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Autore: BlackHawk    31/07/2020    2 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caitlin osservò a lungo l’ingresso della facoltà di legge in cui studiava ormai da anni e poi prese diversi respiri profondi, nel disperativo tentativo di placare l’ansia che ormai la stava assalendo.
Erano passate tre settimane da quando Jake le aveva raccontato finalmente la verità sulla morte dei suoi genitori e da quel momento in poi qualcosa, neanche lei avrebbe saputo dire con esattezza cosa, era inspiegabilmente cambiato.
Lei aveva ritrovato di nuovo la serenità per studiare e lui, meno taciturno e cupo del solito, le era stato vicino in un modo che neanche lei avrebbe mai e poi mai immaginato.
Avevano abitato sotto lo stesso tetto solo per due settimane, fino a quando Matt non era rientrato dalle vacanze trascorse a casa della zia Tracie, ma in quei pochi giorni in cui erano stati insieme il loro rapporto si era trasformato lentamente, in un modo che alla fine aveva finito per cogliere alla sprovvista anche lei.
Jake l’aveva trattata sempre con dolcezza e con rispetto, senza mai provare ad avvicinarsi a lei più di quanto il suo ruolo gli permettesse e soprattutto standole accanto nei momenti più bui, quelli in cui l’ansia per gli esami prendeva il sopravvento, esattamente come avrebbe fatto un fidanzato presente e premuroso.
Ma loro non erano fidanzati e per quanto assurdo potesse sembrare la loro complicità era arrivata alle stelle, ad un punto tale da superare perfino quella che lei aveva con Lauren, la sua migliore amica.
Era difficile spiegare quanto stessero bene insieme, sempre come amici ovviamente, ma c’era qualcosa nel loro rapporto che le dava una strana sensazione, un misto di gioia e serenità che non aveva più sperimento da quando i suoi erano morti.
Sapeva benissimo che loro due non potevano stare insieme e che qualsiasi cosa fosse successa tra loro avrebbe rischiato seriamente di compromettere le indagini di Jake, ma lei sentiva che i suoi sentimenti per lui erano cambiati lo stesso, giorno dopo giorno, sempre di più.
Erano passati da una banale attrazione fisica che aveva provato fin da subito a un sentimento più forte, che nemmeno lei sapeva riconoscere.
Stava bene quando era con lui e si sentiva incompleta quando lui non c’era e qualcosa le diceva che anche per lui non si trattasse di pura e semplice attrazione.
Lo capiva da come la guardava, dal modo in cui si preoccupava per lei quando l’ansia per gli esami cominciava ad attanagliarla e soprattutto dalla dolcezza che riponeva in ogni gesto che la riguardava.
Si era chiesta spesso cosa sarebbe successo dopo che il caso fosse stato chiuso, ma non era mai andata oltre con l’immaginazione.
Aveva paura di essere ferita e questo la faceva rimanere con i piedi per terra, nel bene e nel male.
Avrebbe lasciato che le cose andassero come dovevano andare e che i suoi pensieri non interferissero con la realtà.
In fondo non poteva fare nulla, se non aspettare che le cose si evolvessero da sole.
E nel frattempo si era rimessa a studiare, con sua somma sorpresa, ma si era rimessa a studiare, decisa a portare a casa il titolo di studio di cui i suoi genitori sarebbero andati certamente fieri.
Si era detta di preparare un esame per volta, in modo tale da non farsi travolgere dall’ansia di dover fare più cose contemporaneamente, e così aveva fatto, preparando pagina dopo pagina il primo degli ultimi esami che le mancavano.
In quel momento era ferma davanti alla facoltà di legge della sua università, paralizzata dall’ansia e sommersa dai ricordi.
Era stato suo padre ad accompagnarla lì per l’iscrizione del primo anno ed era stato davanti a quella scalinata che sua madre le aveva augurato il primo in bocca al lupo della sua lunga carriera universitaria.
In quel momento, invece, era completamente sola, impaurita da quello che sarebbe potuto succedere e ansiosa di portare a casa il risultato per cui aveva studiato.
Ma non poteva rimanere lì ancora a lungo.
Era quasi il suo turno e se le sue gambe non si fossero decise a muoversi, il suo esame sarebbe andato all’aria.
Prese un altro respiro profondo e poi iniziò a salire uno alla volta i gradini della scalinata principale.
 
Un’ora e mezza dopo Cat era stravolta.
Aveva aspettato un’ora prima di essere interrogata e il professore aveva fatto di tutto per metterla in difficoltà.
Le aveva fatto tutte le domande più strane possibili e immaginabili, ma lei gli aveva tenuto testa alla grande, senza farsi scoraggiare dal suo atteggiamento ostile e scontroso.
E alla fine aveva preso il massimo, contro ogni aspettativa.
Il professore si era addirittura complimentato con lei e le aveva chiesto quanto esami le mancassero e se avesse già deciso cosa fare dopo.
Lei aveva tenuto un profilo basso, senza rivelare sogni che non si era mai permessa di sognare, e poi aveva chiamato Jake, con il cuore a mille e un sorriso a trentadue di denti di pura felicità stampato sulla faccia.
Jake le aveva fatto i complimenti e le aveva detto che sarebbe venuto subito a prenderla, per festeggiare l’occasione.
Cat sapeva che il suo atteggiamento non poteva essere dettato solamente dall’attrazione che provava per lei e così aveva accettato, senza pensarci due volte e soprattutto senza troppe aspettative.
Si vedevano tutti i giorni da quando Matt era tornato, ma vivere sotto due tetti diversi non era la stessa cosa.
Non aveva avuto molta scelta, però.
Aveva raccontato a Matt tutta la verità e lui non ne aveva voluto sapere niente di vivere a casa di Jake.
Lei non aveva ancora capito se fosse diffidenza o gelosia, la sua, fatto sta che aveva dovuto fare di nuovo i bagagli ed era tornata a casa sua, che in realtà era casa di Jake.
Non riusciva ancora a crederci, a distanza di settimane.
Jake aveva fatto di tutto pur di aiutarla e proteggerla e forse era stato anche questo ad alimentare i suoi sentimenti per lui.
In quel momento, però, decise di mettere da parte tutti quei pensieri e di godersi il risultato che aveva sperato di portare a casa a tutti i costi.
Jake sarebbe arrivato in pochi minuti, così decise di appoggiarsi ad uno degli innumerevoli muretti che costeggiavano il campus universitario e di aspettarlo lì.
Non poté fare a meno di irrigidirsi, però, quando il suo sguardo incrociò quello di Ryan, che stava chiacchierando con altri ragazzi a pochi metri da lei.
Quel bastardo aveva provato a metterle le mani addosso alla festa del fidanzato di Lauren e lei non se lo sarebbe mai e poi mai dimenticato.
Lo guardò con odio, cosa che a lui non sfuggì affatto, e poi si girò dall’altra parte, minimamente intenzionata a dargli importanza.
Osservò il verde che circondava il campus, l’imponenza e l’eleganza dell’edificio in cui era ubicata la sua facoltà e poi i diversi gruppetti di studenti che si affollavano all’interno e all’esterno del campus.
Era un posto veramente delizioso, peccato che lei non se lo potesse permettere, nemmeno dopo ventiquattro ore consecutive di turni in libreria.
Riusciva ad andare avanti con una piccola borsa di studio che riceveva per la sua media alta e con lo stipendio di Abigail, ma non avrebbe mai potuto soggiornare al campus universitario come faceva la maggior parte dei suoi coetanei più abbienti.
Non che la cosa la turbasse più di tanto, in realtà.
Sbuffò senza neanche rendersene conto e poi i suoi occhi si illuminarono, come se quei discorsi non l’avessero minimamente toccata.
Jake parcheggiò la macchina a pochi metri da lei e poi le venne incontro con un bellissimo sorriso stampato in faccia.
-Ciao, Caitlin.- la salutò, felice.
Cat si mosse di istinto.
Gli buttò le braccia al collo e poi lo strinse forte, come se fosse la persona più importante del mondo in quel momento.
Jake ricambiò l’abbraccio e poi sorrise. –Deduco che sei contenta di vedermi.- la prese in giro, facendole l’occhiolino.
Cat alzò gli occhi al cielo e poi sorrise, sorpresa del suo stesso slancio.
Mise da parte ‘imbarazzo e poi scosse la testa. –Quanto sei scemo.-
Jake scoppiò a ridere. –Complimenti, Cat.- le disse poi, contento per lei.
Cat lo ringraziò e poi gli chiese come avrebbero festeggiato il suo primo esame dopo la morte dei genitori.
Jake le disse che era una sorpresa e poi si avviarono entrambi verso la macchina.
 
Durante il tragitto Jake la riempì di domande.
Le chiese come si sentisse in quel momento e cosa provasse dopo aver capito che la laurea non era poi così lontana.
Cat cercò di esprimere a parole quelle che sentiva, ma non ci riuscì affatto.
Era a mille e la sua testa non riusciva a formulare un discorso di senso compiuto.
Erano due anni che provava a sostenere un esame, ma tutti i suoi tentativi erano andati sempre a vuoto.
E non perché venisse bocciata. Anzi. In vita sua non era stata mai bocciata.
Il problema era che agli esami non si presentava proprio.
E come avrebbe potuto?
Non riusciva nemmeno a finire di leggere il libro che stava studiando! Come avrebbe mai potuto presentarsi davanti al professore impreparata?
Scosse impercettibilmente la testa e poi sorrise, serena come non lo era mai stato in vita sua.
Era strano da dire, ma scoprire la verità sulla morte dei suoi aveva sbloccato qualcosa dentro di lei, qualcosa che nemmeno lei avrebbe mai e poi mai immaginato di trovare bloccato.
Adesso sapeva che non era stato un incidente a portarle via i genitori e per quanto assurdo potesse sembrare quella consapevolezza la faceva stare meglio.
Non era stato un uomo ubriaco al volante a portarglieli via, ma un assassino che era ancora a piede libero.
Presumibilmente la stessa persona che si era intrufolata a casa sua una notte e che aveva ucciso lo zio di Jake.
Aveva paura, sì. Chi non ne avrebbe avuta?
Però scoprire la verità le aveva restituito la serenità che aveva perso e questo era bastato a ridarle speranza.
Si era rimessa di nuovo sui libri e aveva ottenuto il risultato sperato.
Non avrebbe potuto chiedere di meglio in quel momento.
Sorrise un’altra volta e poi si guardò intorno.
Jake guidava in silenzio e lei non poté fare a meno di chiedersi dove stessero andando.
A quel punto decise di chiederlo ad alta voce anche a lui.
Jake ridacchiò. -Continui a fare domande.-
Cat alzò gli occhi al cielo. -E tu a non dare risposte.-
Lo sentì ridacchiare di nuovo. -Tuo fratello ce l’ha ancora con me?- le chiese poi, cambiando completamente discorso.
Caitlin sospirò.
Matt non ce l’aveva con Jake. Ce l’aveva con chi aveva ucciso i suoi genitori e anche un po’ con lei, per non avergli detto subito la verità.
Non voleva stare a casa di Jake perché si rifiutava di abbandonare l’unico posto che considerava veramente casa da quando erano morti i genitori, ma questo non significava che provasse rancore nei confronti del proprietario.
Jake questo lo sapeva, ma Cat era convinta che se ne dispiacesse lo stesso.
-Credo che abbia solo bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare la cosa.- si limitò a dire, pensierosa.
E in fondo disse solo la verità.
Jake la guardò con la coda dell’occhio e poi strinse con forza il volante. -E tu?- le chiese, schiarendosi la voce. -E tu hai metabolizzato la cosa?-
Cat si fermò un attimo a riflettere, ma conosceva già la risposta a quella domanda.
-Ho passato tanto tempo a maledire l’incidente stradale in cui credevo fossero morti i miei da non capire che qualcosa in tutta quella storia non tornasse.- iniziò a dire, con estrema calma. -E ora, dopo due anni, scopro che non c’era nulla di reale nella versione che conoscevo.-
Jake non disse nulla, in attesa che lei continuasse a parlare.
-Ero sconvolta quando ho letto il fascicolo che tenevi nel comodino.- gli confidò, schiarendosi la voce. -E lì per lì ti ho anche odiato per avermi mentito.-
Ancora una volta Jake non disse nulla.
-Ma adesso mi sento serena.- continuò Cat. -So che è difficile da credere, ma mi sento meglio.-
Jake annuì.
-Sapere che non sono morti per un incidente stradale causato da un ubriaco mi fa sentire meglio perché so che in fondo la vita non gli è stata strappata da un incosciente che si è messo al volante pur essendo ubriaco.- mormorò. -E so che l’uomo che li ha uccisi è ancora a piede libero, ma mi fido di te e sono sicura che lo troverete e pagherà per tutto quello che ci ha fatto.-
Vide Jake annuire, ma non si stupì affatto quando capì che lui non avrebbe detto nulla.
Le aveva chiesto come stesse e se avesse superato la scoperta sulla morte dei suoi, ma non aveva nessuna intenzione di parlare del caso quel giorno, per lo meno non in quel momento.
In realtà non c’era nessuna novità, da giorni ormai, e lei cominciava quasi a temere che la verità non sarebbe mai venuta a galla.
Scacciò con forza quei pensieri e guardò fuori dal finestrino.
Erano vicini al mare, Cat ne poteva percepire il classico odore di iodio e salsedine, ma non aveva idea di dove stessero andando.
-Dove mi stai portando?- gli chiese infatti, sempre più curiosa.
Jake le disse che lo avrebbe scoperto tra un minuto e così fu.
Cat per un attimo non seppe cosa dire.
Riconobbe il punto esatto in cui venne scattata la fotografia appesa in soggiorno che la ritraeva felice con la sua famiglia e i suoi occhi divennero immediatamente lucidi.
Jake l’aveva portata in uno dei posti a cui era più affezionata al mondo e quella dolce attenzione nei suoi confronti le fece sciogliere il cuore.
-Come facevi a…-
Si dovette fermare, oppressa dal nodo in gola che non le consentiva di parlare.
Jake parcheggiò davanti a una duna di sabbia e poi si sganciò la cintura.
-Stai piangendo?- le chiese, scacciandole le lacrime dalle guance con il pollice.
Cat scosse la testa, negando l’evidenza.
A quel punto Jake le prese il viso con le mani e puntò gli occhi scuri nei suoi.
-Sarebbero fieri di te, della donna che sei diventata.- le disse, con una tale dolcezza da lasciarla senza fiato.
Cat non ci poté fare nulla.
Lasciò che le lacrime scendessero sul suo volto e che la tensione accumulata in quel giorno si allentasse sempre di più.
Jake l’aveva già vista piangere, ma neanche quella volta era riuscita a trattenersi.
-Non so cosa dire.- mormorò, imbarazzata.
-Non devi dire nulla.- la confortò lui., accarezzandole il viso.
-Io non…- iniziò a dire, non sapendo nemmeno lei cosa fosse giusto dire in una situazione del genere.
Jake le era stato vicino, ancora una volta, e l’aveva portata in un posto a lei caro.
Cosa poteva dire? Come poteva ringraziarlo per quell’attenzione inaspettata?
In quel momento capì una cosa, una cosa che in fondo già sapeva.
Jake non era solo il suo angelo custode.
Jake era il ragazzo con cui sarebbe voluta uscire, con cui avrebbe passato ore intere a chiacchierare e che avrebbe voluto stringere forte in tutti i momenti in cui si sentiva sola e persa.
Provava dei sentimenti per lui, questo ormai era innegabile, ma non poteva farci nulla perché lui era un detective che stava indagando sugli omicidi che le avevano cambiato per sempre la vita e questo imponeva loro di stare lontani.
Perciò era costretta a reprime quei sentimenti e a fare finta di niente, perché niente poteva fare.
Ma non avrebbe mai dimenticato quel momento, il modo in cui lui le aveva detto che i suoi genitori sarebbero stati fieri di lei.
Lo abbracciò senza pensarci troppo e poi si schiarì la voce. -Grazie.- disse, guardandolo negli occhi.
Jake le sorrise, uno di quei sorrisi che le arrivavano dritti al cuore, e poi le disse che era ora di scendere dalla macchina.
Cat annuì e poi fece come le aveva detto, godendosi il profumo del mare e la sensazione di benessere che quel luogo le dava.
 
Mezzora dopo Jake la condusse al ristorante sulla spiaggia in cui aveva mangiato tanti anni prima con Matt e con i suoi.
Ricordava ogni minimo dettaglio di quel posto, gli infissi bianchi, le decorazioni azzurre sulle pareti e infine i tavoli in legno apparecchiati con larghe tovaglie bianche.
Jake le disse che aveva prenotato quella mattina, sicuro del risultato che lei avrebbe conseguito all’esame, e ancora una volta Cat ebbe una conferma di quello che pensava.
Jake era esattamente il tipo di ragazzo con cui avrebbe anche potuto passare una vita intera.
Il cameriere li fece accomodare al loro tavolo e poi lasciò loro il menu.
Cat si prese un momento per osservare il mare che poteva vedere dall’ampia vetrata vicino a cui era seduti e poi si concentrò sul detective davanti a lei, intento a studiare il menu.
Quel giorno era vestito in modo più elegante.
Indossava una camicia celeste con le maniche arrotolate e un paio di pantaloni scuri che gli fasciavano le gambe muscolose.
I suoi occhi scuri erano più vivaci del solito e i suoi capelli un po’ più ribelli di quando lo aveva conosciuto una sera di qualche settimana prima.
Per lei era perfetto, di una bellezza disarmante, eppure era convinta che lui non avesse idea di quanto fosse attraente agli occhi delle altre ragazze.
Sembrava non fare caso alle occhiate delle donne che popolavano il ristorante e soprattutto sembrava non avere occhi che per lei.
Per un istante si ritrovò ad arrossire, assalita da pensieri che non avrebbe mai immaginato di fare.
Che cosa avrebbe provato se lui l’avesse baciata davvero? Senza limitarsi a premere le sue labbra sulle sue? E cosa sarebbe successe se i loro corpi e la loro pelle fossero entrati in contatto in un modo più profondo? Che andava ben oltre un semplice abbraccio?
Per la prima volta in vita sua provava desiderio per qualcuno e questa sensazione la lasciava totalmente senza fiato.
-Tutto ok, Cat?- le chiese  all’improvviso Jake, vedendola esitare.
Cat arrossì di nuovo, come se lui potesse leggere i suoi pensieri.
-Certo.- rispose, abbassando lo sguardo sul menu. -Perché non scegli anche per me?-
Jake sorrise. -Ti fidi a tal punto?-
Cat avrebbe voluto rispondere di sì, che si fidava ciecamente di lui, ma non lo fece.
Si limitò a sorridere e ad alzare le spalle.
Jake ridacchiò e poi alzò le mani. -Lo hai voluto tu.-
Cat ricambiò il sorriso e poi iniziò a rilassarsi.
-Sono anni che non vengo qui.- gli disse, guardandosi intorno.
C’erano parecchie persone in quel momento e i camerieri facevano avanti e indietro per cercare di tenere tutti i tavoli sotto controllo.
Jake annuì, come se già lo sapesse.
-Come mai hai scelto proprio questo posto?- gli chiese, come se non lo sapesse.
-Credo che fosse il posto per migliore per festeggiare questo traguardo.- rispose lui, senza dire altro.
-È solo un esame.- gli ricordò lei, minimizzando la cosa.
-Già.- confermò Jake. -Ma è uno in meno e adesso sei un passo più vicina alla laurea.-
A quel punto Cat non poté fare a meno di sorridere. Jake aveva ragione e lei non aveva nessuna intenzione di sminuire il risultato che aveva portato a casa.
Quando venne il cameriere a prendere le loro ordinazione Jake fece come lei gli aveva detto.
Ordinò per entrambi e poi tornarono a chiacchiere, come se si conoscessero da una vita e non da poche settimane.
Cat gli chiese come stavano andando le  indagini, ma lui non disse nulla di rilevante, segno che al momento non c’erano novità.
Quando arrivarono le loro ordinazioni Cat rimase senza parole.
Jake aveva ordinato due porzioni di salmone con una salsa che non aveva mai assaggiato in vita sua e quando assaggiò il primo boccone non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire un  verso di approvazione.
-Ti piace?- le chiese Jake, soddisfatto della sua reazione.
Cat annuì, sottolineando il gradimento di quel piatto.
La salsa era a base di maionese, ma conteneva anche dell’altro, un ingrediente che lei non riusciva affatto a identificare, ma che rendeva tutto estremamente squisito.
Accanto un piatto di verdure grigliate che lei trovò eccezionali.
Jake le propose un brindisi con del vino bianco che aveva ordinato in un secondo momento e poi brindò a lei, all’esame e alla loro salute.
Cat festeggiò il risultato dell’esame con sincera felicità, ringraziò Jake per esserle stata sempre accanto e poi si godette quel pranzo con lui senza farsi troppe domande.
In fondo se lo meritava, più di chiunque altro.
 
Un’oretta dopo lei e Jake decisero di fare due passi sulla spiaggia.
Era una bellissima giornata e ritornare subito a casa sarebbe stato un inutile spreco di tempo.
Il sole splendeva alto in cielo e il mare era leggermente increspato.
Una leggera brezza ad accompagnare i loro passi diminuiva notevolmente la temperatura percepita.
Jake le chiese se le fosse piaciuto il pranzo e Cat lo ringraziò ancora una volta, non sapendo cos’altro fare.
Lui aveva insistito per pagare e lei non aveva potuto fare altro che accettare la sua gentilezza.
Era stata un pranzo perfetto, a partire dal cibo e dalla compagnia, e la location di quella giornata aveva reso tutto più emozionante.
Cat non avrebbe mai immaginato di tornare lì, non dopo la morte dei suoi, ma col senno di poi non sarebbe potuta tornare in quel posto se non con una persona come Jake al suo fianco.
Inforcò gli occhiali da sole per non farsi investire dalla luce pomeridiana e poi si godette la brezza del mare.
Jake camminava vicino a lei, guardandosi sempre attorno, ma rilassandosi anche lui.
-Sono contenta di essere qui con te.- gli disse Cat, sincera.
Jake le sorrise e poi le disse che valeva lo stesso per lui.
Chiacchierarono a lungo, fino a quando il sorriso di Jake non si spense e il suo umore cambiò all’improvviso.
Cat lo vide irrigidirsi e fermarsi di colpo.
Guardò davanti a lei, ma non vide nulla di strano.
C’era una famiglia con dei bambini poco più avanti e una donna che passeggiava da solo nella loro direzione.
Cat guardò Jake e poi si chiese che cosa lo avesse turbato a tal punto da fermarsi.
-Dobbiamo andare via.- le disse lui, frettoloso.
Cat non capì. -Che succede?-
Jake la prese per mano e poi la trascinò via da quel punto, nella direzione opposta a quella in cui stavano andando loro.
-Che sta succedendo?- gli chiese ancora una volta Caitlin, confusa.
Jake allungò il passo, fino a quando non trovarono una panchina vuota qualche metro dopo.
Si sedettero entrambi e poi Jake prese un respiro profondo.
-Ehi.- mormorò Cat, preoccupata.
Trovò il coraggio di accarezzargli il viso con la mano e di guardarlo negli occhi. -Stai bene?- gli chiese, cercando di fargli sentire la sua vicinanza.
Jake evitò il suo sguardo. -Non…esattamente...- rispose, con un tono che non gli aveva mai sentito.
Cat lo costrinse a guardarlo. -Mi dici che succede?-
Lo osservò a lungo, cercando di capire cosa stesse succedendo, ma non riuscì affatto a decifrare il suo comportamento.
Jake mise una mano sopra la sua e poi finalmente la guardò.
-Devo dirti una cosa.- mormorò, lo sguardo triste e cupo.
-Che cosa?-
-Non riguarda il caso.- si affrettò a precisare lui, come a volerla rassicurare.
Cat tirò un sospiro di sollievo dentro di sé. Qualunque cosa fosse, sicuramente era più facile da affrontare in luogo del genere.
Jake scosse per un attimo la testa e poi la fissò. -Quattro anni fa ho seguito un caso di omicidio che mi ha scosso più di quanto avrebbe dovuto.- iniziò a dire, scuro in volto.
Cat non lo aveva mai visto così e in quel momento si preoccupò per lui come non le era mai successo in vita sua da quando si conoscevano. Era stato sempre lui a preoccuparsi per lei e mai il contrario.
-Io e Kane stavamo cercando di incastrare uno spacciatore che aveva venduto droghe pesanti a due ragazzini che per poco non ci hanno rimesso la pelle.- le raccontò, profondamente turbato.
-Ma per farlo avevamo bisogno di informazioni e così ci siamo avvalsi della solita rete di informatori che abbiamo a disposizione da anni.- continuò Jake. -Tra di loro, però, c’era anche una ragazza, della mia stessa età, figlia di spacciatori e ansiosa di cambiare vita il più presto possibile. Ci aiutava in cambio della promessa di andare via di lì e per quanto ci è stato possibile l’abbiamo sempre protetta, in attesa che un giudice ci permettesse di darle la vita che sognava. Aveva dei precedenti e avrebbe dovuto scontare una pena breve in un carcere di un’altra città, ma la sua collaborazione aveva cambiato le carte in tavola ed era solo questione di tempo. In un mese o due avrebbe cambiato completamente vita e la droga non ne avrebbe più fatto parte.-
Cat si irrigidì immediatamente. Cosa non le aveva detto Jake della sua vita?
-Ma?- sussurrò, infatti, tesa.
Sapeva che in quella storia c’era dell’altro e non un lieto fine.
-Ma i suoi genitori facevano parte di un giro molto più grande e quando qualcuno ai piani alti ha scoperto che collaborava con la polizia, non c’è stato più niente da fare. La ragazza andava eliminata e così è stato.- disse Jake, addolorato.
Cat abbassò lo sguardo, colpita da quella storia.
Jake si sentiva in colpa anche per la morte di quella ragazza? Era dovuto a questo il suo sguardo triste e vuoto?
Decise di non dire nulla, sicuro che lui non le avesse ancora raccontato una parte della storia.
-Io credevo di poterla salvare.- mormorò infatti lui, con voce incrinata.
-Non è colpa tua.- lo confortò Cat, sicura di quello che diceva.
-Tu non capisci.- replicò Jake, alzandosi. -Io… io… l’amavo…-
A Cat sembrò di ricevere una gomitata nello stomaco, una di quelle che ti tolgono il respiro e che ti fanno piegare in due dal dolore.
-Cosa?- sussurrò, sconvolta.
Jake si era innamorato della sua informatrice?
-Mi ero innamorato di lei.- confermò. -Passavamo molto tempo insieme e alla fine ci siamo innamorati.-
-Ah…ho... ho capito…- farfugliò Cat, sempre più sconvolta.
Poi ebbe un’illuminazione e capì tutto. -Per questo tua madre non voleva che io e te stessimo insieme?- gli chiese, certa di quello che stava dicendo.
Jake fece un sorriso amaro e poi annuì. -Ha paura che tu possa fare la stessa fine di Megan.-
Cat non disse nulla. Ora le era tutto chiaro e non sapeva veramente cosa dire.
-Kane mi aveva dato ordini precisi.- le disse, sguardo serio e impassibile. -Mi dovevo tenere alla larga da te perché tu non sapevi nulla sulla morte dei tuoi e perché un tuo coinvolgimento avrebbe messo in serio pericolo la tua vita e quella di Matt. Io ho fatto di tutto per tenerti al sicuro senza avvicinarmi, ma quando hanno ucciso mio zio era impensabile stare nascosto mentre tu ti avvicinavi al luogo del crimine.-
Cat queste cose le sapeva già, perciò non disse nulla.
-Ma anche mamma mi aveva detto di stare alla larga da te perché ti avrei fatto soffrire, o peggio, avrei messo la tua vita in pericolo, come era successo già con Megan. E alla fine non ho dato ascolto a nessuno dei due e ci ritroviamo qui insieme, a festeggiare un esame andato bene in una spiaggia piena di gente come se fossimo una dannata coppia.-
-E questo non va bene?- chiese Cat, stupidamente.
Lo sapeva anche lei che quella situazione non andava bene per niente.
Non erano fidanzati, non si frequentavano, eppure passavano una marea di tempo insieme.
Era una situazione strana, da qualunque angolo la si vedesse, e nessuno dei due era intenzionato a darci un taglio.
E ora le cose erano anche peggiorate perché Cat aveva scoperto una parte della vita di Jake di cui ignorava l’esistenza e che l’aveva turbata più di quanto immaginasse.
Jake aveva amato una donna che era morta. Possibile che non avesse ancora superato il lutto?
Per un attimo si chiese se i suoi cambi di umore nei suoi confronti fossero legati anche a quella vicenda oltra che alle sue indagini sull’omicidio dei genitori.
Provò a razionalizzare la cosa e poi si sforzò di non sospirare.
Le cose si stavano ingarbugliando più del dovuto.
-Che cosa hai visto in spiaggia che ti ha così turbato?- gli chiese alla fine, scacciando tutti quei pensieri.
Jake sospirò. -La madre di Megan.-
Cat aggrottò la fronte, ma alla fine capì. La donna che veniva nella direzione era la madre della ragazza che Jake aveva amato e che per aiutare la polizia era stata uccisa.
Non mancava nessun tassello al puzzle e ora che sapeva la verità anche su questa cosa, Cat non sapeva più cosa pensare.
Jake amava ancora Megan? E per lei, invece, cosa provava?
-Non logorarti, Cat.- le disse Jake, attirando la sua attenzione.
Cat alzò la testa di scatto. Che intendeva?
-Ho amato molto Megan, ma lei non c’è più e questo nessuno lo può cambiare. Me ne sono fatto una ragione e ho messo suo padre in galera. Lei fa parte del mio passato, non della mia vita.-
-E questo che significa?- gli chiese Cat, tesa come una corda di violino.
-Che sono andato avanti e che se potessi passerei ancora più tempo con te.- rispose. -E non come amici.-
Cat rimase senza parole. Diceva sul serio?
-E perché non volevi incrociare la madre di Megan?-
-Perché mi ritiene responsabile della morte della figlia e della carcerazione del marito.-
-Come mai lei non è in carcere?-
Jake sospirò. -Una lunga storia, fatta di cavilli giudiziari e di avvocati scaltri.-
Cat annuì, senza fare altre domande.
Si alzò anche lei dalla panchina e poi si avvicinò a Jake. -Sei sicuro di aver superato la cosa?- gli chiese, accennando alla reazione che aveva avuto prima.
-Quella donna mi ha ricordato un momento doloroso della mia vita, ma non ha nulla a che fare con i sentimenti che provavo per sua figlia. L’ho amata, sì, ma non si può vivere amando una persona che non c’è più.-
Caitlin questo lo capiva, ma non riusciva a capire se i sentimenti per una persona che non c’era più potessero svanire davvero da un momento all’altro, con la sua morte. Era questa la domanda che più le stava a cuore e che avrebbe tanto voluto fargli.
Ma non gliela fece, sia per dignità che per discrezione.
-Perché me lo chiedi?- le domandò invece Jake, curioso.
A quel punto Cat capì di dover cambiare discorso. Si stavano avventurando in un terreno scivoloso in cui lei non era in grado di stare in piedi e la cosa migliore era tornare sull’asciutto, dove lei era bravissima a camminare.
-Facciamo altri due passi?- gli chiese infatti, evitando di rispondere alla sua domanda.
Jake però se ne accorse e non mollò. Si avvicinò a lei e la guardò con i suoi profondi occhi scuri.
-Se potessi, lo farei.- si limitò a dire.
Cat sbatté le palpebre, confusa. -Cosa?-
-Questo.-
Jake non le diede il tempo di parlare.
Abbassò il viso verso il suo e poi la baciò, cogliendola alla sprovvista.
Lo faceva sempre, in fondo.
La baciava quando lei meno se lo aspettava e le catturava le labbra con le sue, senza darle scelta.
Cat ci mise un secondo a capire cosa dovesse fare.
Voleva rispondere a quel bacio con tutta se stessa, ma Jake non era della stessa opinione.
Premette le labbra contro le sue per una frazione di secondo e poi si allontanò da lei, con fare composto ed educato.
Come se non l’avesse appena baciata sulle labbra in mezzo alla spiaggia, disorientandola come non mai per l’ennesima volta.
-Sai che non posso.- le disse, come se gli costasse caro ammetterlo.
Cat non capiva. E allora perché l’aveva baciata un’altra volta?
-Lo so.- disse invece, sforzandosi di non pensare a quanto avrebbe voluto di nuovo le labbra di Jake sulle sue.
-Ma vorrei tanto farlo.- continuò lui, fissandole le labbra.
Cat colse altro nelle sue parole, ma non ci si soffermò più di tanto.
Jake le piaceva e lei piaceva a lui. La storia era più semplice di quello che si potesse pensare, ma c’erano indagini e omicidi di mezzo, e tutta quella semplicità andava a farsi benedire.
Si sforzò di non sospirare e gli chiese invece se volesse fare altri due passi.
Jake le disse che aveva delle cose da sbrigare e che l’avrebbe riaccompagnata a casa.
A quel punto Cat tirò un sospiro di sollievo dentro di sé.
Era stravolta a causa dell’esame e quel bacio l’aveva destabilizzata, più di quanto volesse ammettere con se stessa.
Tornare a casa le avrebbe fatto solo bene.
 
Jake la lasciò sotto casa quaranta minuti dopo.
Si salutarono più in fretta di quanto lei avrebbe immaginato e poi Jake ripartì, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Non sapeva più cosa pensare.
Fino a qualche settimana prima aveva preso in seria considerazione l’idea di sbatterlo fuori dalla sua vita per tutte le bugie che le aveva detto e ora si ritrovava a sperare che lui la baciasse con la stessa passione con cui lei avrebbe baciato lui.
Che cosa era successo in quel lasso di tempo? Si era forse innamorata di lui?
Spalancò gli occhi per averlo anche solo pensato e poi salì a casa, turbata dai suoi stessi pensieri.
Per poco non fece un salto quando Matt sbucò fuori dal nulla, facendole prendere uno spavento.
Era talmente concentrata sui suoi pensieri da non rendersi conto che suo fratello era appena uscito dalla cucina con una vaschetta di gelato in mano.
-Ti sei spaventata?- le chiese Matt, divertito.
Se non altro sembrava di buon umore.
Da quando gli aveva raccontato la verità sulla morte dei loro genitori non avevano scambiato molte parole.
Matt sembrava arrabbiato con lei a volte e lei non poteva fare altro che accettare la situazione.
In fondo anche a lei era crollato il mondo addosso quando aveva scoperto che i genitori erano stati assassinati e c’era voluto del tempo prima che la sua mente riuscisse ad elaborare il tutto.
Sperava solo che fosse così anche per Matt e che nel frattempo il loro rapporto non si deteriorasse.
-Ero sovrappensiero.- gli spiegò, chiudendo la porta di casa a chiave.
-Vuoi?- le chiese il fratello, alzando la vaschetta di gelato.
Indossava una tuta da casa e aveva capelli ancora umidi per la doccia.
-No, grazie.-
-Sei contenta?- le chiese poi Matt, riferendosi all’esame.
Anche lui sapeva quanto era stato difficile riprendere in mano gli esami e l’espressione sul suo viso le faceva capire quando fosse contento lui per lei.
-Sì e sono anche esausta.- rispose Cat, sentendo di colpa tutta la stanchezza addosso.
Suo fratello annuì e poi si andò a sedere sul divano.
Cat ci colse un’opportunità in quella situazione.
Voleva sapere come stava suo fratello e parlare un po’ con lui di tutto quello che era successo negli ultimi giorni.
Si andò a lavare le mani in bagno e poi lo raggiunse sul divano, sedendosi accanto a lui.
-Come è andata la giornata?- gli chiese innanzitutto, partendo dalle cose più semplici.
Matt alzò le spalle. -Solita storia.-
Cat non si fece scoraggiare. -A scuola tutto ok?-
-Più o meno.- le rispose, evasivo.
-Che succede?-
Matt prese un cucchiaio di gelato e poi sbuffò. -Non è andato bene il test di matematica.-
Cat rimase senza parole. Suo fratello era un genio della matematica, come poteva essere andato male ad un test?
Poi però capì. Forse era ancora molto turbato da quello che era successo e la verità lo aveva destabilizzato a tal punto da fargli perdere la concentrazione sullo studio.
Decise di chiudere un occhio e poi si schiarì la voce. -Stai bene?-
Matt la guardò. -Perché me lo chiedi?-
-Non abbiamo parlato molto in questi giorni.-
Matt abbassò lo sguardo sul gelato e poi annuì. -Già.-
-È stato orribile quello che è successo a mamma e papà.- gli disse, con voce incrinata. -Ma Jake farà di tutto per prendere il loro assassino e sbatterlo in prigione.-
Vide Matt irrigidirsi.
Non era ancora a pronto a sentire la parola assassino accostata a quella dei genitori.
Aveva sempre sentito parlare di ubriaco al volante e incidente stradale, ma mai di assassino e pistole.
Cat decise di andarci cauta con lui e rimase per qualche secondo in silenzio. Non aveva idea di come comportarsi e per l’ennesima volta si chiese cosa avrebbero fatto i suoi.
Scosse impercettibilmente la testa e aspettò che lui dicesse qualcosa, qualunque cosa.
-Perché gli hanno sparato?-
Cat gli aveva detto tutto quello che sapeva, ma Matt voleva una risposta più precisa di quella che poteva dargli lei.
-Ha fatto delle indagini su un farmaco che probabilmente non è a norma.- gli disse, ancora una volta.
-Questo lo ha già detto.-
-Non so altro, Matt.- disse Cat. -Credimi.-
-E neanche quel tizio che ti ronza sempre intorno?- le chiese suo fratello, riferendosi a Jake.
-No, nemmeno Jake.-
Matt prese altro gelato e poi scosse la testa. -Non riesco a crederci.-
-Lo so, Mattie.-
Suo fratello la guardò per un secondo e poi posò il gelato su un mobile accanto al divano.
-Chi credi che li abbia uccisi?- le chiese, in un tono che non gli aveva mai sentito usare.
Le aveva già fatto quella domanda, ma anche stavolta Cat esitò prima di rispondere.
Aveva preso in considerazioni diverse ipotesi, ma non aveva trovato nessuna prova in grado confermarne una.
Il padre di Stella per lei era diventato il primo sospettato.
Trovava assurdo il fatto che lui potesse aver ucciso anche il marito della figlia oltre che i suoi genitori, ma francamente il suo atteggiamento le era sembrato strano fin da subito.
Il modo insistente con cui l’aveva guardata la prima volta che si erano incontrati e la fretta con cui l’aveva voluta mandare via dal luogo in cui lavoravano lui e Mike le avevano dato parecchio da pensare negli ultimi giorni e anche se non ne era certa, era abbastanza convinta che lui nascondesse qualcosa.
Poteva non essere stato lui l’esecutore materiale di quegli omicidi, ma qualcosa di sicuro c’entrava in quella storia e lei avrebbe voluto sapere tanto cosa.
Non disse nulla però a Matt di quello che pensava.
Gli rispose che non ne aveva la più pallida idea e poi sospirò.
-Credi che sia stato qualcuno che lavora nell’azienda di Mike?- le chiese Matt, insoddisfatto della sua risposta. -Per insabbiare la cosa?-
-Potrebbe.-
-Ma perché?-
Cat accavallò le gambe e poi incrociò le braccia. -Credo abbia molti effetti indesiderati quel medicinale.- rispose, soppesando bene le parole. -Forse papà lo aveva capito e questo lo ha reso un bersaglio necessario da eliminare.-
Matt si irrigidì e poi le disse che si era fatto quell’idea anche lui.
-Perché non provi a parlare con Chris?- le suggerì suo fratello, come se avesse avuto un’illuminazione.
Cat lo guardò, senza dire nulla.
Poi gli chiese che intendeva.
-È un medico e lavorava con papà.- le spiegò Matt. -Magari sa qualcosa.-
Cat omise di dire che ci aveva già pensato e poi annuì.
Il suggerimento di suon fratello, però, le fece venire in mente sua zia Tracie, da cui Matt aveva passato parecchio tempo.
Non avevano avuto ancora modo di parlare di quella vacanza e così Cat ne approfittò per chiedergli come erano andate.
Matt alzò le spalle. -Direi bene.-
-Ma?-
Suo fratello la guardò. -C’era un’atmosfera un po’ strana a casa.-
Cat aggrottò la fronte. -In che senso?-
-Zia era molto tesa.-
-Perché?-
-Non lo so, una volta l’ho sentita litigare con Chris per una polizza, ma non ho capito di che diavolo stessero parlando.-
Cat alzò gli occhi al cielo. Sua zia riusciva a litigare anche con il postino.
-Magari parlava dell’assicurazione della macchina.- disse, per niente sconvolta.
Matt alzò di nuovo le spalle. -Comunque, la festa è andata bene.-
Cat sorrise. Parlare della festa era sicuramente più interessante dell’argomento zia Tracie.
-Hai invitato quella ragazza, alla fine.- osservò, riferendosi alla ragazza a cui era interessato suo fratello.
Matt annuì.
-E come è andata?-
-Abbastanza bene.-
Cat alzò gli occhi al cielo. -Tutto qui?-
-Mi piace, ok?-
A quel punto Cat sorrise. -E tu piaci a lei?-
Suo fratello alzò le spalle, come se non sapesse dare una risposta alla sua domanda. -Credo di sì.-
-La vuoi invitare a pranzo uno di questi giorni?-
Gli occhi di Matt si illuminarono. -Posso?-
-Sì, ma devo esserci anche io, così me la presenti.-
-Certo.- rispose Matt, contento.
Cat era convinta che lui non vedesse l’ora di portarla a casa. -Quante volte siete usciti insieme?-
-Quattro o cinque.-
-Bene.- disse Cat. -E allora potrebbe farle piacere conoscermi.-
-Certo.-
Cat rise. Suo fratello era veramente di poche parole, ma almeno avevano smesso di parlare della morte dei genitori e lui aveva ritrovato finalmente il sorriso.
-Che programmi hai per oggi pomeriggio?- gli chiese, alzandosi.-
-Devo studiare.-
Cat annuì e poi gli disse che lei avrebbe fatto almeno il turno pomeridiano in libreria.
Matt le disse che allora si sarebbero visti per cena e a quel punto Cat si andò a cambiare.
Il piano era di mettersi dei vestiti più comodi e poi di andare in libreria, per tenere la mente impegnata.
Era rimasta sconvolta dalle rivelazioni di Jake e rimanere a casa non era un’opzione fattibile.
Indossò un paio di jeans e una maglia blu elettrico e poi uscì, solo dopo aver optato per un paio di scarpe più comode.
 
Arrivò in libreria poco dopo, accaldata e anche un po’ stanca.
All’ora di pranzo aveva deciso che non ci sarebbe proprio andata da Abigail quel giorno, visto che la mattina aveva dato un esame, ma la storia di Jake l’aveva turbata nel profondo e rimanere a casa, sola con i suoi pensieri, non le era sembrata per niente una buona idea.
Salutò Abigail che era in cassa e poi andò a posare le sue cose nell’armadietto che le aveva concesso la madre di Jake, un valido appoggio per posare la borsa e tutto il resto.
Mentre lo chiudeva a chiave, Abigail sbucò alle sue spalle.
-Allora?- le chiese, preoccupata.
Cat si girò e sorrise. -Ho preso il massimo.- rispose, con un sorriso che le arrivava fino agli occhi.
Abigail l’abbracciò. -Sono davvero contenta, Caitlin.-
-Anche io.-
-Non ti potevi riposare oggi?- la rimproverò la madre di Jake, scuotendo la testa e guardandola dolcemente con i suoi grandi occhi verdi.
Cat le disse che stava bene, sorvolando chiaramente sulla questione Megan, e poi si mise all’opera.
Non aveva nessuna intenzione di mettersi a pensare.
Voleva godersi la giornata e il voto dell’esame, ma per farlo aveva bisogno di tenersi occupato e così avrebbe fatto.
Sistemò un po’ di libri fuori posto e fece parecchi turni in cassa, lieta che quel giorno ci fossero più clienti del solito.
Si ritrovò a curiosare all’ingresso solo una volta, quando entrò un uomo dell’età di Abigail, che cercava insistentemente la proprietaria della libreria.
Era alto, con un fisico asciutto e due occhi scuri familiari. Possibile che lo avesse già visto da qualche parte?
Non fece in tempo a darsi una risposta perché Abigail andò da lui e poi entrambi uscirono.
Cat si disse che forse era l’uomo con cui si vedeva Abigail e poi tornò a fare quello che stava facendo.
In fondo non erano assolutamente fatti suoi.
   
 
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