L’esatto
momento in cui mio mondo si è accartocciato su di me non lo
so, a
scuola sono cominciate a girare voci, “Non ci credo, anche
lui ha
la fidanzata” oppure “Oh, proprio ora che volevo
farmi avanti”
e cose del genere ma come sempre non ci ho fatto caso e dato peso,
erano informazioni che non mi riguardavano in nessun modo. Il mio
mondo girava tranquillo, ogni giorno la routine mi rassicura, ogni
giorno posso contare su alcune certezze, su alcune dinamiche che mi
rassicurano, che mi rendono meno difficoltosa la vita. So che
probabilmente arriverò al limite del ritardo, che ci
sarà una rissa
o due, che potrò giocare a basket dopo che questa tortura
scolastica
è terminata.
Sono sempre stato introverso, chiuso e musone, ma
non me ne sono mai fatto un problema, mi stava bene così,
una
fantastica armatura protettiva. Quando soffri cerchi in qualche modo
di proteggerti, non vuoi cadere nuovamente nello stesso errore.
- Scuola media -
Il ragazzo dai capelli neri arriva a scuola con lo zaino, la borsa per la palestra e il pallone sotto braccio, si sta recando come ogni giorno verso la scarpiera divisa per classe e sezione, si cambia le scarpe e comincia a camminare per la scuola, raggiunge la palestra e lascia l’armamentario nell’armadietto e si dirige in classe. Sulla via per la classe otto del primo anno incontra un coetaneo con i capelli a spazzola, i due si sorridono “Allora Kaechan l’hai vista la partita?” chiede con entusiasmo il ragazzino con grandi occhi scuri e le labbra sottili “Si Chichan, hai visto al settimo minuto che dunk? Ma poi in America non lo fischiano passi? Qua si, ma che spettacolo. Ma alla fine quel contropiede rapidissimo?” viene travolto dal riassunto della gara di NBA in video cassetta che ha prestato all’amico. “Si, per quello te l’ho prestata, io voglio riuscire a fare uno slam dunk, è troppo figo” il ragazzino che parla si chiama Toichiro e gioca a basket nel club della scuola insieme a Kaede Rukawa, sono delle matricole, e per ora hanno fatto solo qualche allenamento.
Una volta sul campo il talento del ragazzo con gli occhi cobalto è impressionante, al quarto allenamento nella partitella finale passa dalla squadra delle riserve a quella dei titolari, l’allenatore sembra molto colpito dal suo senso di gioco e dalla calma che riesce a mantenere in campo.
Toichiro e Kaede continuano a vedersi dopo scuola per giocare ai videogiochi o per giocare, il primo però sta diventando più freddo nei confronti del secondo, che però non si rende conto di niente. Passano i giorni monotoni, e i due sembrano coltivare la loro amicizia, o almeno sembra a Rukawa. Con l’arrivo degli esami del primo trimestre le loro uscite insieme, i loro incontri si diradano, la scusa è che c’è un sacco da studiare che si vedranno dopo gli esami. Escono le classifiche divise per classe e Kaede si trova verso la metà, non va né bene né male, mentre Toichiro si trova diverse posizioni al di sotto del coetaneo. Quando si vedono di nuovo Toichiro comincia a fare pressioni sull’amico “Se prendi più di me non mi vuoi bene” diventa quasi un mantra, e poi “Kaechan fai questo, Kaechan fai quest’altro se mi vuoi bene” le cose vengono fatte puntualmente, che sia sostituirlo nelle pulizie o prendere gli appunti. Un giorno al centro commerciale Toichiro ha convinto l’altro a rubare delle penne, il moro fa sembrare di averle rubate, ma in realtà quando l’amico è distratto lascia gli Yen del prezzo al posto di quelle che ha preso, salvato dal proprio senso del dovere rispetto all’amicizia che prova per l’altro.
Le ragazzine della scuola cominciano a sospirare dietro ai ragazzi, e molte si accorgono del volto perfetto del giocatore, ormai titolare, della squadra di basket e non sembrano notare altrettanto l’amico che sempre più geloso fa richieste sempre più pressanti all’altro, che ogni volta acconsente, perché è il suo migliore amico, la persona a cui vuole più bene in assoluto a chiederlo.
Passa un anno e si ritrovano nella medesima classe, e il rapporto ormai al di fuori da l’idea di essere quello di un aguzzino sulla sua preda e la preda in questione è il ragazzino che è stato nominato best rookie due volte nell’anno precedente, il tempo continua a passare e il rapporto tra i due rimane invariato, Toichiro ordina e Kaede esegue con l’affetto negli occhi e i rari sorrisi rivolti all’amico, che sfrutta la vicinanza della stella della scuola per i propri comodi.
Quando
cominciano la terza media vengono divisi, sono in classi diverse, ma
continuano a vedersi dopo gli allenamenti di Kaede, Toichiro ha
lasciato la squadra. Sono in camera di Kaede a giocare ad un
videogioco, la casa è vuota come al solito, i genitori del
moretto
sono fuori per lavoro, e lui è abbastanza grande per
cavarsela da
solo. L’unica persona che va a casa è la
domestica, una signora di
mezza età che lavora solo la mattina e che prepara in
anticipo i
pasti del ragazzo e si occupa delle faccende.
Ad un certo punto
Toichiro spegne la console e la televisione e sembra molto
arrabbiato “Lei ha detto che le piaci tu e non io”
gli occhi blu
dell’ala piccola si spalancano mentre l’altro si
avvicina
minaccioso “ma io non parlo con le ragazze, non
l’ho chiesto io”
un filo di voce, il copione si è ripetuto molte volte
durante quei
tre anni. Toichiro si arrabbia e picchia l’amico solo dove i
vestiti lo coprono, ma stavolta c’è qualcosa di
diverso, lo
sguardo dell’ex giocatore è famelico, spinge con
forza sulle
spalle dell’amico che si trova sul pavimento a gambe
incrociate
facendolo sdraiare, lo sovrasta con il fisico più pesante,
in
contrasto con quello flessuoso di Rukawa; i polsi della stella della
scuola vengono stretti nella mano dell’altro al di sopra
della
testa, “Nessuna ti avrà per prima” urla
con estrema rabbia e
bacia con violenza l’amico d’infanzia che rimane
immobile come un
burattino a cui hanno tagliato i fili, il ragazzo non si accontenta
di prendere il primo bacio di quello che lo ha sempre considerato un
amico, la violenza quel pomeriggio sembra non finire, quello che si
è
sempre definito amico di Rukawa gli ruba tutte le prime volte
possibili e con la maggior violenza possibile arrivando addirittura a
fargli dei tagli a forma di rombo sul fianco e sulla gamba. Quando la
violenza finisce Toichiro lascia casa Rukawa “E non mi
cercare più
maledetto” sbatte la porta e se ne va lasciano il padrone di
casa
sanguinante da solo. Il ragazzo riesce a raggiungere il bagno e
medicarsi alla meglio, ma dopo poco si accascia sul pavimento ed
è
così che lo trova Keiko la domestica che è
affezionata a quel
ragazzo da quando l’ha visto la prima volta, quando
l’hanno
assunta e lui era ancora in fasce. “Kibichan” lo
richiama e lui
geme leggermente, la donna riesce a farlo alzare e a fargli fare una
doccia, dopo la quale medica ogni ferita, è silenziosa ed
è per
questo che il giovane l’apprezza, le vuole bene forse
più che ai
propri genitori perché lei c’è sempre
stata, mentre loro sono
state delle figure fugaci nella sua giovane vita. La donna sta vicino
al ragazzo che però si chiuderà in se stesso in
modo da smettere di
soffrire.
Sono un coglione però, non sono riuscito a proteggere il mio cuore, durante le medie ho imparato a difendermi, ho imparato a bastare a me stesso, non dipendo da nessuno, se non dalle mie capacità, per le mie spese quotidiane ho un lavoretto per una testata online, scrivo articoli sportivi soprattutto sul basket, soprattutto quello estero, ma mi trovo a commentare anche partite interne, non mi danno tanto, ma almeno posso permettermi qualche lusso, non che sia povero o cosa, i miei mi comprerebbero qualsiasi cosa se solo chiedessi, ma a loro chiedo solo di essere mantenuto a scuola, e per le cose di sussistenza, quando voglio comprarmi le scarpe nuove, o magari qualche rivista lo faccio con i miei risparmi, anche se cerco di metterne da parte il più possibile, appena compiuti 19 anni voglio rendermi eleggibile per l’NBA e lasciare questo buco di posto per il basket che conta, voglio mettere migliaia di chilometri tra me e questa casa, l’unica che mi mancherà sarà la signora Keiko, le voglio bene e lei ne vuole a me, lei sa proprio tutto di me, e mi accetta, e mi supporta e mi ha consolato tante mattine in cui mi sono svegliato impaurito e piangente. C’è questo velo di paura che guida i miei rapporti umani, mi sono reso conto di non essere abile a capire le persone, di non sapere se qualcuno mi stia facendo male mentre me lo sta facendo; ancora non riesco a chiamarlo per nome, è ancora lui, e quello, ma continua ad essere un’ingombrante presenza qualcosa con cui piano piano sto facendo i conti, ma che mi porta a dormire tutto il tempo, o almeno a far credere a tutti che il mio hobby sia fare i pisolini ovunque, dormo di tanto in tanto spesso in realtà rivivo quel pomeriggio chiedendomi se avessi fatto qualcosa di diverso il risultato sarebbe cambiato. Sono stanco, spesso ho gli incubi, spesso ho paura della mia ombra, l’unica cosa che non ha corrotto nella mia vita è il basket e mi attacco a quello per non perdere la rotta. Nonostante tutte le mazzate che mi ha dato la vita so che avrò successo, che la mia perseveranza sarà premiata, che un giorno sarò su quell’olimpo dorato che chiamano NBA, e forse avrò anche capito come funzionano i rapporti umani, spesso mi sento di una razza diversa, non so interagire o almeno quello che ho già fatto non è il modo giusto, sono nato sbagliato, sono nato la chiave per i sentimenti, senza avere un modo per decodificare gli altri.
Il
mio torpore si è diradato all’inizio dello scorso
anno scolastico
sotto forma di un enorme rompimento di coglioni, e all’inizio
pensavo di odiare la sua confusione i suoi modi, la sua voce, e
allora ho sfogato su di lui tutta la mia rabbia e lui ha riversato su
di me tutta la sua. Sono un animale fiuto la rabbia, uno dei pochi
sentimenti che conosco, e che mi accompagna in ogni gesto, ogni
giorno, come una colonna sonora, non è un suono ma come
suono riesco
a sentirla.
Siamo andati ai nazionali, abbiamo vinto la partita
più difficile e poi abbiamo perso una partita, la
successiva, che
sulla carta doveva essere più facile, ma siamo partiti da
Hiroshima
con una bella figura, tanto che sono stato convocato per la all
Japan, i camp preliminari per la nazionale juniores, eravamo in una
zona di mare ad allenarci, e mentre facevo la mia solita corsa
mattutina l’ho visto sulla spiaggia a leggere qualcosa, e non
ho
resistito, il giorno dopo sperando di vederlo ancora mi sono messo la
maglia di gioco e quando l’ho visto gliel’ho
mostrata. Sakuragi
era in riabilitazione e volevo vantarmi con lui, farlo sentire
inadeguato almeno la metà di quanto mi senta io.
Nonostante i buoni risultati mi sento un fallito, mi sento inadeguato e indegno di ricevere il bene che fa per me la signora Keiko, quella santa donna mi tratta come se fossi suo figlio, e mi fa sentire in debito, perché non sono un bravo figlio, la faccio solo preoccupare.
Ho il dubbio che lui, Hanamichi Sakuragi, l’autoproclamato Tensai del Basket si senta inadeguato e per questo si faccia i complimenti da solo, o è solo un pazzo megalomane, non lo so, ma oramai è diventato un chiodo fisso, lo vedo tra i miei avversari immaginari mentre tiro a canestro, prima di dormire riesco a ricordare la sua voce, ed i suoi insulti, ma evitando di mettere a fuoco il significato vengo cullato in un sonno agitato in cui c’è il mio ex amico, in cui vengo salvato dal dohao su un cavallo bianco. Porco cane, ho visto troppe volte i film della disney, molte delle cassette adesso sono inservibili, li so a memoria, so tutte le canzoni a memoria, e forse sono romantico, anche se non ne sono sicuro, non so come potrei comportarmi con un ipotetico fidanzato, perché si, sono omosessuale, oltre ad essere inadatto alla vita in generale non sono normale, non sono etero, l’unica cosa in cui sono è il basket, per il resto le mie mancanze sono più che evidenti. Mi vergogno di come sono, di chi amo, ma sento che potrei aprirmi con lui. Tra tutte le persone di cui mi sarei potuto innamorare siamo circa sei miliardi di persone su questo fottuto pianeta, e nulla mi piace il mio nemico, la mia nemesi, il mio dohao, anzi i dohao. Non è mio ho sentito le voci, nonostante questo ho accettato l’invito per il suo compleanno, e ho attinto ai miei risparmi per fargli un regalo, un regalo adatto a lui, un regalo che metterò nel mucchio senza biglietto, non potrei sostenere il suo sguardo nocciola su di me per più tempo di quello che di solito ci vuole per far partire la rissa. Mi sento scrutato dentro da lui, e questo mi fa paura.
Il locale è carino, per quanto un locale karaoke possa esserlo, ha affittato tutta la sala, e qua c’è tutto il basket della prefettura, riunito per festeggiare questo talentuosissimo testone, è riuscito a farsi voler bene dall’ottanta percento dei giocatori della prefettura e temere dal novanta percento, perché un principiante del genere fa paura a tutti, se avesse cominciato presto ci avrebbe eclissato tutti. Ci sono molte facce note, ed anche molti diplomati. Sono seduto ad un lato del tavolo poco lontano dal capotavola, entrambi sono vuoti. Arriva il festeggiato mano nella mano con Haruko Akagi e mi sento morire, ce l’ha fatta alla fine quella ragazza è caduta ai suoi piedi, e per la prima volta nella mia vita capisco cosa voglia dire essere invidiosi, la invidio, vorrei essere lei quando lui poggia delicatamente le sue labbra, e ne sono devastato, a peggiorare la situazione c’è una ragazza sul palco che sta ragliando su The Unforgiven dei Metallica*, in questo momento vorrei solo sparire da questo posto. La festa però deve continuare e io non posso rompere la tregua tra noi che ci fa collaborare e fuggire dal suo compleanno sarebbe la scelta peggiore da fare.
Loro,
quando vengono cantate canzoni lente ballano, come gli altri, ci sono
anche un sacco di ragazze, ma non me ne ero nemmeno accorto, ho visto
sempre e solo lui. Caldo come un plaid in autunno, come quella
cioccolata calda che ti accoglie quando sei bagnato come un pulcino.
Mi sento strano, vorrei solo scomparire, ma succede quello che
speravo non succedesse, sappiamo entrambi come non riesca mai a
rinunciare ad una
sfida, le accetto
tutte, anche le più balorde. “Kitsune, scommetto
che ti caghi
sotto dal cantare in pubblico” mi sfida, e ovviamente mi
infervoro,
e non so se è perché sono stato sfidato o
perché è proprio lui a
sfidarmi “bene allora prenotami un posto” rispondo
“Dohao”
aggiungo vedo la piccola Akagi che mi guarda con aria di sfida,
quella la riconosco sempre, e non capisco, sarà per
obbligarmi a
cantare, non capisco le persone figurarsi le ragazze. Lei stringe
forte il braccio del rossino che mi annuncia che sarò il
prossimo.
Questo posto è assurdo hanno anche qualche strumento su
questo
palchetto, lui vuole mettermi in imbarazzo, e lo ripago con la
canzone che so meglio in assoluto, accompagnandomi solo con la
chitarra, cosa che mi permette di adattarmi la tonalità.
“So,
so you think you can tell Heaven from Hell,
Blue
skies from pain.
Can
you tell a green field from a cold steel rail?
A
smile from a veil?
Do
you think you can tell?”
Canto come se fosse la dichiarazione d’amore che non riesco a fare, e che sarebbe inutile fare, mi spezzerebbe ulteriormente il cuore. Cominciano a ballare anche su questa, e io canto e li guardo, sento dolore all’altezza del cuore, sento che tutta la mia inadeguatezza è qua seduta al mio fianco che mi guarda suonare, non sono eccelso nel suonare, e so cantare decentemente qualche canzone, e non capisco lo stupore degli altri, non ho mica risolto uno di quei problemi matematici da milioni di dollari, solo una vecchia canzone.
“And
did they get you trade your heroes for ghosts?
Hot
ashes for trees? Hot air for a cool breeze?
Cold
comfort for change? And did you exchange
A
walk on part in the war for a lead role in a cage?
How
I wish, how I wish you were here.
We're
just two lost souls swimming in a fish bowl,
Year
after year,
Running
over the same old ground. What have we found?
The
same old fears,
Wish
you were here.”
Sull’utima strofa il festeggiato e la sua bella lasciano la festa, e me con il cuore spezzato, con questa maledetta voglia di piangere che mi incrina la voce, ma che per fortuna riesco a ricacciare dentro. Mi alzo a mia volta senza considerare nessuno e me ne vado, sento come se mi chiamassero, come se cercassero di parlare con ma non ce la faccio, sono appena stato distrutto, come quando togli il tassello sbagliato giocando a Jenga.
Parole sparse:
*The Unforgiven dei Metallica è del 1991, e penso possa essere in linea con l’ambientazione del manga, qua loro sono al secondo anno.
Sono in loop con una nuova canzone date la colpa a lei cliccando sul nome della canzone: Dancing on my own nella versione di Calum Scott.
A richiesta si potrebbe avere un Happy Ending per il povero Ru.
Sono in rotta di collisione con l'html chiedo venia
Se volete uccidermi potete farlo facendomi felice… Pomodori li adoro, ma non posso abbuffarmene.