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Autore: Pol1709    30/07/2020    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Glastonbury (Britannia) VI secolo d. C. circa
Il cavaliere guardò la palude che la gente chiamava, impropriamente, lago. Guardò anche la barca che avrebbe usato e il corpo steso al suo interno. Il Re era ferito gravemente e nessun medico o curatore avrebbe potuto salvarlo. C’erano solo una persona al mondo che poteva farlo in fretta e si nascondeva al di là delle acque, nell’isola di Avalon.
Si scostò una ciocca di capelli castani dal suo bel viso, sospirò e si guardò indietro, vide il suo fedele Parsifal, fermo in attesa con la spada del Re in mano. Lui gliela prese e la impugnò. Non era una bella arma, era pesante, rigida e tecnicamente non avrebbe nemmeno dovuto resistere ai colpi dell’avversario. Eppure il suo filo era tagliente come un rasoio e con la sua lama si potevano spezzare le rocce, letteralmente. Non aveva mai capito chi l’avesse costruita, ma sapeva, perché gliel’aveva detto il Re, che era uno degli oggetti sacri di Avalon, proveniva dalla terra madre dell’Antico Popolo che si era inabissata nel mare secoli e secoli prima. Ma era anche molto di più. Il Re gli aveva fatto l’onore di confidargli uno dei più grandi segreti della Britannia, un segreto che andava ben oltre la spada in sé stessa.
Il cavaliere strinse il manico e con la mano libera torse il pomolo, prima lentamente e poi con maggiore pressione, fino a che ne staccò un pezzo. Lo strinse nel pugno e lo porse a Parsifal. L’altro allungò le mani e tenne l’oggetto tra di esse come una cosa sacra. Se lo portò al cuore e trattenne a sforzo le lacrime – Non andare Lancillotto! Il tuo posto è qui con noi per difendere il Regno –
L’altro sorrise debolmente – Senza il suo Re il Regno non esiste. Non abbiamo un successore e nessuno è degno di lui – disse indicando il corpo adagiato nella barca – L’unica possibilità che abbiamo è che lui si riprenda a Avalon, con l’aiuto della Dama del Lago. Nel frattempo…Portalo da lei –
Parsifal spalancò gli occhi incredulo, ma Lancillotto annuì – Portalo dalla Regina! Lei saprà cosa fare –
Parsifal tentennò – Lei non è più la Grande Regina. Ha tradito il Re… - cominciò, ma si ricordò che l’uomo che aveva di fronte era stato parte di quel tradimento.
Lancillotto sorrise debolmente e gli mise una mano sulla spalla – Quello che hai detto è vero, amico mio, ma…Ci sono cose che non si possono spiegare…Il mio amore va a lei, ma la mia fedeltà va al Re –
L’altro socchiuse gli occhi – Lo posso capire, anch’io sono un soldato, ma perché non gli hai dato…L’oggetto…Quando vi siete visti al monastero? –
Lancillotto sospirò – Perché credevo di tornare da lei. Ma adesso so che il mio posto è accanto al Re, a Avalon – disse e gli mise entrambe le mani sulle spalle – Adesso va! – disse e andò alla barca. Prese la spada del Re e la sollevò verso l’alto – Mai nessun cavaliere, nemmeno uno come me, potrà mai attraversare le sacre nebbie per disturbare il legittimo Re di Britannia – disse solo. Spinse il natante dentro l’acqua e ci entrò con un elegante balzo. Appoggiò delicatamente la spada accanto al Re e iniziò a remare, dopo qualche colpo agitò la mano verso Parsifal – Va, amico mio, va da lei – urlò e sparì nella bianca nebbia.
Parsifal strinse il pugno fino a farsi male. Doveva veramente dare quell’oggetto, l’ultima speranza della Britannia alla donna che aveva tradito il Re davanti a tutta la Corte? Guardò il cielo, ormai si stava scurendo e dovevano passare la notte lì. Sospirò, mise l’oggetto in una tasca e dette la schiena al lago.
 
All’alba del giorno dopo Parsifal fu svegliato con degli strattoni. Si stropicciò gli occhi e vide un volto spaventato. L’uomo che lo aveva svegliato, un grosso soldato del nord, deglutì – Signore…Si sta avvicinando un gruppo di uomini armati e…Sono guidati da due donne in armatura. Una è la Regina di Lothian, ho riconosciuto il suo vessillo con il grifone rosso, ma l’altra…E’ il corvo nero della Cornovaglia: la strega! –
Parsifal si mise subito seduto e, istintivamente, controllò la tasca e respirò di sollievo. Guardò il soldato – Sono le sorelle del Re. Una di loro è la madre del traditore Mordred. Lascia che vengano, ormai il nostro Signore Lancillotto ha fatto il suo dovere e non dobbiamo temere – disse e si alzò. Vide, lontano, una donna in armatura di cuoio rosso come i suoi capelli di fiamma e, dietro di lei, la nera figura della strega di Tintagel. Inspirò a fondo e strinse le mascelle, non avrebbe mai lasciato l’oggetto che Lancillotto gli aveva affidato nelle mani di quelle due e nemmeno in quelle della vecchia regina. Doveva portarlo a Londinium (n.d.a.: l’attuale Londra), l’antica capitale romana della Provincia di Britannia, dove i nobili avrebbero scelto un nuovo grande condottiero.
Alcuni uomini correvano nella direzione opposta alla sua, fuggendo davanti alla strega, ma non lui, quando la donna dai capelli rossi lo guardò e gli disse che cercavano il Re, lui si grattò il naso – Mi chiamo Parsifal, Mia Signora, sono l’aiutante di sir Lancillotto –
La donna in nero, la Duchessa di Cornovaglia, si mise accanto a lui – Dove sono! Dov’è il Re! –
L’uomo la guardò per un attimo e poi fece due passi indietro – Mia Signora! Per favore! Io sono solo un’aiutante…Vi prego – disse e si mise in ginocchio congiungendo le mani – Vi prego…Non trasformatemi in un ratto o…In un altro animale –
Lei aggrottò la fronte, guardò l’altra e poi di nuovo Parsifal – Non intendo trasformare nessuno, per oggi. Dove sono Lancillotto e il Re? –
Parsifal indicò l’acqua e le nebbie – Hanno preso una barca e sono andati a Avalon –
La donna in nero andò sulla riva, proprio di fronte alla nebbia e alzò il braccio destro. Aggrottò la fronte e digrignò i denti e, dopo qualche istante, abbassò la mano. Mise un ginocchio a terra e la donna in rosso le fu subito accanto; la girò e vide che le stava colando del sangue dal naso.
Parsifal si alzò – Sir Lancillotto ha adagiato il corpo del sovrano sulla barca, poi ha preso la spada del Re, l’ha brandita e sollevata verso l’alto dicendo che “Mai nessun cavaliere, nemmeno uno come me, potrà mai attraversare le sacre nebbie per disturbare il legittimo Re di Britannia” –
La donna rossa guardò sua sorella e quest’ultima tossì – Non…Non riesco a vedere Avalon…Un incantesimo! Il maledetto Lancillotto ha lanciato un incantesimo e io non riesco a spezzarlo –
L’altra le accarezzò la testa e guardò la nebbia – Quindi è troppo tardi. Viviana e Artù sono a Avalon e noi non possiamo fare nulla –
La donna in nero le prese il suo braccio e lo strinse – Mai! Non lascerò che nostro fratello resti là. Lui è il Re! – disse e si alzò, avanzò barcollando verso l’acqua e vi entrò fino alle ginocchia. Si pulì il sangue dal volto con l’avambraccio e poi fece una smorfia – Mi senti Viviana?! Io verrò da te! Io verrò da te! – urlò con quanto fiato aveva in gola.
 
Poco dopo aver assistito a quella scena Parsifal e i pochi cavalieri che erano rimasti con lui abbandonarono la riva del lago di Glastonbury e si diressero verso Londinium. Dopo un paio di giorni furono assaliti lungo la strada da un gruppo di guerrieri sassoni sbandati. Uno di quei guerrieri, un uomo possente dai folti e lunghi capelli biondi, si avvicinò al cadavere di Parsifal che lui stesso aveva ucciso fracassandogli la testa con un colpo d’ascia. Si inginocchiò e cominciò a spogliarlo della sua armatura in cerca di oggetti preziosi. In una tasca trovò qualcosa, la prese e la sollevò nella mano. Sorrise contento, dopotutto non era andata male come razzia. Prese l’oggetto tra pollice e indice e lo guardò, era una grossa pietra rossa intagliata, emanava una strana luce, quasi ipnotica e, si disse, doveva essere maledettamente preziosa. Rise rumorosamente e si alzò, mise il gioiello in una piega delle sue vesti, sputò sul corpo ai suoi piedi e se ne andò.
 
Glastonbury (Britannia) VI secolo d. C. circa – Tempo dopo
L’ex Grande Regina Ginevra osservò il panorama dalla finestra del monastero di cui era ormai diventata Badessa. Dopo che Mordred li aveva fatti scoprire a letto da tutta la Corte di Camelot, lei e Lancillotto avevano dovuto fuggire. Resisi conto che non potevano avere un futuro insieme lei aveva deciso di prendere i voti e, in virtù del suo rango, era stata nominata a capo della confraternita delle suore di Glastonbury. Lancillotto, invece, aveva sempre atteso il momento il cui il Re avesse di nuovo bisogno di lui e quando a Camlann gli eserciti di Artù e del traditore Mordred si erano scontrati si era presentato al fianco del suo Re e avevano vinto. Mordred era morto, ma aveva ferito gravemente il Sovrano e, per curarlo, Lancillotto lo aveva portato a Glanstonbury, da lei che non poteva fare nulla e allora gli aveva suggerito di attraversare le acque e le nebbie per andare a Avalon, dalla Dama del Lago, Viviana, sorella maggiore del Re.
Ma Lancillotto non era mai tornato e si diceva che avesse chiuso l’accesso per Avalon con la magia. Aveva provato a mandare gruppi di suore a cercare una via di terra per l’Isola delle Mele, ma senza successo. Solo una di loro era tornata, pazza e sconvolta al punto che dovevano tenerla segregata nei sotterranei nuda e con la testa rasata.
Poi, come un fulmine in un cielo sereno, erano arrivate le altre sorelle del Re. La Regina di Lothian e delle isole Orcadi, Morgause, quella con cui Artù aveva generato Mordred e l’altra. Per la minore delle sorelle di Artù Ginevra aveva provato solo disgusto, come quasi tutta la Corte del resto. Una donna che si vestiva sempre da uomo, con abiti neri come la notte e come i suoi capelli e dalla pelle talmente pallida da sembrare di gesso, segni evidenti dell’appartenenza all’Antico Popolo: la Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles, Morgana, che ricordava il nome di Morrigan, la dea pagana della guerra. E invece il Re aveva sempre avuto un debole per quella sorella a cui, da piccolo, era stato tanto legato. Di certo Artù provava ancora un sentimento forte per Morgause, la madre di suo figlio, frutto della magia dell’inganno perpetrato da Viviana, la maggiore delle sorelle, che aveva preso in trappola i due per fargli generare una futura stirpe di sovrani invincibili, ma per Morgana era diverso. Forse proprio in virtù di quel grande affetto quando sir Accolon del Galles, il presunto amante di Morgana, aveva tentato di ucciderlo gridando il nome di lei, Artù era andato su tutte le furie ed era persino andato con la sua guardia personale fino in Galles per prenderla. Ma lei era sparita, scomparsa, tornata in Cornovaglia.
Le parole melliflue di Mordred avevano fatto in modo che fratello e sorella si separassero anche se lei, in fondo, non aveva mai creduto che Morgana potesse in qualche modo tradire Artù. La strega era potente, si diceva, ma era anche ligia al dovere come nessun altro, glielo doveva concedere. E a riprova di quello si era vista arrivare un convoglio dalla Cornovaglia con a capo lei, sua sorella Morgause e due strani individui, un uomo e una donna: quest’ultima indossava abiti di foggia maschile, anche se piuttosto strani, dai lunghi capelli biondi e dallo sguardo di ghiaccio e che, sorprendentemente, conosceva Virgilio. Veniva dalla Gallia e, secondo Morgana, avrebbe potuto spezzare l’incantesimo di Lancillotto per entrare a Avalon perché era una sorta di cavaliere. Con lei c’era un bel giovane, anche lui della Gallia e con gli stessi strani abiti, era lo scudiero, anche se la donna, che si chiamava Oscar, lo aveva chiamato attendente e di nome faceva André. E poi, una volta arrivati li, erano partiti per l’Isola Sacra. L’avevano raggiunta? Avevano liberato il Re? Non lo sapeva, ma attendeva trepidante l’esito di quella missione.
In quel momento la porta della stanza si aprì ed entrò una suora anziana che si inchinò e si fece il segno della croce – Vostra Grazia, la Duchessa di Cornovaglia è tornata dal lago –
Ginevra aggrottò la fronte – Solo lei? –
L’altra rimase interdetta – Lei…E una ragazza…Nessun altro –
Ginevra sospirò – Mandala da me! –
La suora deglutì e abbassò lo sguardo – Io…La strega… -
Ginevra sbuffò – Adesso! – disse quasi gridando e l’altra fece un altro inchino ed uscì.
 
Ginevra si tolse il velo dalla testa con un rapido movimento, lo gettò sul tavolo accanto a lei e si lisciò i suoi biondi capelli all’indietro. Incrociò le mani in grembo ed aspettò, ma l’attesa non durò a lungo. Sentì dei passi pesanti e, poco dopo, entrò Morgana: neri erano i suoi abiti, neri gli stivali, nera la sopraveste aperta sul davanti che svolazzava di lato come le ali di un nero uccello e neri erano i suoi capelli. La sua pelle era bianca in modo innaturale e i suoi occhi erano di un azzurro chiaro, quasi bianco. In testa portava una semplice corona di acciaio larga circa un centimetro e che sulla fronte formava un cerchio all’interno del quale vi era una croce.
Morgana avanzò con le braccia leggermente aperte e le dita delle mani piegate, seguita da una ragazza in abiti maschili di pelle marrone. La Duchessa di Cornovaglia si inchinò profondamente – Vostra Grazia – disse con la sua voce roca.
Ginevra sorrise sprezzante – Meno formalità Morgana…Lui dov’è? –
Morgana rimase interdetta, si raddrizzò e guardò Ginevra negli occhi – Lancillotto…E’ morto Mia Signora…Mi dispiace –
Ginevra si avvicinò a lei e sorrise – Parlavo del Re…Dov’è il Re, visto che sei venuta qui con tua sorella e due persone che, come hai detto tu, hai prelevato dal futuro, per aprirti la strada per Avalon e per Viviana –
Morgana alzò il mento – Il Re…Il Re non può lasciare l’isola. Sta guarendo dalle ferite e non è in grado di riprendere il comando del Regno – disse e pensò che, in fondo, era vero. Artù era stato mortalmente ferito e Viviana l’aveva portato nel luogo più sacro di tutta Avalon, dove la Sacra Coppa donata da Giuseppe d’Arimatea e che aveva raccolto il sangue del Cristo lo stava lentamente, troppo lentamente, sanando, anche se rafforzata dalla presenza della spada Excalibur che era, con il calice, una delle due magiche reliquie dell’isola.
Ginevra fece una smorfia e sospirò – Non ci voleva! Il nostro Regno senza un Re può cadere preda dei sassoni in qualunque momento –
Morgana socchiuse gli occhi – Immagino che la nobiltà di Britannia non tarderà a trovare un nuovo condottiero –
Ginevra sorrise di nuovo in modo sprezzante – E immagini male! I nostri nobili sono riuniti a Londinium, giocano a fare i romani, vanno alle thermae, ma non riescono a decidere nulla: Marco, quella nullità che tuo fratello ha mandato in Cornovaglia per sostituirti, vuole essere proclamato Grande Re quando non è stato in grado nemmeno di tenersi la sua moglie irlandese e di governare nemmeno una iarda della terra a lui assegnata. Anzi, proprio il fatto che abbia ucciso la figlia di un capoclan irlandese, che lo tradiva con il suo di figlio, peraltro, ha fatto in modo che anche dall’Irlanda ci vengano ad attaccare…E tuo nipote Galvano, il figlio di Morgause e Re Lot, è un incapace totale, buono solo a far funzionare i suoi muscoli…Lui dovrebbe essere il Re per diritto di sangue, come nipote di Artù, ma nessuno lo seguirebbe…E tutti gli altri sono solo ridicole comparse in quella che è, purtroppo, la fine della Britannia –
Morgana rimase impassibile, sapeva che ormai la fine del loro mondo era vicina, ma vide Ginevra avvicinarsi a lei – C’è una ultima speranza…Avevo chiesto a quella donna cavaliere, Oscar, di portarmi Excalibur. Hai tu la spada del Re? –
La Duchessa tentennò e l’altra fece una smorfia – L’hai vista? L’hai tenuta in mano? Hai notato se sul pomolo dell’elsa c’era qualcosa? –
Morgana tentennò di nuovo e cercò di ricordare la spada. Lei stessa l’aveva brandita, l’aveva usata per nominare cavaliere Andrè, lo scudiero di Oscar e poi l’aveva lasciata sul sarcofago che vegliava il sonno di suo fratello Artù. Era un unico pezzo di metallo fuso e lavorato dall’Antico Popolo e si, sul pomolo aveva notato uno spazio vuoto, ma non ci aveva dato peso.
Ginevra sospirò – Allora siamo perduti…Non sapevi della pietra di Excalibur? –
L’altra aggrottò la fronte e Ginevra si avvicinò ancora – E’ uno dei segreti più grandi della Britannia, me lo ha raccontato Artù e lui, a sua volta lo ha saputo da Merlino. Tuo fratello dubitava che persino Viviana, la Dama del Lago, ne fosse a conoscenza – disse e guardò la ragazza in abiti di pelle. Morgana fece un gesto con la mano e lei si inchinò ed uscì.
Quando furono sole Ginevra respirò a fondo – La spada sul pomolo aveva un gioiello, una pietra rossa molto antica. Ed è la chiave per raggiungere un’arma. Un’arma antica e potente, in grado di eliminare un intero esercito in un colpo solo –
Morgana inarcò le sopracciglia – Un’arma in grado di distruggere un esercito? Di che tipo di arma si tratta? –
L’altra tentennò – Artù non lo sapeva…E non lo sapeva nemmeno Merlino, ma se mai è arrivato un momento per usarla, temo che sia questo! Quindi, per Dio e per tutti i tuoi dei, dimmi che sai dove si trova quella gemma –
Morgana la fissò negli occhi – Non ho visto alcuna gemma sulla spada e te lo posso anche giurare –
Ginevra strinse le labbra – E allora tutto è perduto – disse e guardò l’altra; sorrise tristemente – Non mi sei mai piaciuta, Duchessa di Cornovaglia. E’ inutile negarlo! C’è un’unica persona in tutta la Britannia, oltre ad Artù che possa veramente regnare su questa terra, ma non verrà mai accettata –
Morgana aggrottò di nuovo la fronte – Di chi stai parlando? –
Ginevra sorrise – Di te! Ovviamente! Saresti una regina perfetta per la Britannia –
L’altra rimase interdetta – Non prenderti gioco di me – disse, ma Ginevra alzò una mano – Dico davvero! Tu sei forte, sei un’abile guerriera e una potente maga, hai una volontà di ferro, nelle tue vene scorre il sangue dell’Antico Popolo e quello della Britannia, sei la figliastra e la sorella di un Grande Re…Tu guideresti le nostre armate alla vittoria, lo so…Ma so anche che quegli idioti a Londinium non accetteranno mai di metterti sul trono –
Morgana sorrise con un ghigno – La Fata Morgana come Regina? E i vescovi cristiani come la prenderebbero? –
Ginevra chiuse gli occhi per un istante e abbassò la testa – Che vadano all’inferno! Non la prenderebbero affatto bene, come nessuno di quei balordi che si definiscono re…Ma non è perché sei repellente…E nemmeno perché sei una pagana…E’ la nostra maledizione, sorella, quella che ci perseguita da quando siamo nate…E’ solo ed unicamente perché siamo donne –
La Duchessa di Cornovaglia strinse le mascelle, era la prima volta che sua cognata la chiamava sorella e annuì – Lo so molto bene, sorella – disse e rimasero per qualche istante in silenzio, una di fronte all’altra. Fu Morgana la prima a parlare – Mi dispiace che non ci siamo mai conosciute bene –
Ginevra scrollò le spalle – Quello che è fatto è fatto. Addio! Che tu possa sopravvivere ai tempi bui che ci attendono – disse e allungò il braccio. Morgana mise un ginocchio a terra, prese la sua mano e la baciò – Mia Grande Regina. Possa il tuo Dio essere al tuo fianco – disse, si rialzò e andò verso la porta.
L’altra fece un gesto – Un’ultima cosa Morgana…Se vuoi dirmelo…Cosa ne hai fatto di quella Oscar e del suo scudiero? –
Morgana strinse le labbra – Ho nominato lui cavaliere di Avalon e li ho rimandati nel loro mondo –
Ginevra sorrise – Ben fatto! Addio! –
L’altra chinò la testa – Addio! – disse ed uscì.
Dopo qualche istante Ginevra congiunse le mani. Morgana non aveva motivo di mentire e quindi: chi aveva preso la pietra della spada? Lancillotto? No, lui sapeva il segreto, perché glielo aveva detto lei. Viviana? No, non era possibile, solo Merlino sapeva il suo segreto e a lei cosa mai serviva un gioiello come quello ad Avalon? Oppure…Si portò una mano sotto le labbra, Lancillotto era arrivato con Artù morente ed altri cavalieri, forse uno di loro aveva preso la pietra ignorando il suo vero valore? Quella era una strada da non accantonare. Andò al grande tavolo di legno di quercia, prese un campanello e suonò. Dopo qualche istante entrò la suora anziana e si inchinò – Cosa comandi Mia Signora? –
Ginevra la guardò – Fa preparare i miei vestiti e un convoglio per partire da qui. Andiamo a Londinium –
La suora inarcò le sopracciglia sorpresa – A…Londinium? –
L’altra sospirò, era mai possibile che le uniche persone con cui riusciva a parlare da pari a pari erano quella megera di Morgana o quella strana donna cavaliere di nome Oscar? – Si! E’ un ordine! Andremo al palazzo del governatore romano, dove si stanno incontrando i nostri nobili per decidere quando i sassoni dovranno conquistarci –
La suora sbatté le palpebre – Io credevo che decidessero chi dovrebbe essere il nuovo Grande Re –
Ginevra sbuffò e se ne andò dalla stanza a grandi passi non degnandola di una risposta. Nel corridoio cominciò a slacciarsi il cordone della sua veste monacale. In effetti, si disse, quella era troppo scomoda per cavalcare.
 
Parigi (Regno di Francia) XVIII secolo d. C. – Anno 1785
La contessa Jeanne de Saint-Rémy de Valois, moglie del conte Nicholas de la Motte, si fece di nuovo aria con il suo ventaglio e guardò bene i due uomini seduti nel divano in raso del suo salotto. Da quando aveva cominciato a spillare soldi dalle tasche del Cardinale Louis René Edouard de Rohan-Guéménée, conosciuto più brevemente come Cardinale di Rohan, aveva potuto acquisire un piccolo palazzo a Parigi e a tenere una sua personale corte di quanti, per curiosità o per necessità, volevano incontrare la Regina Maria Antonietta. Era divertente pensare a come il Cardinale aveva creduto di parlare con la Regina nel parco di Versailles ed invece aveva discusso con una prostituta, una tale di nome Nicole Leguay D’Oliva, che le somigliava come una goccia d’acqua. Da quel momento in poi un afflusso ininterrotto di denaro aveva cominciato ad arrivare nelle tasche della contessa ed erano in molti a credere che lei conoscesse davvero la Sovrana. Come quei due.
Jeanne si sedette vide che, sul basso tavolino tra di loro, c’era una scatola di velluto blu. Sul contenuto non potevano esserci malintesi, del resto Charles Boehmer e Paul Bassenge erano due stimati artigiani gioiellieri. Boehmer si sporse in avanti sorridendo – Madame…Lasciate che vi ringraziamo per averci ricevuto. Abbiamo saputo che voi siete il tramite tra il Cardinale di Rohan e la nostra amata Regina Maria Antonietta –
Jeanne sorrise debolmente – Io cerco solo di essere una buona amica per entrambi, messieurs. Ma ditemi, perché avete voluto vedermi nel cuore della notte? Spero che non vogliate propormi qualcosa di illecito –
Bassenge fece un gesto con la mano – Oh! Nulla di tutto questo – disse e guardò l’altro per un attimo, poi si rivolse di nuovo a Jeanne – Per anni io e monsieur Boehmer abbiamo raccolto pietre preziose, ma i migliori diamanti li abbiamo serbati per quello che doveva diventare il nostro capolavoro – disse, fece una pausa ad effetto con un sorriso e aprì la scatola con due mani.
Jeanne serrò la presa sul ventaglio, se lo portò davanti alla bocca al fine di non mostrare che si stava mordendo il labbro inferiore per non gridare e inarcò le sopracciglia: davanti a lei c’era quello che forse era il gioiello più grande e più bello che avesse mai visto. Era una collana. Fatta interamente di diamanti di ogni dimensione inseriti con mani abili in una maglia di oro bianco e al centro di essa, con un pendente circondato da pietre più piccole, c’era una fiammeggiante pietra rossa, l’unica di quel colore, quasi a simboleggiare una grande goccia di sangue.
I due gioiellieri si guardarono ancora e si sorrisero. Boehmer guardò Jeanne – Pensavamo di offrirla a Re Luigi XV che voleva farne dono alla sua favorita, la Contessa Du Barry, ma il lavoro è stato terminato dopo la morte del sovrano, nel 1774 e pensavamo quindi di offrirla alla nostra amata Regina Maria Antonietta per la sua incoronazione. Ma ci è stato detto che il prezzo era troppo elevato. Ma adesso che sappiamo che la Regina è in contatto con voi…E con il Cardinale di Rohan…Ecco…Siamo pronti a riproporre questo gioiello –
Jeanne annuì, incapace di staccare gli occhi dalla collana e dalla pietra rossa – E quanto volevate chiedere come prezzo? –
Bassenge strinse le labbra – Questa è la nota dolente, ma del resto immagino che sappiate anche voi che l’arte si paga: volevamo chiedere un milione e seicentomila lire –
Jeanne rimase per un attimo senza fiato. Era una cifra enormemente folle, di quelle che solo dei sovrani regnanti possedevano. Oppure gli alti prelati rampolli di nobili ed antiche famiglie. Si piegò in avanti per vedere meglio la pietra rossa e vide che aveva, al suo interno, degli strani segni bianchi. Bassenge sorrise – Lo avete notato? Non è un rubino. A dire la verità non sappiamo nemmeno che pietra sia –
Boehmer annuì – E’ impossibile lavorarla. Ci abbiamo provato anche con i diamanti, ma li rovina. E’ di un materiale che non abbiamo mai visto. E’ stata comprata da una antica e nobile famiglia danese che è andata in rovina. Secondo il suo ultimo proprietario c’è una leggenda che dice che sia fatata e che, alla luce della luna, sveli il suo segreto –
Jeanne aggrottò la fronte e lo guardò, ma l’altro scrollò le spalle – L’abbiamo guardata alla luce della luna, ma non accade nulla, è semplicemente una pietra unica nel suo genere e, proprio per questo, è la più preziosa di tutte quelle della collana –
La donna sorrise e si appoggiò allo schienale della sua poltrona. Il suo cervello contorto cominciò a funzionare rapidamente. Con una cifra come quella lei e Nicholas avrebbero potuto vivere di rendita in ogni angolo del mondo, specialmente oltre l’oceano, in quel nuovo paese che era appena nato dalla dissoluzione delle colonie inglesi, o nei vecchi possedimenti francesi del Canada, oppure al caldo, più a sud, in quella città chiamata La Nouvelle Orleans (n.d.a.: l’attuale città di New Orleans). Ma, quello che più contava, lo avrebbero fatto da ricchi. Del resto sapeva benissimo che l’imbroglio al Cardinale non poteva durare ancora per molto e quel gioiello era la giusta occasione per uscire definitivamente di scena.
Persa in quei pensieri sobbalzò quando Bassange chiuse la scatola con uno scatto. L’uomo sorrise – Possiamo allora contare sul vostro aiuto Madame? –
Jeanne sorrise amabilmente – Ma certo! Sua Maestà ama molto i gioielli e sarà mia cura particolare magnificare il vostro        lavoro –
I due uomini chinarono il capo. Boehmer sospirò – Ho sentito che voi discendete da Enrico II di Valois…Un grande Re…E molto sfortunato! (n.d.a.: nel 1559, al matrimonio della figlia con il Re di Spagna, partecipò ad un torneo e le schegge della lancia del suo avversario passarono il sottile spazio della visiera del suo elmo ferendolo gravemente alla testa; dopo dieci giorni di agonia morì; la leggenda vuole che la sua morte fosse stata predetta da Nostradamus) –
Jeanne sospirò – Purtroppo è la triste storia della mia famiglia…Ma nulla può mutare il sangue reale che io ho nelle vene – disse e si alzò, imitata dai due uomini. Li accompagnò al portone, loro fecero un elegante baciamano e poi uscirono.
Lei chiuse i battenti e rimase con le mani appoggiate al legno. Doveva ragionare rapidamente: chiamare il Cardinale, dire che la Regina voleva assolutamente quella collana e poi farsela consegnare. E poi, finalmente, i Valois sarebbero tornati di nuovo ricchi e potenti. Respirò a fondo e si raddrizzò. Come prima cosa, però, avrebbe dovuto mettere al corrente di tutto suo marito Nicholas.
 
Parigi (Regno di Francia) XVIII secolo d. C. – Anno 1786
Era passato poco più di un anno da quando i gioiellieri Boehmer e Bassange erano stati da lei per chiedere la sua intermediazione affinché la collana di diamanti, con una pietra rossa come pendente centrale, fosse acquistata dalla Regina Maria Antonietta.
E sembrava che fosse passato un secolo, invece. Il Cardinale di Rohan aveva subito pagato la somma richiesta, ma quando il gioielliere Boehmer era andato a lamentarsi con la Regina, all’oscuro di tutto, per il mancato pagamento di una rata era scoppiato lo scandalo, passato alla storia, per l’appunto, come “Scandalo della Collana”. La polizia aveva agito tempestivamente e lei, Jeanne de Saint-Rémy de Valois, Contessa de la Motte, era rimasta intrappolata nel suo stesso inganno mentre suo marito Nicholas era in Inghilterra a vendere i gioielli.
Lei era stata imprigionata, processata, giudicata colpevole, flagellata pubblicamente, marchiata a fuoco come ladra e poi rinchiusa nella prigione per prostitute e manicomio di Salpetrière. E fu una punizione terribile e crudele visto che Rétaux de Villette, l’uomo che aveva falsificato le lettere al Cardinale con la calligrafia e la firma di Maria Antonietta, fu solamente bandito; il Cardinale e la prostituta Nicole Leguay, che si era spacciata per la Regina, furono invece assolti.
Ma qualcuno non si era dimenticato di lei e l’aiutò a fuggire e a ricongiungersi con suo marito Nicholas. Dal suo rifugio segreto Jeanne scrisse e fece pubblicare dei libelli che prendevano di mira la Regina accusandola di uno stile di vita dissoluto e, in particolare, di intrattenere relazioni omosessuali con la Contessa Jolande de Polignac e con la strana donna che comandava le guardie reali: Oscar François de Jarjayes.
Quella stessa donna che si comportava come un soldato e che era stesa, svenuta, a poca distanza da lei. Quando era fuggita degli uomini misteriosi l’avevano condotta in un vecchio monastero abbandonato, nei pressi della cittadina di Saverne, a Sud Est di Parigi. Ma chi l’aveva tradita? Di certo era stata la sua sorellastra Rosalie Lamorlière che era diventa, a quanto pareva, la protetta di Oscar a palazzo Jarjayes e solo a lei aveva detto dove si trovava. Ma anche quello non aveva più importanza. La Guardia Reale, nel pieno della notte, aveva circondato l’edificio e Oscar, in un impeto di pietà, si era fatta avanti da sola per farla arrendere. Ma si era illusa inutilmente. Nicholas l’aveva assalita e sopraffatta e l’avrebbe anche strangolata, uccidendo una volta per tutte quello scherzo di natura di donna. Ma lei lo aveva impedito. Aveva pugnalato il suo stesso marito e complice e l’aveva salvata. Perché? Non se lo sapeva spiegare. Ma quella disgraziata storia era durata fin troppo. Quella donna, nonostante tutto, era stata buona con Rosalie e non meritava certo di morire in quel modo. Lasciò cadere il pugnale insanguinato, guardò per un attimo Nicholas, poi Oscar e poi mise una mano in tasca. Prese un oggetto e lo tenne tra il pollice e l’indice. Sorrise nel vedere la pietra rossa della collana. Perché non l’aveva venduta? Oh! Lei aveva visto il segreto della pietra; i due gioiellieri avevano detto di metterla alla luce della luna, ma che a loro non era apparso nulla. In effetti bisognava metterla alla luce della luna piena, che appariva una volta al mese, come lei si era accorta per caso. Non che ci avesse capito molto e nemmeno Nicholas, ma era abbastanza per tenerla presso di sé. L’aveva affidata a suo marito, ma nemmeno lui l’aveva data via e gliel’aveva restituita quando si erano rivisti. Portava forse sfortuna? Se lo era chiesta più volte e forse era così. La strinse nel pugno, guardò Oscar stesa a terra e si avvicinò cautamente. Sorrise: - Se questa pietra porta sfortuna, comandante dei miei stivali…Che tu sia sfortunata, allora – disse e si piegò su di lei, nascose la pietra in uno dei grandi risvolti delle maniche della sua uniforme e poi si rialzò.
Prese un candelabro e diede fuoco alle tende di una finestra, poi ad altre e ad altre ancora. Lasciò cadere a terra l’oggetto e poi si avvicinò al corpo esanime di Nicholas, si inginocchiò accanto a lui e gli accarezzò la testa – Riposa in pace amore mio! Tra poco sarà tutto finito – disse e si gettò su di lui abbracciandolo.
Gli uomini della Guardia Reale irruppero nell’edificio seguendo André, che, chissà come e perché, sentendo che Oscar era in pericolo si era gettato da solo al suo salvataggio. E fu una fortuna! Videro i corpi di Jeanne e Nicholas tra le fiamme e fecero appena in tempo a trascinare via il loro comandante mentre l’intera struttura andava a fuoco.
 
Il viaggio di ritorno, per Oscar, non fu lento come per i suoi soldati. Per premiarla della brillante operazione appena conclusa il Re aveva inviato al comandante delle sue guardie una berlina che l’avrebbe direttamente portata, accompagnata dal fido André, a palazzo Jarjayes per passare alcuni giorni di convalescenza.
Una volta a casa, Oscar fu accolta dal caldo abbraccio di Marie, la nonna di André. Che poi si rivolse malamente al nipote che non aveva difeso la padrona. Oscar lo salvò dall’ira della nonna sorridendo – Non preoccuparti Marie. Ha fatto il suo dovere, come tutti gli altri. Merita anche lui un encomio – disse e lo guardò negli occhi. Lo sguardo di André nei suoi confronti era cambiato da un po' di tempo. Qualche volta si voltava e vedeva che lui la stava osservando e non ne capiva il motivo. Sospirò, si passò la mano sulla giacca dell’uniforme che non si era tolta dalla morte di Jeanne e si sentì improvvisamente sporca. Marie capì subito e, con una giovane cameriera dai capelli biondi e dal viso lentigginoso, l’accompagnò alla sua stanza.
Oscar si tolse la giacca e la lasciò su un manichino di legno e poi seguì Marie per spogliarsi e fare, finalmente, un bel bagno caldo. Marie si girò verso la cameriera – Anne, per favore, sistema la giacca di Mademoiselle Oscar e fai in modo che venga subito lavata –
La ragazza annuì e prese la giacca tra le mani. Era veramente impolverata e rovinata, la scosse in aria per eliminare almeno in parte la polvere e, improvvisamente, vide volare un piccolo oggetto che emanava riflessi rossastri. Ne seguì la traiettoria e vide che andava sotto al grande letto a baldacchino della padrona. Anne si guardò attorno, non c’era nessuno, si piegò e mise una mano sotto al letto. Sentì al tatto un oggetto duro, lo prese e poi lo vide nel palmo della sua mano. Rimase senza fiato nel vedere la pietra rossa. Come mai era nascosta nell’uniforme della padrona? Si rialzò, si guardò di nuovo attorno e aprì lentamente la mano. Accarezzò la pietra a sorrise. L’uniforme di Oscar non aveva gioielli, a un militare non servivano. L’aveva presa lei a quella Jeanne Valois di cui tanto si parlava? Si parlava anche tanto della padrona e non sembrava proprio il tipo che rubava dei gioielli. Rubati ad altri, per di più! Guardò la pietra più da vicino e vide che, all’interno della struttura, c’erano degli strani segni bianchi. Non che se ne intendesse di gioielli, chiaramente, ma aveva la sensazione che quel gioiello fosse molto prezioso. Il cuore cominciò a martellargli nel petto e mise la pietra nella tasca dell’abito, prese la giacca dell’uniforme di Oscar e uscì dalla stanza.
 
Anne non dormì un solo istante quella notte, nel terrore che qualcuno venisse a prenderla per chiederle della pietra, ma nessuno arrivò. Alla mattina dopo si vestì e notò che tutto era normale: Marie sbraitava che niente era pulito, la padrona e il suo attendente si esercitavano con la spada nel giardino del palazzo e nessuno sembrava occuparsi di lei. Dopo qualche istante si congedò dalla Governante, prese i suoi pochi effetti personali, tra i quali c’era, ovviamente, la pietra rossa e trovò un passaggio su un piccolo carretto che andava a Ovest, verso casa sua, verso la Normandia.
 
Londra (Regno d’Inghilterra) XVIII secolo d. C. – Anno 1786
L’uomo si strinse nel suo nero mantello. La nebbia era riapparsa quella sera a Londra ed era molto fitta. Avvicinò la lampada al portone e poi bussò con il batacchio. Aspettò un attimo e poi diede altri tre colpi.
I battenti si aprirono e un corpulento uomo in livrea verde da cameriere lo fece entrare. L’uomo spense la lampada e la diede al cameriere, poi si diresse senza esitazione lungo il corridoio. Aprì una porta e scese delle scale malamente illuminate e si trovò in una grande sala di pietra. Dall’umidità che colava si poteva chiaramente capire che erano sotto il livello del fiume Tamigi.
C’erano altri uomini, tutti paludati di nero, ma a volto scoperto, del resto non c’era bisogno di nascondersi, per loro. Da una porta laterale entrò un’altra persona, dal volto affilato e pallido e con in testa una parrucca incipriata. L’ultimo arrivato si mise di fronte a quello che era sceso dalle scale – Quindi, Nesby, Adesso cosa sappiamo? –
L’uomo di nome Nesby sorrise debolmente – Abbiamo acquistato i diamanti della collana, come ben sapete Lord Baxter, ma non c’è traccia della pietra rossa –
Baxter strinse le labbra e soffiò dalle narici – Non è possibile! Abbiamo saputo per certo che il Conte de la Motte è venuto qui in Inghilterra a vendere i gioielli della collana e non c’era quello principale? –
Nesby scrollò le spalle – Il Conte de la Motte è morto a Saverne e con lui sua moglie Jeanne de Valois. E’ probabile che avessero ancora loro la pietra. Ho ispezionato personalmente i resti dell’edificio in cui si trovavano e, con i vostri soldi, Lord Baxter, ho comprato anche il medico che aveva in custodia i loro resti per ispezionarli, ma non c’era nulla –
Un altro uomo si piegò in avanti – E quindi cosa suggerite, Nesby? –
L’altro lo guardò – Un cambio di strategia, signori, per secoli il nostro gruppo ha atteso di rivedere la pietra e ora che siamo a un passo dall’averla, dobbiamo prendere l’iniziativa: avete agganci in tutto il continente, quindi fate in modo che il possessore del gioiello venga da noi, dite e fate dire a tutti che cerchiamo una pietra rossa come un rubino e con segni bianchi all’interno della sua struttura, offrite soldi, montagne di soldi e vedrete che tutti i ricettatori e ladri d’Europa verranno a offrircela –
Lord Baxter fece una smorfia – E quanto chiederanno? –
Nesby strinse le labbra – Ho detto di dire che offrirete un grande compenso…Non che glielo darete –
Un altro uomo sorrise – Astuto! Direi che dovremmo concentrarci sulla Francia per il momento, sappiamo chi ha trovato il Conte e la Contessa de la Motte? –
Baxter annuì – La Guardia Reale francese! Al comando di quella donna con un nome da uomo, la figlia di un mio vecchio conoscente, il generale de Jarjayes –
Nesby aggrottò la fronte – Che lei abbia la pietra? –
Baxter fece un gesto con la mano – A quanto ricordo il generale de Jarjayes era ed è disgustosamente onesto e ligio al dovere. E fedelissimo alla monarchia francese. Se ha educato sua figlia allo stesso modo direi proprio di no…Ma la vostra strategia ha un senso Nesby…Procedete pure. Che Dio e gli antichi dei veglino su di noi stavolta, che ci diano il potere di scatenare l’arma dei nostri antenati…E come sempre: la Britannia domina! –
Gli altri alzarono il braccio destro – Britannia Rules! – dissero con una sola voce.
Baxter sorrise – Morte agli usurpatori Hannover! – gridò, seguito dagli altri: - Morte agli usurpatori! – (n.d.a.: Re Giorgio III – regnante all’epoca – figlio di Giorgio II e nipote di Giorgio I della dinastia Hannover, principi tedeschi chiamati a governare l’Inghilterra dopo l’estinzione della dinastia Stuart e d’Orange-Nassau. Per prevenire l’ascesa di sovrani cattolici il Parlamento aveva promulgato l’Act of Settlement, che dava il trono solo agli eredi di fede protestante).
   
 
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