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Autore: Ghostclimber    25/07/2020    1 recensioni
Xanxus ci ha provato non-troppo-delicatamente con Squalo.
E Squalo è sparito per tre dannatissimi mesi.
Il Boss dei Varia, ora, è solo con i suoi pensieri.
XS
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Superbi Squalo, Xanxus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu!

Eccomi con un'altra delle mie depressate, stavolta su commissione -tecnicamente la promessa sarà mantenuta quando avrò tradotto e pubblicato questa storia anche su AO3, ma intanto l'ho scritta, no? È un bel passo avanti!

È stata dura, lo ammetto, più che altro perché quello stronzo di Xanxus ci tiene così tanto a fare l'insensibile che mettergli addosso i sentimenti è più difficile di farsi una camminatina sul filo della spada di Squalo. Spero di non essere andata OOC, a mio parere è tutto abbastanza plausibile ma chissà!

Battete un colpo se gradite, fatemi sapere cosa ne pensate!

XOXO

 

 

 

 

Stay tonight,
we'll watch the full moon rising,
hold on tight.
The Sky is breaking...

I don't ever want to be alone
with all my darkest dreaming,
hold me close.

[David Sylvian, Darkest Dreaming]

 

 

 

 

 

Superbi Squalo era finalmente rientrato alla base.

E non si era nemmeno degnato di andare ad annunciarsi a Xanxus.

Il Boss dei Varia decise di non fare assolutamente nulla a riguardo.

La verità, inconfessabile, che non avrebbe mai e poi mai sputato, neanche sotto tortura, era che sapeva di meritarselo.

Tre mesi prima, poco prima che Squalo lasciasse il quartier generale, Xanxus l'aveva non molto delicatamente approcciato: a posteriori, poteva riconoscere che farsi sbattere contro una scrivania da un uomo ubriaco che non pareva avere altro obiettivo se non strofinarti il cazzo tra le chiappe poteva non essere universalmente riconosciuta come esperienza gradevole e da ripetere.

Ma allora, sul momento, Xanxus si era solo fatto trascinare dal proprio desiderio. Per parecchio tempo, poi, aveva dato la colpa a Squalo: era tutta colpa sua, perché era un irresponsabile a portarsi dietro quel culo perfetto e statuario, e lo era ancora di più dal momento che quando gli cadeva della roba si piegava in avanti invece di piegare le ginocchia.

Insomma, una creatura come Squalo non poteva aspettarsi di non provocare erezioni incontrollate se decideva di mettersi a novanta così, solo per raccogliere una dannata biro.

 

Seduto nel suo ufficio, incerto sul da farsi, Xanxus ripercorse il loro ultimo incontro.

 

-Boss, questo è tutto.- disse Squalo, appoggiando un plico di fogli sulla scrivania di Xanxus, che si chiese alla lontana cosa ci fosse scritto. Le parole non sembravano altro che linee curve buttate lì a caso: uno degli effetti collaterali dell'assunzione incontrollata di alcool era chiaramente una recrudescenza di analfabetismo, ma tant'è: da mesi era tormentato dallo stesso sogno, sogno nel quale non succedeva granché, ma che per qualche motivo lo turbava.

Sorbì l'ennesimo bicchiere di tequila, cercando di dimenticare l'eterea visione di Squalo che gli si avvicinava solo per accarezzargli una guancia con il dorso della mano e poi gli rivolgeva un sorriso che avrebbe potuto far cariare i denti di chiunque si trovasse nel raggio di dieci chilometri.

-Mh.- mugugnò per dimostrare un minimo di attenzione: sapeva che quando Squalo sospettava di essere ignorato cominciava a lanciare le sue urla spaccatimpani, e per il momento gli bastava già la prospettiva dell'emicrania che avrebbe avuto il mattino dopo grazie alle tre bottiglie di tequila che aveva prosciugato per sentirsi nauseato.

-Manca solo il report sulla situazione a Namimori, che quel coglione con i tonfa non si è degnato di scrivere. Ho sentito Cavallone, ha promesso di convincerlo a mandarlo entro domani.- disse Squalo. Non si sedette; pareva di fretta.

-Perché proprio Cavallone?- chiese Xanxus, insospettito.

-Non credo che tu voglia saperlo. Ma puoi benissimo immaginartelo.- rispose Squalo. Xanxus visualizzò i tonfa di quell'Hibari utilizzati in maniera molto creativa e Cavallone legato con la sua stessa frusta ad un pilastro. Una prospettiva abbastanza piacevole ma che non necessitava di ulteriori approfondimenti. Mugugnò di nuovo, e Squalo guardò l'orologio.

-Se non hai bisogno di altro, Boss, io dovrei partire.

-Vai pure.- rispose Xanxus. Fu allora che la tragedia cominciò a consumarsi.

Squalo si voltò, e un lembo della sua giacca urtò una penna già in precario equilibrio sul bordo della scrivania. La biro cadde e urtò il tappeto con un tonfo appena accennato. -VOI! Un giorno ti ricorderai di avere un portapenne?- chiese Squalo, poi si chinò per raccoglierla.

La curva perfetta delle sue natiche fu la scintilla che diede fuoco a Xanxus, che ormai era composto al novanta percento di tequila e quindi decisamente infiammabile: il temibile Boss dei Varia si alzò rapidamente dalla sedia, si portò alle spalle di Squalo e gli ghermì l'inguine.

-VOOOIII!- protestò Squalo, poi la voce gli morì in gola: tutta l'aria era stata spremuta fuori dai suoi polmoni mentre Xanxus lo scaraventava contro la scrivania, senza mollare la presa sul suo membro che, notò, cominciava ad indurirsi.

Xanxus gli si premette contro e gli strofinò il proprio membro contro una natica, poi gli abbassò rudemente i pantaloni: il fatto che fossero in un tessuto lievemente elasticizzato lo aiutò. Squalo emise un verso soffocato di dolore, ma Xanxus lo ignorò: ben presto avrebbe avuto altro a cui badare oltre alla frizione dei pantaloni contro il membro.

Si spinse contro di lui, sfruttò l'elasticità del tessuto molto più sottile dei suoi boxer per spingere la propria erezione tra le sue natiche e gli morse il collo.

Non si aspettava certo che Squalo si divincolasse, ma fu esattamente quella la reazione dello spadaccino: si rivoltò nella sua presa, emettendo un altro gemito di dolore quando la mano di Xanxus si chiuse per un istante sul suo inguine in un riflesso spontaneo, si risistemò i pantaloni e si portò a distanza di sicurezza. Con voce alta e indignata ma tremante, disse: -VOI! Ma che cazzo ti salta in testa? Non farlo mai più! Sono il tuo vice, non la tua puttana!- Xanxus sorrise, pregustando un po' di sano gioco di ruolo in stile “voglio-non-voglio”, ma Squalo si limitò a uscire dal suo ufficio, sbattendosi la porta alle spalle.

Quando finalmente lo stupore lasciò il posto all'ira, Squalo era già partito.

 

Ed era rimasto lontano da Villa Varia per qualcosa come tre infiniti, lunghissimi mesi.

Xanxus aveva passato ciascuno di quei giorni a marinarsi il fegato nell'alcool, convocare gente solo per avere la scusa di mettersi a sparare e lanciare oggetti, lamentarsi del cibo e maledire se stesso.

E a farsi una sega dopo l'altra pensando alla solida consistenza dei suoi glutei, al profumo dei suoi capelli, così mascolino eppure dolce, quasi floreale, al gusto della sua pelle contro la lingua, un misto di carne, sudore e con il retrogusto agre del suo dopobarba. E, quel che era peggio, sempre più spesso si immaginava non solo di sbatterselo senza pietà, ma di farci l'amore lentamente, oppure di fotterlo con violenza solo per poi coprire il suo corpo martoriato con le lenzuola e stringerlo a sé e risvegliarsi poi la mattina seguente ancora nella stessa posizione, il viso affondato nella sua chioma argentea e le dita intrecciate alle sue.

Negando a se stesso l'esistenza di queste fantasie, coadiuvato dal prezioso aiuto di messer Rum e madama Vodka, Xanxus era giunto alla conclusione che avrebbe dovuto trattenersi. Poteva essere senza cuore, senz'altro, i sintomi erano quelli, ma di certo non era senza cervello: sapeva benissimo che se Squalo se ne fosse andato i Varia sarebbero precipitati in un abisso di disorganizzazione e scartoffie da compilare.

Persino a distanza, mentre si sobbarcava il peso di una missione dopo l'altra, Squalo continuava a mandare promemoria sulle faccende da non trascurare, compilava moduli e li inviava tramite e-mail e curava i rapporti con le Famiglie dell'Alleanza. Il tutto, però, tramite Levi. Dopo un mese di completa ignoranza, Xanxus si era finalmente abbassato a chiedere al suo Guardiano del Fulmine se sapesse che cazzo di fine avesse fatto Squalo. Levi, con un'espressione perplessa, l'aveva aggiornato sulla terza missione di fila che lo spadaccino aveva deciso di intraprendere e sui quotidiani aggiornamenti trasmessi per via telematica.

Xanxus, invidioso per il fatto che Levi avesse potuto sentire la voce di Squalo e lui no, aveva distrutto con un colpo di pistola una vecchia credenza e si era chiuso nel proprio ufficio con una bottiglia di bourbon per il resto della giornata.

 

Ora, però, le missioni erano terminate.

O, per meglio dire, Xanxus aveva minacciato di morte lenta e dolorosa chiunque avesse permesso a Squalo di occuparsi di un'altra missione.

Durante un meeting in cui era solo parzialmente sbronzo, aveva parlato di stanchezza, di aumento delle probabilità di commettere errori a causa di essa, di reputazione da mantenere e di standard da non abbassare. Insomma, anche se gli ci era voluta una settimana per mettere in piedi tutte quelle scuse era riuscito ad intessere un discorso abbastanza convincente, e il fatto che mentre parlava non aveva smesso un attimo di giocare con le pistole e che Bester gli aveva fatto da controcanto con un verso di gola che pareva essere un ringhio o un tentativo di fusa probabilmente avevano aiutato parecchio nel far capire ai suoi collaboratori che non era il caso di opporsi.

Eppure, Squalo era riuscito a restare fuori dai radar per un altro mese ancora.

 

-Boss.- chiamò pacatamente Levi dalla soglia. Xanxus ingollò quel che restava della sua tequila e rispose con un grugnito che invitava a parlare.

-Squalo chiede di essere rimandato sul campo.- dichiarò Levi.

-No.

-Ma, Boss...

-“Ma, Boss” un cazzo, feccia. Ho detto che Squalo ha bisogno di una pausa. Non ho intenzione di mettermi a compilare una pila di scartoffie perché il coglione si è distratto e qualcuno gli ha staccato quella fottuta testa di cazzo dal collo.

-Ha fatto un mese di vacanza, è pronto a ricominciare.

-Che cazzo stai dicendo?- ringhiò Xanxus, -Quale vacanza?

-Ehm...- Levi esitò, poi ammise: -Due settimane con i Vongola per un allenamento speciale al loro Guardiano della Pioggia. E due settimane a Villa Cavallone.- Xanxus rivide i volti amichevoli di Yamamoto Takeshi e Cavallone Dino e scoprì, dopotutto di avere un cuore.

E del rischio concreto che gli si spezzasse nel petto.

-Fuori.- ordinò, in un sordo suono di gola che fece impallidire Levi, -E se quel coglione si allontana dalla base, digli che lo inseguo e lo maciullo.

-...sì, Boss.- Levi uscì indietreggiando alla velocità della luce e Xanxus lanciò il bicchiere vuoto contro la porta che si era appena richiusa dietro di lui.

Si era alzato per caricare meglio il lancio, e si risedette imponendosi la lentezza. Quando staccò le mani dal piano della scrivania, a cui si era appoggiato senza accorgersene, si rese conto che stavano tremando. E le cicatrici si erano allargate di nuovo, fin quasi a coprirlo interamente. Guardò la propria pelle scura e grinzosa, quasi oscena nella sua lucidità, e si chiese con quale cervello avesse mai potuto pensare di poter interessare a Squalo.

Lui, con i suoi occhi dalle iridi rosse come il fuoco che gli bruciava dentro, la sua indole sadica ed egocentrica, la pigrizia, per dio, lui che non era altro ormai che un uomo adulto con il cervello di un adolescente ribelle e viziato in un corpo che ormai stava cominciando ad arrendersi al passare del tempo e all'apporto calorico dell'alcool e della carne rossa.

Senza sapere perché lo stava facendo, si spogliò e si mise di fronte allo specchio a figura intera del suo bagno personale. Quel che vide non gli piacque per nulla.

Era coperto di cicatrici, che si erano espanse al punto di ricoprire la quasi totalità della sua pelle. I capelli cominciavano a mostrare qualche filo bianco, e la coda di procione e le piume che gli erano sempre sembrate tanto fighe erano ridicole, smosciate e probabilmente puzzolenti di alcool e sudore. Le spalle erano larghe e massicce, ma i muscoli non erano più delineati alla perfezione com'era stato un tempo; il ventre era sempre tonico, ma ampio, e non conservava quasi nulla della sensuale magrezza della sua tarda adolescenza. Il suo pene flaccido occhieggiava da un ciuffo di peli quasi brizzolati, anch'esso coperto di cicatrici e, come se non bastasse, circonciso. Xanxus fermò il proprio autogiudizio alle cosce troppo magre, prima di perdere del tutto la voglia di vivere.

Si rivestì con lentezza, cercando almeno di porre un minimo di cura nel proprio abbigliamento, poi rinunciò e si lasciò cadere su una poltrona, la testa tra le mani.

Gemette, mentre immaginava Squalo in compagnia di quell'allegro farfallone di Yamamoto, a passeggiare per i corridoi della Base Vongola o, ancora peggio, per le strade di Namimori, a condividere del sushi, e forse dopo due o tre drink anche molto altro.

Si staccò le mani dalle tempie e scaraventò il tavolino che gli stava di fronte dall'altra parte della stanza, mentre realizzava di avere una lacrima pronta a scavalcare la barriera delle sue palpebre serrate: lui non piangeva. Era da anni che non lo faceva, e non avrebbe ricominciato proprio adesso. Soprattutto non l'avrebbe fatto a causa del film mentale a luci rosse con protagonisti Cavallone e Squalo che si rotolavano sul pavimento. Non era successo, si disse, Cavallone stava con il coglione con i tonfa, si disse, sì ma il coglione con i tonfa era lontano, quel che non sai non può ferirti, oh e invece sì, faceva male, cazzo, MALE, e quanta era la voglia di andare da Squalo e chiedergli esattamente cosa avesse fatto in quei tre mesi che aveva passato lontano da lui, e chiedergli scusa per aver cercato di stuprarlo, e mentire a lui e a se stesso dicendo che si sarebbe fermato al primo cenno di disaccordo, e perché diavolo il petto gli faceva tanto male? Era l'infarto che Squalo gli augurava da anni ogni volta che lo vedeva scofanare mezzo chilo di filetto tutto da solo? O era solo la voce dell'odio verso se stesso che si liberava dalle catene che le erano state imposte per impedirle di farsi sentire alla notte, quando il mattino è lontano migliaia di anni e le ninne nanne tacciono da tempo? Ora quella voce parlava senza sosta, ed era sonora, oh così sonora, e Xanxus avrebbe voluto che ci fosse Squalo ad urlare come suo solito, ad urlare e a soffocarla di nuovo, zittendola solo imponendosi con la propria aura di perfezione.

Mentre la voce parlava, parlava, parlava, Xanxus si rese conto che era proprio la presenza di Squalo, la sua presenza e la sua devozione, l'unica cosa che lo tratteneva dal buttarsi nel baratro dell'insanità mentale. Vedere quell'uomo perfetto e fiero e forte sedersi di fronte a lui e comportarsi come poco meno di un suo pari lo portava al suo stesso livello di semidivinità, lo faceva sentire degno di essere il Boss dei Varia, degno di essere Xanxus.

Ma, senza Squalo a sostenere il suo sguardo di fuoco con occhi di ghiaccio, senza la presenza calmante del suo strano Requiem della Pioggia, che si manifestava con scoppi di urla e oggetti tagliuzzati, non c'erano più barriere sonore che impedissero a Xanxus di ascoltare la voce della propria anima.

E Xanxus ascoltò.

 

Ti rendi conto di essere un parassita, vero?

Nient'altro che un parassita.

Non fai altro che bere dalla mattina alla sera, mangiare cibo costoso e denigrare i tuoi collaboratori.

Fai quello e con il tempo che ti resta scarichi le tue responsabilità su chiunque ti capiti a tiro, quando invece dovresti vedere di farti crescere un paio di palle e prendere coscienza del tuo ruolo.

E invece no, sei e resti il figlio illegittimo di una pazza con manie di grandezza, un gattino fradicio scampato alla miseria solo grazie al buon cuore di un uomo che avresti solo dovuto riverire per la sua gentilezza d'animo e per la pietà che ti ha accordato.

Non ti doveva nulla, né a te né a tua madre, eppure ti ha preso con sé, ti ha nutrito e ti ha educato, ti ha trattato come un figlio pur sapendo benissimo che non lo eri, e tu invece di seguire il suo esempio e diventare un leader amato che combatte fianco a fianco con i suoi Guardiani hai solo saputo ribellarti come un dannato adolescente del cazzo, hai accettato come se ti fosse dovuta la lealtà di Squalo, hai accettato come se ti fosse dovuta la sua devozione, hai lasciato che pensasse a tutto lui e poi hai goduto dei suoi risultati come se ti appartenessero.

Sei diventato l'opposto di quello che il Nono voleva tu diventassi, e mai errore poteva essere più grande. Avresti dovuto imparare a stare al posto che ti era assegnato, invece di assecondare il tuo complesso del superuomo, avresti dovuto ricordare la fogna da cui provieni e tenere a mente il fatto che potresti ritornarci da un momento all'altro se la ruota del fato decidesse di girare in un senso che non ti è favorevole.

Ed eccoti qui, oggi, e cosa sei? Uno stronzo appesantito dai vizi che sottomette i propri Guardiani con il terrore invece di guadagnarsi la loro fiducia.

Non sei nulla di più, e lo sai.

Potevi ancora migliorare, Squalo ti stava aiutando a ricostruirti con una pazienza inenarrabile, sfondando le tue difese per raggiungere il tuo cuore e farti comprendere come dovresti agire, non imponendoti un ritmo ma mostrandoti se stesso; ingenuo, forse, da parte sua, aspettarsi che tu l'avresti capito.

E forse, sai, se hai fatto qualcosa di buono da quando sei nato è stato proprio cercare di scopartelo. Gli hai sbattuto in faccia la nera schifezza della tua anima, il pozzo nero e catramoso del tuo cuore, la tua insita meschinità. Se si è allontanato è solo e soltanto colpa tua, e sai cosa? È un bene.

Perché una persona come lui non merita di essere trattato come una pezza da piedi.

Superbi Squalo merita qualcuno che non si limiti a guardarlo e pensare a quanto sarebbe bello sfondargli il culo, Superbi Squalo merita qualcuno che lo prenda per mano e gli dica chiaramente quanto è meraviglioso, e quanto la sua sola esistenza sia un segno che per il mondo c'è ancora speranza di uscire dalla melma in cui è sprofondato poco a poco, così lentamente da non accorgersene. E tu sei parte di quel mondo, e sei così abituato a startene nelle sabbie mobili a lagnarti di questo o di quello che non ti sei accorto che ormai ti arrivano al collo.

Affonderai, Xanxus, e la colpa sarà solo tua.

Lascia andare Squalo, non tirarlo a fondo con te. Fa' almeno quest'unico atto d'amore prima di crepare soffocato dal tuo stesso ego ipertrofico.

E poi liberaci dalla tua ingombrante presenza.

Staranno tutti meglio senza di te.

 

Xanxus sedette tra le rovine del proprio studio, senza sapere com'era riuscito a distruggerlo né quanto ci avesse messo.

Senz'altro, tutti gli abitanti della Villa si erano già messi al riparo da tempo, lasciandolo a marcire e sperando che stavolta sarebbe riuscito a portare a termine la propria autodistruzione.

Xanxus guardò le proprie pistole, senza sapere quando e come le avesse estratte, come se fosse la prima volta che le vedeva.

La sinistra.

La sinistra sarebbe stata perfetta. Un ultimo tributo a Squalo, che aveva sacrificato la propria mano sinistra per sconfiggere l'Imperatore della Spada e guadagnarsi il titolo di Boss dei Varia per poi cederlo a Xanxus.

O forse sarebbe stata meglio la destra? La mano che a Squalo rimaneva, e che lui aveva imparato ad usare nonostante non fosse la sua dominante.

O forse entrambe. Sì, puntarsi entrambe le pistole alla testa avrebbe minimizzato le possibilità che il proiettile rimbalzasse e uscisse senza fare abbastanza danni da porre fine a tutto una volta per tutte.

Xanxus cercò di alzare le mani e non ci riuscì.

-Adesso... adesso le metti giù, va bene? Boss...- la voce di Squalo? Xanxus alzò gli occhi. In mezzo a tutta quella devastazione c'era lui, pallido e con i lunghi capelli legati in una coda morbida, con addosso una vetusta felpa con il logo del film Lo Squalo e un paio di shorts che avevano visto giorni migliori, inginocchiato di fronte a Xanxus, che gli tratteneva i polsi.

Era bellissimo.

-Boss, dammele.- disse Squalo, e senza fatica forzò la stretta di Xanxus. Mise la sicura ad entrambe le pistole e le lasciò scivolare sul pavimento per metterle fuori portata.

-Ti voglio, feccia.- disse Xanxus, stupendosi del tono sognante e ubriaco con cui la voce lasciò la sua bocca. Squalo arrossì, si lasciò sfuggire un'espressione stupita e ferita, poi ritrovò la compostezza: -VOI! Mi stai dicendo che hai fatto tutto questo casino per un cazzo di capriccio? Avrei dovuto lasciare che ti facessi saltare le cervella, baka!- urlò, poi si alzò in piedi e si allontanò, voltandogli le spalle.

-Sì, avresti dovuto.- mormorò Xanxus. Squalo dovette udirlo, perché si girò nuovamente verso di lui. Xanxus protese una mano con il palmo all'insù: -Ridammi la pistola.

-VOI! Sei diventato deficiente?- Squalo sospirò platealmente e tornò ad inginocchiarsi di fronte a Xanxus. Prese la sua mano, ma invece di posarci sopra una pistola premette il palmo contro il suo.

Xanxus rimase in silenzio: non aveva altro da dire.

-Boss.- disse infine Squalo, -Io... vorrei dirti che puoi avermi. Credimi, lo vorrei. Ma...- la sua voce morì, ma Xanxus non intervenne. Le dita di Squalo solcarono lievi le linee sul palmo della mano di Xanxus, sfiorando appena le cicatrici, senza vergogna, in una carezza che era quasi solletico.

-Non mi basterebbe il tuo corpo.- disse infine Squalo, -Finirei per volere tutto.- Xanxus alzò la testa, ma il viso di Squalo era in ombra, coperto dalla frangia che stava cominciando a diventare troppo lunga e che gli oscurava occhi e guance grazie all'inclinazione della sua testa, elegantemente china. Poi, uno sbuffo di risata sfuggì alle labbra dello spadaccino: -Tranquillo, non sono un maniaco sessuale come Luss. Mi so trattenere, se non mi tocchi. Ma se mi tocchi... Boss, se mi tocchi io non potrò più sopportare il peso di non averti.- cadde il silenzio. Squalo si lasciò cadere seduto a gambe quasi incrociate di fronte a Xanxus, sempre trattenendo la sua mano che ora giaceva sul suo ginocchio, sempre carezzandogliela dolcemente con una leggerezza che sembrava ricalcare il delicato formarsi di qualche pensiero nella sua mente.

E con i suoi lievi tocchi, Xanxus cominciava a realizzare quello che Squalo gli aveva detto. Guardò le sue dita nivee piegarsi eleganti, formare ombre mobili come la fiamma di una candela mentre solcava la sua pelle scura e sfregiata, e le cicatrici sembrarono arretrare.

-Ma lo so, in fondo.- disse Squalo, -Ho giurato di stare al tuo fianco, quindi se...

-Tu hai già tutto.- lo interruppe Xanxus. Squalo non replicò, e alzando gli occhi il moro vide che lo spadaccino lo stava fissando come se fosse un clone appena lasciato dagli alieni.

-Anche se non so quanto ti convenga.- aggiunse Xanxus, poi si sporse in avanti e osò sporcare la candida perfezione di Squalo appoggiando le labbra sulle sue. Quando si ritrasse, Squalo non fuggì.

Non fuggì, non urlò, nulla.

Dopo un tempo che a Xanxus parve infinito, invece, si sporse in avanti e passò le braccia sotto le sue, circondandogli il torso in un abbraccio impacciato.

La sua testa argentea si posò sulla spalla di Xanxus, il suo respiro gli solleticò la fossetta tra le clavicole e le sue palpebre che si chiudevano sfiorarono il battito del cuore nella sua giugulare.

Xanxus alzò le mani, le passò dietro la schiena di Squalo e gli ghermì le spalle, in una parodia di abbraccio che era tutto ciò che poteva dargli, ancora ferito dallo scherno della voce nella propria mente.

L'avrebbe voluto stringere, da allora fino al suo ultimo respiro, ma era ancora bloccato. Il ghiaccio aveva cominciato a sciogliersi dentro di lui, in netto ritardo rispetto a quello creato dal Nono, ma ancora c'erano spuntoni e crepacci oscuri in cui avrebbe potuto precipitare, e non voleva trascinare con sé Squalo solo per poi assistere allo struggente spettacolo del suo corpo spezzato e sanguinante ai piedi di una gola gelida.

Per ora, si accontentava di lasciarsi abbracciare nella gelida brezza notturna che entrava dalla finestra spaccata, mentre le nubi si diradavano sul plenilunio, mostrando il volto pallido della luna, così chiara, così fredda, eppure così luminosa e così indispensabile.

Come Squalo.

 
   
 
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