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Autore: Rota    31/07/2020    0 recensioni
Sentì i muscoli della schiena dolere. Si allontanò dal fascio di luce della lampada sul tavolo, così da avvicinarsi alla grande finestra che poco prima stava ammirando Mika, godendo dei colori della notte.
Si appoggiò al legno dello stipite con una spalla, incrociando le braccia al petto.
Che bella luna. Che belle stelle.
Tracciò le linee di un tatuaggio straordinario tra le costellazioni senza nome, profili di qualcosa che nessun uomo aveva inventato. Magari, nel loro futuro, potevano essere utili.
Fu in quel modo che vide i primi bagliori – gli sembrò fossero delle stelle cadenti. Una, due, tre, dieci, cento.
La prima cadde a terra e colpì una casa. Prima il buio, subito dopo un’esplosione di fulmini incontrollata.
Shu rimase immobile, inorridito ed esterrefatto, finché anche da quella distanza non si riuscirono a sentire le urla agonizzanti dei suoi stessi concittadini.
Quella fu chiamata, da chi sopravvisse, la prima delle Notti della Pioggia di Potere.
E segnò l’inizio di un nuovo mondo per tutti i cittadini di Yumenosaki.

[LeoxShu principalmente; Fantasy/Steampunk/Tatoo!Au; multicapitolo]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Leo Tsukinaga, Shu Itsuki
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Epilogo*

 


[Melodie di vento e di pioggia: il movimento della tempesta // CherryBlossoms' Ink FanMix
Track 17: Epilogo]



 



 
 

 
 
 
 
Come ogni sabato mattina, il sacerdote uscì presto dalla piccola struttura e superò di gran carriera il cortile in sterrato che divideva l’ingresso dai cancelli di ferro. Fece scattare il grande lucchetto quando appoggiò la mano sulla torretta di controllo, a qualche metro di distanza dal muro, e ricami illuminati scorsero tra la terra e il metallo freddo: il Centro della Cura degli Shi sarebbe rimasto aperto per trenta ore, prima di richiudersi e riprendere le proprie attività, perché quello era il tempo concesso allo svago per i piccoli aspiranti Shi.
Quella generazione ne contava soltanto cinque, il minimo indispensabile, e loro tutti non potevano permettersi che anche uno solo di loro crescesse debosciato, o poco capace.
Il vecchio, appesantito da una veneranda età e da lunghissimi capelli bianchi, si affacciò oltre la protezione, guardando com’era la cittadella dei Toccati di prima mattina, senza gli schiamazzi dei bambini o il vagabondare delle persone senza meta.
I raggi del sole tiepido rimbalzavano sui muri e sulle pietre, c’era addirittura il rumore in sottofondo delle fontanelle ai bordi della strada. Quelle selvagge aiuole dagli arbusti improbabili erano diventate le dimore preferite di uccellini di passaggio.
Sorrise, nascosto dalla sua folta peluria, e rientrò per andare a preparare la colazione.
 
 
Kuro guardò male quei due ragazzetti e questo bastò perché andassero a nascondersi tra le ombre dei vicoletti della Cittadella. Si strinse il proprio fagotto al petto e proseguì il proprio cammino, con uno sguardo piuttosto truce.
Superato un paio di vie – un quartiere in tutto, dall’inizio della strada principale – si ritrovò già davanti al cancello di ferro spalancato e quel cortile dove picchiava ormai il sole di mezzogiorno.
Sentì da lontano la voce di Wataru, lo vide arrivare cavalcando un povero asino, in piedi sulla sella.
-Sto volando! Sto volandoooooo!
L’animale ragnava impazzito, impaurito per tutto il fracasso che il giovane stava facendo. Era abituato a trascinare carretti, non certo tenere in groppa qualcuno. Dietro l’insolito duo, un sacerdote li inseguiva brandendo una maschera colorata e un bastone.
-Signor Hibiki! Signor Hibiki, si fermi subito! Dannazione, torni immediatamente qui!
Più quello strillava, più Wataru rideva ad alta voce.
Kuro si scansò perché i tre gli passassero accanto e corressero via per le strade della Cittadella. Stralunato, il bambino dai capelli rossi impiegò qualche secondo a riprendersi dalla sorpresa; lo aiutò una voce che proveniva dall’ombra.
-A inizio settimana ci hanno detto che non potevamo correre nei corridoi.
Kuro sobbalzò, facendo un salto all’indietro.
Mise a fuoco un secondo in ritardo la figura rannicchiata a terra, che disegnava strane cose nella polvere.
-O meglio, che lui non poteva correre nei corridoi, dal momento che è l’unico che lo fa spesso.
Natsume lo guardò con aria felina e uno strano sorriso.
-Quindi, ha smesso di correre.
Kuro non tentò neanche di capire quale fosse la logica dietro un comportamento del genere, aveva imparato presto a non farsi troppe domande quando arrivava in quel posto. Gente strana, gli Shi: neanche la sua aria più truce riusciva a impressionarli.
-Dove è Shu?
-Al suo solito posto.
Lo ringraziò con un piccolo cenno del capo e proseguì verso il retro del Centro.
Vicino alle stalle, c’era un grosso albero di cedro, la cui chioma verdissima si allargava per molto spazio, facendo ombra ai polli in cerca di ristoro in quelle ore afose. Appese ai rami più bassi, c’erano invece un paio di altalene, una delle quali si muoveva cigolando piano.
I due bambini si videro da lontano, si salutarono con uno sguardo silenzioso. Ma quando Shu sentì il profumo invitante e irresistibile provenire dal fagotto di lui, gli rivolse un’occhiata molto più interessata.
Kuro sorrise appena.
-Mamma ha fatto una torta! Te ne ho portato un pezzo!
Le guance di Shu si colorarono di un leggero rosa. Le sue mani ancora paffute si protesero con molta velocità verso l’altro ragazzo, afferrando con dita golose il pezzo di dolce.
Lo morse con una certa avidità: non erano molte le cose davvero buone che mangiava dentro il Centro.
-La tua mamma è sempre la più gentile e la più brava mamma che ci sia!
-È vero! Ieri era il compleanno di mio padre, e quindi ha deciso di fare qualcosa di buono da mangiare tutti assieme.
Shu dondolò con l’altalena. Il suo pensiero durò esattamente quanto il tempo impiegato a masticare un grosso boccone – il giovane ragazzo parlò con le labbra ancora sporche di briciole.
-Appena andrò allo Studio Shi Valkyrie avrò un forno tutto mio, farò anche io dei dolci e voi li mangerete assieme a me.
Il viso del suo amico, primogenito della cuoca di casa Itsuki, fu oscurato da preoccupazione e nostalgia, che lui tentò di spazzare via con una certa fermezza.
-Ormai è qualche anno che sei rinchiuso qui dentro-
-La fine è vicina, per noi. Abbiamo quasi concluso il nostro percorso al Centro.
Poi sbottò, all’improvviso, perché nonostante fosse già la quarta volta che esprimeva il proprio disappunto in quei giorni, ancora non lo aveva fatto con Kuro.
-Sempre che quel Hibiki non continui a combinarne qualcuna delle sue! L’altro giorno ha convinto Sakuma a fare un tatuaggio sopra la lana, per vedere cosa succedeva!
-E cosa è successo?
-È diventata una corda e li ha appesi al soffitto!
Kuro non riuscì a trattenere una risata talmente forte che spaventò i polli.
Le guance di Shu si colorarono di nuovo di rosa.
-Non è divertente!
Il ragazzo dai capelli rossi cercò di calmarsi. In realtà, non gli dispiaceva affatto sentire parlare Shu delle sue avventure con gli altri quattro pazzi. Era certo molto meglio che sentire la seconda figlia Itsuki parlare dell’ennesimo ballo di gala che stava organizzando, o il primo figlio che fantasticava su una futura carriera politica all’interno della città.
Sospirò.
-È tutto così strambo qui, tutto così assurdo! Vivete davvero come esseri fuori dal mondo!
-Anche noi siamo come tutti gli esseri umani, sai? Dormiamo, studiamo-
-Mangiamo!
A quel punto le guance di Shu addirittura si gonfiarono.
-E proviamo sentimenti! Quindi non prendermi in giro!
-In effetti, tu sei sempre stato strano. Voler diventare uno Shi-
Si fermò prima di dire qualcosa che gli avrebbe fatto guadagnare un’altra occhiataccia.
Non era venuto lì per litigare – non aveva fatto tutta Yumenosaki a piedi per poi mettersi a litigare proprio con Shu. Si grattò il capo, un poco in imbarazzo.
-Ma se c’è un’altra cosa che non è cambiata, è che sono il tuo migliore amico! Non è vero?
Non servì che l’altro rispondesse.
Finita la torta, Shu restituì il pezzo di stoffa che l’aveva avvolta fino a quel momento, Kuro lo mise dentro una delle tasche dei pantaloni. A quel punto, erano liberi di giocare.
Partì in anticipo, sleale, dandosi una bella spinta all’indietro.
-Vediamo chi arriva più in alto!
 
 
Shu sollevò la mano in aria, continuando a salutare l’amico che si allontanava oltre le porte che segnalavano l’inizio della Cittadella. Aveva le spalle indolenzite, per colpa di tutto quel giocare, e la pancia ancora piena di felicità vibrante.
Si voltò e cominciò a camminare lungo la via per il Centro, accompagnato solo dalla luce della Luna.
C’era un vago odore di cibo per le strade, si vedeva qualche lampada accesa attraverso le finestre lasciate spalancate alla frescura della notte. Un asino ragliò lontano, persino il pianto di un neonato innocente venne tranquillizzato dopo qualche secondo.
Shu dovette svoltare un angolo: a quel punto sentì una voce squillante, insistente.
-Ancora una volta!
La riconobbe e per istinto la seguì. Sentì anche dei passi veloci, uno sbattere di mani concitato.
Dietro un muretto alto c’erano delle persone.
-Dai, ancora!
Una seconda voce era molto più lenta e strascicata, ma venne interrotta all’improvviso da un passo svelto.
-Sono stanco, e devo andare-
Altri passi, sempre veloci. Una piccola imprecazione.
-Maledetto-
Shu superò il muretto e vide la scena. Due ragazzi giovani si stavano sfidando con ramoscelli lunghi, solidi.
Uno dei due, i cui capelli più lunghi e arancioni volavano da tutte le parti, attaccò l’altro senza un reale schema in mente, quindi per il contendente fu pure facile schivare i suoi attacchi e, infine, con un colpo alla schiena, buttarlo a terra.
Seduta sopra un sasso grande sullo sfondo, una ragazzina applaudì al vincitore. Il fratello maggiore fece una smorfia insoddisfatta e si alzò ancora dolorante.
-Ah, Sena! Hai vinto di nuovo tu!
-Com’è possibile che giochiamo così tante volte e non migliori mai?
La bambina però strillò e interruppe il loro scambio.
-Shushu!
Ruka Tsukinaga corse incontro allo Shi, passando in mezzo ai due amici e spezzando l’atmosfera che li legava. Colto alla sprovvista, Shu non reagì con prontezza e quindi si lasciò abbracciare da lei, che così felice strofinò il suo bel visino addosso.
Izumi Sena non era molto contento di vedere lo Shi e sarebbe stato anche pronto a dire qualcosa di sprezzante, che li stesse spiando. Purtroppo, era davvero tardi per lui, sua madre era già venuta due volte a chiamarlo per la cena: non voleva proprio obbligarla a venire una terza.
Poggiò una mano sulla spalla del ragazzo con i capelli lunghi, salutando solo lui.
-Ci vediamo domani.
Izumi poi chiari guardò di tralice lo Shi, prima di fuggire via.
Leo, con il fiatone e la pelle del viso rovinata dalle molte cadute, si avvicinò a Shu e alla sorella. Sorrideva.
-Ciao! Oggi giornata libera?
Neanche a quel punto Shu disse nulla. Cercò di liberarsi dalla presa di Ruka, senza riuscirci, e abbassandosi a terra recuperò il legnetto che Izumi aveva abbandonato poco prima, osservandolo meglio.
Leo colse l’occasione al volo: picchiettò con la punta del proprio bastone quello che lo Shi teneva in mano.
-Vuoi che ti insegni a duellare?
-No. Imparo già abbastanza cose, dopo potrei fare confusione.
Shu lasciò andare il legnetto subito, prima che l’altro potesse insistere.
Ma Leo aveva già gli occhi spalancati e con ogni evidenza stava immaginando qualcosa di losco, fuori dal normale. A quella vista, nella mente di Shu tornarono in mente le parole di Kuro.
Si azzardò a fare una domanda, che trovò immediata risposta.
-A cosa stai pensando?
-Ti vorrei proprio vedere mentre brandisci la tua spina come una spada!
Leo si mise in posa – una posa inventata, decisamente senza equilibrio e con la guardia scoperta – e imitò un fendente alla sorella. La piccola Ruka accettò il gioco, rotolò a terra fingendo di essere sul punto di morire.
-Ti accatto!
-Ah!
-Ora il Potere è sconfitto!
Leo colpì piano il fianco di lei un paio di volte, prima di scoppiare a ridere.
Shu continuò a guardarli con una piccola punta di infantile disprezzo.
-Non funziona così, sapete.
-Ma sarebbe alquanto divertente!
Leo aiutò poi sua sorella a rialzarsi, buttando via il proprio ramoscello. Le pulì i vestiti coloratissimi, così particolari persino dentro la Cittadella.
Stanco della distanza, Shu si avvicinò a loro e aiutò anche lui a ripulire Ruka, che lo ringraziò con un bel sorriso, similissimo a quello del fratello.
Quando le mani dei due ragazzi si sfiorarono per caso, riuscirono a guardarsi negli occhi.
-Sai, Itsuki! Non ci vedremo per un po’!
-Come mai?
-Ho deciso di entrare nei Knights! Almeno avrò qualcosa da fare e non mi annoierò!
Shu ammutolì a quella confessione, la sua reazione riempì di orgoglio l’altro ragazzo che ne rise ad alta voce. Ruka intervenne, giocando di nuovo con suo fratello.
-Andrà anche Izu!
-E vestiremo del bianco delle nuvole!
-Che bello! Lo voglio anche io!
-Quando sarai un poco più grande, Ruka! Potrai venire anche tu!
Si rincorsero per qualche metro, ma vinse la sorella perché era molto più agile di lui. Nonostante avesse addirittura le gambette più corte delle sue, era più svelta e molto più reattiva. Sarebbe stata una perfetta Knights.
Shu bofonchiò, costretto a uscire dal suo mutismo.
-Pensi che accetteranno uno come te? Sei rumoroso e non fai mai quello che ti si dice.
Leo girò su se stesso, movimento che portò i pendagli voluminosi dei suoi vestiti a dondolare.
-Beh, magari anche loro vogliono divertirsi!
Rise ancora.
-E poi…
Si avvicinò di un passo, riservandogli uno sguardo davvero strano. Un poco complice, un poco malizioso.
-Voglio fare qualcosa di importante, come te!
Seconda volta che Shu si stupì e Leo ne sorrise.
Il giovane dai capelli rosa sollevò d’istinto la mano destra al petto, come se dovesse proteggersi da qualcosa – o forse, come se si fosse dimenticato per un solo istante il reale compito di uno Shi. Per fortuna, quindi, che a quel mondo c’era Leo Tsukinaga.
I due fratelli ancora si parlarono.
-È importante aiutare le persone. Tutte quante.
-È un po’ tardi per noi per diventare Shi, quindi…
Stufo delle loro insensate considerazioni, Shu decretò la propria sentenza.
-Come Shi, sareste la rovina della nostra classe.
I due Tsukinaga risero entrambi, allo stesso modo, così come Shu sbuffò.
Ma ci fu un gesto del capo di lui che gli diede proprio fastidio. Allora, lo Shi si fece avanti di qualche passo, e bloccò Leo con due mani sulle spalle.
-Aspetta un attimo, Tsukinaga.
Leo restò immobile, piuttosto sorpreso di quel contatto fisico tanto insolito.
Quando Shu fu sicuro che non gli sarebbe scappato all’improvviso, sollevò le mani dalle sue spalle e con dita sottili tolse un piccolo nastro dalla manica della sua camicia; raccolse i lunghi capelli di lui in una coda bassa, che lasciassero ben visibile la sua guancia sinistra.
-Hai dei bellissimi capelli, ma è un peccato che tu nasconda il tuo tatuaggio. Così stai meglio.
Lo Shi lo guardò molto soddisfatto.
-Sei davvero bello.
Forse Kuro aveva ragione, a proposito del fatto che gli Shi erano strani. Chi a quel mondo avrebbe mai desiderato intraprendere una strada del genere a soli sette anni.
Tutto degli Shi era strano, insolito. L’educazione, la mansione, la quotidianità.
Shu si domandò, quella sera, se fosse strano persino il sentimento senza nome che stava provando: gli occhi di Leo sembravano brillare così tanto, di una commozione che non aveva mai conosciuto prima, e fin da subito il piccolo nobile seppe che la sua mente avrebbe conservato per sempre quell’immagine. Lo guardò toccarsi lento la guancia sinistra e ricalcare i bordi del suo tatuaggio, riscoprirsi. Shu fu quasi sicuro, a quel punto, che nessuno prima di lui l’avesse mai definito bello.
Anche quello era molto strano, in effetti.
Ruka lo rubò alle sue considerazioni quando gli strattonò con poca gentilezza il braccio.
-Anche io voglio un nastro per i capelli!
Shu la guardò un poco di tralice, ma senza dire nulla sfilò dall’altra manica un secondo laccio elegante, raffinato. La bambina lo guardò come se fosse il più inestimabile dei tesori.
Con un sorriso nuovo, suo fratello si protese verso di lei, mani già pronte.
-Vuoi che ti faccia una treccia!
-La faccio da sola, grazie! Tu non sei bravo! 
Leo finse un’offesa gravissima. Tradito proprio dalla sorella!
Cercò in Shu qualcuno che lo aiutasse a convincere Ruka, ma persino il ragazzo alzò gli occhi al cielo e lui non poté far altro che continuare a lamentarsi. Senza più, davvero, nessun genere di vergogna che lo facesse sentire in qualche modo svilito.






Cover By: Princess Kurenai











Note Autrice: Ultimo aggiornamento! L'epilogo, dopo tanto tempo.
Partiamo subito dalle altre cose, tipo. La soundtrack di questo breve epilogo è la stessa che Lace ha utilizzato nell'epilogo * ohohohohohohohoh * e ha un significato dolcissimo. Si intitola, nell'originale, "Words that changed my life", e penso che si rifacciano a questo preciso contesto tra Leo e Shu come poche altre cose, sinceramente parlando. Considerando che nell'anime di Free questa canzone viene suonata nella scena sotto il ciliegio, e pure in questa fic c'è una scena con il ciliegio - il ciliegio come perno di tutto quanto io direi - direi che sì, è una delle canzoni che più sono importanti per la mia intera fic.
Per il resto, posso direi che è finita. "Finalmente", ma solo perché mi ha richiesto un sacco di tempo e di energie tra stesura e pubblicazione, cercare di abbinare le canzoni alle atmosfere e quindi creare il FanMix - che alla finfine spero abbiate apprezzato e seguito, è stato fatto con un sacco di amore!
Questa fic mi ha dato molto, nonostante tutto. Mi ha fatto pensare molto a Leo, che è un personaggio per me relativamente nuovo, perché sì avevo scritto qualcosina su di lui, ma niente che andasse oltre la mezza facciata di Word capiamoci. Mi ha fatto pensare molto anche a Shu, perché ogni ship è a se stante e rivela un lato del personaggio quasi inedito. Io credo che la LeoShu possa dare un sacco di spunti, perché può essere analizzata da un sacco di angolazioni diverse, e questo lo credo perché io stessa ho potuto farlo. I discorsi sull'arte, i discorsi  sul rapporto col mondo, i discorsi sull'amore, fanno di una caratterizzazione qualcosa a tuttotondo, e questa coppia riesce, in potenza, a toccare davvero tutto questo. Ho dovuto affrontare anche gli altri Knights - cosa che, again, non avevo mai davvero fatto - ed è stato arduo tenere conto di tutti quegli equilibri, di tutte quelle anime i cui percorsi si intrecciano e si scontrano e si ritrovano. Darò anche onore a Izumi in futuro, lo prometto.
Mi è piaciuto molto anche scrivere sui tatuaggi. In sè, è un campo che mi affascina UN SACCO, benché io di tatuaggi non ne abbia in prima persona *lol* ma li trovo simbolicamente pregnanti di significato, arte che si fa concretezza e accompagna, rimane sulla persona, ovvero la parte sensibile del nostro mondo. Nella mia fic hanno ovviamente un significato ulteriore, e molto più complesso, ma di base penso che siano qualcosa comunque di profondo.
Questa fic ha un ulteriore significato per me. Quando iniziai a scriverla, cominciai a studiare su manualetti di narratologia - riconoscendo i miei limiti come scrittrice, ho cercato di migliorare con l'aiuto di qualcuno che ne sapeva qualcosa certamente. Questa LeoShu è stato il mio "banco di prova", perché letteralmente ho tentato di introdurvi dentro, a livello di struttura ma anche e specialmente di stile, tutto quello che ho appreso in quei manuali. Il risultato mi soddisfa abbastanza devo dire, a dimostrazione del fatto che si può sempre migliorare e che questi miglioramenti si possono vedere.
Direi che posso concluderla qua, in maniera definitiva. Ringrazio come sempre chiunque abbia letto fino a qui, mando baciozzi a tutti e un abbraccio grande grande.
Ci vediamo alla prossima fic (L)

 

   
 
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