuri!
– E io le ho tirato dietro un ciondolo e un traduttore automatico. Che bel modo che ho di ricambiare la sua gentilezza! – esclamò la ragazza con una risatina amara, scuotendo la testa. Dopodiché continuò: – Mi dispiace tanto. Mi creda, non so cosa mi sia preso. Chissà che brutta opinione deve avere su di me…
– Oh no, io… io non… insomma, sono cose che capitano! Non parliamone più! – fece l’alieno, versandole il tè nella tazza.
Minto disse con dolcezza: – Lei è un vero tesoro.
Il viso di Cardamome diventò di una sfumatura molto scura di rosso.
– Limonelatteozucchero? – chiese tutto d’un fiato, troppo imbarazzato per respirare.
– Limone, grazie – rispose lei, con un gran sorriso. Prima che l’alieno che aveva di fronte svenisse dall’emozione, aggiunse: – La prego, mi faccia compagnia. La consideri un’offerta di pace!
– V… vol… volentieri, signorina… – accettò lo scienziato, aggiustandosi gli occhiali e porgendole la tazza con mano tremante. Dopo aver materializzato un’altra tazza, un piattino, un cucchiaino e una sedia, l’extraterrestre si accomodò e si versò a sua volta la bevanda.
– Mi ha perdonata per averle lanciato addosso la spilla e il congegno quando ci siamo conosciuti, ma vorrei scusarmi di nuovo anche per come mi sono comportata l’altro giorno in lab…
– No – la interruppe lui con decisione, fissandola con i suoi limpidi occhi verdi. Poi spostò subito lo sguardo sul pavimento e proseguì, balbettando: – M… m… mi scusi, ma… ma… ma… – deglutì – ma aveva assolutamente ragione ad essere arrabbiata. Non deve scusarsi con me, non la biasimo affatto per come ha reagito. A… a dire il vero, sono… sono rimasto impressionato…
– Impressionato per la nuova Acqua Mew ad effetto temporaneo? O per tutto il caos che ho creato?
– Beh… per… per entrambe le cose.
Minto bevve un sorso di tè.
– Siete riusciti a isolare il campione?
Allo scienziato brillarono gli occhi.
– Sì, ci siamo riusciti. Anche se l’effetto non è permanente, è certamente un notevole passo avanti nelle nostre ricerche. Abbiamo prodotto la sostanza in questione in grandi quantità, per studiarla meglio. Da quando abbiamo scoperto che c’è una spia, è tutto più difficile, ma… siamo ottimisti. Speriamo di raggiungere presto risultati più duraturi e soddisfacenti.
– Lo spero anch’io, Cardamome, lo spero anch’io… e ritiro quello che ho detto giorni fa… – disse lentamente Minto. Tacque per qualche istante, poi aggiunse, avvicinandosi leggermente all’alieno: – Vede, la mia compagna di stanza, la mia amica Purin, non vuole più allontanarsi dal reparto dove è ricoverato Taruto Ikisatashi. Ora che è peggiorato, salvarlo è una corsa contro il tempo. Non posso immaginare quanti altri si trovino nelle sue stesse condizioni. Se è realmente possibile sintetizzare in laboratorio un nuovo Cristallo, mi auguro che ciò accada il prima possibile.
Lo scienziato si incupì.
– Signorina, io… sono veramente dispiaciuto per quanto è successo nella sala 21, è… è… è tutta colpa mia. Era mia responsabilità vigilare su… su di voi.
– Per favore, Cardamome! Non si prenda colpe che non ha. Era un compito che spettava alle guardie. E poi, Zakuro è fatta così: si tiene tutto dentro e preferisce fare di testa sua, senza dire nulla agli altri.
– Lasciare una Mew Mew in mani nemiche non è una scelta intelligente. Immagino che il Consiglio stia… stia decidendo… a riguardo.
– Il Consiglio vuole una cura per i malati. Ricreare l’Acqua Mew è fondamentale: la vostra gente ha bisogno d’aiuto.
– Ma se… se… se riusciamo a ricrearla in laboratorio… se ci riusciamo sul serio, allora possiamo… possiamo aiutare anche...
La ragazza lo zittì posandogli delicatamente un dito sulle labbra, facendolo arrossire ancora di più.
 – Non sono in pericolo di vita. Voi scienziati dovete pensare ad aiutare il vostro popolo… – sussurrò.
Si guardarono in silenzio. Cardamome aveva le guance in fiamme. Minto allontanò la mano dal suo viso e prese un altro sorso di tè, senza staccare gli occhi dall’extraterrestre.
– Questo tè è davvero buonissimo! – esclamò, sorridendo.
L’alieno balbettò compiaciuto: – S… S… S… Sono c… c… contento che… che le piaccia, s… signorina. È tè te… terrestre!
Minto rise.
– Lei sa come farmi sentire a casa! Mi porta sempre delle bevande squisite: un giorno mi dirà dove si rifornisce!
– C… certo! – disse, sorseggiando il suo tè. Sistemandosi gli occhiali sul naso, spiegò: – I fratelli Ikisatashi ci hanno fatto conoscere molti prodotti tipici del Pianeta Azzurro. Quello che non riusciamo a riprodurre o a coltivare nelle nostre serre, viene importato dai mercanti autorizzati. Sa, hanno l’obbligo di nascondere le orecchie per… per evitare di… di dare nell’occhio: abbiamo pur sempre perso una guerra, dieci anni fa.
Schiarendosi la voce con un leggero colpo di tosse, continuò: – Anche se… non ho ben capito perché alcuni dei nostri fornitori sulla Terra indossino così tanta carta stagnola. È… è per caso… una moda?
– Carta stagn… oh… oh! Ecco… vede… sì, diciamo di sì! Una moda poco seguita, in verità… eh eh, non si preoccupi troppo, Cardamome! – commentò la ragazza con una risatina.
– Va… va bene… – disse lo scienziato, non troppo convinto. Restò a lungo in silenzio. Dopodiché, prese un respiro profondo ed esclamò: – Ho… ho… ho un’intera collezione di t… t… tè e inf… inf… infusi. Occupa molto spazio, ma non… non è molto lontana dal… dal la… la… la… laboratorio. Lei… cioè, io… c… cioè…
– Mi piacerebbe tanto vederla! Questa sera? Io sono libera: gli esperimenti sono sospesi fino a quando non avrete delle varianti più stabili della nuova sostanza. Lei, invece, è ancora obbligato a pulire i bagni, purtroppo… facciamo dopo cena? La aspetto qui! A più tardi! – fece Minto, con un sorriso radioso.
 
***​
 
Kisshu sbuffò.
Quella notte, era andato a sdraiarsi sul tetto del grattacielo più alto di Antea a guardare il cielo stellato. Per il suo popolo, ogni morto diventava una stella.
Una brezza gli accarezzò il viso.
Coing, Trèfle e Aneth erano in un altro posto. Adesso il firmamento era il loro posto. Chissà, forse lassù c’era anche Zakuro…
Senza smettere di fissare il cielo, Kisshu si passò la mano destra sul petto, dove un tempo era stato trafitto dalla spada di Deep Blue.
« Maledetto demonio! » pensò, digrignando i denti.
Perché continuava a tormentarlo attraverso i suoi seguaci? Era stato annientato per sempre, dannazione! Come poteva la sua gente venerare ancora un essere immondo, a cui importava solamente di se stesso? La libertà di culto comprendeva anche il culto del male? Era il primo a sostenere che ogni essere vivente era libero o meno di credere in qualcosa... doveva forse cambiare opinione?
Dannata setta. Dannata profezia. Dannate menzogne. Dannato Deep Blue.
Lo stava uccidendo un’altra volta.
Quale divinità poteva mai chiedere di seminare odio e di sterminare i propri simili?
« La stessa che ascoltavi tu anni fa, quando volevi far fuori tutti gli abitanti della Terra... » gli sussurrò la coscienza.
Kisshu strinse i pugni fino a farsi uscire il sangue. Si tirò velocemente su a sedere. Tremando di rabbia, si guardò le mani.
Le sue mani erano sporche di sangue.
Aveva ucciso.
Aveva visto uccidere.
Aveva conosciuto la morte.
« In nome di cosa? » si chiese.
Sul Pianeta Azzurro, aveva capito che aveva avuto torto marcio a seguire ciecamente Deep Blue. Lo aveva capito provando il dolore delle sue scelte sulla sua pelle. Quanti innocenti erano morti? Che senso aveva credere in qualcosa che lo spingeva solo a fare del male agli altri, alla sua famiglia e persino alla persona a cui teneva più della sua stessa vita?
Si era sporcato le mani.
Si era sporcato dentro.
« In nome di cosa? » si chiese un’altra volta.
E ora, dopo che aveva rifiutato il male e scelto il bene, era di nuovo costretto ad uccidere. Uccidere. Uccidere i suoi simili. Per difendersi? Per vendicarsi? Per proteggere la donna che…
Sbattendo i pugni sul tetto davanti a sé, si mise in ginocchio.
la donna che amava?
– In nome di cosa? – domandò al cielo, noncurante delle lacrime di rabbia che gli rigavano il volto.
Un urlo squarciò la notte stellata.
La sua anima era persa in tutti i modi.

***​
                                                                                                     
Zakuro si trovava in un campo di lavanda in piena fioritura. Che meraviglia! Era come se stesse nuotando in un immenso mare viola. E che profumo inebriante! Si sentiva rilassata... molto rilassata... rilassatissima! Scoppiò a ridere. Era tutto così bello!
– Zakuro!
Ma... un momento! Qualcuno la stava forse chiamando? Le era parso di sentire una voce in lontananza... mmmmm, ne sentiva così tante ultimamente... una in più, una in meno, che differenza faceva? Rise di nuovo e perse l’equilibrio.
– Ooops!
Era caduta! Che buffa! Continuando a ridere, cercò di rialzarsi ma finì per rotolare a terra.
– Cosa le avete fatto? Siete dei bastardi!
Ancora quella voce? Eppure, non vedeva nessuno: era da sola tra le ampie distese di colore viola.
– Zakuro! Zakuro, ti prego, rispondimi! – le gridò dal nulla la voce.
Che strano, le sembrava di riconoscerla. Lentamente, si alzò in piedi, per vedere meglio. Strizzando gli occhi per mettere a fuoco, notò delle sagome. Mmmmmm... proprio strano...
– Zakuro! Zakuro, sono io, mi riconosci? Per favore, guardami! Parlami, dimmi qualcosa, dimmi qualunque cosa! Svegliati, ti prego!
Svegliarsi? E perché? Era già sveglia: stava camminando felice tra la lavanda.
Però, ora che ci pensava, c’erano dei capelli biondi davanti a lei...
Liv? Is that you?
Liv? No! I’m Ryan, Ryan Shirogane! – ribatté la voce. – Zakuro, can you hear me? What happened?
Non era Liv? In effetti, non era la voce di Liv. Ma allora... chi era? Perché le era così familiare? Perché la stava disturbando? Perché non la faceva restare tra i fiori di colore viola? Che mal di testa!
Oh.
Adesso aveva capito.
Are you the banana man?
 
***​
 
Era così bella! Quando l’aveva vista per la prima volta, era rimasto senza fiato. I suoi occhioni scuri lo avevano stregato, riflettendogli le galassie dell’intero Universo. E il suo sorriso… oh, il suo sorriso!
L’alieno sospirò con aria sognante, mentre si sistemava la giacca.
Che creatura meravigliosa! Apparteneva proprio ad un altro mondo. Aveva sofferto tanto nel vederla triste. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia, consolarla e risolverle tutti i problemi. Avrebbe voluto… avrebbe voluto… avrebbe voluto baciarla.
Le guance di Cardamome si colorarono di rosso.
Che imbecille. Che grandissimo imbecille. Come osava pensare a una cosa del genere? Minto Aizawa era troppo elegante, distinta e raffinata per uno come lui. Non avrebbe mai baciato un insulso topo di biblioteca, un quattrocchi impacciato, uno scienziato senza gloria costretto a pulire per punizione i bagni del Palazzo del Consiglio. Non aveva neppure un cognome, per via delle sue umili origini. Ooooh, se solo fosse stato più alto, bello, forte e coraggioso…
L’extraterrestre sospirò nuovamente, sistemandosi la giacca per l’ennesima volta.
Prima non era riuscito a finire di parlare a causa delle sue emozioni, ma avrebbe voluto dirle che intendeva regalarle la sua collezione di tè e infusi, non solo mostrargliela. Tuttavia… lei gli aveva dato un appuntamento! Un appuntamento! Minto Aizawa gli aveva dato un appuntamento!
Il cuore gli batté forte.
Gli aveva sorriso… gli aveva sorriso! Oh, come era dolce il suo sorriso! Poteva… poteva forse sperare?
Cardamome bussò alla porta della ragazza.
– Avanti! – cinguettò Minto con voce melodiosa.
Lo scienziato entrò e vide la sua adorata di spalle, intenta a spazzolarsi i capelli di fronte ad uno specchio.
– Si accomodi, ho quasi finito! – disse senza voltarsi, ma guardandolo dallo specchio.
– Gra… gra… grazie! – fece lui, imbarazzato.
Minto riprese a spazzolarsi i capelli, canticchiando un motivetto.
Alouette, gentille alouette, alouette, je te plumerai. Je te plumerai la tête, je te plumerai la tête
Con un ultimo colpo di spazzola, buttò i capelli all’indietro a formare una curva nera come l’ala di un corvo e poi li raccolse in uno chignon dietro la nuca. Dopodiché, prendendo uno scialle rosso appoggiato su una sedia, si girò ed esclamò: – Ecco, sono pronta. Possiamo andare!
Cardamome deglutì sonoramente.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Come era bella! Anche lei si era cambiata d’abito: ora indossava un elegante tubino nero rallegrato dal coprispalle rosso. Oh, come era bella! Con i suoi occhi luccicanti che le illuminavano il volto dall’ovale perfetto, con le sue lunghe ciglia naturalmente arcuate, con la sua pelle diafana e…
Rendendosi conto che la stava fissando inebetito da troppo tempo, l’alieno si alzò in piedi e balbettò, tenendole aperta la porta: – Pre… prego, da… da… da… da quest… quest… questa parte!
La ragazza lo ringraziò e diede una spinta alle ruote della carrozzina, uscendo.
Che imbecille! Non le aveva fatto nessun complimento!
Mentre si dirigevano verso la loro destinazione, cercò di rimediare, farfugliando nervosamente: – Bel… bel… bel vestito…
– Oh, grazie! Ma, come sa, non è mio: siete voi alieni a fornirci tutto.
L’extraterrestre si sentì avvampare.
Imbecille!
– Anche il suo abbigliamento è molto interessante… – disse Minto, sorridendo.
Sotto la giacca di pelle sintetica, aveva messo una maglietta terrestre con la scritta “I ❤ UFO”.
– Grazie… – mormorò, con un sorriso timido.
Ci aveva azzeccato! Le mode del Pianeta Azzurro non avevano più segreti per lui!
Ad un certo punto, Minto riprese distrattamente a cantare la melodia di prima.
– Canta molto bene. Ha… ha… ha preso lezioni di canto? – le chiese, schiarendosi la voce.
– Sì, quando ero una bambina. Ma ho smesso presto e mi sono dedicata interamente alla danza – rispose. Poi precisò: – Danza classica, ovviamente. Dove non esiste il dolore, ma solo la disciplina.
– Si… si allenava tanto?
– Incessantemente.
– Come i nostri guerrieri, quindi.
Minto scoppiò a ridere.
– E lei? Sa cantare?
Cardamome arrossì violentemente.
– Sono… sono stonato come una campana. Ma mi piace tanto la musica, anche quella terrestre! E un giorno… un giorno imparerò a suonare uno strumento. Anche se lo dico sempre e non lo faccio mai…
La ragazza gli sorrise e lui si sentì mancare.
Facendosi coraggio, l’alieno continuò: – È… è… è una canzone del… del momento?
– È una canzoncina per bambini!
– Oh. È… è molto carina… la canzone. C… cioè, anche lei… cioè lei… lei è…
Deglutì vistosamente.
– … è arrivata! Cioè, noi siamo… siamo arrivati, signorina! Eccoci qua! La mia collezione si trova in questo magazzino!
Dandosi nuovamente dell’imbecille, Cardamome fece apparire il suo tablet dallo schermo verde e vi digitò sopra un codice segreto. La porta del magazzino si aprì con un clic.
– Questo è una specie di passepartout, come dite voi sulla Terra… – spiegò, con voce bassa. – È una mia piccola invenzione che, tra le altre cose, dà accesso a tutto: se inserisco un’unica combinazione speciale, mi permette di entrare in ogni stanza del Palazzo del Consiglio e di evitare qualsiasi scanner digitale e facciale. Uso questa funzione solamente quando… quando non mi ricordo i vari codici… ce ne sono così tanti, a volte mi confondo…
Vedendo lo sguardo sbalordito di Minto, si affrettò ad aggiungere: – Naturalmente, lo proteggo con la mia stessa vita! Ce l’ho solo io, è unico nel suo genere… e cambio il codice tutti i giorni, per sicurezza!
– Lei è… è pieno di sorprese, Cardamome. Immagino… immagino sia molto difficile creare un dispositivo del genere.
– Beh… sa com’è… dopo tanti anni di studio… – borbottò imbarazzato, – … ma la prego, entri!
L’espressione della ragazza alla vista della sua collezione era impagabile. Oh, che creatura stupenda! Con i suoi capelli corvini, con il suo nasino così…
– Non ci posso credere! Non ho mai visto tanti tè e infusi in vita mia!
– Le… le piace?
– È meraviglioso! Su questi scaffali ci saranno migliaia di confezioni, di non so quante varietà!
– Per la precisione, 12500 varietà di tè e 300 tipi di infusi.
– Accipicchia! E quello è… il Da Hong Pao!
– Sì… sì, è così. Questo invece è lo Zhu Cha.
– Caspita! È una collezione davvero fantastica!
– È… è tutta sua. Se… se le fa piacere, posso… posso darle il codice di questa stanza, non appena… non appena mi ricordo qual è…
A quelle parole, Minto gli regalò il sorriso più affascinante che avesse mai visto.
– Oh, Cardamome! Grazie, grazie! Lei non sa quanto mi rende felice!
Lo scienziato provò improvvisamente molto caldo.
– Per… per così poco…
– È il più bel regalo che mi abbiano mai fatto! Grazie! – disse Minto, posando la mano sulla sua.
Cardamome si sentì vacillare.
– Ma… si sente bene? Forse qui dentro fa un po’ troppo caldo, è meglio se usciamo… – esclamò la ragazza, togliendosi con delicatezza il coprispalle sotto lo sguardo rapito del suo accompagnatore.
Prima di fare una terribile figuraccia, l’alieno le spinse la sedia a rotelle fuori dal magazzino.
– Già… caldo… fa molto caldo…
Per alcuni minuti, percorsero in silenzio i lunghi corridoi dell’edificio.
Come era bella lei! E come era imbecille lui! Oh, se solo fosse stato…
– Mi dica, Cardamome: da quanto tempo lavora qui? – chiese Minto, distogliendolo dai suoi pensieri.
– Da circa tre anni, signorina.
– Allora conosce bene gli altri scienziati. Chi crede che possa fare il doppio gioco?
– Tra di loro? Oh, io non… non… non penso che la spia sia da ricercare tra di loro. Lavorano tutti duramente per il bene del nostro popolo!
– Ah sì? E di lei che mi dice? Cosa combina con il suo tablet?
– Signorina! – esclamò esterrefatto, guardandola negli occhi. – Non farei mai del male a nessuna di voi! Non potrei mai alterare gli esperimenti, né tantomeno passare informazioni a…
Una risata cristallina lo interruppe.
– Oh, mio caro Cardamome! Stavo scherzando! Ho piena fiducia in lei.
– Le… le assicuro che… che nessuno del mio team crede alle fandonie dell’Alto Sacerdote. Non vediamo più Deep Blue come una divinità – disse con voce seria. Poi continuò: – Non condividiamo tutte le decisioni del Consiglio, ma mi creda, nessuno di noi scienziati ha a che fare con i ribelli.
– Se ne è così sicuro…
Cardamome si morse le labbra.
– Venga con me.
Spingendole la carrozzina, la condusse velocemente al laboratorio. A quell’ora era vuoto. Non c’era bisogno del passepartout per entrare: ricordava bene quel codice, così come quello della sala 21. Una volta fatti i riconoscimenti digitali e facciali, l’alieno mostrò a Minto la sua postazione di lavoro. Sul tavolo c’era un po’ di confusione: oltre al computer, c’erano fogli sparsi qua e là, siringhe, libri, garze, cacciaviti, anestetici, antibiotici, provette e alambicchi vari. Sgomberò rapidamente il tavolo e vi posò sopra il tablet: quello strumento avrebbe tradotto per Minto i dati non secretati contenuti sul suo computer.
– Qui può leggere i nomi di chi è entrato e uscito dal laboratorio dal giorno in cui siete arrivate – disse porgendole il tablet, dopo aver acceso il computer.
La ragazza corrucciò la fronte, concentrandosi. Facendo scorrere le pagine, mormorò: – Sembra tutto regolare. Voi scienziati, noi Mew Mew e… la lista dei militari che ci hanno accompagnate, giusto?
– Sì, signorina.
– Anche Pai e Kisshu sono stati qui dentro!
– È così. Sono autorizzati anche loro, naturalmente.
– Aspetti un momento: questo è l’ultimo accesso di oggi, no? Figura solo il suo nome… mi faccia indovinare: io non risulto perché sono… perché è su di me che vengono fatti gli esperimenti. A me e alle altre non è mai stato chiesto di inserire un codice o di fare uno scanner digitale per entrare.
Cardamome arrossì.
– Esatto. Siamo noi scienziati ad avervi sempre inserite manualmente nel registro elettronico. Siete però… un caso speciale, per via della vostra forza vitale. Infatti, possiamo aggiungere solo voi Mew Mew a questo database. Teoricamente è impossibile falsificarlo in un’altra maniera.
– Teoricamente?
L’alieno abbassò tristemente le orecchie, in segno di sconfitta.
– Da quando ha saputo dell’esistenza di una spia, il Consiglio interroga ogni giorno tutti coloro che accedono al laboratorio, me compreso. Gli Anziani vogliono verificare le entrate e le uscite riportate nel registro. E ogni giorno, quando viene fatto il controesame attraverso i nostri DTS, sembra che nessuno di noi si sia teletrasportato o recato in luoghi sospetti. Quindi, come risulta dai nostri sistemi di sicurezza, o… o siamo tutti innocenti…
– … oppure c’è stato un sabotaggio di proporzioni gigantesche… – finì Minto, riconsegnando il tablet.
– Mi hanno detto che il monitoraggio dei DTS è stato sottoposto a controlli più stringenti perché ci sono state delle anomalie.
– Anomalie? In che senso?
– Non lo so, signorina. Non è il mio lavoro.
– Ha… ha ragione. Ha altro a cui pensare: sintetizzare il Cristallo è molto difficile e impegnativo.
– Già. Ma facciamo volentieri dei sacrifici per ciò che ci sta a cuore… – esclamò Cardamome, usando il codice passepartout per aprire uno scomparto segreto. Dentro vi erano le boccette della nuova sostanza che riproduceva per breve tempo il miracoloso potere curativo dell’Acqua Mew.
Minto si lasciò sfuggire un ansito di sorpresa.
Lo scienziato prese in mano una boccetta per mostrarla alla ragazza. Con voce rotta dall’emozione, disse: – La soluzione è qui. Tutti i sacrifici che abbiamo fatto e che faremo sono qui dentro. Siamo vicini. Questa volta siamo vicini, me lo sento.
Rimise a posto il preparato e richiuse lo scomparto.
– Ce la faremo. Manterremo la promessa che abbiamo fatto al nostro popolo. Ne sono sicuro, ce la faremo!
I loro sguardi si incontrarono, in silenzio.
Il cuore gli batteva fortissimo. Era riuscito a non balbettare per tutto quel tempo! Incredibile! E lei… lei… oh, come era bella! Si perdeva volentieri nei suoi occhi scuri e magnetici, che sembravano volerlo scrutare nel profondo dell’animo. Oh, come era bella! Con quello sguardo sicuro e vincente e… con le ali? Le erano spuntate le ali? Si era… si era emozionata? Oh, come…
Un rumore li fece trasalire.
Lo scopettone di cui si serviva per pulire! L’aveva appoggiato lì vicino ed era caduto facendo un gran baccano. Accidenti, proprio mentre si guardavano negli occhi?
Cardamome si scusò con Minto e andò subito a raccoglierlo.
– Sono… sono… sono davvero desolato! Non… non… non… non l’avevo messo nel ripostiglio del nostro laboratorio per non fare tardi, ma… ora lo faccio! Ecco… ecco, così? Ci sta? No, ovviamente no… eh eh… allora così? S… s… sì! Fatto!
Tornando dalla ragazza, notò che le ali le erano scomparse. La magia del momento era finita. Forse era stato lo spostamento d’aria provocato dal battito delle sue ali a… oh, ma che importanza aveva? Si era emozionata anche lei! Aveva le guance arrossate! Era ancora più bella così!
– Vuole… vuole bere qualcosa?
– No, grazie.
– Forse, allora… è meglio… è meglio andare?
– Forse sì. Si… si è fatto tardi…
– Mi permetta… – esclamò Cardamome, dopo aver smaterializzato il suo tablet. Spingendo delicatamente la sedia a rotelle di Minto, si avviò verso l’uscita.
– Non… non dovrebbe prima inserire il mio nome nel registro? – chiese nervosamente la ragazza.
– Domani sarò interrogato sul motivo di questa visita notturna al laboratorio. Non c’è bisogno che infastidiscano pure lei.
– Oh… oh, grazie. Lei è davvero molto gentile.
– Mi… mi promette che non dirà niente a nessuno?
– Certo, sarà il nostro piccolo segreto. Promesso.
L’alieno arrossì.
Avevano un piccolo segreto!
Ripercorsero i corridoi del Palazzo del Consiglio, silenziosi e assorti. Quando arrivarono davanti alla porta della camera di Minto, la ragazza lo ringraziò per la serata e spinse le ruote della carrozzina per entrare nella sua stanza. Ma le bloccò poco dopo.
– Cardamome?
– S… sì? – chiese incerto lui, avvicinandosi.
Minto lo afferrò per il bavero della giacca, lo tirò a sé e lo baciò sulla guancia.
– Ho fiducia nelle sue capacità e sono certa che riuscirà a salvare il suo popolo… – gli sussurrò. Dopodiché, entrò in camera, chiudendo la porta.
Cardamome rimase solo.
Sorrise, toccandosi la guancia.
Forse poteva sperare.
 
***​
 
Ryan si passò una mano sulla fronte madida di sudore.
Stava lavorando duramente alla costruzione del raggio laser per i seguaci di Deep Blue. E avrebbe lavorato anche al suo piano, se solo non fosse stato per la squadra Mew Mew.
Accidenti! Quella proprio non ci voleva!
Qualche giorno fa, aveva appreso a sue spese che tutte le ragazze si trovavano, come lui, su quel dannato pianeta alieno.
Infatti, aveva assistito impotente al comizio dell’Alto Sacerdote (nessuno aveva tradotto per lui, ma aveva capito subito di trovarsi in una gabbia di matti) e alla successiva battaglia, terminata con il rapimento di Mew Zakuro. Gli alieni gli avevano riservato un posto in prima fila, appendendolo legato e imbavagliato ad una colonna volante. Nella confusione, solo la Mew lupo si era accorta della sua presenza. E a causa sua, si era distratta.
Dannazione! Cosa le avevano fatto, quei brutti schifosi dalle orecchie lunghe?
Come se quello spettacolo non fosse stato abbastanza, gli extraterrestri gli avevano anche mostrato un video girato nel laboratorio di un qualche palazzo governativo. L’alieno che parlava la sua lingua gli aveva spiegato che lì dentro le sue Mew Mew venivano usate come cavie: dovevano testare diversi campioni per trovare una nuova Acqua Cristallo.
A quella rivelazione, era diventato una bestia. Noncurante delle conseguenze, aveva colpito e morso chiunque gli era vicino. Solo un gran frastuono proveniente dalla registrazione lo aveva fermato: Mew Minto aveva fatto esplodere con una delle sue frecce una teca contenente diverse sostanze… ed era successo un miracolo.
Aveva ritrovato l’uso delle gambe. L’effetto era durato poco, ma aveva camminato da sola.
Oh, come avrebbe gioito se si fosse trovato in una situazione diversa!
Maledizione! Doveva essere da solo con gli alieni per attuare il suo piano, maledizione! Le ragazze non dovevano trovarsi lì! Maledizione!
Specchiandosi in una lastra di metallo, si toccò la barba, lunga ed incolta. Come l’avevano ridotto…
Aveva un aspetto debole e affamato. Era stato picchiato talmente tante di quelle volte che ormai aveva perso il conto. I suoi vestiti firmati erano diventati degli stracci. Ed era così sporco…
Ma avrebbe preferito continuare a subire quell’orribile prigionia all’infinito, piuttosto che sapere le ragazze in pericolo.
Dov’era Zakuro?
– Terrestre, l’Alto Sacerdote ha bisogno di te. Ti ci porto io. Non fare scherzi.
Con un fucile puntato alla nuca, Ryan posò la chiave inglese e uscì dal laboratorio dei seguaci di Deep Blue. Con le mani sopra la testa, seguì i comandi della guardia che parlava la sua lingua.
 – Mi hanno detto che devi essere presentabile. Fila subito qui a farti una doccia! – gli ordinò, assestandogli un calcio per farlo entrare in un bagno. L’alieno gli lanciò degli indumenti puliti e chiuse la porta.
Dopo essersi lavato, sbarbato e vestito con gli abiti offerti dai suoi carcerieri, Ryan giunse al cospetto dell’Alto Sacerdote, in un’angusta saletta poco illuminata dalle pareti e dal pavimento di pietra. Ma non erano soli: oltre alla guardia, c’era una gabbia di metallo con dentro…
– Zakuro!
Era ancora trasformata! Ma cosa aveva all’orecchio? Una specie di auricolare? E poi stava… stava ridendo… stava ridendo così tanto da perdere l’equilibrio.
– Ooops! – fece la ragazza, dopo essere caduta. Cercò penosamente di rialzarsi, ma non vi riuscì e rotolò a pancia all’aria. Il tutto senza smettere di ridere.
– Cosa le avete fatto? Siete dei bastardi!
Dannati! Se ne stavano lì a sghignazzare, ma sicuramente l’avevano drogata!
– Zakuro! Zakuro, ti prego, rispondimi! – le gridò, precipitandosi alle sbarre della gabbia.
Aveva uno sguardo svampito. Sembrava persa nel suo mondo…
– Zakuro! Zakuro, sono io, mi riconosci? Per favore, guardami! Parlami, dimmi qualcosa, dimmi qualunque cosa! Svegliati, ti prego!
Liv? Is that you? – chiese Zakuro, con fatica.
Liv? No! I’m Ryan, Ryan Shirogane! – ribatté lui. – Zakuro, can you hear me? What happened?
Are you the banana man?
Ryan allentò la presa sulle sbarre.
– No… Zakuro…
Una risata acuta alle sue spalle lo fece rabbrividire.
– Sorpreso, Umano? – sussurrò l’Alto Sacerdote.
Allora anche lui parlava la sua lingua! E forse… capiva pure l’inglese!
What did you do to her, you little
Dude, you need to calm down, all right?
I’m not your
Una lunga scarica elettrica all’altezza dello stomaco gli impedì di terminare la frase. Piegandosi in due dal dolore, finì a terra.
– Grazie Anis, ci voleva proprio… – disse l’Alto Sacerdote. Con le mani dietro la schiena, cominciò a camminare per la stanza. – Umano, ancora non hai capito che sei un essere inferiore e che devi solo ubbidirmi in tutto e per tutto! A volte dubito della tua intelligenza…
– Ba… star… do… – mormorò Ryan con un filo di voce, prima di venire colpito da un’altra scarica elettrica.
Ignorandolo, l’Alto Sacerdote continuò: – Sai, anche noi siamo considerati dei ribelli… e solo perché rifiutiamo il potere degli usurpatori negatori del Divino Deep Blue! Il Consiglio degli Anziani governa la nostra gente diffondendo le menzogne dei traditori Ikisatashi… e adesso, si sta servendo delle tue Mew Mew per trovare una soluzione al nostro virus.
Scoppiò a ridere, seguito da Anis.
– Poveri illusi! Non conoscono la potenza delle nostre risorse! Appena il raggio laser sarà pronto, inietteremo il virus a tutti i membri del Consiglio! Ci riprenderemo il potere che ci spetta e li annienteremo, assieme agli altri traditori! La profezia del Luminoso Crepuscolo diventerà realtà e noi fedeli rinasceremo sul Pianeta Azzurro! Siamo già riusciti ad alterare facilmente i loro patetici esperimenti... e alla cara Mew Zakuro, è toccato provare una droga a scoppio ritardato di nostra invenzione.
– Mmm… la mia lavanda profumata… – fece la ragazza. Riusciva a tenersi in piedi a stento, appoggiandosi ad una sbarra.
A terra, Ryan strinse i denti dalla rabbia.
Maledetti!
– Ci ha sorpresi, sai? Non sapevamo che si sarebbe infiltrata anche lei nella nostra base, ma l’abbiamo accolta lo stesso a braccia aperte, in nome del nostro Signore! Onore e gloria a Deep Blue! – esclamò il guru alieno, avvicinandosi alla gabbia.
– Onore e gloria a Deep Blue! – ripeté Anis.
– Ma adesso… come ha dimostrato il traditore Kisshu Ikisatashi nella sua recente missione sul Pianeta Azzurro… è giunto il momento di renderla veramente indifesa!
Con un movimento repentino, l’Alto Sacerdote strappò la spilla dal collo di Mew Zakuro. La trasformazione si annullò immediatamente.
– Nooooo! – urlò Ryan, raccogliendo le forze.
Anis gli sferrò un calcio.
– Le Mew Mew sono indifese senza queste spille… – mormorò con voce melliflua l’Alto Sacerdote. Poi proseguì, tirando in aria il ciondolo e riprendendolo in mano: – Ed è qui che entri in gioco tu, Umano. Ci servi per il raggio laser, ma ora hai anche un altro scopo: un’arma forse ancora più potente…
Il capo spirituale dei ribelli fece un segno ad Anis. La guardia sollevò di peso Ryan, rimettendolo in piedi e bloccandolo per le braccia.
– Oh, che sbadato! Ha ancora indosso il suo inutile traduttore automatico… – borbottò nel mentre l’Alto Sacerdote. Con poco garbo, tolse a Zakuro anche il congegno e lo buttò a terra. In seguito, aprì la gabbia e afferrò malamente la ragazza per i suoi lunghi capelli lilla, tirandola fuori. Zakuro non oppose resistenza: era completamente incapace di reagire.
– Come ricorderai, i tuoi ibridi non sono irreversibili. Basta un bacetto e… poof… non sono più degli ibridi…
A quelle parole, Ryan strabuzzò gli occhi.
Solo Ichigo si trasformava in un gatto con un bacio. Era l’unica ad avere il fidanzatino dieci anni fa, no? E se…?
Oh no!
No… No… NO!
Era tutto un incubo! Un incubo!
Zakuro era fuori di sé, poteva diventare pericolosa!
Spaventato, cercò di divincolarsi dalla presa di Anis, ma senza successo: sembrava d’acciaio.
– Hai paura di baciare una donna? – lo schernì la guardia.
Mentre l’americano si agitava, Zakuro non era in grado di rendersi conto di quello che stava succedendo: gli alieni li stavano avvicinando forzatamente, premendo sulle loro teste.
– Naturalmente, non puoi pretendere che sia io o Anis a farlo: siete entrambi degli esseri inferiori. Quindi… now kiss!
– NO! NOOOO! Nnnnnn…
Smack!
Ryan staccò le labbra da quelle di Zakuro, tremando.
– …
– …
– …
Liv?
– …
– …
– Non… non succede niente, Eminenza?
– Non… non capisco…
Lentamente, Ryan capì.
Quella volta, fu il suo turno per scoppiare a ridere.
– Non è con un bacio che puoi trasformare le mie ragazze in animali! Non riuscirai mai a usarle per i tuoi loschi piani! – esclamò trionfante, mentre l’Alto Sacerdote riportava furioso la ragazza nella gabbia.
Certo! Ecco la prova che non aveva all’epoca! Era successo solo a Ichigo perché era la prima Mew Mew, la leader del gruppo, l’alfa… e una ragazzina che non sapeva gestire le sue emozioni: i baci non c’entravano niente! Zakuro invece non era al comando della squadra e si sapeva sempre controllare. Così come le altre. Doveva essere quella la spiegazione: in loro tale effetto collaterale non poteva manifestarsi. Ichigo aveva dei grandi poteri… ma forse dieci anni fa era troppo giovane per riuscire a dominarli pienamente.
Accidenti, l’aveva scampata bella!
Rise ancora più forte e, in risposta, Anis gli tirò un pugno in faccia, facendolo finire di nuovo a terra.
A quel punto, un flebile grido si levò nell’aria.
– Ryan… Ryan! No… lasciatelo… lasciatelo stare…
Zakuro! Era tornata in sé!
– Zakuro!
– Ryan! Ryan, ti prego… aiutami! Ho sete… tanta sete… anche fame…
Che bastardi. Ma le avrebbero pagate tutte. Tutte!
Alla ragazza sfuggì un lamento.
– Basta! Fai smettere le voci nella mia testa! Falle smettere! Falle smettere!
Voci? Quali voci? Che diamine stava succedendo a Zakuro? Era realmente tornata in sé?
– Datele da bere! O non terminerò il raggio laser! – minacciò Ryan, mettendosi a sedere con grande sforzo.
– Non sei nella posizione di dettare condizioni, Umano! – tuonò Anis.
L’Alto Sacerdote aveva ripreso a camminare per la stanza con le mani dietro la schiena, profondamente assorto nei suoi pensieri. D’improvviso, si fermò. Con un segno di intesa ad Anis, materializzò una bottiglietta e la lanciò a Zakuro. Lei la prese al volo e, assetata com’era, la bevve tutta d’un fiato. Ma poco dopo aveva uno sguardo stralunato e… oh no!
– L’avete drogata di nuovo!
– Umano, ci hai chiesto di darle da bere. Così è stato. L’effetto della nostra droga si stava affievolendo… – fece il guru extraterrestre, sghignazzando.
– Cosa le hai dato?
– Oooooh, niente di che. Solo qualcosa per confonderla un po’… – disse l’Alto Sacerdote, sminuendo la situazione con un cenno della mano. Poi aggiunse, guardando negli occhi Ryan: – Sai, mi è venuta un’idea…
Accadde tutto molto velocemente.
Dopo che l’Alto Sacerdote ebbe dato ordini in lingua aliena al suo bieco servitore, quest’ultimo afferrò il braccio sinistro dell’americano, lo piegò e…
CRACK!
Ryan urlò di dolore. Urlò, urlò e urlò.
– Maledetto bastardo!
– Noooooooo! – gridò Zakuro dalla sua cella. Dopodiché cadde in ginocchio, portandosi le mani alla testa con una smorfia di dolore.
L’Alto Sacerdote si mise davanti a lei.
– Oooooh, povera cara! Ti sei pentita di aver rifiutato la mia offerta, vero?
– Non ascoltarlo! Ti vuole mmmmpf… – gridò Ryan, prima che Anis gli mettesse una mano sulla bocca e gli immobilizzasse le gambe con il proprio corpo.
Il guru alieno fece una sonora risata e continuò: – Non ci conviene avere tra i piedi uno scienziato che si ribella in continuazione. Tanto, il raggio laser è già a buon punto, non abbiamo poi così bisogno di lui…
– No… no… non lo fare… – implorò Zakuro, respirando a fatica e tremando.
– E perché non dovrei? Vederlo morire gioverebbe anche a te. È per colpa sua se adesso hai il DNA modificato. Quante bugie ti ha raccontato? Non è stata la Terra a sceglierti: è stato lui a obbligarti…
– Ti… ti sbagli… – mormorò la ragazza, stringendo i denti.
– Mi sbaglio? Chi è che ha creato il Progetto Mew? Chi è che per primo ti ha usata come cavia? Chi è che ti faceva lavorare giorno e notte per arricchire le proprie tasche?
Il braccio rotto gli faceva un male cane, ma lo sguardo accusatorio di Zakuro lo ferì come cento lame roventi.
– Ti sei fidata di lui… e hai sbagliato un’altra volta. Ti faccio solo un favore…
Ryan notò che la ragazza non smetteva di tremare. Avrebbe voluto dirle di non avere paura, di essere forte per le altre, di lasciarlo andare perché si meritava di morire per averla trascinata in questo pasticcio. Invece, ciò che riuscì a fare fu soltanto mugugnare. Dannato Anis!
– No! Lascialo stare! Non… non ho sbagliato! Io sono una… una Mew Mew!
– Sei una Mew Mew? Un ibrido, vorrai dire. A proposito, dove sono le tue amichette? Non le vedo… non è che ti hanno abbandonata? Eh sì! Hanno rinunciato a venire a salvarti. Ti hanno tradita anche loro…
Che fandonie stava raccontando, quel dannatissimo fanatico? Lo scienziato americano cercò di liberarsi da Anis mordendogli la mano, ma invano: l’alieno sembrava non provare alcun dolore.
– Sei diversa dalle altre… – continuò l’Alto Sacerdote. – Infatti, sai solo circondarti di persone che non fanno altro che deluderti… a partire dalle tue compagne di squadra.
Zakuro aveva il respiro corto e digrignava i denti.
Ryan era convinto che stesse tremando di paura, ma si era sbagliato. Tremava di rabbia.
– Sta’ zitto! – gridò la ragazza, colpendo con le braccia le sbarre della gabbia. La sua voce echeggiò per tutta la stanza. – Non sei degno nemmeno di nominare il mio branco! – aggiunse furiosa, mostrando i denti.
– Come osi? Anis, procedi!
L’alieno spostò la mano dalla bocca al mento dello scienziato americano e con l’altra lo agguantò per la testa, per spezzargli il collo.
Ryan chiuse gli occhi.
– Nooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo! – urlò Zakuro.
Fu questione di pochi attimi.
L’eco del grido di Zakuro si trasformò in un guaito.
Un rumore metallico si diffuse nell’aria.
Dopodiché si udì un ringhio profondo.
Anis lasciò lentamente la presa.
Un istante dopo, Ryan aprì gli occhi, incredulo.
La giovane donna che conosceva non c’era più.
Al suo posto, nella gabbia, c’era un enorme lupo grigio che digrignava i denti. E nei suoi occhi… nei suoi occhi non risplendeva più umanità.
– Onore e gloria a Deep Blue per avermi fatto venire questa idea! – esultò l’Alto Sacerdote. – Ah, voi stupidi usurpatori del Pianeta Azzurro! Voi e le vostre stupidissime emozioni…
– Onore e gloria a Deep Blue! – gli fece eco Anis.
– Cosa… come… – fece Ryan, inorridito, spostando lo sguardo dal lupo agli extraterrestri.
Con una risata crudele, l’Alto Sacerdote spiegò: – Ti ricordi? Senza le loro spille, i tuoi ibridi non possono diventare Mew Mew. Però la leader del gruppo, la nostra nemica giurata, può trasformarsi nell’animale con cui condivide il DNA: non sono mai stati i baci a provocarle la trasformazione, ma le emozioni. Siccome le cinque assassine hanno un carattere diverso, il Sommo Deep Blue mi ha suggerito la soluzione: cosa ci può essere di più catalizzante della rabbia di una donna-lupo?
Ryan deglutì.
Maledizione!
Il lupo ringhiò. Fece un mezzo giro della gabbia e ringhiò ancora. Il pelo sulla sua groppa si rizzò.
– Si è trasformata in un lupo vero e proprio. Lo sento, la sua forza vitale è cambiata… – notò il capo spirituale alieno, mentre un sorriso malvagio si dipingeva sul suo volto. – Oh sì! La droga che ha preso ha fatto effetto prima del previsto: l’ha confusa e le ha fatto dimenticare la sua natura. Vedi Anis? L’Altissimo Deep Blue ci fa scoprire ogni giorno nuove meraviglie. Perché continuare a pensare? Basta avere solo Deep Blue in testa e i problemi non esistono più. Spargerai la voce, non è così?
– Sì, Eminenza.
– Oh, dimenticavo! Umano, sai a cos’altro serve la droga che le abbiamo somministrato? Non solo confonde agendo sulla memoria, portando a galla tutti i ricordi più tristi e dolorosi, ma permette anche di aumentare l’aggressività. Ah, quante cose belle che faremo adesso…
Ryan era letteralmente distrutto. In ginocchio, reggendosi il braccio rotto, mormorò: – Zakuro…
La bestia sollevò la testa e ululò.
 
***​
 
Certo che si era comportata proprio come una grandissima...
Un rumore la fece sussultare.
L’avevano scoperta?
– Falso allarme… – sussurrò piano Mew Minto, guardando una di quelle strane creature di cui aveva parlato Retasu zampettare allegramente davanti a lei.
Dopo che l’animale se ne fu andato, la ragazza emise un lungo sospiro.
Anche se le ali cominciavano a farle male, la trasformazione era necessaria. Non poteva sprecare la preziosa boccetta di quasi Acqua Mew che aveva… che aveva… oh accidenti! Perché era così difficile ammetterlo a se stessa? Sì, aveva rubato! Minto Aizawa aveva rubato come una gazza ladra! Che vergogna! E aveva ingannato il povero Cardamome! Che duplice vergogna!
Senza smettere di sentirsi in colpa, riprese a volare per i corridoi del Palazzo del Consiglio, chiedendosi cosa avrebbe detto la sua governante se l’avesse saputo.
Quando lo scienziato aveva aperto con il passepartout uno scomparto pieno zeppo di boccette, un’idea si era fatta subito largo nella sua mente. Si era però vergognata e le erano spuntate le ali… à la Ichigo. Nel frattempo, l’alieno aveva già rimesso tutto in sicurezza. D’istinto, aveva sbattuto le ali e così aveva fatto involontariamente cadere lo spazzolone di Cardamome. Lui si era allontanato e lei… aveva agito. D’altronde, gli aveva visto il codice segreto e anche se la tastiera del tablet non era nella sua lingua, aveva riprodotto lo stesso la combinazione. Non vista, si era impadronita di una boccetta… e di una siringa con un anestetico (dopo tutti gli esperimenti che aveva affrontato, sapeva riconoscerlo). Aveva sfruttato l’occasione che da tempo stava cercando. Un’occasione: era questo il motivo che l’aveva spinta ad avvicinarsi a Cardamome, vero? Oh, povero, povero, povero Cardamome! Non si era accorto di nulla, non facendo caso al fatto che non si era più rimessa lo scialle. Doveva pur nascondere il suo bottino, no? Oh, povero, povero, povero Cardamome! Ripensandoci, era stata davvero una grandissima…
Mash vibrò, segnalandole che era giunta a destinazione.
L’aveva preso in prestito (sì, quello era un prestito) da Ichigo, con la scusa dell’appuntamento con lo scienziato. Il robottino aveva infatti memorizzato diversi tragitti attraverso il segnale emesso dalle loro spille e poteva fare da navigatore: sapeva la strada per il laboratorio, per la sala di allenamento che aveva usato la sua amica, per l’area relax e, soprattutto, per la sala 21.
La sala 21.
La sala del portale.
La sala che ora si trovava a pochi battiti d’ali da lei.
La sala che era sorvegliata da una guardia che faceva avanti e indietro.
Se lo aspettava. Non poteva non incontrare qualche soldato, anche se era notte fonda… o era mattina presto? Boh. Quando era uscita, Purin dormiva profondamente.
In silenzio, si nascose velocemente dietro al muro, zittendo Mash prima che potesse strillare che c’era un alieno. Era diventato un po’ vecchio e la sua intelligenza artificiale non era più quella di un tempo: non aveva ancora capito che il pianeta su cui si trovavano era abitato da extraterrestri.
Mew Minto fece comparire il suo arco. Quando la guardia fu sufficientemente lontana, scoccò una freccia di luce che si infranse in innumerevoli bagliori luminosi sulla porta della sala 21, senza scalfirla. Già, a parte la serratura digitale, era uguale a quella della camera dove alloggiava. E dove si era allenata.
L’alieno, allarmato da tutta quella luminosità, si precipitò a controllare. Vedendo la porta intatta, inserì cautamente il codice d’accesso per andare a verificare che non fosse accaduto qualcosa all’interno.
La ragazza puntò di nuovo il suo arco. Ma al posto di una delle sue frecce, scagliò il robottino.
Mash sfrecciò alla velocità della luce e cadde, rimbalzando, davanti ai piedi della sentinella.
– Ohi ohi…
– E tu che diamine… seeeeeeeeeeeeeeeeeeiiiiiii…
Tonf!
Mew Minto aveva raggiunto l’alieno alle spalle e gli aveva iniettato l’anestetico, facendolo cadere a terra addormentato.
– Sogni d’oro… – bisbigliò. Afferrando per la coda il piccolo robot, entrò nella sala 21, chiudendo la porta dietro di lei.
Ce l’aveva fatta! Era dentro! Era stato facile!
Si guardò attorno.
Al centro, c’era uno spazio vuoto, necessario per il portale. Alla sua sinistra, c’era il macchinario che aveva usato Cardamome per aprire il varco. Come era grosso! E a cosa servivano tutti quei pulsanti? Quale di essi creava il collegamento con il covo dei ribelli? Mentre quel disco sottostante… sembrava una specie di generatore… o qualcosa di simile. Caspita. Che invenzione. Non sapeva esattamente come funzionasse quell’apparecchiatura, ma poteva solo ammirare le menti che l’avevano costruita. O la mente. Oh, povero, povero, povero Cardamome! Non era sua intenzione farlo soffrire, ma doveva riportare indietro Zakuro. Avrebbe mai potuto perdonarla?
Accanto al macchinario, fluttuanti nell’aria, c’erano i braccialetti in cui lo scienziato aveva incorporato la pianta della base dei seguaci di Deep Blue. La ragazza ne prese uno e lo indossò, senza pensare.
Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
Era stato facile arrivare fino a lì. Troppo facile. Infatti, era appena scattato l’allarme.
– Mash! Gli alieni saranno qui a momenti! Ho bisogno che mi attivi il portale, altrimenti ci distruggeranno! – disse con agitazione Mew Minto, mentre l’allarme continuava a suonare. Chiamò a sé il suo arco, pronta ad attaccare.
– Ci penso io, ci penso io!
Il robottino si collegò al sistema di controllo del macchinario extraterrestre tramite la coda, accendolo. In pochi secondi, il pannello di pulsanti prese vita e…
– Distruzione del portale attivata! – fece una voce metallica.
– Mash! Ho bisogno di questo portale, non devi distruggermelo! – urlò Mew Minto, senza smettere di sperare che il traduttore simultaneo avesse tradotto male.
– Distruzione del portale attivata! – ripeté la voce metallica.
All’improvviso, cinque militari fecero irruzione nella sala 21, puntandole addosso le loro armi.
– Alieni, alieni!
No! Non doveva andare così!
– Terrestre, cosa credi di fare stavolta? – le chiese furioso il tenente Betterave.
– Quello che non ho fatto la scorsa volta: Ribbon Minto Echo! – gridò, scoccando una freccia di luce più potente di quella precedente. Gli alieni rimasero abbagliati e Mew Minto ne approfittò per volare a nascondersi dietro il macchinario. Il dolore alle ali era diventato più forte, doveva farle riposare. In preda al panico, prese la boccetta che aveva in tasca, la aprì e si versò l’intero contenuto sulle gambe che, a poco a poco, riacquistarono sensibilità.
– Brava, brava! Ora tocca a me, ora tocca a me! – esclamò Mash, concentrandosi. Il pannello dei pulsanti si illuminò di nuovo e…
– Allontanarsi! Distruzione della sala 21 in 60 secondi: 59… 58…
– MASH! – urlò la ragazza.
– Scusa, scusa!
Finalmente, al terzo tentativo di R-2000, il portale si aprì. Doveva correre ad attraversarlo!
– FUOCO!
Gli extraterrestri, nel frattempo, avevano riacquistato la vista e avevano iniziato a sparare una serie di scariche elettriche per impedirle di avvicinarsi al varco.
– 35… 36…
– Vai, vai! Ci penso io, ci penso io! – fece Mash, mettendosi davanti agli alieni. Prima di poter essere colpito, aprì la bocca a dismisura, in modo da risucchiare tutti i loro attacchi. Ma così facendo, accumulava tantissima energia…
Mentre il robottino continuava a proteggerla dagli alieni, che sembravano non volersi fermare, Mew Minto raggiunse il portale.
– 10… 9… 8…
– Via! Tutti fuori! Qui esplode ogni cosa! – ordinò il tenente. I militari extraterrestri uscirono dalla sala 21 in un battibaleno, ma Mash rimase fermo immobile a mezz’aria. Era… era troppo carico per funzionare correttamente…
– MASH!!!!!
– 4… 3… 2…
Non avendo scelta, Mew Minto oltrepassò il varco.
Le sue lacrime fecero lo stesso.
   
 
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