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Autore: CatherineC94    31/07/2020    4 recensioni
Sirius non aveva risposto, aveva alzato la testa ed aveva deciso di uscire asfissiato dall'aria, dalla stanza, dalle dannate tende scure che bloccavano l’ingresso ai raggi del sole; era sbucato nel corridoio ed aveva ascoltato solo il silenzio. Si era seduto stringendo la propria testa fra le mani; troppo, troppo silenzio. Non c’erano risate o felicità a Grimmauld Place, c’erano solo silenzio e l’obbedienza. - Storia classificata sesta al Contest “La cerimonia di smistamento” indetto da Artnifa sul forum di EFP-
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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-Questa storia partecipa al Contest “La cerimonia di smistamento” indetto da Artnifa sul forum di EFP-
 

Passi che squarciano il silenzio

 
«Fra poco vi riceveremo, attendente qui» disse con voce austera la Professoressa non so che, non era mai stato bravo a ricordare nomi o cognomi. Chiuso nella piccola stanza adiacente la Sala Grande assieme agli altri, Sirius  Black fissava con curiosità tutto quello che lo circondava; da anni aveva sentito di Hogwarts, delle mura millenarie e ricolme di magia. Però doveva ammetterlo mettere piede in prima persona era tutta un’altra cosa, appena aveva camminato in quei corridoi illuminati ed aveva intravisto il grande portone una sorta di tepore aveva invaso la gabbia toracica.
Non era mai stato in un posto così luminoso in vita sua; Grimmauld Place era tutto fuorché luminosa o allegra anzi il contrario. «Nervoso?» gli chiese James Potter con sguardo provocante; Sirius lo fissò per un nanosecondo e poi sorrise di rimando. Quel Potter si era dimostrato la prima grande sorpresa di quel giorno; era uno che non badava alle convenzioni o alle regole che impartivano la maggioranza delle famiglie purosangue della comunità. Anzi era il contrario; era gioviale, simpatico ed accogliente. Per un attimo Sirius aveva scordato il peso che incombeva sul suo collo, il peso della fama e dell’onore della famiglia che sua madre aveva amorevolmente ripetuto per almeno mille volte nell’ultimo strascico dell’estate torrida passata. Sirius non si riconosceva e basta; sua madre era una donna abbastanza strana  e distorta nel suo vano tentativo di far osservare precetti che non solo non capiva ma che non sentiva suoi.
Aveva ancora l’immagine del tagliacarte di suo padre, quello argentato con una grossa “B” intagliata da chissà quale folletto di chissà quale anno, aveva scordato pure di chiedergli se c’era bisogno di farli lavorare come schiavi; era una domanda vana in effetti, perché suo padre avrebbe detto senza alcuna ombra di vergogna che quello era il posto che dovevano occupare. Ma chi aveva mai deciso tutto ciò? Aveva undici anni, eppure se nella sua strada era previsto quello non era sicuro di volerlo; se c’era una cosa che Sirius sapeva di se stesso era che voleva essere libero e in quella famiglia non lo sarebbe stato mai. Così lo aveva guardato impassibile, quel viso così simile al suo, quegli occhi così chiari tipici dei Black che non tradivano nessuna emozione; ricordava ancora di aver voluto almeno una volta un abbraccio. Un abbraccio come quelli che nei grandi libri la gente descriveva come  amuleti contro ogni male presente nel mondo; ecco lui avrebbe tanto voluto riceverne uno.
Orion invece si limitava a scrutarlo silenzioso finché pronunciò quelle parole che avrebbero per sempre cambiato la sua vita:« Oggi compirai il destino dei Black, seguirai le orme che i nostri avi ci hanno prefissato. Sarai un Serpeverde e manterrai alto il buon nome della nostra famiglia». Sirius  non aveva risposto, aveva alzato la testa ed aveva deciso di uscire asfissiato dall’aria, dalla stanza, dalle dannate tende scure che bloccavano l’ingresso ai raggi del sole; era sbucato nel corridoio ed aveva ascoltato solo il silenzio. Si era seduto stringendo la propria testa fra le mani; troppo, troppo silenzio. Non c’erano risate o felicità a Grimmauld Place, c’erano solo silenzio e l’obbedienza.
«Amico, ci siamo» disse James Potter richiamando la sua attenzione e strappandolo dai suoi ricordi. Sirius alzò gli occhi e vide gli altri entrare nella grande sala; Sirius li rincorse impaziente seguito a ruota da Potter che quasi ballava sul posto dall'emozione. Trattenne una risata senza riuscirci veramente; quel tizio era davvero strano, nessun tono altero, nessuno sguardo glaciale o modi pomposi. Era semplice, immediato e Sirius si sentì tranquillo e forse pure accettato; poi però una fitta di tristezza lo assalì. Era un Black, e sicuramente il cappello lo avrebbe messo nelle sfere verde-argento; sospirò dapprima in parte rassegnato.
«Il letto vicino alla porta io non lo voglio, quindi amico te lo becchi tu» affermò James mentre altri due ragazzi, conosciuti prima  ridacchiarono.
Uno di loro, con il volto pieno di cicatrici chiese:« Sembra che tu già sappia quale sarà la casa dove saremo smistati»; l’altro, il piccolo e grassoccio li guardò interessati. «Io ne sono certo!» ammise James sorridendo a trentadue denti.
L’altro lo guardò divertito senza saper cosa dire di fronte a quell’entusiasmo palese.
«Come ti chiami tu? E tu?» chiese un po’ burbero Sirius all’improvviso guardandoli; non ricordava davvero i loro nomi e se doveva incontrarli ogni giorno tanto valeva impararli.
«Lupin, Remus Lupin» disse quello con il volto provato mentre il basso balbettò insicuro:« P-Peter Minus». Sirius annuì e per un attimo guardando in alto non seppe cosa dire; erano entrati nella Sala Grande  e quel soffitto, sarebbe per sempre rimasto impresso nei suoi ricordi.
Man mano che si avvicinavano al centro, notò che la professoressa di prima li stava aspettando con un vecchio cappello logoro e uno sgabello; aguzzò la vista e vide una grande sedia al centro con Silente che con gli occhi gioiosi li osservava. Non l’avrebbe mai confessato, ma in quel momento si sentì molto inquieto; tutto sarebbe dipeso da lì, da quell’istante. Silenzioso aspettò il turno finché sentì: «Black Sirius».
 Avanzò spavaldo e si rese conto che il tutto distava quattro passi. Uno, due, tre e quattro ed eccolo seduto; la professoressa poggiò il cappello sul suo capo ed aspettò il verdetto. «Un Black a quanto vedo» disse una vocetta stridula, Sirius alzò gli occhi reprimendo una rispostaccia al Cappello Parlante, guardò James che sorrise incoraggiante.
 « Bel caratterino, senza alcun dubbio. Coraggio da vendere ed estrema lealtà. Si, oh si! Io ti vedo già, tu sarai il cambiamento. Perciò, GRIFONDORO!» urlò e i Grifondoro iniziarono a battere la mani entusiasta. Vide James alzare il pugno in segno di vittoria e lanciò un’occhiata a Lucius Malfoy, il prefetto che lo guardava disgustato e forse un po’ scioccato;  Sirius era molto di più,  non era come loro.
Grifondoro, il petto si gonfiò di felicità. Quanti erano i passi che lo conducevano verso la libertà? Ah già.
Uno, due, tre e quattro.
 
                                                        
 
 
   
 
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