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Autore: Roscoe24    27/07/2020    5 recensioni
“Non mettere alla prova la mia pazienza, Maryse. Ne ho poca. Molto poca.”
Maryse sospirò.
Era il suo ultimo tentativo, quello. Aveva provato di tutto, negli anni. Magie di ogni tipo, ma nemmeno l’Angelo aveva potuto aiutarla. La sua condizione era irreversibile. Tutti gliel’avevano detto, tranne il libro bianco.
Il Grimorio Proibito aveva detto che dove non arriva la magia angelica, arriva quella demoniaca.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane, Maryse Lightwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Isabelle stava ancora fissando la porta da dove suo fratello era appena uscito.
Le parole che erano uscite dalla sua bocca le ronzavano nelle orecchie, insieme a tutto ciò che era stato detto da Jace.
Odiava le liti tra i suoi fratelli, e uno dei motivi principali era perché entrambi erano delle teste dure che non riescono a fare pace di loro spontanea volontà, troppo testardi e dediti a quell’ideale di maschio alfa che mai si piega ai sentimenti per fare retromarcia, tornare sui propri passi e cercare un modo per imboccare la via della pace.
E visto che, in pratica, i suoi fratelli erano degli zucconi senza speranza, toccava ad Isabelle fare il lavoro sporco. Toccava a lei costringerli a confrontarsi fino a che non avessero fatto pace. E la maggior parte delle volte era estenuante.
Izzy sapeva che avrebbe fatto in modo che Alec e Jace avrebbero fatto pace anche questa volta.
L’unica differenza era che nell’attuale caso specifico, la causa della lite non era stato qualcosa di futile come una parola detta al momento sbagliato, o una divergenza di opinioni, o il modo di voler gestire una missione.
Alec e Jace si erano detti cose pesati, cose che Izzy non pensava avrebbe mai sentito.
E, se di solito si limitava a farli chiarire senza volersi schierare mai da nessuna parte, questa volta non riusciva ad essere neutrale come la Svizzera.
Questa volta avrebbe voluto prendere la parte di entrambi, perché capiva entrambi, ma c’era una vocina dentro di sé che le sussurrava che fosse giusto dare ascolto ad Alec e convincere Jace a fare lo stesso.
Per questo, nonostante capisse le preoccupazioni di suo fratello, decise che forse era più giusto cercare di fargli accettare la possibilità di ascoltare meglio Alec.
“Jace…” Lo chiamò e il biondo si voltò verso di lei. Erano rimasti in silenzio, lei, il ragazzo e Maryse. Per questo quando la sua voce lo ruppe, sia suo fratello che sua madre si voltarono verso di lei.
“Noi dobbiamo aiutarlo.”
Isabelle sapeva che questa volta tentare di avvicinarli non sarebbe stato facile come le altre volte, perché la lite in cui erano coinvolti era decisamente più pesante.
Per questo si aspettava la reazione che poi effettivamente Jace ebbe. Il biondo la guardò con gli occhi ridotti a due fessure, quasi non credesse alle sue parole.
“Dimmi che stai scherzando, Iz!”
Lei si avvicinò con cautela. Lanciò una fugace occhiata a sua madre, che la stava studiando, come se volesse capire le sue intenzioni. Isabelle afferrò la mano di Jace.
“No. Sono seria. Ha bisogno di noi. Ha chiesto il nostro aiuto e noi dobbiamo provare a capirlo.”
Jace guardò l’intreccio delle loro mani. Quella di Izzy così piccola a confronto con la sua. E di solito un gesto simile gli avrebbe dato conforto, l’avrebbe fatto sentire capito, meno solo… ma non in quel momento. Non quando Isabelle sembrava intenzionata a voler supportare quella follia secondo cui Alec provava dei sentimenti per qualcuno che aveva ferito tutti loro.
Così tirò via bruscamente la mano.
“No che non dobbiamo!” Gridò. “Non dobbiamo capirlo. Alec è confuso. Dobbiamo solo chiarirgli di nuovo le idee.”
“Come puoi dire una cos simile? Non puoi pretendere di sapere le cose meglio di lui!” Isabelle si stava arrabbiando. “Non credo alle cose che Alec ha detto su di te, e credo che nemmeno lui le pensi. Ma sentirti parlare così mi fa dubitare che le cose che ha detto in atto di rabbia possano essere vere!”
Jace fu colpito da quelle parole, tanto che si ridusse al silenzio. Isabelle vide chiaramente lo stesso lampo di dolore che poco prima aveva attraversato il viso di Jace quando Alec gli aveva rivolto quelle parole. Sapeva di aver aperto una breccia.
“Io voglio bene ad Alec. E a te.” Le disse, con un filo di voce. “E a te.” Aggiunse rivolgendosi a Maryse. “Non permetterei mai che qualcuno gli faccia del male, e ho solo paura che Magnus Bane possa fargliene. È un demone immortale, Iz. I suoi sentimenti non possono essere gli stessi di Alec. Lui è… sensibile e sai quanto tenda ad amare con tutto se stesso. Se solo Magnus dovesse stancarsi di lui, Alec finirebbe in pezzi. È questo che mi spaventa. Io vorrei solo tutelarlo.”
Isabelle prese di nuovo le mani di Jace tra le sue e questa volta il ragazzo le strinse. “Lo so, Jace. Ma dobbiamo fidarci di lui. Alec è intelligente e se si fida di Magnus sicuramente un motivo c’è. Quindi, fidiamoci di Alec.”
Jace annuì. “Fidiamoci di Alec.”
I due ragazzi si voltarono verso la madre. Maryse era restia a tutta questa fiducia nei confronti di un demone, ma sapeva che adesso la cosa migliore da fare era restare uniti ed evitare ulteriori discussioni.
“Fidiamoci di Alec.” Disse, quindi. “Andiamo a sentire cosa hanno scoperto. Debelleremo la minaccia e poi cercheremo di risolvere questa situazione.”
Isabelle e Jace annuirono. E, insieme alla madre, uscirono dal suo ufficio.


*



Alec avrebbe davvero voluto concentrarsi sul libro che aveva davanti.
Avrebbe voluto davvero.
Ma non ci riusciva.
Continuava a sentire la voce di Jace, a vedere lo sguardo di Jace. Non sopportava quell’espressione, non negli occhi di qualcuno a cui lui teneva così tanto.
Jace l’aveva guardato con rabbia, quasi con disprezzo, come se lui fosse un ingenuo che non capisce cose elementari e si fa ingannare da qualcuno di malvagio.
Jace aveva avuto la presunzione di capire cose che in realtà ignorava completamente e questo faceva arrabbiare Alec.
Jace, suo fratello e parabatai, si era limitato a giudicare, senza ascoltare.
E questo lo feriva perché un comportamento simile se lo sarebbe aspettato da suo padre, o da qualsiasi membro del Clave a caso, ma non da qualcuno a cui la sua anima era legata e che lo conosceva a fondo.
Si sentiva diviso tra due fuochi.
Da una parte c’era Magnus. Dall’altra, la sua famiglia.
E provava una profonda tristezza all’idea che li avrebbe avuti come due cose ben distinte nella sua vita e non come un unico intero.
Provava tristezza all’idea che la sua famiglia non avrebbe mai accolto Magnus, quando l’unica cosa che voleva Alec era che lui entrasse a far parte del nucleo familiare.
“Alexander,” lo chiamò delicatamente Magnus.
Si trovavano in camera di Alec. Il Cacciatore aveva portato lì lo Stregone e poi si era recato in archivio per prendere tutti i libri che potessero parlare di attacchi demoniaci, magia, e crolli. Aveva lasciato Magnus in camera, dove pensava che fosse più al sicuro, lontano da occhi indiscreti – occhi che l’avrebbero condannato. E Alec non voleva, Alec voleva proteggerlo.
Alzò lo sguardo su di lui. Erano seduti sul suo letto, uno di fronte all’altro. Avevano un libro ciascuno davanti, ma nessuno dei due riusciva a concentrarsi davvero. Alec per i pensieri che gli ronzavano in testa, Magnus perché riusciva chiaramente ad avvertire quanto Alec stesse rimuginando e perché aveva paura che le cose tra di loro rischiassero di cambiare a causa di tutto ciò che Magnus aveva taciuto.
Non avrebbe sopportato se Alec avesse smesso di fidarsi di lui.
“Vorrei parlare di una cosa.”
“Ti ascolto.”
Magnus si scoprì nervoso. Era una delle tante nuove emozioni che riusciva a provare grazie alla vicinanza di Alec. Lui era diventato la sua bussola emotiva.
“Quello che hai scoperto… Io stavo per dirtelo, prima che il palazzo ci crollasse addosso. Non volevo tenertelo nascosto.”
Alec annuì. “Suppongo sia stato destabilizzante anche per te scoprirlo.”
“Sì.” Lo Stregone si allungò per afferrargli una mano. “All’inizio scoprire il potere che avevi su di me è stato devastante. Temevo che potessi usare questo vantaggio a tuo favore, ferirmi. Ma tu sei… sei così buono, tesoro mio, e dopo aver superato i miei problemi di fiducia ho capito che se deve esserci un essere umano in grado di possedere il mio cuore, sono contento sia tu.” Magnus si portò la mano di Alec alle labbra e ne baciò le nocche, una ad una, con dolcezza e devozione. “Sei speciale, Alexander.”
Alec sentì il suo cuore accelerare. Le labbra di Magnus a contatto con la sua pelle lo fecero tremare dentro e improvvisamente si sentì fremere dalla voglia di averle sulle proprie. Per questo si sporse verso Magnus e appoggiò la mano che aveva libera sulla sua guancia, prima di appoggiare le proprie labbra sulle sue.
“Mi fai provare cose che pensavo non sarei mai stato in grado di provare.” Sussurrò Alec, la fronte appoggiata a quella di Magnus. “Cose che pensavo di non meritarmi.” Alec lo baciò di nuovo. “Se io ho il tuo cuore, puoi stare certo che tu hai il mio. Lo avrai sempre.”
Magnus afferrò il viso di Alec tra le mani e lo tirò a sé per baciarlo. Fece scontrare le loro labbra con delicatezza, prima di approfondire il bacio. Le loro bocche si muovevano in sintonia, in un modo così perfetto che Magnus aveva l’impressione che prima di baciare Alec non avesse mai davvero saputo cosa significhi baciare qualcuno. Tra di loro c’era una scintilla, che cresceva sempre di più ogni volta che i loro baci si approfondivano. Ed erano legati da qualcosa di così forte e profondo che Magnus aveva l’impressione che il suo cuore sarebbe esploso.
Forse era così che ci si sentiva, a baciare qualcuno se si è emotivamente coinvolti.
Forse era quello l’amore.
“Sei una distrazione, Bane.” Sorrise Alec sulle sue labbra.
“Non è colpa mia. Se mi dici cose bellissime, devo necessariamente baciarti. È una regola.”
Alec accennò una risata. “Allora ti dirò sempre cose bellissime.”
Magnus in risposta gli lasciò un bacio a stampo. E un altro. E un altro ancora. Facendo sorridere Alec ogni volta. Il suo sorriso era meraviglioso.
Alec rimase a guardarlo per qualche istante, prima di parlare di nuovo: “Visto che siamo in vena di confidenze, posso chiederti una cosa?”
Magnus annuì.
“Come facevi a sapere il mio nome? Hai sempre evitato di rispondermi, prima…”
Magnus emise un lieve sospiro. Cominciò a tracciare disegni astratti invisibili sul dorso della mano di Alec con un polpastrello. “Nove mesi dopo che tua madre era venuta da me per invertire la sua condizione, ero curioso di sapere come fosse finita. Sapevo di esserci riuscito, la mia magia riesce sempre, ma… volevo vedere il frutto di quell’incantesimo. Sono andato nel mio loft a Brooklyn e ho usato la magia per aprire una finestra su tua madre. Riuscivo a vederla, nel suo letto d’ospedale, e tu eri tra le sue braccia. Eri così piccolo. Ha sussurrato il tuo nome: Alexander. Ricordo di aver pensato che fosse un nome bellissimo.”
“E perché non l’hai fatto anche con i miei fratelli? I loro nomi non li sapevi, significa che l’hai fatto solo con me.”
“Perché tu eri il primo. Il vero miracolo. Non mi interessava sapere di loro.”
Alec annuì. Rifletté per un attimo sul significato della cosa. Su come loro due fossero stati legati da Raziel, ma fossero stati aiutati da una magia che nasce dall’inferno per esistere entrambi, dal momento che Alec, senza quella magia, non sarebbe mai venuto al mondo.
Il loro legame era qualcosa che univa inevitabilmente i loro due mondi. Sarebbero stati un ponte, forse, tra i Nascosti e i Nephilim.
“Sarei un miracolo, quindi?”
“Il mio miracolo.”
Magnus alzò le mani sul viso di Alec per accarezzare i suoi lineamenti. Tracciò ogni suo tratto con delicatezza e devozione, quasi avesse avuto paura di vederlo dissolversi nell’aria, se l’avesse toccato con più decisione. A volte faceva ancora fatica a credere che tutto questo fosse reale, che Alexander fosse reale. Faceva ancora fatica a credere che un demone spietato come lui avesse ricevuto un dono tanto prezioso, un dono che gli aveva dato la possibilità di scoprire cosa fosse l’amore.
Magnus non aveva mai visto nessuno al suo fianco, non aveva mai voluto nessuno al suo fianco.
Con Alec era diverso. Non riusciva più ad immaginarsi senza di lui. Non sarebbe più stato in grado di non averlo nella sua vita.
Voleva tutto con lui.
Voleva innamorarsi ogni giorno sempre di più. Voleva essere sincero, buono. Voleva diventare la persona che Alec meritava.
Sarebbe diventato un uomo migliore solo per Alec, per renderlo felice ogni giorno per il resto della sua vita.
“Voglio meritarti, Alexander.” Gli sussurrò, incatenando i suoi occhi dorati in quelli di Alec. Il Nephilim rimase un attimo colpito da quella frase, capendola in pieno solo un secondo più tardi. 
“Non devi dire così. Sembra altrimenti che ci sia qualcosa che non va, in te. E non c’è niente che non vada, in te.”
“Ho fatto tante cose brutte. Sono stato tante cose brutte. Tu, invece, sei così… puro. Mi sento così marcio dentro, a volte, che ho il terrore di contaminarti.”
Alec lo abbracciò con impeto e con decisione, lo strinse così forte a sé che Magnus sentì il respiro venirgli mancare per un breve istante.
“Non dirlo mai.” Affermò Alec, il viso incastrato nell’incavo del collo di Magnus, le sue labbra che sfioravano la pelle dell’altro ad ogni parola pronunciata. “Non c’è niente di marcio, in te. Sei perfetto come sei. I tuoi lati, tutti, formano l’uomo che mi fa battere il cuore come mai avrei pensato fosse possibile. Non sminuirti, non accusarti.” Alec sciolse l’abbraccio solo per guardare Magnus in viso e posare le proprie labbra sulle sue. “C’è una luce, in te, Magnus. Devi solo riuscire a vederla come la vedo io.”
Il cuore di Magnus gli saltò in gola. Andò ad incastrarsi nella trachea e li rimase, battendo forte come un tamburo di guerra, deciso e inarrestabile.
Non riusciva a credere che parole simili fossero destinate a lui. Alec era davvero il suo miracolo. La sua possibilità di redenzione.
E Magnus sapeva di amarlo.
Anche se non aveva mai saputo cosa significasse amare, anche se nessuno gliel’aveva mai spiegato, in cuor suo sapeva che doveva essere questo l’amore.
E Alec era amore nella forma più pura che possa esistere.
Magnus sorrise, nel modo più devoto possibile, mentre guardava gli occhi di Alec e ci leggeva dentro tutto ciò che c’è di buono al mondo. Sperava solo di riuscire a trovare presto il coraggio per confessargli i suoi sentimenti.
“La mia luce sei tu, Alexander.” Affermò e sorrise quando vide il Nephilim arrossire. Era ancora più bello quando arrossiva, Magnus non si sarebbe mai stancato di notarlo. “Vieni qui.”
Alec obbedì. Si avvicinò ancora di più a Magnus, fino a quando lo Stregone non allungò le braccia verso di lui per circondargli il collo. Una delle sue mani cominciò a giocare con le ciocche corvine ribelli sulla nuca, mentre la sua bocca cercava quella di Alec e la sua lingua lo spronava ad aprire le labbra.
Alec impiegò mezzo secondo ad assecondarlo. Schiuse la bocca e lasciò che Magnus facesse intrecciare le loro lingue. Ogni volta che si baciavano Alec sentiva il cuore espandersi e il suo stomaco sfarfallare, come se fosse davvero improvvisamente abitato da una miriade di farfalle euforiche. Le labbra dello Stregone erano morbide e si muovevano esperte. Alec sapeva che tutta quell’esperienza era dovuta a tutte le avventure che aveva avuto, ma non gli interessava. Non in quel momento. Non quando Magnus era lì con lui e gli aveva appena detto cose bellissime.
Si fidava di lui. Anche quando si trattava di sentimenti. Sapeva di avere un’importanza diversa da tutti gli altri, per Magnus, e non solo perché i loro destini erano stati legati da forze sovrannaturali.
Sapeva che i loro cuori erano destinati ad appartenersi, ad amarsi. Erano destinati a battere all’unisono al ritmo di quell’amore incondizionato e devastante che Alec sentiva crescere nel suo.
Era certo che stesse crescendo anche nel cuore di Magnus.
Improvvisamente, sentì nascere dentro di sé il bisogno di sentirlo ancora più vicino. Perciò, come se la già misera distanza che li separasse fosse, in realtà, troppa per i suoi gusti, Alec si sistemò a cavalcioni su Magnus. Lo Stregone fu sorpreso da quel gesto, ma assecondò i movimenti del Cacciatore. Lasciò che Alec si sistemasse sopra al suo bacino, mentre le sue mani andavano a posizionarsi sul viso dello Stregone. Magnus avvertì la callosità delle mani dell’altro sulla pelle del viso e rabbrividì.
Le mani di Alec potevano essere letali, erano capaci di maneggiare con destrezza armi in grado di uccidere, ma con Magnus… erano così delicate, così premurose.
Lo Stregone sentì il cuore accelerare a quel pensiero, come se avesse avuto un altro segnale di quanto potesse essere speciale lui per Alec. La sua eccezione. Per questo lo tirò ulteriormente a sé: addome contro addome, i bacini che collidevano. Le mani di Magnus vagarono automaticamente sulla schiena di Alec, percorrendo tutta la sua lunghezza, prima di insinuarsi sotto alla maglietta. Gli accarezzò la pelle nuda: tracciò l’ampiezza delle sue spalle, scese piano verso la colonna vertebrale, e Alec lo lasciò fare. Magnus avvertì la superficie epidermica riempirsi di brividi e, quasi come se ne fosse stato contagiato, sentì anche ogni centimetro del proprio corpo rabbrividire. Ad ogni loro ulteriore contatto, Magnus sentiva un crescente desiderio dentro di sé, come se ogni bacio, ogni carezza fosse fatta di fuoco devastante che bruciava ogni parte di se stesso.
E più il fuoco continuava a bruciare, più Magnus non riusciva a trovare la volontà dentro di sé per fermarsi. Diventava sempre più difficile resistere ad Alec, al suo corpo contro il suo, alle sue labbra che adesso erano scese, audaci, sulla curva del collo dello Stregone e stavano lasciando una scia di baci che stava facendo esplodere il fuoco di cui Magnus, improvvisamente, sentiva di essere fatto.
Non era più un uomo. Era solo fiamme incandescenti e desiderio.
Voleva Alec come non aveva mai voluto nessun altro in vita sua.
“Alexander,” sussurrò, la voce rauca. Si sentiva preda di ogni suo istinto, desiderio. E sapeva benissimo che era tutto nelle mani di Alec.
Si sentiva come argilla che il Cacciatore avrebbe potuto maneggiare con facilità. Avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa, in quel momento, e Magnus gliel’avrebbe concessa.
Alec gli lasciò un bacio in mezzo alle clavicole scoperte, prima di far incrociare i loro occhi.
Fu una visione, per Magnus.
Alec aveva le labbra gonfie e arrossate dai baci, i suoi capelli erano disordinati, arruffati in ogni direzione, le sue gote erano rosse e i suoi occhi… Dio, i suoi occhi. Lo stavano uccidendo. Erano così carichi di curiosità e bramosia, di aspettativa e impazienza, devozione, di passione e… amore.
Brillavano in un modo quasi accecante, in un modo che rese Magnus schiavo di quelle iridi che già adorava, ma che adesso lo stavano guardando con una sfumatura nuova. Avrebbe fatto di tutto, purché gli occhi di Alec avessero continuato a guardarlo così intensamente per sempre.
Si sentiva desiderato per l’uomo che era. Ed era una sensazione senza eguali.
“Potresti chiedermi qualsiasi cosa, e sarebbe tua.” Magnus tracciò con il pollice la linea delle labbra di Alec, gli accarezzò il viso e poi afferrò una delle sue mani e l’appoggiò sul proprio petto, all’altezza del cuore. “Lo senti?”
Alec rimase in silenzio, quasi avesse paura che un minimo rumore avesse potuto sovrastare ciò che si stavano dicendo. Percepiva sotto il palmo il battito cardiaco di Magnus. Il cuore dello Stregone stava letteralmente impazzendo, come se stesse correndo freneticamente verso un’unica meta: Alec.
Il Cacciatore annuì.
“Sei l’unico al mondo che ha questo potere. L’unico in grado di far vivere il mio cuore in questo modo. Per questo, è tuo.” Magnus si sporse per baciarlo piano. “Io sono tuo.”
Alec appoggiò la fronte a quella dell’altro. Chiuse gli occhi, mentre quelle parole gli risuonavano nelle orecchie e andavano ad imprimersi nella sua mente per sempre.
Faceva ancora fatica a credere che una cosa così bella potesse essere capitata a lui. Non riusciva ancora a capacitarsi del tutto di quanto potenti fossero i sentimenti che provava per Magnus.
Era sempre stato convinto che non si sarebbe mai innamorato, e che nessuno l’avrebbe mai amato. Ma l’uomo che aveva davanti, le parole che uscivano dalla sua bocca erano la prova evidente che non era così.
Alec si era innamorato. Ed era amato. Il suo cuore, a quel pensiero, accelerò. Riaprì gli occhi per incontrare quelli dorati di Magnus.
“Una volta ti ho detto che preferirei morire, piuttosto che appartenerti in alcun modo.” Sussurrò Alec. “Adesso voglio che tu sappia che preferirei morire piuttosto che non appartenerti. Non voglio essere di nessun altro, se non tuo. Non voglio donare il mio cuore a nessun altro, se non a te.”
Magnus sorrise. Avrebbe voluto dirgli che lo amava, confessarglielo. Dirgli che sapeva che era presto e forse poteva anche sembrare assurdo ad occhi esterni, ma lui ne aveva la certezza: era innamorato di Alec.
Avrebbe voluto farlo, ma decise di aspettare. Voleva che il momento fosse un altro, più tranquillo. Magari non quando Alec aveva appena discusso con la sua famiglia e un palazzo era crollato loro in testa.
Avevano tempo.
Per questo si limitò a baciarlo, cercando di trasmettere attraverso quel bacio tutti i sentimenti che provava per lui. E Alec ricambiò con la stessa intensità, quasi avesse percepito le intenzioni di Magnus e volesse fargli capire che per lui era lo stesso, che ogni sentimento, anche quello più infinitesimale, era ricambiato. 
“Dobbiamo concentrarci.” Sussurrò Magnus, staccandosi da lui. Era consapevole che se avessero continuato a baciarsi in quella posizione – con Alec ancora a cavalcioni su di sé – non sarebbero riusciti a concludere niente. E Magnus voleva risolvere questo mistero il prima possibile, per potersi poi concentrare unicamente ed interamente su Alec.
“Quindi sono davvero una distrazione?” Il Cacciatore sfiorò con il proprio naso quello di Magnus.
“Sì. Una bellissima distrazione, ma pur sempre una distrazione. Risolviamo questa faccenda, così possiamo pensare a noi.”
Noi.
Una parola semplice, che tuttavia pronunciata da Magnus assumeva tutto un altro significato.
Diventava importante. Fondamentale. Diventava in grado di trasmettere una promessa futura, in cui lui e Magnus sarebbero stati insieme.
Ad Alec piaceva.
“D’accordo. Concentriamoci.” Si allontanò da lui, tornando ai piedi del letto, dove era seduto fino a qualche istante prima. Adesso gli risultava più facile riuscire a concentrarsi sul libro che aveva avuto davanti fino a poco prima.
Sapeva che Magnus era con lui, e in cuor suo sapeva – sperava – che Jace e la sua famiglia avrebbero capito quanto lo rendesse felice.
Tutto si sarebbe risolto. Un passo alla volta e con quanta più calma possibile, ma si sarebbe risolto.
Alec voleva avere fiducia in questo.






Magnus ed Alec stavano cercando informazioni da una ventina di minuti, quando sentirono bussare alla porta della camera di Alec.
Si scambiarono un’occhiata. Alec si alzò dal letto e fece cenno a Magnus di stare dietro di sé. Maledisse la mancanza di un’arma a portata di mano, ma si preparò comunque a reagire. Avrebbe usato il suo allenamento, se fossero stati attaccati.
Alec sentiva i nervi a fior di pelle e cercò di calmarsi. Doveva rimanere lucido, altrimenti non sarebbe stato in grado di affrontare la situazione.
“Alec, siamo noi.” Disse la voce di Isabelle, dopo istanti di silenzio. Il ragazzo si rilassò visibilmente. Aveva senso, in effetti. I membri della sua famiglia erano gli unici a sapere della loro presenza in quell’Istituto.
Alec era più teso di quanto si fosse reso conto.
“Entrate.”
La porta si aprì, mostrando Isabelle, Jace e Maryse. Nella stanza calò momentaneamente il silenzio, che Izzy si impegnò a rompere.
“Vogliamo darvi una mano.”
“Al plurale?” Domandò Alec, guardando Jace negli occhi.
Il biondo sostenne il suo sguardo. “Sì, al plurale.”
“Quindi sei improvvisamente d’accordo con le mie scelte?”
“No. Ma mi fido di te. Voglio farlo anche questa volta, nonostante io non sia d’accordo.” I suoi occhi bicromatici si posarono su Magnus solamente per una frazione di secondo, poi tornarono su Alec. Guardò il suo parabatai, suo fratello. Avevano un legame che andava al di là del sangue. Le loro anime erano legate per l’eternità ed era proprio grazie a quel legame che riusciva a capire la portata dei sentimenti di Alec. Riusciva a sentirlo più felice, più tranquillo e meno tormentato. E tutto questo era merito di Magnus. Ma questa consapevolezza lo destabilizzava perché tra tutte le persone che al mondo avrebbero potuto fare felice Alec, l’unica in grado di farlo veramente era Magnus, uno Stregone che aveva scombussolato la sua famiglia.
Jace non era certo sarebbe riuscito a perdonarlo con la stessa facilità con cui, apparentemente, ci era riuscito Alec.
Non subito, almeno.
Non quando il ricordo delle nottate passate in bianco erano ancora così vivide nella sua memoria.
Ne ricordò una in particolare. La prima notte che Magnus aveva portato Alec con sé ad Edom.
Lui se ne stava sdraiato sul proprio letto, lo sguardo fisso sul muro alla sua sinistra, quello che sapeva lo separava dalla stanza di Alec. La sua camera era sempre stata spoglia e minimale, ma la consapevolezza che la stanza accanto fosse vuota la rendeva ancora più grigia. Sentiva l’assenza di Alec a livello molecolare, come se gli fosse stato strappato via un pezzo. E si era maledetto per tante cose: aver permesso a quel dannato Stregone di portare via Alec, aver permesso che fosse Alec quello a sacrificarsi. Perché non ci aveva pensato lui? Se avesse pensato più velocemente di suo fratello, adesso Alec sarebbe stato al sicuro.
Si colpevolizzava per non aver fatto di più, per non essere stato in grado di impedire ad Alec di andare ad Edom.
Ricordò come quei pensieri l’avessero fatto girare nel letto così tante volte da sgualcire le lenzuola. Ricordò come, preda dello sconforto a causa di quei pensieri, si era alzato per andare in camera di Izzy e quando aveva aperto la porta l’aveva già trovata sulla soglia. La sorella aveva lo stesso dolore dipinto sul volto. La stessa angoscia e la stessa preoccupazione.
Si erano abbracciati, senza dire una parola, così forte da sentire mancare il respiro – fino a quando Jace, però, si era reso conto che non era solo una sensazione, ma era qualcosa di reale e non dipendeva dall’abbraccio.
Il suo respiro stava davvero venendo meno, il suo cuore stava accelerando, e dentro di sé sentiva solamente del freddo panico.
Isabelle si era preoccupata immediatamente. “Jace!” gridava, “Jace, cosa succede?”
“Alec!” aveva sussurrato lui, per quanto la sua gola serrata glielo permettesse. “Alec sta male!”
E poi tutto era finito con la stessa velocità con cui era arrivato. E Jace ricordò la rabbia che l’aveva invaso dopo quel momento, all’idea che Magnus avesse potuto fargli del male.
E fu quel ricordo, quella sensazione viva di rabbia pulsante, che lo fece parlare di nuovo, in presenza di quello Stregone malvagio.
“Anche se non capisco come tu faccia a fidarti di qualcuno che ha provato a strangolarti. Due volte.” Aggiunse Jace, perché al ricordo di quella prima notte, si aggiunse anche quello di giorni dopo, quando aveva avuto la stessa sensazione – consapevole che fosse di nuovo Alec quello che stava soffrendo.
Aveva parlato rivolgendosi ad Alec, ma i suoi occhi non avevano mai lasciato la figura di Magnus. Voleva studiare la sua reazione a quelle parole, vedere che faccia avrebbe fatto, udendole. Pensava forse che nessuno l’avrebbe mai scoperto? Forse aveva sottovalutato la forza di un legame parabatai.
Ma il viso di Magnus non trasmise niente di ciò che Jace si era aspettato. Il biondo pensava che avrebbe visto il panico per essere stato scoperto, ma invece nei suoi occhi lesse solo… tristezza e ansia. Lo vide guardare Alec come se volesse accertarsi che fosse lì, che stava bene. C’era apprensione nei suoi occhi.
E il fatto che non stesse ribattendo per provare a difendersi da quelle accuse poteva significare solo una cosa: non stava a lui parlare di quell’accaduto, perché non era stato lui a compiere quei gesti.
Jace era sconvolto. Guardò prima Magnus e poi Alec.
“Non è stato lui.” Sussurrò, fissando il parabatai dritto negli occhi.
“Si può sapere di cosa state parlando?” Domandò Maryse. Lei era all’oscuro di tutto. Jace non aveva parlato alla madre di quegli episodi. Ne aveva parlato solo con Isabelle – che era con lui entrambe le volte. Insieme avevano deciso di non parlarne alla madre per evitare di farla preoccupare ulteriormente.
Alec sospirò. “Jace si riferisce alla mia prima notte ad Edom. Ho avuto un attacco di panico, che mi ha fatto mancare il respiro. Magnus mi ha aiutato a farlo passare con la sua magia.” Evitò di dire che i pensieri che aveva avuto l’avevano quasi portato a porre fine alla sua vita. Non voleva farli preoccupare ulteriormente. Ma se non ci fosse stato Magnus, Alec non sarebbe qui, adesso. A quel pensiero, allungò una mano verso lo Stregone, facendo intrecciare le loro dita. Magnus assecondò quel movimento.
“La seconda volta, invece, abbiamo litigato. Ero così arrabbiato che ho pensato che l’unica cosa da fare fosse togliermi il ciondolo che mi permetteva di sopravvivere all’atmosfera di Edom.” Usò la mano libera per mostrare la collana, nascosta sotto al colletto della maglietta. “Stavo soffocando. Magnus ha ricreato il ciondolo per permettermi di sopravvivere.” Si voltò verso lo Stregone e gli sorrise, grato di essere stato salvato. Di nuovo.
Poi si rivolse a Jace.
“Come vedi, le tue congetture sono sbagliate. Come vedi, la fiducia che c’è tra me e Magnus è arrivata dopo molte liti e molti scontri. Abbiamo costruito questo rapporto in poco tempo, quindi posso capire la tua perplessità, ma credimi Jace, non è stato facile per nessuno dei due arrivare dove siamo adesso. Per questo vorrei che tu la smettessi di vedermi come una vittima, qualcuno che è stato soggiogato o costretto. I miei sentimenti sono reali. Prima lo accetti, prima torneremo alla normalità – se, anche tu come me, desideri farlo.”
Jace si sentì un idiota. Aveva dato per scontato che la situazione fosse come lui se l’era immaginata. Aveva agito da testa calda, senza riflettere troppo, come faceva sempre.
Aveva pensato ai suoi sentimenti, a come si era sentito quando Alec era andato via, e a quello che aveva provato quando aveva visto Alec tornare insieme a Magnus, professando dei sentimenti che Jace stesso aveva percepito.
E si era sentito tradito. Quasi come se Alec l’avesse pugnalato, perché anzi che essere furioso con Magnus come lo era lui, aveva finito per innamorarsi di quell’uomo.
Ma non aveva pensato ad Alec.
Una delle persone più importanti della sua vita.
Si sentiva un egoista. E solamente adesso si rese conto di quanto il suo comportamento avesse potuto far soffrire Alec.
“Mi dispiace.” Disse, avvicinandosi ad Alec. Lo abbracciò con tutta la forza di cui era capace. “E voglio che tutto torni com’è sempre stato.”
Alec lasciò la presa sulla mano di Magnus per ricambiare la stretta del fratello. Gli era mancato. E sapere che fosse così propenso a tornare alla normalità lo faceva sentire leggero. Gli faceva vedere di nuovo quella speranza che abitava in fondo al suo cuore, secondo la quale la sua famiglia e Magnus avrebbero potuto fare parte di un unico nucleo. Alec ebbe la certezza, in quel preciso momento, che tutte le paure che aveva avuto negli anni stessero svanendo.
Il Clave non l’avrebbe mai accettato – e di certo, sarebbe stata una battaglia ardua, dalla quale rischiava persino di uscire da perdente – ma la sua famiglia… loro non sembravano infastiditi dal fatto che Magnus fosse un uomo, erano solamente turbati per quello che rappresentava: qualcuno che poco tempo prima li aveva feriti.
Ma Alec sapeva che quell’uomo non c’era più. O almeno, esisteva ancora perché sarebbe sempre stato una parte di Magnus, ma non era più il lato che dominava lo Stregone.
Magnus non era più solamente un demone, adesso era un uomo, con tutte le sfaccettature che l’umanità e l’emotività portano con sé.
Era sicuro che le cose sarebbero andate per il verso giusto, con il tempo.
Alec sorrise a quel pensiero, prima di sentire altre due braccia aggiungersi a quell’abbraccio. “Ci sei mancato così tanto, Alec.” Ammise Isabelle. “Siamo contenti che tu sia qui.” Poi la ragazza si voltò verso Magnus. “Non sarà facile perdonarti, spero tu possa capirlo. Ma ci impegneremo per imparare a conoscerti, per vederti come ti vede Alec.”
Lo Stregone annuì. “È più di quanto mi sarei mai aspettato. Grazie.”
Isabelle gli sorrise e Jace gli fece un cenno del capo. Poi guardò Alec. Vide il sorriso sul suo viso e ci lesse la consapevolezza di essere amato nello stesso modo in cui lo era prima che la verità su di lui venisse fuori. Era come se si fosse tolto un peso, era tranquillo.
Magnus non aveva avuto idea, prima di acquistare la sua umanità, di quanto Jace ed Isabelle fossero importanti per lui. Ma adesso… adesso era chiaro come il sole d’estate che erano le persone più importanti della sua vita. Erano cresciuti insieme, fianco a fianco. Avevano condiviso gioie e dolori. Erano tre cuori e tre anime che non avrebbero mai smesso di essere legati, che non avrebbero mai smesso di volersi bene.
Provò un moto d’affetto istintivo nei confronti di quei due, che rendevano Alec felice.
E Magnus si stupì di quel sentimento. Alexander e la sua vicinanza erano in grado di fargli provare affetto anche verso altre persone, persone che erano importanti per lui e quindi, come un’automatica conseguenza, diventavano importanti anche per Magnus.
A quel pensiero, lo Stregone spostò la sua attenzione su Maryse. Anche lei era importante per Alec. E la donna era rimasta piuttosto silenziosa. Non sapeva come interpretare tutto questo. Probabilmente, lei lo odiava ancora e l’avrebbe odiato per chissà quanto tempo. Eoni, forse. L’eternità.
Un concetto che per Magnus era tutto fuorché astratto. E capì di non voler passare altro tempo con il rimorso. Voleva chiarire con quella donna.
“Maryse? Possiamo parlare?”
La donna fu tentata di rispondergli con un secco no. Era ancora arrabbiata, sebbene non lo desse a vedere. Gliel’avevano insegnato, dopotutto. Le emozioni sono una distrazione, le emozioni non vanno manifestate.
Ma a forza di non manifestare la sua rabbia, in quel periodo, ne era diventata schiava. Era diventata una parte fondamentale di lei, tanto che non riusciva più a lasciarla andare, a liberarsene. Era diventata la sua zavorra e il suo salvagente allo stesso tempo, qualcosa che l’affondava, ma che l’aiutava a stare a galla, a non sprofondare in quel dolore causato dalla lontananza di Alec che l’avrebbe portata alla pazzia.
Ma poi guardò Alec.
Il suo bambino. Era diventato un uomo bellissimo e coraggioso, altruista e amorevole. Un po’ scontroso, ma protettivo in un modo raro.
Alec aveva un cuore forte e buono. E per quanto detestasse ammetterlo, riusciva a vedere quanto Magnus lo rendesse felice solamente con la sua vicinanza.
Il suo amore per suo figlio fu più forte della sua rabbia. Fu ciò che le fece cambiare idea: sapeva che se avesse rifiutato l’offerta di dialogare di Magnus, Alec ne avrebbe sofferto.
E probabilmente solo l’Angelo sapeva quanto avesse sofferto suo figlio nell’ultimo periodo della sua vita, prima di essere più sereno come lo era adesso.
Per questo, disse: “Certo, Magnus. Possiamo.”






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I’m back, dopo mesi. Vi chiedo scusa, ma in questo periodo ho veramente pochissimo tempo per scrivere e di conseguenza si accumulano ritardi – non so se c’è qualcuno tra di voi che sta leggendo anche l’altra long, ma vi assicuro che tornerò a scrivere anche quella.
Questa storia è diventata più lunga di quanto mi sarei mai aspettata. È nata come una OS, ma scrivendo mi sono resa conto che certi aspetti andavano approfonditi e quindi alla fine è venuta una long pure questa.
Avevo detto che questo doveva essere l’ultimo capitolo, ma visto che era tanto che non aggiornavo ho preferito fermarmi qui e pubblicare.
Il prossimo sarà l’ultimo e poi ci sarà un epilogo. Spero di riuscire a trovare un po’ di tempo per scrivere e pubblicare in tempi decenti, ma se così non fosse vi chiedo già scusa in anticipo.
Spero che il capitolo via sia piaciuto. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se vi va, ovviamente!
Ringrazio chiunque legga, abbia messo tra le preferite/seguite/ricordate e chiunque trovi anche il tempo per lasciare una recensione! Lo apprezzo veramente tanto!
Vi saluto, un abbraccio!
Alla prossima! <3 
   
 
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