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Autore: Dreamer In Love    30/07/2020    2 recensioni
Un trono esurpato da un crudele tiranno.
Una principessa dal cuore di ghiaccio a cui la vita a riservato solo dolore e falsità
Un ragazzo temerario che sogna la libertà, per se e per il suo popolo.
Ma ne vale davvero la pena di rischiare la propria vita?
La vendetta non porta mai a nulla di buono e Shade lo sa ma come potrà perdonare l'uomo che gli ha reso la vita impossibile?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rebel'
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40. Per la libertà
 
Fine osservava accigliata l’ingresso di Lilian barricato. Sulle torrette di guardia, centinaia di arcieri scrutavano il bosco in attesa dei nemici che si erano nascosti tra le fronde già alle prime luci dell’alba.
Un brivido le percorse la schiena e impugnò più saldamente la spada tra le mani sudate. Erano passati due mesi e mezzo dalla sua fuga ed erano cambiate molte cose da allora; soprattutto, lei era cambiata.
Quando Camelot le aveva rivelato la verità sulla natura turbata di suo zio, si era sentita persa, impotente, stupida. Aaron l’aveva presa in giro per sette anni, le aveva mentito spudoratamente, facendo ricadere la colpa delle sue azioni, tra cui la morte dei suoi genitori, su Eclipse.
Già, Camelot: anche lei era rimasta vittima di quella guerra civile. La donna aveva lottato per anni, assetata di giustizia in nome della dinastia reale. Era stata leale e fedele fino al suo ultimo respiro. Fine sentiva ancora sulla pelle l’abbraccio della vecchia governante: le braccia sottili ma forti, l’odore di pulito, famigliare e rinfrancante, l’affetto incondizionato che aveva saputo darle nonostante le difficoltà, il dolore e la delusione. Dopo anni di solitudine, quel solo gesto era riuscito a far vacillare il muro d’indifferenza che aveva sapientemente costruito intorno a sé. L’aveva riportata ai ricordi di un’infanzia che credeva perduta, alla felicità dei giorni passati con i suoi genitori e Shade al castello; era riuscita a infonderle il coraggio per andare avanti e affrontare le conseguenze della verità. Ed era stata una verità dura da accettare. Si rese conto che non sempre era stata all’altezza di quel compito ma ora era davvero pronta ad arrivare fino in fondo. Quando Shade le aveva detto che era morta aveva sentito una parte di sè spezzarsi, letteralmente. Sospirò, cercando di rimandare indietro le lacrime.
Doveva farlo per Camelot, per sua madre e suo padre, per Eclipse, per Omendo e Camilla, la madre di Bright; per tutte le persone che erano morte nel tentativo di ribellarsi; per tutte le persone che non avevano avuto la forza di ribellarsi.
Suo zio aveva fatto tabula rasa attorno a sè, demolito e distrutto ogni cosa buona e luminosa. Aveva generato solo sofferenza, aveva fatto sanguinare il suo regno, le sue terre, il suo popolo. Non lo avrebbe mai perdonato e non vedeva l’ora di saldare i conti con lui. Eppure, allo stesso tempo, era intimorita: il ricordo dell’uomo intransigente e violento che le concedeva una carezza riusciva ancora a destabilizzarla. Una parte di lei era stata assoggettata, come suo cugino Bright d’altronde, da Aaron in una dipendenza distorta e fuorviante. Se non avesse avuto quel colpo di testa, la famosa sera della sua fuga, probabilmente in quel momento sarebbe stata al fianco del tiranno ad aspettare trepidante l’arrivo di Shade per ucciderlo e vendicarsi dei suoi genitori.
Una mano delicata che si appoggiava sulla sua spalla la riportò alla realtà. Guardò leggermente stranita il volto del cobalto, prima di metterlo a fuoco e lasciarsi andare a un sorriso tirato.
- Stai bene? -, le domandò Shade premuroso.
La situazione sarebbe potuta essere diversa, sì, eppure accanto a lei, bello, sicuro e possente, c’era proprio l’uomo che in passato si era convinta di odiare e che ora era una parte essenziale della sua vita.
- Sì, sono solo un po’ stanca. –, gli rispose ammirandolo segretamente.
- Non dirmi nulla. Non mi hai fatto dormire stanotte. –
Sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisi sghembi e Fine si ritrovò ad arrossire. Gli diede uno spintone sul fianco.
- E smettila. -, lo riprese ma apprezzò il tentativo di allentare la tensione.
Comunque l’allusione di Shade non corrispondeva alla verità e la futura regina pensò che senza ombra di dubbio avrebbe preferito una notte di passione con il suo amante piuttosto che fare le ore piccole per rielaborare il piano d’attacco. Quando avevano deciso di mettersi a letto, li avevano accolti una brandina traballante su cui a malapena stavano entrambi e sogni agitati. Era seccata dal fatto che Shade non fosse tornato nella sua tenda. Con la minaccia di Roman che pendeva sulle loro teste e il malcontento per la loro relazione, era meglio evitare di farsi vedere insieme in quella fase della ribellione ma, come sempre, il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni. Come sull’armatura in cuoio che la irrigidiva nei movimenti e che lui le aveva fatto indossare a forza. Sbuffò.
- Sei sicuro che andrà tutto bene? -, gli chiese riferendosi alla faccenda di Bright e Roman.
Lui capì e annuì.
- Mi è sembrato molto determinato. -, commentò, mentre lo sguardo veniva catturato dalla figura di Auler che si avvicinava di corsa a loro.
- È pronto. –, avvisò il capo dei ribelli e la futura erede al trono.
Shade gli sorrise.
- Dobbiamo cominciare allora. Dai l’ordine ai draghi. –
Il ragazzo dai capelli azzurri tergiversò un attimo. I due amici si guardarono degli occhi e, in un tacito accordo, allungarono un braccio per stringerselo reciprocamente.
- Conto su di te. –
Auler annuì brevemente. Poi, lanciò un sorriso d’incoraggiamento a Fine e scomparì tra la marmaglia di soldati.
La principessa si strinse nelle spalle.
- Non pensavo sarebbe stata così dura. Altezza era in lacrime quando ci siamo salutate. -, ammise e lo stomaco si contorse al ricordo della sua amica bionda risalente a qualche ora prima.
L’aveva stretta in un abbraccio opprimente, singhiozzando senza ritegno e sfregandosi il naso bagnato sulla sua spalla. «Non fare di testa tua…», le aveva poi intimato severa, «e stai vicino a Shade. Ti voglio bene.», aveva concluso quando ormai entrambe piangevano. Poi la bionda si era voltata minacciosa verso Shade e gli aveva ordinato di proteggerla a costo della vita. Il ragazzo si era limitato a un cenno d’assenso e si erano scambiati una stretta di mano. Nonostante gli screzi iniziali, alla fine avevano imparato a conoscersi e si erano affezionati l’uno all’altro.
- Come fate tu e Auler a essere così calmi?–
- Abbiamo combattuto molte battaglie insieme in questi mesi. –
- Non mi stai aiutando. Lione? -
Si voltò verso la giovane che era con loro e che li stava studiando attenta: Fine e Shade erano davvero molto affiatati e l’arancio fu colta da una punta di invidia. Avrebbe mai trovato qualcuno con cui condividere la propria vita? Era abbastanza sicura che la delusione per Black sarebbe stata una cicatrice profonda da arginare. Sperava che la battaglia le permettesse di togliersi qualche sassolino dalla scarpa: non aveva dormito granché alla possibilità di vederlo e saldare i conti con lui.  
- Devi solo credere fermamente che li rivedrai presto, che tutti faranno del proprio meglio, e devi agire in modo che lo scenario migliore accada. –
Fine le sorrise brevemente, ringraziandola con gli occhi. Fare del proprio meglio era qualcosa che era alla sua portata; sperava comunque che fosse abbastanza.
- Lio, gli arcieri sono pronti? –
La ribelle annuì.
- Torno da loro. -, annunciò ora seria, avviandosi con passo veloce verso un drappello di soldati che l’aspettava a diversi metri di distanza.
Shade allungò lo sguardo, poi, nella direzione opposta, dove Roman parlava con i suoi uomini. Anche Bright era in prima linea con lui.
Il volto del capo dei ribelli s’irrigidì per un attimo. Poi, si rivolse alla ragazza accanto a lui e le iridi cobalto tornarono dolci e fiere.
- Ci siamo. –, l’avvisò premuroso.
Fine gli sorrise.
- Ci siamo. –
La sua voce venne però coperta dal suono asciutto e ritmico delle ali dei draghi. Cinque magnifiche creature si muovevano agili nel cielo di Lilian. Saba, cavalcato da Perla, e Hakim, cavalcato da Nagino, coprivano la porta principale mentre gli altri erano divisi sulle entrate est e ovest. Infatti, Zahira, Raldun e Ashiq proseguirono verso quelle direzioni, scomparendo poi alla vista per colpa della foresta.
Le grida dei nemici le fecero spostare lo sguardo dal cielo alle mura davanti a lei. Con potenti fiammate, i due animali cercavano di indebolire le difese nemiche schivando abilmente i dardi di un inutile contrattacco. Il loro scopo era anche scoprire gli stratagemmi messi in atto da Aaron all’interno della città e comunicarli alla retroguardia.
Nel frattempo, un centinaio di Tanin si schierò sulla strada principale trascinando, con l’aiuto di alcuni cavalli, un grosso ariete. Auler, in prima linea in quell’operazione, dirigeva gli spostamenti e indicava il percorso da seguire. I piedi scivolavano tra il fango della via sterrata ma, in poco tempo e nonostante la mole da trasportare, riuscirono a raggiungere il portone. Azionarono gli ingranaggi, che permettevano la manovra di sfondamento senza la manodopera umana, mentre i soldati si posizionavano dietro la grande costruzione per difendersi dagli attacchi nemici.
Entrarono in scena anche Lione e il gruppo degli arcieri con il compito di proteggere la prima linea. La ragazza dai capelli arancio scoccava precisa i colpi, dritta e fiera tra i suoi attendenti, e Fine si ritrovò a invidiare il suo coraggio e la fiducia che gli uomini di Eclipse riponevano in lei. Al contrario, la futura regina non riusciva a liberarsi dell’etichetta di sfruttatrice: come i suoi parenti prima di lei, avrebbe approfittato della lealtà di Shade per mettere le mani sul trono e poi voltargli le spalle; per non parlare del malcontento dovuto alla convinzione che non si sarebbe mai sporcata le mani in battaglia. La sua presenza, quella mattina, era stata vista con sospetto: alcuni l’avevano interpretato come un tentativo di riscatto ma i più dubitavano che sarebbe andata fino in fondo. Solo coloro che erano partiti dal limitare del deserto perseveravano nel sostenerla ma erano ormai un’esigua parte dell’esercito di Eclipse. Sospirò e strinse l’elsa della spada che sua madre aveva fatto forgiare per lei.
Non le rimaneva che dimostrare che si sbagliavano. Aveva un destino da compiere e l’eredità dei suoi genitori da portare avanti.
Un crepitio e un boato annunciarono che l’ingresso era stato sfondato e Fine sperò con tutta se stessa che anche alle porte est e ovest della città tutto fosse andato per il meglio. A quel punto, però, toccava a loro entrare in gioco.
Con un ultimo sguardo d’intesa rivolto alla principessa, Shade alzò la spada al cielo.
- Per la libertà! -, gridò con tutto il fiato che aveva.
Un’ovazione di adrenalina gli rispose prontamente e, insieme a centinaia di uomini e donne, si misero a correre verso l’entrata spalancata.
I Tanin avevano aperto un varco ma i mercenari tenevano duro sulla strada principale. Purtroppo non c’erano molte altre direzioni da prendere per il castello. Lilian era famosa per le case ammassate l’una sull’altra e i vicoli stretti. L’esercito reale si era preparato alla battaglia e aveva ostruito i passaggi per far convergere i nemici in un’unica direzione e concentrare le forze.
Fine cercava di tenere il passo di Shade che avanzava agile, sicuro, inarrestabile tra i soldati, colpendo e ferendo qualsiasi cosa che gli andasse incontro. I movimenti erano fluidi, il viso concentrato e serio e la principessa ne era ammirata. Era davvero bello e la ragazza sapeva che quel pensiero non era dato solo dal suo aspetto fisico; perché sotto la scorza arrogante e fiera, c’era l’anima pura e nobile di un uomo che, nonostante le sofferenze, le perdite e i torti subiti, perseguiva con spirito incorruttibile il suo scopo. Era quella la vera ribellione di Shade: non essersi lasciato condizionare dal passato e avere sempre avuto speranza nel futuro, nel suo popolo e in lei. Era diventato un esempio, un pilastro solido e affidabile per migliaia di persone. Era una piccola scintilla in un mare di buio ma la sua sola esistenza aveva accecato ogni singolo individuo, facendogli vedere la realtà e rendendoli consapevoli che un’altra strada era possibile. La scintilla era diventata presto un fuoco, poi un incendio. Sorrise. Era orgogliosa di lui.  
Il fischio dello spostamento d’aria la fece trasalire ma riuscì a schivare una lama che stava per colpirla. Parò il colpo e con un urlo obbligò l’arma nemica lontano da sé. Mise a fuoco un uomo dalla barba folta che la scrutava con occhi annebbiati e un ghigno di rabbia. Le spade si scontrarono a metà strada generando un forte rumore metallico. Nonostante la mole del nemico, Fine riusciva a tenergli testa. I muscoli in tensione delle braccia le dolevano terribilmente ma sapeva di non poter contare solo sulla forza bruta. Con una mezza piroetta, imparata dallo stile elegante dei Tanin e di Auler, sfuggì di lato e assestò un colpo mirato alla caviglia del mercenario, che, mancato il contrappeso di Fine, si era sbilanciato in avanti. L’uomo cadde a terra con un tonfo pesante. Imprecò nel rialzarsi, pulendosi una mano dalla polvere della strada, e tornò con un grido all’attacco. Di nuovo una schivata laterale ma stavolta la principessa colpì all’altezza dell’ascella, dove sapeva che i soldati del re mancavano di adeguata protezione. Fu un taglio netto, regolare, e il sangue cominciò a fluire copioso sull’armatura, imbrattando il terreno. Il volto del nemico si fece presto bianco, anche se provò ancora a combattere. Un affondo più lento e meno potente fu velocemente intercettato da Fine che lo fermò prontamente e approfittò della vicinanza per colpirlo con un calcio all’addome. Il nemico cadde con un verso di dolore. Sorrise tra sé, vittoriosa e sicura che sarebbe stato fuori uso per un po’. Si voltò per proseguire.
Il corpo si bloccò all’istante mentre le iridi cremisi si spalancavano confuse nel fronteggiare l’uomo che la stava fissando a pochi metri di distanza. L’espressione seria e severa, le spalle dritte e la bocca piegata in un ghigno annoiato lasciavano però trasparire un lieve stupore. Dopo diversi secondi di totale silenzio, così in contrasto con le urla e i rumori della battaglia attorno a loro, Roman diede uno schioccare di lingua e tornò a correre sulla via per raggiungere i suoi uomini che erano andati avanti.   
La ragazza dai capelli rossi seguì con lo sguardo la figura che si allontanava domandandosi quali fossero i pensieri di quell’uomo ambiguo e intransigente. Si aspettava forse che la principessa non sapesse difendersi? O sperava di assistere alla sua sconfitta? Probabilmente, se fosse stata in difficoltà, non sarebbe nemmeno intervenuto. Non che a Fine andasse bene il pensiero di affidargli la propria vita o avere un debito con lui. In questo erano state propizie le lezioni prese da Narlo, Auler, e il pedante allenamento di Shade che, nonostante il viaggio nel deserto e i giorni di preparazione alla battaglia finale, era continuato. Lei non era solo l’erede al trono, era anche una guerriera e non aveva paura di mettere in gioco la propria vita per la libertà.
Quello non era comunque il momento di lasciarsi distrarre. Doveva trovare Shade e, senza altra esitazione, proseguì da sola. Lo trovò dopo diversi minuti e lo scontro con altri tre nemici: stava combattendo contro due soldati in armatura e, senza troppa difficoltà, mise al tappeto entrambi. Si guardò, poi, attorno con fare preoccupato. Nello scorge Fine, le iridi del ragazzo si addolcirono e le spalle si rilassarono. Si avvicinò.
- Dove eri finita? –
- Mi hanno trattenuta. –
- Stai bene? –
Fine annuì breve mentre spostava malamente il cobalto, fermo davanti a lei, e colpiva con una stilettata una guardia che aveva caricato un colpo e lo stava per ferire. Il capo dei ribelli gli fu subito accanto per proteggerla sulla destra. Proseguirono così, difendendosi a vicenda e supportandosi nello sconfiggere i nemici che, man mano si avvicinavano alla piazza principale, aumentavano.
Fine colpì con l’elsa della spada la scapola di un mercenario che si accasciò a terra dolorante. Dietro di lei, anche Shade era coinvolto in uno scontro.
Un calcio in faccia e l’elmo volò via, atterrando poi sul selciato con un tintinnio metallico. Il volto tondo era fradicio di sudore, sangue e polvere ma gli occhi scuri guardavano il suo aggressore in una muta richiesta di aiuto. La rossa si ritrovò a fissare sorpresa ma prudente l’uomo che le era inginocchiato davanti e che aveva abbandonato la spada per terra.
- Ti prego. Non uccidermi. -, sbiascicò questo con la voce rotta dal pianto e dalla paura.
La ragazza si bloccò.
- Tabi? –
Sentendo pronunciare il proprio nome, l’uomo parve riscuotersi e mettere a fuoco il volto della futura erede al trono.
- Mia Signora? -, la riconobbe immediatamente.
Era il giardiniere che si occupava del roseto sotto le finestre della camera della principessa. Si erano parlati raramente, soprattutto negli ultimi sette anni, ma il servo la salutava sempre con un cenno del capo e a Fine piaceva osservarlo mentre lavorava.
- Che cosa ci fai qui? -, gli chiese la ragazza mentre lo aiutava ad alzarsi da terra.
Che il re avesse reclutato soldati anche nella popolazione? Era sempre stata convinta che i cittadini odiassero suo zio.
Tabi le si attaccò al braccio: le mani nodose la stringevano convulsamente.
- Sono così contento di saperla viva Mia Signora. Non volevamo combattere ma il re ci ha costretto. Ha preso in ostaggio le nostre famiglie e ci ha minacciato. Non potevamo fare altro che obbedirgli. Sapevamo che sareste arrivati però, che ci avreste salvato. –
- Di cosa stai parlando? –
Fine era sempre più confusa.
- Eravamo contenti della sua fuga: speravamo tutti che avrebbe preso in mano la situazione e ci avrebbe liberato da questa tirannia. I sostenitori della ribellione hanno preso coraggio ma re Aaron ha aumentato i controlli e i rastrellamenti per punire chi aiutava Camelot. Abbiamo resistito come potevamo. Quando anche lei è morta, la città è rimasta alla sola mercé di quell’aguzzino. Ci ha tolto i vettovagliamenti, ha aumentato le tasse e ha rapito le nostre famiglie in vista della battaglia. Sapeva che il popolo si sarebbe schierato con voi non appena sareste arrivati in città ed era l’unico modo che aveva per costringerci a combattere contro i ribelli. –
- Mi stai dicendo che non stiamo combattendo contro i mercenari? –
- La maggior parte è nei sotterranei del castello che tengono in ostaggio le nostre famiglie. –
La principessa si guardò attorno alla ricerca di Shade, sconvolta da quelle nuove rivelazioni. Il cobalto era già accanto a lei: pensava che Fine fosse in difficoltà ma lo stralcio di conversazione che aveva sentito rendeva la situazione davvero critica.
Le iridi cremisi lo guardavano smarrite. Il capo dei ribelli, però, sapeva bene cosa fare.
- Il popolo smetterà di combattere se li libereremo. –
Tabi annuì convulsamente.
- Vado. -, annunciò pratico Shade scambiando un cenno d’intesa con la principessa. – Ci vediamo nel giardino del castello. –
Fine fissò la sua figura che si allontanava. Il ragazzo chiamò alcuni degli attendenti creando un drappello di una ventina di unità e si dileguò tra i vicoli stretti della città. Sarebbero arrivati nei sotterranei attraverso le fogne, sfruttando i tunnel creati dai ribelli in quegli anni.
La futura erede al trono, però, capì che c’era un’altra mossa da fare: mettere al sicuro Tabi ed evitare un massacro inutile di innocenti.
Alzò gli occhi chiari verso il cielo alla ricerca di uno dei due draghi. Individuò Hakim sorvolare la piazza principale e, trascinando con sé il giardiniere malridotto, si avviò in quella direzione. Sbucò nell’ampio spazio tra le case, dove la battaglia si era fatta più violenta. Dovettero schivare fendenti e proteggersi dall’attacco di alcuni mercenari che avevano capito che il piano era stato scoperto. Anche Lione, Roman e Bright erano lì. La ragazza dai capelli arancio aveva abbandonato l’arco, messo di traverso sulla schiena, per impugnare la spada e combattere corpo a corpo. Fine constatò quanto fosse agile anche in quella modalità ma l’espressione del volto tradiva un profondo turbamento e non dubitò che i suoi pensieri riguardassero Black. Aveva avuto modo di confrontarsi con lei per quanto successo nella foresta di Inox e sia lei sia Altezza l’avevano perdonata senza esitazione. Il problema era che Lione non riusciva a perdonare se stessa: aveva molte morti sulla coscienza e una rabbia cieca nei confronti della spia. Anche lei era cambiata molto in quei mesi e la principessa era sicura che non avrebbe mai più rivisto l’espressione ingenua e dolce della ragazza che aveva conosciuto in una taverna a Mari.
Si sbracciò per farsi scorgere da Nagino. Hakim si abbassò sulla piazza e con qualche sbuffo di fuoco obbligò i nemici ad allontanarsi. Tabi fissò il drago. Poi, si mise a scuotere agitato le spalle della principessa.
- Mia Signora, i draghi… -
La futura regina guardò smarrita e confusa il giardiniere.
- Ci sono barili di olio e polvere esplosiva in ogni angolo della città. –
Senza altra esitazione, la principessa si aggrappò alle scaglie verdi del drago della saggezza e salì sulla sua schiena. Tabi la imitò con movimenti più impacciati.
- Siete tutti in pericolo. -, spiegò sbrigativa a Nagino. – Dobbiamo trovare gli altri cavalieri. –
Si librarono nel cielo e cominciarono a volare raso dei tetti di Lilian. Un nuvolone nero si levava dal lato est della città. Distinsero la sagoma rossa di Ashiq che planava ad anello sulla zona. Poco sotto, Zahira si abbassava per accertarsi della situazione. Poi, ci fu un forte boato e un’esplosione. Alte vampate di fuoco inghiottirono il drago della passione che sparì alla vista di Fine, Nagino e Tabi.
La ragazza si portò le mani al petto, trattenendo il respiro preoccupata.
Il tanin si acquattò su Hakim.
- Più veloce. -, gli suggerì con tono gentile.
E l’animale cominciò a muovere le ali a tutta velocità. 
 
 
Lione aveva fissato stranita la principessa mentre si alzava in volo con uno dei draghi e una guardia reale. Confusa, sperò almeno che non si trattasse di nulla di grave. Non era l’unica, però, ad aver notato quegli strani movimenti.
- Avete visto tutti? La principessa è scappata ed Eclipse scomparso. –
Roman abbatteva i nemici uno dopo l’altro, seguito dai suoi fidati uomini e Bright, i quali, a quelle parole, gli risposero con grida di assenso.
Avevano quasi conquistato la piazza e stavano per imboccare la porta in muratura che conduceva alla parte bassa del castello. Lione era in prima linea insieme a loro. Aveva deciso di tenere d’occhio i suoi concittadini, convinta che prima o poi il loro capo avrebbe sfoderato le sue carte e giocato un brutto tiro alla ribellione.
- Deve esserci stato un imprevisto. -, volle intromettersi nella discussione, infilzando con una stilettata secca un mercenario.
Roman si lasciò andare a una risata amara.
- Sono entrambi esempi di coraggio e determinazione. Non sarebbero arrivati fin qui altrimenti. -, continuò la ragazza facendosi più vicino.
Nonostante la battaglia imperversasse attorno a loro, arrivò a muso duro con l’uomo dai folti baffi e la pelle olivastra.
- Sicuramente non lo dobbiamo a te. Ho saputo della tua tresca con Black. –
L’arancio si paralizzò sconcertata. Le ci volle qualche secondo per riprendersi ma non si lasciò intimorire.
- Nemmeno a te visto che hai voltato più volte le spalle alla ribellione. Hai messo in una brutta posizione la nostra città sul tavolo delle trattative. –
L’uomo sfoggiò uno dei suoi ghigni sdegnosi e prese per il bavero Lione.
- Infatti, sto puntando molto più in alto. –
- Non vedo l’ora di coglierti in fallo e staccarti la testa con le mie mani. -, sibilò lei a pochi centimetri dal volto increspato di rughe di Roman, furioso per quel confronto.
Il capo di Riardo alla fine la lasciò malamente, non mollando però la sfida di sguardi.
- Non sei più la stessa Lione. -, commentò con qualche passo indietro.
- Per la prima volta, ti devo dare ragione. –
Poi, le iridi scure misero a fuoco una figura dietro alle spalle dell’arancio. Sfoggiò un sorriso malizioso.
- Ma è davvero così? Hai solo un modo per ripagarci delle tue colpe. -, con un cenno della testa le indicò di voltarsi. – Tocca a te ucciderlo. –
La donna seguì le indicazioni e vagò le iridi castane tra i soldati che combattevano, si scontravano, urlavano, si uccidevano e massacravano. Poi, lo vide.
La risata divertita di Roman accompagnò il lungo brivido che le percorse la schiena nel riconoscerlo: Black era lì, di fronte a lei, che si muoveva sinuoso e sicuro nella battaglia.
Il capo di Riardo la lasciò sola e proseguì lungo la salita del castello insieme ai suoi uomini; solo Bright dedicò alla ragazza dai capelli arancio un’occhiata preoccupata.
Lione, comunque, era ora concentrata a studiare l’uomo che ormai era diventato la sua ossessione. La figura, coperta rigorosamente di abiti neri, era magra e solida; il viso era scavato da profonde occhiaie e aggrottato dalla concentrazione per lo scontro. Uccise un ribelle con una velocità e una precisione sconcertante. Si scontrò con un altro, che cadde con un verso strozzato a terra; e un altro ancora, che si ritrovò con una mano mozzata e una gamba gravemente ferita. Gli occhi verdi, brillanti sulla pelle pallida e in contrasto con i capelli scuri, erano freddi, inespressivi. Erano lo specchio della morte, come Lione aveva sentito dire prima di conoscere di persona il loro possessore; ma lei, in quegli occhi, ci aveva scorto ben altro. Sentì lo stomaco contorcersi al pensiero fugace della dolcezza che il suo sguardo poteva assumere e, mossa dalla disperazione e dall’istinto, iniziò la sua galoppata in direzione di Black, nella necessità straziante di tranciare ogni legame con lui. Che ciò volesse dire ucciderlo non aveva più alcuna importanza.
A pochi metri, il braccio si mosse in un fendente deciso e netto in direzione del collo scoperto dell’uomo. A differenza dei suoi attendenti, Black non indossava mai armature ma solo un corpetto di cuoio; Lione lo sapeva bene, glielo aveva tolto tante volte prima di fare l’amore con lui. La spia mise al tappeto l’altro nemico che stava affrontando, per poi parare veloce il colpo dell’arancio; spostò la lama, obbligando la punta a terra. Con la mano libera, estrasse il pugnale che teneva alla cintola e diede un affondo. Lione si spostò di lato ma fu comunque colpita all’altezza dell’addome. Le sfuggì un gemito.
Bastò quel suono, una voce che Black conosceva bene, e il ragazzo si paralizzò.  Accecato dall’adrenalina e dalla foga della battaglia, non si era nemmeno reso conto di chi aveva di fronte. Il volto di Lione, una volta tondo, era ora sciupato e pallido, contorto in una smorfia di dolore per la ferita al fianco che la giovane si teneva con una mano. Il sangue stava iniziando a inzuppare i vestiti facendoli aderire a un corpo scavato dalla fatica e che in passato Black aveva esplorato con passione e avidità. La bocca rosa, sempre saporita e sorridente, era tirata; i denti sigillati per trattenere il dolore e la rabbia. Gli occhi castani, invece, erano diventati dei pozzi di odio. Un odio che Black sapeva bene di meritare. Con le sue azioni aveva reso una dolce ragazzina, figlia di un fabbro e sempre disposta ad aiutare tutti, anche chi aveva la fama di assassino, in un animale assetato di vendetta.
- Lione… -, gli sfuggì in una cantilena, mentre cercava di trattenere il groppo di lacrime che gli era salito in gola. 
Era bellissima ed era viva. Era tutto ciò che gli serviva sapere. Perché sì, nonostante tutto, gli errori che aveva commesso, le bugie che le aveva detto, i sensi di colpa che lo attanagliavano e che non gli davano pace, lui l’amava. E le iridi verdi si sciolsero in un moto di dolcezza e affetto che Lione non riuscì a tollerare.
Riprese a colpirlo con ancor più veemenza, implacabile, accompagnando ogni mossa con un grido sfinito.
Black parava i colpi con precisione, limitandosi alla difesa.
Un urlo e la lama puntò al fianco. Lui si scansò agile e fece scontrare le loro spade, nel tentativo di avvicinarsi.
- Lione. –, la chiamò di nuovo, con tono sottile e prudente, non sapendo nemmeno lui bene il perché.
Voleva solo incontrare il suo sguardo e cercarci una scintilla di speranza che, da vero codardo ed egoista qual era, bramava ancora di trovare. Non si era mai davvero reso conto della fortuna che aveva avuto nell’incontrare Lione; non prima di essere stato messo alle strette, di aver creduto di averla persa per sempre, di aver corrotto in maniera definitiva la sua anima uccidendo Camelot. Perché se nemmeno lei credeva più in lui, che senso aveva continuare a vivere?
La ribelle si allontanò all’improvviso, per poi tornare alla carica. Il rumore metallico del loro scontro si univa a quello della battaglia che imperversava attorno a loro. I colpi si erano fatti sempre più deboli, sfinita dalle emozioni che provava, dalla guerra e da Black. Di nuovo, si ritrovarono a distanza ravvicinata.
- Lione, guardami. –
Era proprio ciò che Lione aveva paura di fare. Era consapevole di essere ancora assoggettata a quello sguardo, a lui: avevano condiviso i loro sentimenti, i loro corpi, le loro anime. Obbedì perché era stanca, delusa, e perché una parte di sé aveva davvero bisogno di confrontarsi con lui, di capire che cosa si annidava nel suo cuore.
Le iridi castane trovarono quelle verdi incurvate in una tacita supplica. Non ne rimase sorpresa; era sempre stato così: dopo aver sbagliato, lui tornava sempre a chiedere scusa. Ma stavolta Lione non era disposta a perdonarlo; non si poteva più tornare indietro. Capirlo era stato scomodo ma necessario, soprattutto quando per sopravvivere al dolore aveva pensato fosse meglio ripudiarlo; ma aveva anche avuto la forza di trasformare l’amore che ancora provava per lui in un sentimento di nostalgia che le aveva fatto scorgere la loro relazione sotto una nuova luce: era innamorata dell’idea del primo amore, della sensazione di calore e protezione che lui le aveva fatto provare, della speranza di cambiarlo. La speranza aveva lasciato il posto ora a una profonda amarezza. Tanto lo aveva amato, tanto lo aveva odiato, tanto ora aveva pietà di lui.
E si ritrovò con la vista annebbiata e il viso rigato di lacrime che le incrostavano le guance mischiandosi con la polvere e il sudore della battaglia. Le braccia le crollarono lungo i fianchi. La punta della spada ciondolava verso il terreno segnando dei piccoli ghirigori.
Black si ritrovò a sorreggerla di peso.
- Perdonami. -, le sussurrò con la voce spezzata.
- No. –
Era stato come un lamento ma Lione si era sforzata di scandire bene ogni lettera.
L’uomo cominciò a scuotere la testa, nel tentativo di scacciare l’evidenza e la straziante sensazione di averla persa per sempre. Le prese il viso tra le mani, asciugandolo goffo, e obbligandola a guardarlo.
- Ma io ti amo. –
- Lo so. Eppure non è abbastanza. –
- Ti prego. -, ritentò in una cantilena strascicata.
- No. -, gli rispose altrettanto disperata lei.
Una rabbia cieca lo travolse. Mollò malamente Lione e si mise a qualche passo di distanza, in posizione di attacco.
- Uccidimi allora. Vivere non ha più senso per me. –
Picchiò la lama sulla spada della ribelle.
- Forza Lione. Uccidimi. Non vedevi l’ora di farlo fino a poco fa. –
La ragazza sospirò pesantemente. Sentiva il corpo rigido. Non aveva nemmeno la forza di alzare l’elsa.
Un altro colpo, stavolta in direzione del suo braccio, la sfiorò. Si scansò appena in tempo.
- Combattiamo. -, la provocò ancora l’uomo e con un grido l’arancio lo accontentò.
Un colpo, una schivata, un grido, un graffio; ogni attacco ora andava a segno. Lione sapeva che lui si stava facendo ferire apposta: non era mai stata all’altezza delle sue abilità da spia e assassino. Lo trovava patetico, codardo. Costringerla a ucciderlo era l’ennesimo comportamento egoista che lui le propinava. Di nuovo, si sentì arrabbiata e delusa. Aumentò la velocità dei fendenti, obbligando Black a indietreggiare.
All’uomo andò un piede in fallo e cadde all’indietro a terra con un tonfo sordo.
Lione gli puntò l’arma alla gola.
- Fallo. -, le disse sicuro.
Quale morte migliore, per espirare ogni sua colpa, che per mano della donna che amava e che aveva tradito?
Aveva sofferto per tutta la vita, nell’ansia e nella disperata ricerca di una famiglia e della propria identità. Non ne poteva più di andare avanti così, soprattutto sapendo di aver perso ogni cosa che aveva con fatica costruito. Ogni sua scelta era stata sbagliata, ogni azione deviante.
La ribelle caricò il colpo ma esitò a pochi millimetri dalla pelle. Osservò attenta il viso virile e pallido, i capelli corvini sudati sulla fronte, le sopracciglia spesse e scure, il naso dritto, la bocca sottile e gli occhi verdi e, seppur angosciati, pieni di vita.
Per quanto quell’uomo le avesse fatto del male, fosse colpevole e misero, meritava di morire?
Gli stuzzicò il collo con la punta. Black deglutì e Lione sentì il pomo d’Adamo muoversi contro la lama. Poi, l’allontanò e buttò la spada al suolo.
- Non posso. -, pronunciò flebile.
Poi, fu colta da una lunga e dolorosa fitta all’addome. Portò le mani sulla ferita e le trovò piene di sangue. Guardò stupita Black che aveva ora sgranato gli occhi e si rendeva conto della gravità del colpo che le aveva inflitto. Venne colto da un conato di vomito.
- Lione. –
Il suo nome, pronunciato con preoccupazione, dolcezza e disperazione, fu l’ultimo suono che la ragazza sentì. Un senso di mancamento e Lione crollò a terra.



Angolo dell'autrice! 
Sono stata fin troppo brava ad aggiornare davvero a fine Luglio. Non pensavo di impiegarci quattro mese ma tra il lavoro, gli esami e il resto ho avuto poco tempo per scrivere. Che poi, sono 9 pagine di Word ragazzi... è comunque parecchio materiale e godetevolo tutto. Alla fine mi sa che ci saranno altri due capitoli. Non so, Fine e Shade non dovevano andare ad impegolarsi in queste faccende ma la storia si è scritta da sola e mi sono dovuta adeguare. La questione dei draghi non era prevista ma c'era ancora molto da raccontare, personaggi che avevano bisogno del giusto spazio. 
Quindi i nostri protagonisti sono nel bel mezzo dello scontro e la battaglia è ancora lunga. Fatemi sapere che ne pensate. 
Devo dire che Altezza è la grande mancante di questo capitolo. Per me non è semplice non inserirla ovunque e fargli fare cose... non ho resistito infatti a inserire il saluto tra lei e Fine e, come sempre, la nostra biondina preferita da spettacolo. Lei comunque ha un ruolo marginale, come era stato deciso nel capitolo precedente, ma non vuol dire che non comparirà prossimamente. 
Lione e Black... ragas, è stato difficilissimo trovare un degno finale per loro. Spero di aver reso bene lo strazio e la disperazione di entrambi, nel mettere fine a un amore che è stato deviato fin dall'inizio. Eppure si sono amati tanto. Black ci sperava ma ha sbagliato ancora e stavolta non si può più tornare indietro. La mia piccola Lione...
Aspetto le vostre recensioni e abbiate fiducia per il continuo che ci sarà, pian pianino ma ci sarà. 
Grazie, 
Dreamer In Love
  
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