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Autore: Stella cadente    26/07/2020    4 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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50.

Epilogo



 
Giugno 2048, Mattina                                            
 
Il treno sferragliava risoluto sui binari, facendo sibilare le sue ruote e trasportando i suoi passeggeri a casa. Normalmente sarebbe stato un ritorno gioioso, anche se con un pizzico di tristezza per la fine degli anni scolastici e di timore per l’inizio di un nuovo percorso di vita.  Ma era evidente che quello non fosse affatto un normale ritorno a casa. Non lo sarebbe mai stato. Il treno era troppo vuoto.
Troppo deserto.
Vaiana si sentiva svuotata, come se non esistesse più. La sua psiche si rifiutava di accettare quello che era appena successo: preferiva di gran lunga ripetere a sé stessa all’infinito che quello era stato solo un enorme incubo.
Non poteva credere a quello che aveva visto nella Camera dei Segreti: o meglio, non poteva accettarlo. Tutte quelle notizie le avevano fatto arrivare una sensazione martellante alla testa, prepotente, che le dava l’impressione di impazzire.
Le frasi pronunciate dagli Antichi, con quell’accento così oscuro, così gutturale – l’accento della loro lingua aliena, inafferrabile come loro – non facevano che perseguitarla.
Solo in quel momento si era resa conto di quanto Elsa avesse in sé delle potenzialità pericolose; Iris Hale era la sua antenata, così come la figlia di Merman era la sua.
Le Originarie.
Ecco come gli Antichi avevano chiamato quelle ragazze. Le stesse che avevano avuto la loro età quattrocento anni prima, ma i cui poteri erano sopravvissuti, manifestandosi in loro di nuovo, senza nessun preavviso, dopo centinaia di generazioni.
Maui era morto, per favorire la sua inclusione nella Catena. Era morto da solo, senza di lei, cercando probabilmente di combattere; e ora, nel suo stesso scompartimento del treno, Judy era appoggiata passivamente alla spalla di Nick, guardando nel vuoto, il viso sciupato come se fosse invecchiata di dieci anni. Nick, del resto, sembrava completamente assente: appariva completamente dimentico del fatto che ci fossero persone intorno a lui.
Nello scompartimento erano seduti loro tre, ma ognuno aveva la sensazione di essere completamente solo – perché lo era. Vaiana si era resa conto che quella vicenda li aveva uniti tutti, ma li aveva anche separati. Aveva eretto muri come non lo aveva fatto nient’altro, da che ne aveva memoria. Non avrebbe più potuto scherzare con i suoi amici come faceva prima, perché anche solo il semplice fatto di guardarsi in faccia avrebbe significato ricordare tutto.
La Serpeverde avvertì un forte senso di impotenza farsi strada dentro di lei, e le venne voglia di tirare un pugno al finestrino dalla rabbia. Non se n’era accorta, ma le sue sopracciglia scure erano aggrottate, tese in un’espressione di profondo dolore.
Il treno non era rumoroso come al solito, pieno di chiacchiere e petardi magici tirati a caso da qualche studente troppo annoiato. Era immerso nella quiete, come se fosse vuoto.
Sapeva bene che, negli scompartimenti vicini, sedevano le altre ragazze: riusciva a sentire la loro aura alchemica pulsare ferocemente contro la sua. Da quell’incontro doveva essersi creato una specie di vincolo, che le teneva legate tutte: quando se ne sarebbe liberata?
Vaiana preferiva non pensarci.
Il paesaggio le sfuggiva veloce davanti agli occhi, e alla ragazza sembrò che la vita normale che aveva prima facesse inesorabilmente la stessa cosa.
 
 
 
 
 
 Giugno 2048, Notte
 
Elsa Arendelle aveva abbracciato i suoi genitori, quando era arrivata a casa. Lo aveva fatto di istinto, come una bambina che ha bisogno di essere confortata; ma aveva trovato quell’abbraccio profondamente sbagliato, innaturale in quel contesto. Forse ne avrebbe avuto bisogno – forse sarebbe stato normale – prima che tutto quello accadesse. Ora sembrava solo stonato, come se non facesse neanche parte della sua vita.
Il tragitto in treno, affiancata da Anna, era passato in silenzio. Vedeva lo shock sul volto della gemella, che non aveva osato neanche parlarle, come se temesse una reazione troppo avventata. La verità, però, era che Elsa si sentiva troppo debole per fare qualunque cosa. Non riusciva a comprendere fino a che punto fosse stato tutto un sogno – quanto c’era di vero, e quanto era stato solo nella sua testa?
In quei mesi, il senso della realtà era diventato molto ambiguo, poco definito. Era Pitch Black il nemico, stando a quello che diceva Merman; ma adesso, Elsa aveva cambiato completamente il modo in cui lo vedeva. La storia che aveva sentito raccontare agli Antichi aveva segnato qualcosa di indelebile, dentro di lei; forse era per quello che il Preside aveva voluto proteggere i suoi alunni. La verità sarebbe stata troppo da sopportare, troppo spiazzante, improvvisa, come un macigno che ti crolla improvvisamente addosso fino a schiacciarti.
Ma non avrebbe potuto continuare a nascondersi all’infinito da quello che realmente era. E non avrebbe mai scordato il modo in cui lui l’aveva valorizzata, in cui le aveva fatto capire che non c’era niente di sbagliato in lei – che lei era potente, e che gli altri la temevano perché sapevano che avrebbe potuto fare qualunque cosa volesse. Che era fondamentale. Che era perfetta.
Aveva passato tutta la vita ad ambire alla perfezione in ogni cosa facesse. Doveva essere ineccepibile, a scuola, nel trattenere le proprie emozioni, nel nascondere ad Anna quello che provava davvero. Una statua, una sagoma senza sentimenti, che non si concede mai di essere debole o anche solo vagamente umana.
Non aveva mai realizzato quanto quella gabbia mentale che lei stessa si era creata la stesse pian piano uccidendo. La verità era che era sempre stata terrorizzata da tutto, incapace di gestire le sue emozioni, illusa che stesse proteggendo sua sorella mentre la ignorava, quando in realtà la stava solo rendendo sempre più vulnerabile.
Esattamente come me.
Non aveva neanche sistemato tutte le sue cose in camera sua, quando si era fermata a pensare, guardando distrattamente fuori dalla grande finestra. Le tende azzurre si muovevano appena assecondando la leggera brezza estiva, e il cielo era scuro come l’inchiostro; le stelle, però, brillavano, come luccicanti occhi benevoli.
I suoi genitori, ovviamente, avevano saputo di ciò che era successo ad Hogwarts. Non avevano fatto domande, però; Elsa aveva immaginato che, semplicemente, fossero grati del fatto che entrambe le loro figlie erano ancora vive ed illese. Probabilmente non immaginavano neppure il cambiamento che si stava facendo sempre più strada dentro di lei.
Aveva visto gli Antichi smaterializzarsi insieme a Melicent, che in quel momento era sembrata dotata di una nuova luce – come se avesse preso definitivamente quell’aspetto ultraterreno che le aveva donato Black, fino a prenderne l’essenza, il potere. Uno dei Regolatori era stato sostituito... e lei si sentiva male per quello che poteva significare per Elias.
Elias...
Da quando per me lui è questo?
Forse da sempre.
«Ciao.» Riconobbe subito la voce che le giunse alle spalle, ancora prima che si voltasse.
«Come stai?» gli chiese, con un tono che uscì più apprensivo di quello che voleva essere.
Lui era serio, troppo serio. La bocca, già sottile di per sé, adesso era una linea piatta, quasi invisibile.
Non aveva mai avuto un aspetto così terribilmente vivo; sembrava quasi che stesse per spaccare qualcosa, gli occhi gialli iniettati di una furia troppo reale per appartenere ad un essere che esisteva dall’inizio del Mondo Magico. 
Non le rispose: il suo sguardo di quel colore così particolare rimase sospeso nel vuoto per quello che le parve un tempo interminabile.
Poi se ne andò, ma con gli occhi le aveva detto che non l’avrebbe mai lasciata.
 


 
 
 
 
 

 
 
 
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Cari lettori,
A questo punto, forse dovrei passare ai ringraziamenti, dicendo che siete stati fantastici a sostenermi in questa lunghissima – la più lunga in assoluto – avventura in cui mi sono gettata quattro anni fa. Scrivere questa storia è stato come scalare una montagna altissima, faticoso, impegnativo, ma alla fine ce l’ho fatta. Non credevo di riuscire a scrivere una cosa così intricata, lunga e con tanti personaggi, e non credevo di ricevere questo sostegno, anche da parte di nuovi lettori, tutti dolcissimi. Sono cresciuta con questa storia; il tempo è passato, ma Hogwarts è rimasta una costante, insieme alle vostre recensioni che mi incoraggiavano sempre – anche nei periodi in cui ero ad un punto morto. È grazie a voi se la storia è arrivata fino a qui, davvero.
Come dicevo, forse dovrei passare ai ringraziamenti, dovrei sentire quel rammarico misto a soddisfazione che di solito segue la conclusione di una storia… e invece niente. Ovviamente il rammarico c’è; è come la sensazione di abbandonare un intero universo – una sensazione che avevo già provato prima, ma non così. Perché questa storia, nonostante io non l’abbia scritta in modalità full immersion come ho fatto con le altre, è stata totalizzante.
E mi ha salvata nel periodo della quarantena, durante il quale stavo letteralmente per impazzire. Mi ha permesso di vedere gli incantesimi che descrivevo, di sentire la magia sprigionare dalle mie stesse mani. Mi ha fatto sentire il dolore di Elsa, costantemente divisa a metà, e la disperazione di Anna che cerca di non lasciarla cadere nell'oscurità. Mi ha fatto sentire la freddezza con cui il Patto descritto dalla trama va avanti inesorabile, servendosi di ogni mezzo utilizzabile per giungere a compimento. Mi ha fatto sentire tutto. Anche gli occhi gialli di Black dell'ultima scena, è come se fossero rimasti impressi nella mia testa adesso.
Hogwarts mi ricorda una persona che conosco: complessa, problematica, ma in qualche modo adrenalinica e adatta a me.
Mi aveva dato così tanta “dipendenza” che volevo scrivere un sequel fino a non molto tempo fa. Poi ci ho riflettuto e ho capito che, forse, era meglio lasciare così, lasciare questa storia immutata. In fondo, mi piace così com’è.
E tuttavia, il mio legame con questa fic non si spezzerà comunque qui, perché è stata la prima fanfiction che mi ha dato concretamente ispirazione per un romanzo originale. Quindi il rammarico post-conclusione non lo sento così tanto, stavolta.
Non lo sento perché questa storia a cui Hogwarts sta dando vita prende forma nella mia testa sempre di più.
E so che Hogwarts e la sua magia rimarrà con me ancora per molto tempo.
Grazie per esserci stati, spero di ritrovarvi <3
Con affetto,
Stella cadente
 
 

 
  
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