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Autore: heliodor    30/07/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Aquile
 
I corni da guerra suonarono facendolo trasalire.
Zane fece appena in tempo a saltare giù dalla branda che la porta della sua stanza si spalancò e Dian Cromdor, il volto trafelato, fece irruzione e quasi lo travolse.
“Che io sia dannato” esclamò. “È questo il modo di entrare?” gli chiese.
Dian respirò a fondo. “Li hai sentiti? I corni, intendo.”
Zane annuì mentre infilava dei pantaloni imbottiti sopra le brache. “Li ho sentiti, certo. Stavo proprio venendo a vedere.”
“Ero vicino al posto di guardia orientale quando le sentinelle hanno lanciato l’allarme” disse Dian mentre uscivano dalla stanza.
Zane non perse tempo a chiuderla. Aveva con sé tutto ciò che possedeva. Il suo mantello e la spada legata al fianco.
Non mi serve altro, si disse.
“Cos’hai sentito?” gli chiese.
“La pattuglia di Oswalt” disse Dian dopo un attimo di esitazione. “È stata colta di sorpresa e costretta a riparare in un forte in rovina. Uno dei cavalieri è stato rimandato indietro per avvertirci.”
La pattuglia di Oswalt, pensò Zane senza mostrare lo sgomento che sentiva crescere dentro di sé. Trenta lance e tre mantelli, Oswalt compreso. È quassi un quinto della guarnigione.
“Il comandante Morn che ha intenzione di fare?”
Dian si strinse nelle spalle. “Sono venuto subito da te per avvertirti. So che tu a Oswalt siete amici.”
Si erano consacrati insieme due anni prima e da allora avevano servito presso lo stesso comandante. La guida di Os era amica della sua guida, la strega di nome Eliana che in quel momento era in viaggio verso Lormist.
La guida di Os, lo stregone di nome Tirron, era al comando della pattuglia che era stata colta di sorpresa.
Marciarono in silenzio fino alla baracca dove il comandante Morn teneva il suo consiglio di guerra. era poco più grande delle altre baracche che formavano il loro campo e poteva accogliere fino a dieci persone, se accettavano di stare strette.
In quel momento ce n’erano sei, due donne e quattro uomini, Morn compreso. Stava parlando a voce bassa, quai avesse paura di farsi sentire. “Rinforzate le difese. Mettete sentinelle con la vista notturna su entrambi i lati. Potrebbero tentare una sortita occultandosi.” Alzò gli occhi verso di loro. “Finalmente ti degni di farti vedere, Stanner.”
Zane ignorò la provocazione e si piazzò di fronte al comandante. “Che hai intenzione di fare?”
Morn lo guardò con disgusto. “Il mio dovere. Difendere l’avamposto e quelli che ci sono dentro.”
“E Oswalt? Tirron e gli altri?”
“Dovranno cercare di rientrare da soli.”
“Sono caduti in una trappola” disse Zane con veemenza. “Non pensi che il nemico potrebbe aver tagliato loro ogni possibilità di fuga?”
“In questo caso, possiamo solo sparare che trovino il modo di resistere.”
“Per quanto? Si sono portati dietro cibo per sei giorni, ma sono usciti da quattro. Cosa accadrà quando finiranno acqua e viveri?”
“Stanner” disse Morn alzando un po’ la voce. “Il mio dovere è prendermi cura dei mantelli e dei soldati che sono qui.”
“E Oswalt e Tirron non sono tuoi soldati?”
“Per loro non posso fare niente.”
“Invece dovresti. Prendi tutti i mantelli e le lance e corri a salvarli, se dici di tenere a loro.”
“Non osare darmi ordini, Stanner. Qui non c’è tuo padre a difenderti.”
“Se mio padre fosse qui andrebbe a salvare i suoi confratelli” disse prima di voltarsi e marciare fuori dalla baracca.
Sentiva ancora gli occhi ostili di Morn sulla schiena mentre si allontanava. Dian lo raggiunse di corsa.
“Che hai intenzione di fare?”
“Vado ad aiutarli” disse.
“Io vengo con te.”
Zane annuì. “Troviamo dei volontari. Chiunque voglia accompagnarci potrà essere utile.”
“Ci metteremo contro Morn.”
“Hai paura di quel mezzo stregone?”
“Ho paura che mi processino come rinnegato.”
Zane sorrise. “Ho sentito dire che Krikor è splendida in questa stagione.”
Dian gli sorrise di rimando.
Zane tornò al suo alloggio e prese la sacca che teneva dietro il giaciglio. Dentro, avvolte in un telo, c’erano delle strisce di carne secca e del formaggio ammuffito. Scrollò le spalle e accarezzò la spada al suo fianco. Trovava sempre conforto nel sapere che era lì. La guardia formata da due ali spiegate in volo e il pomolo somigliante alla testa di un’aquila riflettevano la luce tenue delle torce.
Soffiò sul fuoco e uscì dalla stanza senza chiudere la porta. Fuori dalla baracca, sul lato occidentale del campo, si era radunata una piccola folla.
Contò sette mantelli raccolti in un fazzoletto di terra. Tutti esibivano il rosso porpora e l’aquila d’argento che campeggiava su alcuni di essi con le ali spiegate e gli artigli pronti ad afferrare la preda.
“Nessun altro?” chiese Zane. Conosceva ognuno di quegli stregoni. Alcuni erano più anziani di lui e un paio erano più giovani.
Uno in particolare, Etgar, si era consacrato da un paio di Lune e poi era stato inviato lì a farsi le ossa perché la frontiera meridionale era ritenuta una zona tranquilla.
Fino a quel momento.
Fin a quando i rinnegati non erano aumentati ed era diventato rischioso uscire persino di pattuglia.
Zane gli rivolse una breve occhiata ed Etgar si fece avanti.
“Io” disse esitando. “Vorrei venire con voi.”
“Ci serve tutto l’aiuto possibile” disse Zane sicuro.
Etgar deglutì a vuoto. “Lo so, ma io mi chiedevo se fosse una buona idea. Ho sentito strane storie sui rinnegati. Si dice che pratichino la stregoneria proibita.”
Dian e un paio ridacchiarono. “E succhiano sangue e mangiano cadaveri con la luna piena.”
Etgar li guardò intimorito.
“Se vuoi restare qui sei libero di non venire” disse Zane con tono fermo. “Nessuno ti riterrà un codardo.”
O non te lo diranno apertamente, pensò.
Etgar deglutì di nuovo.
“Ma ti ricordo” proseguì Zane. “Che Oswalt è anche un tuo confratello. È stato uno di quelli che ti ha aiutato di più nei primi tempi o l’hai dimenticato?”
Etgar scosse la testa. “È vero, Oswalt si è preso cura di me e mi ha insegnato molte cose. Ma è la mia prima missione oltre i confini del campo e non vorrei essere d’intralcio.”
Zane sorrise. “Non sarà difficile. I rinnegati sono deboli e disorganizzati. Se li coglieremo di sorpresa fuggiranno dopo che avremo ucciso un paio dei loro.”
Etgar sembrò rilassarsi. “Tu credi, Zane?”
Annuì deciso. “È così. Fidati di me.”
“Allora sono dei vostri.”
“Bene” disse Zane rivolgendosi a tutti. “Prendiamo i cavalli e spicchiamo il volo, aquile” concluse alzando il pugno verso il cielo.
“Aquile” risposero gli altri imitandolo.
 
Dian strisciò verso di lui, incurante del terriccio reso denso dalle piogge che ci appiccicava al mantello e agli stivali.
Steso sulla cima della collina, gli occhi rivolti al gruppo di rovine che giacevano nella valle, Zane scrutava l’orizzonte con gli occhi socchiusi e le pupille che brillavano.
Da quella distanza, anche usando la vistalunga, stentava a riconoscere le figure che si muovevano tra le rovine.
Poteva però riconoscere i mantelli porpora e argento, anche se non distingueva le aquile e gli altri simboli di cui si fregiavano.
“Jarreg e gli altri attendono solo i tuoi ordini” sussurrò Dian.
Zane grugnì qualcosa.
A mezzo miglio di distanza dalle rovine, proprio alla base di una delle colline che circondavano la valle, aveva scorto altre figure.
Ne aveva contate almeno cento e forse ce n’era qualcuna di più, ma non sapeva dirlo con certezza. Per la maggior parte imbracciavano lance o spade, ma c’erano anche una dozzina di mantelli grigi.
“Zane” iniziò a dire Dian.
“Ti ho sentito” rispose spazientito. “Torna da Jarreg e digli di tenersi pronto. Lui e i suoi dovranno attaccare da dietro.”
“Sono almeno in cento” si lamentò Dian.
“Cento rinnegati” disse, come se quello ne riducesse il numero a meno di una dozzina.
“Ma pur sempre cento. Quelli dentro le rovine?”
“Ventidue. E due mantelli.”
Il che voleva dire che almeno uno di loro era morto o era stato preso prigioniero.
Sono più di quanto pensassi, si disse. Ma ormai siamo qui e non possiamo tornare indietro senza Oswalt e gli altri. Tutti riderebbero di noi. Morn riderebbe di me.
Il pensiero delle risa e del biasimo di quel mezzo stregone gli fecero perdere la concentrazione per qualche istante e con essa la vistalunga.
Dian si limitò ad annuire serio. “Ci servirà il loro aiuto.”
“Ci penserà Etgar ad avvertirli.”
Aveva pensato a quel compito semplice per quello stregone inesperto. Mentre loro impegnavano i rinnegati sui due fianchi, lui sarebbe corso alle rovine avvertendo Oswalt e gli altri di unirsi al loro assalto.
Attaccati su tre lati, i rinnegati avrebbero ceduto, perdendo coesione e fiducia, dandosi alla fuga. Quello che sarebbe accaduto dopo lo lasciava all’improvvisazione. Avrebbe valutato sul campo se fosse il caso di inseguirli o accontentarsi di una vittoria più modesta.
Una modesta vittoria non fa per me, si disse assaporando con un misto di ansia e desiderio il momento in cui avrebbe potuto scatenare il suo potere su quei rinnegati.
Da troppe Lune sentiva parlare delle loro scorribande oltre i confini di Lormist e desiderava misurarsi con loro per saggiare i progressi che aveva fatto.
Piegato in due ridiscese la collina e raggiunse i suoi confratelli. I cavali erano pronti e in cinque erano già in sella.
“Non aspettiamo il buio?” chiese Klelia, l’unica donna che si era unita al loro gruppo.
Zane scosse la testa. “Solo io so usare la vistalunga abbastanza bene. Dovremo attaccarli con il sole alle spalle, così la sorpresa sarà doppia.”
Dian montò in sella.
“Voi tre” disse indicandolo con un cenno della testa. “Fate il giro delle colline e portatevi sul lato meridionale. Aspetteremo fino a che il sole non sarà a due terzi della sua corsa prima di lanciarci all’attacco. Golomir.”
Golomir era il più grosso e imponente di quel gruppo e il suo cavallo sembrava faticare a sostenerne il peso. Sentendo il suo nome alzò la testa e raddrizzò la schiena.
“Tu sei l’unico che sa usare l’invisibilità. Avanzerai a piedi fino a duecento passi dal campo nemico e aspetterai il nostro assalto per attaccare.”
Golomir annui e smontò di sella. Appena a terra l’aria attorno al suo corpo sembrò ondeggiare e lui scomparve un po’ alla volta come dissolvendosi.
Con la vistalunga poteva scorgere l’aria incresparsi attorno al corpo dello stregone e un leggero chiarore disegnare a sua figura contro lo sfondo del cielo.
“Tieniti basso e non muoverti troppo” gli disse. “I rinnegati potrebbero guardare dalla tua parte con la vistalunga.”
“Starò attento” disse Golomir.
“Sapete tutti che cosa dovete fare” disse rivolgendosi agli altri. “In sella.”
 
Non parlarono fino a quando non furono nella posizione convenuta. Era stato semplice aggirare il campo nemico passando per i campi desolati a meridione, per poi risalire verso nord tenendosi bassi.
“Non ci sono sentinelle?” osservò Dian perplesso.
“Rinnegati” rispose Zane sicuro. “Non si aspettano un contrattacco da parte nostra. Ci credono infami che abbandonano i loro confratelli, come loro hanno fatto con i propri.”
Dian annuì con vigore. “Sarà una vittoria facile così.”
“La renderemo gloriosa nei nostri racconti” rispose Zane con un largo sorriso. “Lasciate a me il primo colpo. Quello sarà il segnale per tutti gli altri che l’attacco è iniziato.”
Tutti annuirono e Zane diede di sprone, lanciandosi al galoppo in direzione del campo nemico. Ad appena un centinaio di passi, lasciò le redini tenendosi aggrappato con gli stivali infilati nelle staffe ed evocò una sfera infuocata.
Un piccolo sole di fiamme ardenti prese forme tra i due palmi delle mani, come uno dei palloni con i quali a volte i ragazzini giocavano per strada.
Ma quello non era un gioco e quella sfera infuocata non avrebbe portato risate e gioia ai rinnegati.
Zane concentrò il suo potere nella sfera e la puntò verso il campo nemico, che da quella distanza era visibile di lato, mostrando un paio di baracche erette in tutta fretta e una recinzione fatta di pali infissi nel terreno.
Liberò l’incantesimo con un gesto deciso e la sfera infuocata volò verso una delle baracche, colpendola. L’impatto distrusse il tetto e abbatté le pareti di legno sparpagliandone i pezzi tutto intorno.
Zane riafferrò le redini e chinò la testa in avanti. Con la mano liberà evocò lo scudo magico, una barriera generata dal suo stesso potere che l’avrebbe protetto dai colpi dei nemici.
Che non arrivarono.
Perplesso, galoppò fino alla recinzione e la superò aggirandola, per gettarsi all’interno del campo vero e proprio. Estrasse la spada e la mulinò sopra la testa, pronto a colpire chiunque si fosse fatto avanti.
Nessuno arrivò.
Zane si guardò attorno accigliato. Lo spazio tra le baracche era occupato da pali di legno infissi nel terreno sopra i quali erano stati appesi pezzi di armatura, mantelli e pezzi di metallo arrugginiti.
Guardò Dian e gli altri che lo avevano seguito nel campo e si guardavano attorno con la stessa espressione.
“Dove sono tutti?” chiese l’amico perplesso.
Zane stava per rispondergli che non lo sapeva e non aveva idea di cosa stesse succedendo quando una forza misteriosa lo strappò via dalla sella e lo scaraventò lontano.
 
Zane atterrò sulla schiena e rotolò per una decina di passi prima di sbattere contro un dei pali di legno e fermarsi.
Il dolore alla schiena lo accecò per un istante, ma sapeva di doversi rialzare e in fretta. Vincendo la sofferenza scattò in piedi ed evocò un dardo magico.
Il proiettile di potere danzò sul palmo della sua mano destra, simile a un diamante dai lati sfaccettati e dai colori cangianti che cambiavano al ritmo del suo respiro.
Respirò a fondo cercando di mettere a fuoco la scena. Dove prima si trovava il suo cavallo ora c’era un cratere lago dieci o quindici passi.
Della bestia non vi era traccia, se non una carcassa annerita. Il corpo dell’animale aveva fatto da scudo, impedendo all’esplosione di travolgerlo con tutta la sua forza.
A qualche decina di passi di distanza, confusi nel fumo, individuò due figure che si avvicinavano a lui. Strinse la spada e si gettò verso di loro pronto a colpire.
Dal fumo emersero un uomo e una donna dai capelli scarmigliati e dai vestiti sbrindellati. Entrami impugnavano delle spade e l’uomo aveva uno scudo di legno.
Quando lo videro gridarono e alzarono le armi sopra la testa.
Zane si gettò verso l’uomo mulinando la spada. Lui cercò di colpirlo ma scartò di latto usando i riflessi aumentati dal suo potere, evitando l’affondo. Nel tempo di un battito di cuore danzò attorno al suo avversario e lo aggirò.
La sua spada fendette l’aria prima di affondare nell’addome dell’uomo. Non perse tempo ed estrasse subito la lama.
Dalla ferita il sangue scorse copioso.
L’uomo tentò di voltarsi e alzare la spada, ma Zane lo anticipò di nuovo grazie ai rilessi superiori donatigli dalla stregoneria e stavolta mirò alla gola dell’avversario.
Lui stava ancora gorgogliano parole incomprensibili mentre abbandonava la spada e lo scudo per portarsi le mani alla gola che la sua compagna si era gettata verso Zane.
“Ti ammazzo” gridò la donna alzando la spada.
Zane evitò l’affondo scartando di lato e fingendo di attaccarla al fianco. La donna si mosse con poca grazia e fece per voltarsi verso di lui, ma Zane scattò in avanti e la trafisse al centro del petto.
Stavolta si concesse tutto il tempo necessario per affondare il colpo fino all’elsa e quando al lama spuntò dall’altra parte, la tirò via con un movimento deciso.
La donna cadde in ginocchio, gli occhi vitrei e l’espressione stupita e terrorizzata sul volto.
Zane la ignorò e proseguì. Voleva uscire dalla nube che aveva avvolto il campo.
Hanno uno stregone, stava pensando in quegli attimi. Solo lui può avermi laniato quella sfera infuocata.
Qualcosa sibilò sopra la sua testa e lui si accucciò d’istinto.
Dardi, pensò. Ma chi li ha lanciati? E verso chi? Devo dirigermi verso la fonte o il bersaglio?
Scelse una delle due direzioni fendendo l’aria con rapidi balzi fino ad arrivare a una delle baracche. Qui, ai piedi dell’entrata, giaceva una figura con la testa abbassata, come se si fosse addormentato sull’uscio della porta.
Il mantello porpora e argento che gli avvolgeva parte dell’addome acuì la sua rabbia. Strinse i denti e cambiò direzione all’improvviso.
Il terreno esplose alla sua sinistra scaraventandolo via come una bambola di pezza. Atterrò sulla schiena sbucciandosi i gomiti e si rimise in piedi con un balzo, lo scudo magico evocato davanti a sé.
Nella nebbia innaturale provocata dalle esplosioni, tese i sensi all’ascolto.
Un grido di dolore o di rabbia echeggiò alla sua sinistra.
Passi che si allontanavano sulla destra.
Una spada che sbatteva contro il fianco davanti a sé.
Il respiro affannato, di chi corre da troppo tempo, alle sue spalle.
Girò il busto di scatto, la spada sollevata a mezz’aria per intercettare la lama che stava calando verso la sua schiena. Nello stesso istante lanciò due dardi magici nella stessa direzione.
Una cascata di scintille illuminò la foschia.
Stregone rinnegato, pensò in un soffio.
Un’ombra emerse dalla nebbia e la figura di un uomo prese forma. Brandiva una spada con la mano sinistra mentre con la destra aveva evocato lo scudo magico. Un mantello grigio gli scendeva dalle spalle fino alle caviglie.
Zane sentì ribollire la rabbia dentro di sé. In quel momento desiderava solo scagliarsi contro il rinnegato e affondare la spada dentro il suo petto.
Era pronto a difendersi dal suo attacco a colpire veloce, ma il rinnegato fece un passo indietro. “È qui. L’ho trovato” gridò.
Zane si accigliò.
“Tienilo lì” rispose una voce dalla foschia. “Non lasciatelo sfuggire.”
Il rinnegato ghignò. “È già mio.”
Zane respirò a fondo incurante di inalare il fumo delle esplosioni. In quel momento aveva bisogno di riflettere su quello che stava accadendo.
Ma prima doveva togliersi da quella posizione.
Alzò la spada e avanzò con un balzo verso il rinnegato. Lui non intercettò il suo fendente e rispose scartando di lato e cercando di colpirlo al fianco.
Troppo lento, pensò Zane mentre con i riflessi migliorati dagli incantesimi affondava il colpo nell’addome dell’avversario.
Invece di incontrare la resistenza che si era aspettato la lama sembrò fendere l’aria. La figura del rinnegato ondeggiò, dissolvendosi come se fosse fatta di fumo.
Apparizione spettrale, pensò Zane. Come posso essere stato così ingenuo? È un trucco vecchissimo.
Mentre lo spettro si dissolveva il suo cuore prese a martellargli nel petto.
È una trappola, si disse. Il rinnegato non vuole combattere ma solo distrarmi. Ma deve essere qui vicino. Ho sentito la sua voce poco fa.
Qualcosa gli afferrò la caviglia e sentì il dolore avvampare all’istante. D’istinto saltò di lato ma inciampò e rotolò sul fianco.
Ragnatela spettrale pensò mentre cercava di tenere la mente lucida mentre teneva a bada il dolore.
La nebbia generata dalle esplosioni non si era ancora dissolta ma Zane decise di non attendere oltre. Anche se non poteva vedere chi lo stava attaccando avrebbe trovato il modo di colpirlo.
Le sue mani vennero avvolte dal fuoco che come un serpente tentò di risalire verso la spalla mentre cercava di controllare l’incantesimo.
Con uno sforzo di volontà diresse il fuoco verso la foschia spazzando attorno a sé tutto ciò che incontrava per una trentina di passi.
Mentre dirigeva le fiamme ruotò su sé stesso e ne venne avvolto. Gridò, di rabbia e di frustrazione, mentre esauriva le sue ultime energie in un ultimo getto infuocato che spazzò il terreno incenerendo l’erba e tutto ciò che incontrava.
Nel silenzio che era piombato attorno a lui si gettò di corsa verso il confine del campo, saltò sopra la recinzione e atterrò dall’altra parte.
Sopra la sua testa sentì i dardi magici sibilare.
“È andato da quella parte” gridò una voce.
“Non lasciatelo fuggire.”
“Grem è a terra e Syltis è morto.”
“Penseremo a loro dopo.”
“Gliela farò pagare.”
Corse senza voltarsi mentre cercava un cavallo che fosse sopravvissuto al primo attacco. Ne trovò uno che si era allontanato abbastanza dal campo.
Ai suoi piedi, riverso in una pozza di sangue, c’era Dian.
“Sei ferito?”
Lo stregone sollevò la testa. Sotto la gola aveva uno squarcio dal quale il sangue usciva a fiotti e gli aveva imbrattato la tunica fino a quel giorno linda.
Zane trattene un’esclamazione di rabbia. Fissò Dian per qualche istante, poi lui rabbrividì e chiuse gli occhi, reclinando la testa in avanti.
Scavalcò il corpo dell’amico e saltò in sella al cavallo, stringendo le redini tra le mani diede uno strattone deciso e si lanciò al galoppo.

Note
E dopo questo capitolo, mi prendo un periodo di meritate(?) vacanze :D
Ci vediamo a Settembre!

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