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Autore: Marydb13    26/07/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 6- Di fughe, bische clandestine e patti con il diavolo- Parte seconda
 
Anno 1729, 29 aprile, h 07,00
Port Royal, Giamaica (stanza interrogatori)
 

Come riassumere le sofferenze patite da Gillette in questi giorni? Sì, intendo proprio Gillette… mi confondo spesso con i nomi, ma non è questo il caso. Il poveretto, infatti, costretto a rimanere estraneo al caso perché, a parere di tutti, troppo coinvolto, probabilmente, avrebbe sofferto di meno se avesse potuto assistere agli interrogatori con i propri occhi. Talvolta, l’immaginazione può essere decisamente peggiore della realtà. Del resto, Gillette avrebbe dovuto sapere che Cutler Beckett, in quanto gentiluomo inglese, non avrebbe mai potuto ordinare di torturare una donna. Gli unici ordini impartiti a Mr. Mercer erano, dunque stati quelli di limitarsi a colpirla e, eventualmente, farle saltare i pasti.
I primi colpi ricevuti non erano sati poi così forti, se confrontati con quelli che la ragazza era abituata a ricevere, ma, per evitare che il suo aguzzino decidesse di “alzare la posta in gioco”, aveva finto di soffrire indicibili dolori. La scena da telenovelas avrebbe forse potuto ingannare dei normali soldati, ma non Mr. Mercer, al quale gli anni di servizio prestati in Giappone avevano permesso di entrare in contatto con donne perfettamente in grado di combattere e sopportare il dolore, quasi alla stregua di un uomo. Non impiegò, dunque, più di venti secondi, prima di capire che se non voleva farle il solletico, doveva impegnarsi decisamente di più, e così fece, pur sempre evitando di spezzarle quelle fragili ossicine che si ritrovava. Ciò nonostante, Maria Vittoria non emise un solo fiato e si prodigò per mantenne lo sguardo fisso su di lui per tutta la durata delle percosse, consapevole del fatto che, se avesse chiuso gli occhi, sarebbe piombata nello sconforto più totale. Il suo maestro diceva sempre che l’essere umano tende a chiudere gli occhi prima di ricevere un colpo solo se non si fida di quella persona e ne avverte la pericolosità. Farlo ora avrebbe significato ammettere di trovarsi da sola in una situazione di pericolo da cui non avrebbe potuto uscire.

Dopo tre giorni di buio, fame, sete, dolore e silenzio, una sola emozione si distingueva, nitida, nella sua mente: rabbia. L’oggetto della sua ira non era, come potreste pensare, il suo spietato carceriere che, per carità, faceva solo il suo lavoro, ma l’inventore/inventrice delle Mary Sue. Perché costui/costei (licenza poetica: andrebbero usati per indicare delle persone che si trovano vicine a chi parla, ma questa forma fa decisamente più scena in una frase) aveva voluto illudere i lettori, facendogli pensare che, qualunque azione ella compia, tutti i personaggi saranno benevoli con lei? Perché in ogni fanfiction di PotC che si rispetti, quando la protagonista, giunta dal nostro mondo, racconta a Cutler Beckett la verità questo gli crede, mentre quando ci prova la fan sfigata (alias Mary), no? Ma soprattutto, perché Cutler Beckett, invece di premiare il suo gesto coraggioso ed altruista, la fa pestare brutalmente da Mr. Mercer, rinchiudere in gattabuia per tre giorni di fila senza pane, né acqua (ma vi sembro il tipo da dieta? Nd: Mary. Guarda, l’unica notizia positiva della tua prigionia! Nd: Lucia!), pestare nuovamente, per poi concederle, finalmente il beneficio del dubbio?
La sua filippica contro le Mary Sue fu interrotta dall’inconfondibile cigolio della porta della sua cella, accompagnata dall’arrivo di due figure. Lo stupore nello scoprire che, per la prima volta da quando era arrivata, Mr. Mercer non era solo, aumentò notevolmente quando i suoi occhi si furono riabituati sufficientemente alla luce della torcia, per poter riconoscere Lord Beckett. Del resto era rimasta nell’oscurità più completa per quasi tre giorni. Era talmente terrorizzata all’idea che qualche ragno, topo o serpente avrebbe potuto penetrare nella sua prigione, senza che lei potesse vederlo, che aveva finito con l’agognare le visite del suo aguzzino. Dopo quella terribile esperienza era giunta alla conclusione che la sindrome di Stoccolma non derivasse da un amore fisico, quanto da quello platonico, nutrito per l’unico essere di sesso maschile a portata di mano che possa liberarti dalla piaga dei ragni. Se poi, costui, è pure forte e prestante, che ben venga: riuscirà a proteggerti anche dai serpenti.

‹‹Noto con sommo dispiacere che, nonostante le nostre gentili richieste, vi siate rifiutata di collaborare. Siete davvero così sicura che dei sudici pirati valgano il vostro sacrificio?›› la voce di Lord Beckett la riscosse dai suoi pensieri.
Maria Vittoria fu tentata di fargli notare che le loro non erano state esattamente delle “gentili richieste”, ma fu facilmente scoraggiata dalla debolezza causata dalla sete e dalla fame (immaginatevi una persona abituata a rimpinzarsi di salsiccia e cotechini che viene costretta ad un digiuno di tre ore. Lo troverà insopportabile… figurarsi se costretta a non toccare cibo per tre giorni!) e dall’ansia che ciò diventasse il pretesto per ricevere altre “legnate”. Si limitò, quindi, a rispondere: ‹‹Vi ho detto la verità››
‹‹Vi ostinate ancora a sostenere di essere magicamente apparse sotto il mio letto?››
‹‹La veridicità di quanto vi dico è sotto i vostri occhi. La mia versione coincide perfettamente con quella delle mie compagne. Tutti avete visto Marta comparire e scomparire sotto il vostro letto, e noi, sbucare dal nulla dopo che i vostri uomini hanno controllato che non vi fosse nessun altro. Credete nell’esistenza di Kraken, sirene e divinità marine, ma vi ostinate a non credere alla possibile esistenza di un’epoca futura. Se ciò che vi ho detto fin ora non vi ha convinto, allora ho perso le speranze di uscire da questa cella.›› Il bruciore della gola arida la costrinse al silenzio, sebbene avrebbe voluto che le sue ultime parole potessero essere ben più lunghe e convincenti.
Cutler Beckett non parve particolarmente compiaciuto dalle sue parole. Dopo tre giorni di dolore e privazioni si aspettava un atteggiamento decisamente più collaborativo da parte sua. Si avvicinò lentamente a lei, il fuoco nello sguardo e, proprio quando Mary pensò che l’avrebbe colpita, si voltò verso il suo sottoposto: ‹‹Mr. Mercer! Sollevatela››
(Anche a questo riguardo Maria Vittoria ne aveva lette di ogni, specie nella fanfiction scritte da americani e francesi. Ma com’era possibile che un lord inglese, deboluccio di costituzione sin dalla nascita, che non ha mai fatto dello sport in vita sua, alto appena un metro e mezzo, ulteriormente impedito dal tacco degli stivali, riuscisse a sollevare/impedire i movimenti a delle ragazze alte più di lui? Come al solito, non doveva farsi ingannare dal mito della Mary Sue e prevedere almeno queste evidenze)

‹‹Yes, my Lord›› gli rispose lui con fare ossequioso, per poi eseguire quanto comandato. “Gli manca solo l’inchino e poi è uguale spiccicato a Sebastian Micaelis” si ritrovò a pensare la ragazza, stupendosi da sola sul come riuscisse a fare ironia nonostante la scomoda posizione in cui si trovava. Mr. Mercer, infatti, invece di limitarsi a farla alzare in piedi, l’aveva afferrata per il collo (con una mano sola… ma chi è questo, Arnold Schwarzenegger?) ed attaccata al muro, ad un’altezza troppo elevata perché i suoi piedi potessero toccare terra. Mentre la vista le si annebbiava, si ritrovò a pensare, che la sua stretta sicura assomigliava in maniera incredibile a quella del suo istruttore. Si ricordò di quella volta in cui, dopo essere stata sorpresa a chiacchierare con il ragazzo che le piaceva durante la spiegazione di un esercizio, lui li aveva attaccati al muro nella stessa posizione, facendo venire un infarto ad entrambi. Che dolci ricordi! Che soavi memorie da rivedere prima di perdere i sensi!
L’unica consolazione era la sicurezza che almeno le sue amiche si trovassero in un luogo sicuro, adesso.
 
*****
 
Anno 1729, 26 aprile, h 23,00
Port Royal, Giamaica (Cella di Mary)
 

‹‹Ricordatemi perché invece di travestirci da marinai ed imbarcarci alla volta di Tortuga, come da copione, siamo dovute entrare in una taverna piena di uomini inquietanti che ci osservano come se fossimo dei cestini da picnic›› chiese Francesca, stufa di dover schiaffeggiare le mani di tutti quelli che pensavano che indossare una minigonna equivalesse a dire “potete toccarmi il fondoschiena”.
‹‹Perché Marta vuole giocare ai dadi e stringere qualche “patto vantaggioso solo per la sua parte” con qualche analfabeta abbastanza ingenuo da cascarci›› riassunse Lucia, tra uno sbadiglio e l’altro. Del resto, normalmente, a quell’ora dormiva già da un pezzo.
‹‹Ma non sarà pericoloso?›› insinuò Elisabeth, preoccupata per la sorte della nuova amica. Posti del genere godevano di una pessima reputazione e ciò era risaputo.
‹‹Nah, non conosci Marta… Talvolta sa essere più bastarda di quel gran figlio di p*****a di Tremotino››
‹‹Grazie, troppo gentili›› ridacchiò la chiamata in causa, per poi specificare ‹‹e comunque, dicendo così sembra che partecipi a delle bische clandestine…››
‹‹Ma non è quello che fai?››

‹‹Come siete fiscali… e comunque si tratta solo di un effetto collaterale. Se entro in un posto come questo è solo perché fiuto dei buoni affari, ciò che faccio per raggiungere il mio obiettivo è totalmente irrilevante›› ribatté mentre scuoteva il bicchiere con i dadi, sperando in una somma vincente. Non che lasciasse spazio a qualche dubbio, dato che stava utilizzando dei dadi truccati…
‹‹Speriamo solo che Mary stia bene›› aggiunse, abbassando lo sguardo.
‹‹Tranquilla, quella è Fantozzi: nulla può abbatterla›› cercò di rassicurarla Lucia, mentre si accoccolava su una botte di legno. Non era, certo, un letto, ma sempre meglio di quelle sudice sedie sgangherate che si trovavano all’interno del locale. Poteva capire che una ribelle come Marta non si facesse troppi problemi a prendervi posto, ma davvero non riusciva a capacitarsi del fatto che Francesca e perfino una donna di buona estrazione sociale come Elisabeth ne avessero avuto il coraggio. Se si fossero prese una qualche malattia non avrebbero avuto di che lamentarsi, dato che le aveva ammonite più volte al riguardo.

‹‹Ma Lord Beckett non scherza ed è disposto a tutto pur di ottenere le risposte che cerca›› gli fece notare Miss. Swann, a dir poco preoccupata. Quella ragazza non sembrava particolarmente sveglia, né pareva avere tutte le rotelle al proprio posto, anche se non sempre la follia è sintomo di fallimento. E di questo Jack Sparrow era un esempio lampante.
‹‹E di risposte ne otterrà anche di più con la nostra cara Mary… non so se l’avete notato, ma quella ragazza sa essere una mitragliatrice quando inizia a discorrere di storia, miti e leggende››
‹‹Hem, sì, ne avevo avuto il vago sentore›› confermò Elisabeth, in maniera educata.
‹‹Quindi, state tranquille: non le capiterà niente di male. E poi c’è pur sempre quel soldato con le rotelle fuori posto che l’ha presa sotto la sua ala protettiva››
Le altre non poterono fare a meno di ridacchiare all’ultima affermazione di Lucia. La tensione nell’aria svanì completamente, offuscata dall’ondata di allegria portata dalle risate e… dall’alcol (sottolineo che i personaggi in questione sono tutti maggiorenni).
 
*****
 
Anno 1729, 29 aprile, h 07,00
Port Royal, Giamaica (stanza interrogatori)
 
 

Un insieme indistinto di voci e passi concitati si udì nitidamente dal corridoio angusto su cui si affacciavano le stanze “segrete” utilizzate per gli interrogatori “segretissimi” che vertevano su questioni “arci segrete”. Ufficialmente, ne erano a conoscenza solo Lord Beckett, Mercer, un paio di uomini strettamente selezionati e il pastore (avranno pure loro la necessità di andare a confessarsi, qualche volta), nella pratica il fatto era di dominio pubblico. Ciò spiega perché persino un uomo ricco di virtù come il tenente Groves sapesse dove trovare Lord Beckett per metterlo al corrente degli sviluppi della faccenda “4 fanciulle evase”.
Memori dello scorso incidente che aveva avuto luogo nello studio di Beckett, il Lord si precipitò ad aprire la porta, mentre Mercer lasciò la presa sulla ragazza e accorse al fianco del suo signore, pronto a difenderlo a cosato della vita. Invero, all’interno della stanza non vi era nulla che potesse essere “travolto” o danneggiato dall’invasione longobarda dai soldati irrequieti, ma, come dice il proverbio, “sempre meglio prevenire che curare”.
Non trovando nulla da “travolgere” e che, dunque, rallentasse la loro avanzata, i soldati finirono inevitabilmente contro il muro, dove, ahi lei, si trovava la nostra sfortunata protagonista. Maria Vittoria non fece nemmeno in tempo a smettere di tossire e rimettere a fuoco ciò che la circondava, che fu travolta e schiacciata dal peso di cinque uomini (per inciso, gli stessi dell’incidente nell’ufficio di Lord Beckett), i quali nemmeno si accorsero della sua presenza. La ragazza fu, dunque, lasciata al suo destino, mentre i diligenti soldatini si affrettavano a porgere le proprie scuse al loro superiore per l’irruenza con cui si erano presentati.
‹‹My Lord, non posso fare altro che porgerle nuovamente le mie scuse per la mancanza di compostezza e disciplina che abbiamo appena mostrato.›› pronunciò Theodore Groves, sinceramente contrito.

‹‹Non importa. Quale faccenda è di tale importanza da richiedere la mia attenzione durante un interrogatorio?›› Cutler Beckett volle tagliare i convenevoli, in modo da centrare subito il nocciolo della questione. Il termine “interrogatorio” ebbe, tuttavia, l’effetto di ritardare ancora di più il referto della reale problematica.
‹‹Interrogatorio? Non sapevo che avessimo dei prigionieri da inter…›› il dubbio espresso da Groves fu confermato dall’urlo di Gillette: ‹‹Buon Dio, che le avete fatto?››.
Il tergiversare di Beckett e Mercer non fece altro che confermare i sospetti del tenente, che ormai aveva riconosciuto nella ragazza rannicchiata a terra la sua protetta.
‹‹Ch-che cosa avete fatto alla mia bambina?›› domandò con voce tremante, mentre le si avvicinava con passi incerti. Era dimagrita visibilmente dall’ultima volta in cui l’aveva vista (Come fa ad essere dimagrita a tal punto in tre giorni scarsi? Nd: tutti. Zitti, voi non potete capire: queste sono cose di cui solo un genitore si può rendere conto! Nd: Gillette. Per l’ennesima volta, Gillette, quella non è tua figlia! Nd: Groves), volto e braccia erano costellate di tagli poco profondi e lividi di ogni forma e colore ed era visibilmente pallida ed affaticata. “Se il solo guardarmi in faccia gli causa questa reazione, non oso pensare cosa accadrebbe se vedesse i lividi che ho su gambe e torace” si ritrovò a pensare Mary e l’dea le suscitò un vago sorriso. Cercò, comunque, di evitare di spaventare ulteriormente l’unica persona che, da quando era arrivata in quel mondo, le aveva dimostrato dell’affetto.
‹‹No-non vi preoccupate. No-non è niente, davvero›› cercò di rassicurarlo lei.
‹‹Non riuscite nemmeno a reggervi in piedi senza appoggiarvi alla parete e le vostre gambe stanno tremando… come fate a dire che non è niente?!›› la interruppe lui, l’ultima frase pronunciata quasi urlando mentre si rivolgeva ai due colpevoli.

‹‹Si calmi, tenente. Non è stato fatto nulla che non fosse necessario.›› la voce perfettamente calma di Cutler Beckett non fece altro che accrescere la sua ira.
‹‹Ho chiesto che cose le avete fatto!›› riprese a ringhiare Gillette, per nulla soddisfatto dalla risposta ricevuta.
‹‹Cercate di calmarvi: indipendentemente da ciò che è accaduto non potete permettervi di rivolgervi in maniera tanto irrispettosa ad un nostro superiore›› cercò di placarlo, invano, il collega.
‹‹Calmarmi? Come posso clamarmi se non so nemmeno che cosa hanno osato farle?››
‹‹Che c’è, gillette, la sindrome di “padri-per-caso” ti impedisce di vedere l’evidenza?›› lo prese in giro il ragazzo biondo ‹‹cosa vuoi che possa succedere tra due uomini ed una ragazza in una stanza buia ed isolata?››.
Gillette sbiancò notevolmente, rischiando seriamente lo svenimento. Onde evitare che il suo “angelo custode” raggiungesse effettivamente il regno dei cieli, causa infarto secco, Maria Vittoria si apprestò a negare: ‹‹Ma no: mi hanno solo picchiata ed affamata: niente di irreparabile››

Se prima Gillette aveva solo rischiato l’infarto, ora quest’ipotesi non era poi così campata per aria. Il poveretto si accasciò per terra, premendosi una mano sul petto, ma fu subito soccorso dal biondino, colto da profondi sensi di colpa.
‹‹Se è vero quello che dici, allora perché hai ancora il fiatone?›› insinuò un altro, vagamente divertito dall’evolversi della situazione.
‹‹Perché il signor Mercer mi stava strangolando, ma si è dovuto interrompere per via del vostro arrivo›› accortasi che Gillette, dopo essere rinvenuto per puro miracolo, si era nuovamente accasciato a terra, tentò, invano, di rimediare: ‹‹Ma non ha fatto apposta: è stato un incidente… gli è scivolata la mano… E comunque, io sto benissimo, dico davvero. Cioè, per una che ha appena rischiato di morire direi che potrei anche essere considerata in piena salute… a parte le costole. Quelle non le sento più da due giorni… ma non è poi così grave. E poi le costole non possono essere medicate: si aggiustano da sole, non è meraviglioso? Così non dovrete nemmeno perdere tempo a medicarmi… Ok, la smetto›› finì, rendendosi conto che gli svarioni causati dall’agitazione non giovavano affatto alla sua causa.
‹‹Oh mio Dio, mandate a chiamare un medico, presto! La signorina ha bisogno di cure urgenti: non sa più quello che dice›› il buon Groves prese in mano la situazione.
‹‹Ma vi assicuro che sto benissimo››

‹‹Possiamo… occuparci dopo di queste faccende burocratiche (ma certo, si tratta solo di una vita umana, cosa vuoi che sia. Nd: me) e parlare di questioni più serie?›› Lord Beckett richiamò l’ordine.
‹‹Certo, signore››si fece avanti il ragazzo biondo (un altro che comprende subito quali siano le priorità. Nd: me) ‹‹Le quattro fuggitive sono state avvistate ieri sera a Tortuga, secondo le fonti sono entrate in tutte le taverne dell’isola ed hanno battuto ogni singolo pirata nei giochi dei dadi, delle carte e nelle scommesse sulle lotte dei galli. Si sono imbarcate su una nave pirata in compagnia di una ciurma di disperati. E non è tutto… insieme a loro c’è anche Jack Sparrow>>
‹‹Siete certi che si tratti di loro?›› volle indagare il Lord, che poco si fidava delle “fonti” a cui i soldati sostenevano di appellarsi (la famosa perpetua che aveva dato del filo da torcere a Mercer il giorno del matrimonio di Will ed Elisabeth).
‹‹Erano quattro donne che si muovevano da sole, una indossava un abito da sposa e le altre degli strani indumenti attillati. Quando un gruppo di uomini ubriachi ha tentato di arrecargli violenza la sposa li ha minacciati e questi si sono spaventati, nessuno sa il perché (Elisabeth è la vera Mary Sue). La rossa era talmente ubriaca che ha tentato lei stessa di approfittarsi degli uomini. La ragazza bionda con un fisico da Venere (all’epoca non avrebbero, certo detto “con un fisico da modella/da paura” e così discorrendo) ha cacciato un urlo talmente forte da rompere vetri, crepare le pareti e stordire dei pipistrelli. La mora si è addormentata. La descrizione corrisponde?››
‹‹S-sì›› emise flebilmente Mary, prima di svenire, causando, a sua volta, il terzo svenimento di Gillette. Quest’ultimo, prima di perdere i sensi, ebbe ancora la forza di dire: ‹‹Ma… aveva appena detto di stare bene…››

“Che soggetto” si ritrovò a pensare Mercer, mentre nascondeva un ghigno a metà tra il malevolo ed il divertito. Quella ragazza non aveva praticamente emesso un suono durante il pestaggio e lo strangolamento, sebbene in quest’ultimo avesse mostrato evidenti segni di panico, per quanto possibile data la sua condizione. Che temesse la morte per soffocamento? Interessante… ne avrebbe certamene tenuto conto nel caso in cui avesse avuto necessità di ottenere nuove informazioni da lei. Dopo tutto, strangolare è un metodo decisamente più semplice e silenzioso del “pestaggio”.
Ad ogni modo, tornando al punto focale della questione, in quei giorni si era spesso domandato come una ragazza con un corpo così fragile (Per uno con l’esperienza di Mercer non era stato difficile capire che, nonostante la corporatura “massiccia”, il corpo di Maria Vittoria non era affatto resistente) riuscisse a sopportare così bene il dolore fisico causato dalle percosse ed aveva pensato che potesse nascondere una grande forza spirituale. Lo svenimento in stile “dama dell’ottocento”, invece, aveva confutato questa teoria, portandolo, dunque, alla conclusione che la suddetta ragazzina avesse qualche rotella fuori posto.
Se quando gli era stato affidato l’incarico di occuparsi di lei, lo aveva ritenuto un’inutile perdita di tempo, ora l’idea non gli dispiaceva particolarmente. Non vedeva l’ora di scoprire come il suo cuoricino reagito ai vari esperimenti a cui si sarebbe curato di sottoporla.
Si prospettava un periodo estremamente interessante.
 
*****
Anno 1729, 29 aprile, h 18,00
Port Royal, Giamaica (stanza che potrebbe corrispondere alla nostra infermieria)
 

La prima cosa che Maria Vittoria vide, non appena aperti gli occhi, fu la luce. Poi mise a fuoco la vista e se rese conto che era solo il riflesso del lampadario di cristallo sulla lama di un pugnale che il signor Mercer stava lucidando con cura. Per un attimo, si sentì rassicurata da quella vista e si laciò sfuggire un sorriso sollevato; dopo tutto, se lui era lì, significava che non era ancora morta. Per il momento, per lo meno.
Nello stesso istante in cui formulò quel pensiero, tuttavia, fu travolta da un turbinio di ricordi negativi. In primis la loro cattura, i bambini che piangevano, i giorni di prigionia, il dolore, il buio, la paura e, per ultima, la notizia delle sue amiche imbarcate con una ciurma di pericolosi criminali. Come potevano essere state così imprudenti da fidarsi dei pirati? Lucia e Francesca avevano visto i film: sapevano che lo scopo di Jack Sparrow era unicamente quello di raccogliere un numero di anime sufficienti per poter saldare il suo debito con Davy Jones. Dunque, per quale motivo avevano scelto di seguirlo? Eppure dovevano essersi rese conto anche loro del fatto che la realtà in cui si erano trovate catapultate era ben più cupa di quella rappresentata dalla Disney. Ed ora come avrebbe fatto a trovarle? Perfino nella loro epoca sarebbe stato praticamente impossibile rintracciare una nave di pirati, figuriamoci nel ‘700, dove ciò che più assomigliava alla polizia era la milizia britannica, strumentalizzata in maniera quasi imbarazzante dagli uomini di potere dell’epoca. Per quanto si sforzasse, non riusciva a pensare a nulla che le avrebbe potuto permettere di salvarle.

In breve fu sopraffatta dalle emozioni che in tutto quel lasso di tempo aveva cercato di sopprimere. Se prima sentiva di doversi dimostrare forte per proteggere le compagne, ora che queste erano si trovavano in serio pericolo, non aveva più alcun motivo per cui resistere. Calde lacrime le solcarono il volto, mentre iniziava a tremare in maniera incontrollata. I suoi occhi, resi più chiari dal pianto e dalle dure prove a cui era stata sottoposta negli ultimi giorni, vagarono distrattamente per la stanza, fino a posarsi sulla figura seduta poco distante dal suo letto.
Mr. Mercer parve accorgersi solo in quell’istante del suo risveglio. Con estrema lentezza, ripose il pugnale nella fodera e si alzò dalla sedia di vimini su cui era seduto scompostamente, apprestandosi ad accertarsi delle sue condizioni, per poi poterle riferire a Cutler Beckett.
Mary, vedendolo avanzare cercò, istintivamente di scendere dal letto per allontanarsi, ma il panico crebbe, quando si rese conto di avere un polso incatenato alla spalliera del letto. Terrorizzata, iniziò ad indietreggiare il più possibile, fino a trovarsi con il corpo premuto contro la spalliera. Provò ad alzarsi in piedi, dato che l’idea di stare seduta di fronte ad un colosso tanto alto non faceva altro che accrescere le sue insicurezze, ma la catena troppo corta glielo impedì. Sconsolata, si rannicchiò nell’angolo estremo del letto, stringendo le coperte con forza, quasi fossero la sua ragione di vita.

“Dopo tutto Gillette non aveva tutti i torti: sembra davvero una mocciosa”, si ritrovò a pensare Mercer, notando l’atteggiamento infantile di pensare di potersi riparare dal male, nascondendosi sotto le coperte. Vederla così fragile ed indifesa non fece altro che accrescere il suo desiderio di portarla ai limiti estremi della sopportazione. Un ghigno malevolo si dipinse sul suo volto, mentre si avvicinava ulteriormente, con l’intento di spaventarla ulteriormente. Inizialmente aveva progettato di accertarsi rapidamente delle sue condizioni, avvertire Lord Beckett del suo risveglio e, poi, godersi, finalmente, qualche ora di meritato riposo. Dopo tutto, trascorrere quasi undici ore chiuso in una stanza a fare da balia ad una ragazzina non era stato, certo, il motivo per cui si era arruolato nella marina britannica.
La piega interessante che la situazione stava assumendo, tuttavia, lo spinse a concedersi un po’ di tempo per divertirsi a terrorizzarla. Dopo averla osservata per alcuni giorni, aveva capito che, prima o poi, avrebbe ceduto, ma non si sarebbe mai aspettato che il crollo emotivo sarebbe giunto in un momento come quello. “E’ davvero una ragazza piena di sorprese” ghignò, soddisfatto.
In effetti, ora che ci pensava, l’unico momento in cui tollerava la voce di una donna era quando piangeva ed implorava pietà in maniera straziante. Che suono soave! (Ok, oltre ad essere maschilista e misogino, è anche uno psicopatico. Nd: tutti)

Non fece, però, in tempo a dire nemmeno “Boo!”, che la porta si spalancò, cigolando sui cardini (Un’altra? Ma non sono in grado di fare un po’ di manutenzione questi uomini? Lord Beckett pretende di controllare il mondo, quando non sa nemmeno prendersi cura della propria abitazione… promette bene! Nd: me). Il tenente Groves e Mr. Davis, messi in allarme dal suono del pianto della fanciulla, non ci pensarono due volte, prima di intervenire. I due erano rimasti seduti per ore su una panca appena fuori dalla stanza, pronti ad intervenire nel caso in cui qualcosa fosse andato storto. Groves si era offerto di vigilare, in quanto il suo animo nobile non riusciva a perdonarsi il non essersi accorto delle sofferenze patite da un’innocua fanciulla. Mr. Davis, invece, era stato praticamente minacciato costretto dal suo capo, dato che quest’ultimo si trovava ancora in ospedale, con prognosi riservata. I medici non erano stati ancora in grado di stabilire se sarebbe riuscito a riprendersi dai multipli shock subiti in precedenza e Michael Davis non se l’era sentita di deludere i desideri di un uomo distrutto. Inoltre, era curioso di capire cosa potesse aver spinto Lord Beckett ad interessarsi tanto ad una ragazzina chiacchierona e priva di qualità.
Non appena entrati, si trovarono di fronte una fanciulla sotto shock, in preda alle lacrime ed ai tremiti. Gli occhi, con le pupille dilatate ai limiti estremi, non riuscivano a staccarsi dalla figura di Mercer, quasi temesse che, non appena avesse sbattuto le palpebre, avrebbe continuato ciò che non era riuscito a portare a termine l’ultima volta. Il pallore dell’incarnato contribuiva ad evidenziare i tagli ed i lividi che le costellavano il corpo, rendendola a stento riconoscibile. I nostri due cavalieri, a dire il vero, l’avrebbero scambiata per un'altra, se non fosse stato per la folta criniera castana che la caratterizzava.

Dopo un attimo di disorientamento, Theodore Groves cercò di prendere in mano la situazione: ‹‹Buon Dio! Mr. Mercer, smettetela di avvicinarvi, vi prego: non vedete che la state terrorizzando?››
‹‹Lord Beckett mi ha espressamente ordinato di sorvegliarla personalmente, quindi vedi di starne fuori, tenente, specie se tieni alla tua posizione›› pronunciò Mercer, con tono piatto, sebbene i suoi occhi esprimessero tutt’altre emozioni.
A quelle parole Groves tentennò per un momento. Non era tanto preoccupato per la minaccia in sé, quanto per il fatto che opporsi apertamente agli ordini di un superiore andava contro tutti i principi in cui aveva sempre creduto fermamente. Ciò nonostante, non poteva ignorare la tacita richiesta di aiuto che una fanciulla indifesa gli stava inviando attraverso gli occhi. Che fare?
Il suo dilemma si risolse grazie a Mr. Davis che, pur essendo molto più basso in grado, non ebbe remore nel manifestare le sue remore in merito ai metodi utilizzati con la ragazza. ‹‹E Lord Beckett vi ha anche ordinato di incatenarla al letto e terrorizzarla ulteriormente?›› commentò ironicamente, per poi precisare: ‹‹Non che mi importi qualcosa di questa ragazza, ma non posso credere che degli uomini che si definiscono “gentiluomini” o “uomini d’onore” si comportino in maniera tanto indegna››.
‹‹Signor Davis, devo, forse, intendere che stiate mettendo in discussione l’operato di Lord Beckett?›› la voce di Mercer stava iniziando a perdere il suo caratteristico tono neutro e distaccato. Era famoso per la sua immensa pazienza (nel senso del detto “la vendetta è un piatto che va consumato freddo”), ma se c’era una cosa che non riusciva proprio a tollerare era la mancanza di rispetto nei confronti del suo padrone.
‹‹Nessuno sta mettendo in dubbio le sue buone intenzioni, ma deve capire che…››

Groves smise di ascoltare il battibecco nel momento in cui prese la sua decisione. Si avvicinò al letto con passi lenti e cadenzati, sorridendole in maniera rassicurante, quasi stesse avendo a che fare con un gattino spaventato. Una volta assicuratosi che non si sarebbe spaventata ulteriormente, fece cenno al compagno di procedere. Quest’ultimo smise di battibeccare e prese a ghignare, soddisfatto della presa di posizione del suo superiore. Senza perdere tempo, sfoderò la spada ed utilizzò la lama per rompere la serratura della corta catena che la teneva bloccata. Come fu libera, il tenente la prese tra le braccia, o almeno ci provò… A quanto pare il digiuno forzato non era stato sufficiente a farle perdere i chili in eccesso.
Ad onore del vero, Maria Vittoria non era, certo un fuscello, ma non era nemmeno un “obbesoide”, come soleva definirsi in maniera scherzosa. Tuttavia, bisogna anche tener conto del fatto che l’allenamento medio di un fante della marina britannica dell’epoca era quasi inesistente, fatta eccezione per l’arte della spada (che ricordiamo essere il modello più leggero mai utilizzato nella storia dell’uomo. Perfino i crociati dovevano avere più muscoli di loro… e stiamo parlando del medio evo, tacciato da buona parte degli storici come “epoca oscura”… siamo messi bene, non c’è che dire!). Tutto considerato, ci sarebbe stato da stupirsi se ci fosse riuscito. E Mary sembrò pensarla allo stesso modo, dato che riacquisendo un minimo di lucidità gli sussurrò un: ‹‹Tranquillo, peso quanto un pachiderma in dolce attesa. Se ci fossi riuscito avrei dovuto preoccuparmi›› e gli fece intendere che sarebbe riuscita a camminare.

Nonostante la rassicurazione, Theodore si sentiva irrimediabilmente in colpa nei suoi confronti. Quale uomo dotato di un minimo di civiltà avrebbe compiuto, seppur involontariamente, un gesto che avrebbe potuto compromettere la dignità di una donna?
Cercò, quanto meno, di rimediare al proprio errore porgendole il braccio ed aiutandola a sorreggersi lungo il breve tragitto che separava la stanza in cui si trovavano dall’ufficio di Lord Beckett. Aveva, infatti, pensato che la scusa di portarla al suo cospetto per essere nuovamente interrogata sarebbe stata la soluzione migliore per spiegare il perché l’avessero sottratta alle attente cure di Mercer. Se l’idea non avesse funzionato, che il Signore gliela mandasse buona! Con tutto il rispetto per la sua carica, ma la sua statura non particolarmente significativa non gli impediva di urlare al pari di una combriccola di pirati ubriachi.
 
*****
 
Anno 1729, 29 aprile, h 21,30
Port Royal, Giamaica (ufficio di Lord Beckett)
 
 

‹‹Vi giuro che non ne sapevo niente!›› SIG, SOB!
‹‹Tranquilla, ti crediamo››
‹‹Sono veramente mortificata›› SIG, SOB, SOB!
‹‹Sì, ti capiamo››
‹‹Come potevo anche solo immaginare che…›› SIG, SIG!
‹‹Nessuno avrebbe potuto prevederlo››
‹‹Scusatemi… non riesco a smettere di piangere, ma sono davvero preoccupata per le mie amiche›› SIG!
‹‹E’ del tutto comprensibile››
‹‹Se solo potessi tornare indietro nel tempo…›› SOB!
‹‹Ti saresti fatta giurare che non sarebbero mai e poi mai scese a patti con dei pericolosi criminali››
‹‹Esatto… Sapete, è davvero un piacere parlare con voi. Mi dite esattamente ciò che vorrei sentire e a volte ho quasi l’impressione che riusciate a completare le mie frasi. Qual è il vostro segreto?›› domandò Maria Vittoria, dopo essersi finalmente calmata.

‹‹Oh, beh, ecco… deve essere uno degli effetti collaterali del nostro addestramento›› divagò Mr. Davis, dopo averle passato un altro fazzoletto di stoffa per asciugarsi le lacrime. Davvero non se la sentiva di farle notare che, dopo averle sentito ripetere le stesse cose per tre ore e mezza, era normale che se le ricordassero a memoria. Ancora non riusciva a capacitarsi di come una fanciulla così fragile e sensibile potesse essere la stessa persona che, nei giorni precedenti, aveva sopportato la prigionia senza mostrare alcun segno di cedimento. Non era scientificamente possibile.
Theodore Groves, dal canto suo, cercava di assisterla come meglio poteva, ma la sua inesperienza in materia femminile era lampante. In più, da quando Mary l’aveva abbracciato, ringraziandolo per averla sottratta alle gentili cure di Mercer, non era più riuscito a spiccicare parola. Il rossore che era apparso sulle sue gote si era, ormai, eclissato, ma non era ancora riuscito a riacquisire padronanza delle proprie facoltà mentali. “E’ ora che si trovi una ragazza!” pensò Michael Davis, ancora incredulo di trovarsi in una situazione del genere.

Perfino Lord Beckett, solitamente così altero ed amante della disciplina, non si era scomposto quando erano entrati con la ragazzina piangente e tremante. Aveva atteso in silenzio che smettesse di piangere, occupando il tempo leggendo e compilando i documenti che Mr. Mercer gli passava diligentemente (sarebbe stato un’ottima segretaria. Nd: Marta). Non appena si fu accertato che la ragazza fosse in grado di affrontare una discussione, fece cenno ai soldati di lasciare la stanza, Questi, memori del trattamento subito dalla poveretta (e dalle tre ore e mezza di sostegno morale che avevano dovuto offrirle), furono costretti ad obbedire, seppur riluttanti. Maria Vittoria si ritrovò, quindi, da sola al cospetto di Cutler Beckett e Mr. Mercer. Se non avesse utilizzato tutte le sue energie per piangere e disperarsi, avrebbe anche potuto ricominciare a tremare, in preda al panico.

‹‹Ora che vi siete calmata, possiamo parlare di questioni più importanti›› constatò Cutler Beckett, dopo averle fatto segno di prendere posto sulla sedia di fronte alla sua scrivania.
Mary si costrinse ad obbedire, seppure la vocina della sua coscienza le stesse gridando di scappare lontana un miglio, altro che avvicinarsi. Tuttavia, non trascorsero nemmeno tre secondi che se ne pentì amaramente: Mr. Mercer, infatti, si era velocemente spostato dietro di lei, posando le mani sulle sue spalle con fermezza. Ora non avrebbe potuto alzarsi nemmeno se avesse voluto e, come se non bastasse, l’idea che quelle mani fossero così vicine al suo collo le provocò una morsa alla bocca dello stomaco, accompagnata da brividi e sudori freddi.
Onde evitare di riscoppiare a piangere come una disperata, si impose di fare respiri profondi e concentrarsi sulle parole del Lord.
‹‹In questi giorni ho avuto modo di riflettere sulla vostra situazione e, sono giunto alla conclusione che vi è almeno una probabilità su dieci che ci abbiate detto la verità, riguardo la vostra identità››
‹‹Scusate se mi permetto, ma l’ultima volta non mi avevate detto esattamente il contrario?›› disse, per poi portare le braccia al volto, come se si aspettasse di essere colpita da un momento all’altro. Vedendo che, però, dopo dieci secondi, non le era ancora capitato nulla di male, si arrischiò ad abbassare la guardia ed aprire gli occhi. Notando il sopracciglio alzato di Cutler Beckett, si affrettò a spiegare: ‹‹Scusate, era solo una forma di prevenzione. Sapete, di la gente cerca di picchiarmi o di lanciarmi addosso degli oggetti contundenti, quando pongo delle domande scomode.››

Lord Beckett e Mercer si scambiarono un’occhiata stranita, ma poi, ritenendo che fosse più saggio non fare altre domande, il più giovane si limitò a risponderle: ‹‹Gli unici elementi che avevo prima erano la testimonianza di un manipolo di uomini, che avrebbero anche potuto essere stati ingannati dal buio, ed il fatto che la vostra versione coincidesse con quella delle vostre amiche. Per quanto ne sappia, avreste anche potuto studiarla a tavolino in modo da confondere le nostre ricerche. Ciò che mi ha convinto a darvi una chance è stato il vostro crollo emotivo di stamane. Dubito che un attore avrebbe potuto fingere di piangere per più di tre ore››. L’uomo calcò volutamente sulle ultime parole, ma Mary sentì, in qualche modo, di meritarsi la frecciatina. Erano anni che non mostrava un comportamento così indegno in privato, figurarsi di fronte a degli sconosciuti.
‹‹Sono giunto, quindi alla conclusione di potervi concedere il beneficio del dubbio››
‹‹Ovvero?›› domandò lei, timidamente, dato che l’uomo non pareva propenso a fornirle delle spiegazioni dettagliate.
‹‹Vi concederò un tentativo. Sarete condotta nuovamente nella stanza in cui siete magicamente apparse e, se riuscirete, effettivamente, a tornare nel luogo da cui siete giunte, saprò che avete raccontato la verità››
Maria Vittoria si concesse alcuni minuti per riflettere sul da farsi. Per quanto il desiderio di tornare a casa al sicuro le attanagliasse il petto, sapeva di non poter tornare indietro senza le sue amiche. Se le avesse lasciate indietro per codardia, non se lo sarebbe mai perdonata. Si costrinse, dunque a rispondere, sperando che non se ne avesse a male: ‹‹Vi ringrazio per la vostra generosa offerta, ma sono costretta a rifiutare››

‹‹Ammettete, dunque, di aver mentito?›› chiese Cutler Beckett, con tono stranamente calmo.
‹‹Niente affatto: vi abbiamo detto la verità. Posso darvene una dimostrazione in qualunque momento, ammesso che vogliate concedermi la possibilità. Il motivo per cui mi trovo costretta a reclinare la vostra offerta è che non posso lasciare indietro le mie amiche, anche se sono consapevole di non avere nemmeno una possibilità su un milione di riuscire a trovarle›› nel pronunciare le ultime parole, Mary abbassò il capo, con aria sconfitta. Non si era mai sentita tanto inutile in vita sua.
Stranamente, Cutler Beckett, annuì, comprensivo e le fece una proposta che non si sarebbe mai aspettata dall’uomo che l’aveva trattata così duramente, fino a poche ore prima: ‹‹Mi rendo conto, ma a tutto c’è un rimedio…›› fece una breve pausa per assicurarsi di aver catturato la sua attenzione, dopo di che riprese ‹‹Le probabilità di trovare tre fanciulle imbarcate su una nave in continuo movimento, con gli strumenti ed i mezzi che abbiamo a disposizione in questo periodo, sono quasi pari a zero per chiunque. A meno che…›› anche qui si prese del tempo per osservare le reazioni della sua interlocutrice.
‹‹A meno che?›› gli fece eco lei, che proprio non capiva dove volesse andare a parare.
‹‹A meno che questa persona non abbia il controllo di tutte le rotte commerciali esistenti e, guarda il caso, io sono quel qualcuno… è il vostro giorno fortunato››
Mentre la sua mente sconvolta cercava di elaborare le nuove informazioni ricevute, si trovò ad obbiettare (col pensiero, non sia mai che se ne abbia a male e cambi idea. Nd: Mary): “Ma non è il Governatore della Compagnia delle Indie Orientali? Non dovrebbe poter monitorare solo le zone direttamente assoggettate alla sua sfera di influenza? Che la rete di spie di Cutler Beckett fosse ancora più estesa di quanto si aspettasse?”. Onde evitare di porre altre domande scomode, si limitò a fargli notare, timidamente, che, per quanto apprezzasse il suo cortese gesto, non capiva per quale motivo un uomo così impegnato avrebbe avuto motivo di aiutare una sconosciuta.

‹‹Dovete sapere che sono un appassionato di storia, culture e leggende di popoli antichi e lontani. Se quanto mi avete raccontato è vero, nel vostro mondo sono state date risposte a molte questioni che nella mia epoca non possono essere risolte… non so se mi spiego›› le rispose Beckett, con tono eloquente.
“Ha proprio lo guardo del classicista disperato, non c’è che dire” rifletté Mary, trattenendo a stento un sorrisetto divertito, nel vedere il luccichio dei suoi occhi sognanti. ‹‹Quindi, se ho capito bene, mi state proponendo di aiutarmi nella ricerca delle mie amiche in cambio di informazioni su reperti archeologici antichi? Davvero la conoscenza è così importante per voi?››
‹‹Più di qualsiasi altra cosa›› le sue parole lasciarono ad intendere che, per la conoscenza avrebbe anche potuto recidere delle vite, senza alcun rimpianto. “E’ davvero un classicista disperato!” pensò con gioia (Capito, genitori? Se impedite a vostro figlio di dedicarsi agli studi classici questo potrebbe trasformarsi in un pericoloso killer… uomo avvisato, mezzo salvato).
‹‹E poi, trattandosi di zone che faccio controllare regolarmente, l’unico “lavoro”, se così si può chiamare, che dovrò compiere sarà scrivere due righe in cui chiedo di trovarle e spedirmele a Port Royal›› aggiunse, sogghignando.
‹‹Davvero lo fareste?›› domandò Maria Vittoria, la faccia sempre più simile a quella di una bambina a cui viene promessa in regalo una bambola delle Winx.
‹‹Vi do la mia parola›› confermò con un tono serio che non lasciava alcun dubbio al riguardo.

In un qualsiasi altro momento, si sarebbe posta mille domande ed ipotizzato altrettanti scenari nefasti sul se avesse accattato quello che aveva tutta l’aria di essere un patto col Diavolo. Ritenne, tuttavia, di essere troppo influenzata dagli “scambi” che proponeva Marta, figlia nascosta di Tremotino, a Monopoli. Se a ciò aggiungiamo l’euforia provata nel momento in cui si rese conto che per le sue amiche c’era una speranza, si può comprendere il perché iniziò a strillare: ‹‹GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! GRAZIEEE!››, sprizzando gioia da tutti i pori. In un attimo di distrazione di Mercer, riuscì perfino a liberarsi dalla sua presa ferrea, scavalcando la scrivania (un vero classicista non salterebbe mai su un tavolo antico, col rischio, per altro, di rovinare i preziosi libri che vi si trovavano sopra) ed abbracciandolo con energia. L’azione non prevista sconvolse i due uomini presenti in sala che non riuscirono, dunque, a reagire al suo repentino cambio d’umore. Cutler Beckett, tra l’altro, come Theodore Groves e la maggior parte dei soldati scapoli del loro reggimento, non aveva alcuna esperienza in campo femminile.
Resasi conto di aver appena traumatizzato un’altra persona, Mary si staccò dal Lord Inglese e, nell’arco di due decimi di secondo era già tornata al suo posto, seduta composta, come se nulla fosse mai accaduto.
‹‹Hem, hem… volevo dire: vi sono molto riconoscente.›› disse, dopo aver simulato un paio di colpi di tosse.
‹‹N-non c’è… di che›› riuscì a formulare, dando fondo a tutta la sua buona volontà per superare lo stato di shock in cui quel gesto avventato lo aveva sprofondato. Si ripropose di approfondire meglio le strane usanze del luogo da cui provenivano quelle strane ragazze, qualora ne avesse avuta l’occasione.

‹‹Allora, se foste così gentile da scrivermi quali sono gli argomenti che vi interessano maggiormente, una volta tornata nel mio mondo posso fare qualche ricerca. Non vi preoccupate se ora non vi viene in mente niente: potete farmelo sapere quando vole…›› non fece in tempo a terminare la frase che una pila di fogli, alta pressappoco 90 centimetri, fu schiantata sulla scrivania. Come non detto.
‹‹Ho scritto solo le prime cose che mi sono venute in mente, ma non temete, non appena avrò un po’ di tempo cercherò di stilare una lista più completa›› la “rassicurò” lui, raggiante.
“Se questi sono solo appunti approssimativi, sono curiosa di sapere che cosa intende per lista “più” completa” si ritrovò a pensare lei, stampandosi il palmo della mano destra sulla faccia. Ecco che cosa aveva da fare di così urgente in quei tre giorni in cui l’aveva rinchiusa in quell’orrida stanza buia. Era davvero senza parole. Si costrinse, comunque, a sfoggiare un sorriso educato ed a rassicurarlo: ‹‹Vedrò cosa posso fare. Entro domani sera al più tardi le porterò i primi risultati delle mie ricerche››
‹‹Ottimo! Allora, direi che ora abbiamo un accordo›› esultò lui, emozionato all’idea di quante meraviglie della conoscenza avrebbe potuto scoprire grazie alla sua nuova “miniera d’oro”.
‹‹Sì, signore… e grazie›› annuì Mary, sinceramente grata.
‹‹A cosa devo questo “grazie”? Se è per le vostre amiche, sappiate che nemmeno io ho la certezza di riuscire a recuperarle vive, non so se mi spiego››
‹‹Ne sono perfettamente consapevole, ma è anche vero che se non fosse per voi non avrei nemmeno una possibilità su un milione di riuscirci. Avrebbe potuto anche solo obbligarmi a recuperare le informazioni che le servivano, senza promettermi nulla in cambio, ma non l’ha fatto. Quindi non posso fare altro che ringraziarla per la possibilità che mi sta offrendo.››
‹‹Siete una donna strana… ci sono donne che mi hanno maledetto per molto meno… Voi, invece, mi ringraziate?››
‹‹Può darsi, ma per come la vedo io, è già un miracolo che non ci abbia fatte uccidere tutte e quattro, dopo l’incidente di quattro giorni fa›› disse, sottolineando le ultime parole, con tono eloquente.
‹‹Preferirei non parlarne più›› si limitò a dire lui, e la sua espressione sconvolta non fece altro che rendere ancor più manifesto il suo desiderio di dimenticare.

‹‹Capisco›› annuì Mary, comprensiva, per cambiare velocemente argomento: ‹‹Allora è tutto a posto? Posso tornare a casa?››
‹‹Ma certamente››
‹‹Oh, grazie infinite Lord, egregio, onnipotente, signore! L’ho sempre detto che lei era una persona ragionevole…›› ricominciò a saltellare sul posto, accantonando definitivamente l’idea di mantenere una parvenza di persona morigerata e contenuta.
‹‹Ma ad una condizione›› aggiunse, col suo solito tono pacato, per poi sfoggiare un sorrisetto malefico degno di un serial killer: ‹‹Mr. Mercer verrà con te.››
‹‹COSA?!?!?›› se Maria Vittoria non cadde a terra, fu solo perché il chiamato in causa la afferrò prontamente, per poi afferrarla saldamente per un braccio ed iniziare a camminare verso la porta dell’ufficio.
‹‹Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi››.
Quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nei giorni precedenti.
 
 
“Da qualche parte, qualcosa di incredibile attende di essere conosciuto.”
(Carl Sagan)
  
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