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Autore: Elsie Haru    31/07/2020    0 recensioni
In un mondo lontano, 8 regni governano sul Grande Continente che popola il mondo di Lèsin Rove. La vita scorre serena e pacifica sul pianeta e da secoli ormai non vi sono più guerre tra i Regni e tra le razze che vivono in armonia e rispetto gli uni degli altri,ma un'ombra incombe sul futuro di Lèsin Rove. Qualcuno o qualcosa stà minacciando il futuro di Lèsin Rove e i Regni non saranno pronti ad affrontarlo,troppo adagiati sulla loro serenità e cullati dalla pace che regna potrebbero soccombere con facilità difronte ad un'attacco imprevisto. Riusciranno ad armarsi e prepararsi in tempo,prima che l'ombra li raggiunga?
Gli Eredi di Lèsin Rove è il primo di una serie di Racconti tratti da un'ambientazione da me creata e nata la bellezza di più di 20 anni fà. Il racconto Legends da me già proposto nonostante sia ambientato in un mondo differente si ricongiungerà poi nel tempo a questo che è il filone principale della narrazione.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ANNO 525

 

Alyssa Ready di Telnar -13 anni

Chantal Ready di Telnar- 18 anni

Prudence Ready di Telnar- 17 anni

Orion Ready di Telnar- 20 anni

Zoe Ready di Telnar -19 anni

Ederik Birmangh di Rusgar - 17 anni

Leine Birmangh di Rusgar - 19 anni

Dustin Birmangh di Rusgar - 21 anni

Tristan Vinnian di Ictar - 18 anni

Kieran e Morgan Vinnian di Ictar - 17 anni

Wainwrit Vinnian di Ictar -15 anni

Joline Vinnian di Ictar - 9 anni

Vivien Lorcain di Pargaskor - 18 anni

Eriana Lorcain di Pargaskor - 7 anni

Xavier Fraystor di Avatar - 20 anni

Rhiannon e Kyrsen Fraystor di Avatar - 16 anni

Scarlet Leigh di Alturius - 15 anni

Nami Myron di Lobor

Hayleen Myron di Lobor

 

REGNO DI TELNAR - Stagione degli Elementi

 

Rinchiusa nella sua camera Alyssa era rannicchiata nell'angolo più buio tra l'armadio e lo scrittoio.

Le mani saldamente afferrate l'una all'altra sembravano non voler smettere il loro incessante tremare nonostante le braccia avvolgessero ferree le ginocchia ripiegate contro il petto. I suoi occhi fissi nel vuoto non riuscivano a versare lacrime, lo shock e il terrore le avevano bloccate nel recondito della sua gola dove un nodo quasi soffocante bloccava ogni parola, ogni suono. Due pensieri fissi le martellavano la mente.

Perché l'aveva fatto? Si sarebbe salvata?

L'ira furibonda che l'aveva spinta a quell'insano gesto era svanita da un pezzo lasciando il posto solo all'acuta certezza che stavolta non l'avrebbe passata liscia. Aveva esagerato e aveva messo a repentaglio la vita di Chantal. Chiuse gli occhi sopraffatta dalle immagini raccapriccianti della sorella ferita.

Quando era partita alla volta del villaggio degli Athach, mostruosi giganti a tre braccia e vistose zanne ricurve, non aveva pensato a Chantal. Resa cieca dall'orgoglio e dalla rabbia dell'umiliazione aveva pensato solo a sé stessa, ma avrebbe dovuto sapere che Chantal non l'avrebbe mai lasciata partire da sola e se non fosse stato per Liam sarebbero morte entrambe. Il giovane scudiero aveva avvertito Zoe che riunito un piccolo esercito aveva seguito le sorelle e salvato Chantal all'ultimo.

La rabbia devastatrice che l'aveva condotta al villaggio, dopo che un gruppo di giovani Athach l'aveva aggredita e lasciata mezza nuda appesa ad un albero a testa in giù umiliandola,l’aveva abbandonata non appena si era resa conto delle conseguenze del suo gesto impulsivo.

L’orgoglio le aveva offuscato il giudizio talmente tanto da portarla ad affrontare il capo villaggio, padre di uno dei giovani e costringere così Chantal, ora Chierico di Hamon, a combattere per difenderla. Da dove proveniva quel lato così oscuro del suo carattere che cercava di soffocare?Perchè non aveva ragionato prima di agire? Dov’erano finiti tutti gli insegnamenti di Orion in quel maledettissimo momento?

Un colpo alla porta le fece spalancare gli occhi.

«Alyssa, apri la porta!»

Il Re! Alyssa scattò in piedi.

«Apri o la faccio buttare giù.»

Il sangue le defluì totalmente dal viso mentre le urla e i colpi del genitore facevano tremare gli stipiti della porta e il suo corpo.

«Buttate giù la porta.»

«Per gli Dei.»

Alyssa si lasciò sfuggire un rantolo aggrappandosi con le mani allo scrittoio. Suo padre l'avrebbe fustigata a morte e né Orion, ora lontano, né Chantal l'avrebbero potuta salvare. Zoe non avrebbe mai osato disobbedire al padre e Prudence era troppo mite per farlo.

La porta vibrò sotto i colpi delle guardie.

Aveva sbagliato, certo, ma il padre non aveva mosso un dito quando aveva saputo quello che le era accaduto nella foresta. Non aveva punito gli Athach per l'ardire di girare indisturbati nelle foreste vicino a Bleac e aver umiliato una Principessa di Telnar.

Lei si era solo difesa, aveva difeso l'onore della casata. Magari era stata impulsiva ma…

Dopo il terzo colpo la porta si aprì sbattendo contro il muro tale fu la violenza con cui fu spalancata. Alyssa si impose di non sobbalzare. Due mortificati cavalieri seguirono a passo marziale il Re nella stanza. Alyssa si erse e affrontò il padre che l'afferrò brutalmente per un braccio.

«Sciocca, sciocca impudente ragazzina viziata. Cosa ti è saltato in mente, rispondi?»

Le sue dita sprofondarono dolorosamente nella carne delle sue scarne braccia, ma lei alzò il viso stoicamente verso il padre senza emettere alcun suono serrando forte le labbra. Cosa avrebbe dovuto dirgli quando lui non avrebbe mai ammesso la sua parte di colpa. Quando ancora una volta avrebbe cercato di piegarla alla sua volontà ingiusta senza tenere conto dei suoi voleri, dei suoi sentimenti. L'uomo furioso e insensibile che la scuoteva con violenza non era più il padre buono e affettuoso della sua infanzia e lei non si sarebbe piegata davanti all'individuo che era divenuto.

La sua punizione più grande era sapere Chantal ferita gravemente a causa sua, qualsiasi cosa lui le avesse fatto ora non le importava. Persa nel suo stato catatonico non rispose alle ingiurie e alle domande del Re finché quest'ultimo non la scaraventò contro le guardie che l'afferrarono per le braccia.

«Sono stanco della tua ribellione Alyssa, stanco dei guai che combini a causa della tua cocciutaggine e alterigia. Ti piegherai e chiederai perdono, promettendo di seguire le regole del destino che ti riserveremo o in nome degli Dei ti giuro che ti disconoscerò. Questa volta il mondo intero dovrà conoscere la tua colpa e vedere che sei stata punita.»

Il Re distolse lo sguardo da lei come se la sua vista lo ferisse e lo disgustasse.

«Portatela nella stanza in cima alla torre ovest finché non si deciderà a chiedere perdono e tagliatele i capelli.»

«No!»

Alyssa scattò in avanti sorprendendo i cavalieri che la lasciarono, ma il Re non ebbe pietà e la colpì con uno schiaffo facendola cadere.

«Prendetela e portatela via.»

Sconvolta Alyssa si portò una mano alla guancia mentre i due soldati la sollevarono.

«I capelli!? Sarà un'onta! Un disonore!»

Rabbia e dolore fecero scendere quelle lacrime che non era riuscita a versare fino a quel momento.

«Che ti sia da lezione.»

Chantal apparve sulla soglia soretta da due fantesche e supplicò il padre con voce flebile.

«Padre vi prego. Mio signore non potete farlo.»

Il Re si rivoltò furibondo.

«Tu non ti intromette, non avresti dovuto alzarti. Portatela a letto e se peggiorerà vi riterrò responsabili.»

«Tilly.»

Alyssa fece per muoversi verso la sorella che ancora più cadaverica di prima veniva sospinta via dalle fantesche impaurite. I cavalieri la trattennero mentre lei si dibatteva come un'ossessa.

Il suono sommesso delle lacrime di Chantal che si allontanava dopo averle lanciato uno sguardo addolorato e straziato decretò la sua fine ma Alyssa non se ne sarebbe andata così.

«Lasciatemi.»

La sua voce uscì dura e sicura così, come l’aveva sentita provenire da Orion o Zoe ogni volta che volevano farsi rispettare dai loro cavalieri. I due uomini si bloccarono ma non la lasciarono

«Lasciatemi ho detto. Camminerò da sola fino alla torre»

Il Re socchiuse gli occhi minaccioso mentre i due cavalieri la lasciavano andare titubanti.

Alyssa si erse nuovamente in tutta la sua altezza davanti al padre e con stizza si asciugò le lacrime che le avevano bagnato il viso

«Non chiederò perdono per quello che ho fatto, perché ho difeso l’onore della Casata Reale e il mio unico errore è stato coinvolgere Chantal in questo. La mia punizione, saranno le sue ferite delle quali mi riterrò responsabile e in torto a vita. Fate di me quello che volete ma se credete che mi piegherò davanti alla vostra indolenza, vi sbagliate di grosso. Non vi chiederò mai perdono e non vi perdonerò mai per questo.»

Il Re sembrò sul punto di colpirla ancora una volta ma all’ultimo momento, mentre avanzava verso di lei con la mano alzata,qualcosa nei suoi occhi mutò e lo bloccò.

«Portatela via. Non uscirà dalla torre finché io non darò l’ordine di liberarla. Se decidesse di chiedere perdono…»

Il Re la avvicinò e la sovrastò fissandola negli occhi gelido.

«Lasciatela li comunque e tagliatele i capelli a zero.»

Alyssa non battè ciglio,non lo avrebbe mai fatto,piuttosto sarebbe in morta in quella torre. Con un movimento deciso e sicuro si voltò e con passo marziale si mosse verso l’uscita scortata dai cavalieri. E così Alyssa, fu rinchiusa nella torre.

 

 

CITTA' DI RAITY - Regno di Nedstar

 

Orion sollevò il boccale di sidro sbirciando da oltre il suo bordo, gli avventori della piccola e fumosa locanda.

Era in viaggio da diversi mesi ormai e la missiva giunta a lui, di Morgan Vinnian, l'aveva raggiunto per puro caso nella città porto di Zebelat su Rusgar una decina di giorni addietro. Strano come quel messo, avesse parlato del suo compito di consegnare quella lettera proprio con Derem, il cavaliere suo braccio destro, con cui era partito per quel viaggio e come poi lui l'avesse condotto al suo cospetto.

I segni del destino lo lasciavano a volte davvero sorpreso.

La missiva di Morgan l'aveva preoccupato, vista l'urgenza con cui l'amico chiedeva di poterlo vedere. Orion quindi si era messo subito in viaggio, alla volta di Raity, dove lo aveva raggiunto nella scuola di magia dove era costretto a vivere già da diversi anni. Derem si mosse inquieto sulla panca accanto a lui, adocchiando una procace cameriera che non lo aveva lasciato un attimo con lo sguardo da quando erano entrati.

Orion sorrise divertito allontanando per un attimo i cupi pensieri.

«Vai dai, divertiti.»

L'amico si girò con finta innocenza sul bel volto angelico. Per quanto lui tentasse di nascondersi alla gente girando sempre incappucciato e infagottato, per quanto Derem non faceva altro che esaltare il suo fascino ammaliante, sorridendo e ammiccando alle fanciulle e offrendo bevute e giocando con gli uomini.

A Orion non importava, lui si nascondeva perché molte, troppe persone, erano solite riconoscerlo. Erano una buona squadra assieme loro due, da sempre. Orion preferiva indagare nei templi e nei mercati piuttosto che tra le cameriere e i locandieri, per quel compito c'era Derem che lo assolveva con solerzia e piacere.

«Non so se posso lasciarti da solo, oggi hai l'aria di uno che ammazzerebbe per una battuta di troppo.»

Le parole del compagno rievocarono quelle di Morgan dette al loro colloquio del mattino risvegliandogli la bile amara in bocca.

«Sciocchezze. Divertiti e già che ci sei vedi di capire che aria tira da queste parti e quanti stranieri interessati alle cave dei Rock sono passati di qui. Ho l'impressione che dovremmo addentrarci maggiormente tra i monti di Stoness se le voci giuntemi non verranno smentite.» la smorfia di disappunto di Derem lo fece sorridere nuovamente.

«Non potremmo indagare sulle meravigliose coste di Avatar vero?»

«Uhmm… no mi dispiace, Xavier se la cava benissimo da solo.»

Con un sospiro esagerato Derem si alzò dal tavolo.

«Va bene, vorrà dire che mi rintanerò sotto le calde coperte di qualche signora in previsione del freddo pungente che soffriremo nei prossimi giorni.»

Orion non rispose, ma annuì. Erano amici da troppo tempo perché Derem non avesse già capito che sarebbe andato a fondo in quella faccenda finché non avesse fatto un po' di luce.

Prendendo sottobraccio la disponibile ragazza, Derem sparì dietro la porta del retro e lui tornò a guardarsi attorno ripensando a Morgan. Le accuse che il Principe aveva rivolto ai membri del suo casato erano davvero pesanti. Morgan sosteneva di essere stato bandito da Ictar perché la sua matrigna tramava un complotto contro le due potenze di Lésin Rove, Telnar e Rusgar e la sua presenza a palazzo era per lei motivo di disappunto in quanto lui non si fidava di lei e la controllava costantemente.

Orion non aveva voluto accettare la sua accusa con leggerezza e quando aveva chiesto a Morgan delle prove,lui non gliene aveva portate, dicendogli che doveva fidarsi della sua parola. Inoltre aveva accusato Tristan dicendogli che non era quello che mostrava di essere e l'aveva pregato di non fidarsi di lui.

Per ultima, ma non meno pesante, l'accusa era scesa su Wainwrit ora discepolo del negromante Anvoladen su Pargaskor e portatore del titolo di Cavaliere della Dea Oscura Demetra.

Morgan lo aveva pregato di tenere il fratello minore sotto sorveglianza perché il potere malvagio della Dea non poteva,a detta sua, che alimentare le manie di grandezza e potere del giovane Principe. Orion non sapeva cosa pensare di tutto ciò. Possibile che davvero le dicerie sulla malvagità intrinseca del Regno dell'Ombra non fossero solo tali,pettegolezzi e che una forza malvagia tramasse addirittura nel cuore del casato Reale?

O l'odio di Morgan verso coloro che lo avevano allontanato dal Regno e dal gemello lo avevano portato a massimizzare semplici dissapori famigliari? Morgan aveva un astio recondito verso la magia nera del fratello opposta alla sua e poteva essere la causa principale che lo aveva portato ad accusare Wainwrit. Con la Regina Ilya e Tristan i rapporti non erano mai stati sereni e con gli anni erano andati a peggiorare. Orion scosse il capo facendo un grosso respiro. Non era una situazione semplice e stava valutando se mettere al corrente o meno Kryan Lerner di quelle accuse.

«Un altro giro di sidro straniero? Offro io.»

Il cappuccio del mantello gli ricadde sulle spalle mentre girava su sé stesso per vedere in volto la persona che lo aveva interpellato.

«Vivien?»

La figura infagottata in diversi strati di vestiti maschili si scoprì il capo allentando il pesante giaccone che ricopriva la sua persona e sollevando il cappello che le copriva il volto e i serici capelli castani.

«In persona mio caro.»

Orion sollevò un sopracciglio stupito.

«Come mi hai riconosciuto?»

Vivien lo aggirò lasciandosi cadere sulla panca dinanzi a lui dall'altro lato del tavolo.

«Rain, ho allattato e allevato personalmente quello splendido animale, puoi camuffarlo da ronzino quanto ti pare, ma riconoscerei quel cavallo tra un milione.»

Orion scosse il capo ridendo.

«Sei incredibile.»

Fece un cenno all'oste che capì al volo e si apprestò a servirgli due boccali pieni mentre lui tornava a coprirsi il capo.

«Cosa ci fai qui?»

Vivien si tolse i guanti fregandosi le mani l'una con l'altra.

«Dopo ti farò la stessa domanda. Sono con lei, doveva recapitare un oggetto magico a Hitzeden, il maestro di Morgan Vinnian e ho deciso di accompagnarla. Faremo una visita a Silverwall dopo.»

Mentre parlava indicò qualcuno alle sue spalle e girandosi Orion vide Leine entrare nella locanda. Strabuzzò gli occhi e tornò a guardare Vivien.

«Leine Birmangh? Giuro Vivien è l'ultima persona su Lésin Rove con cui ti avrei pensata in viaggio.»

L'amica fece spallucce.

«È cambiata. Vedrai, ti stupirai.»

«Allora era davvero lui.»

Aggraziata e sinuosa Leine si allungò nella panca accanto a lui passandogli un braccio attorno alle spalle. Ancora più sorpreso di prima si volse a guardarla e lei s'inchinò a baciargli una guancia prima di sedersi.

«Ben trovato Orion.»

Senza saper cosa dire lui si sentì avvampare e preso il boccale bevve un lungo sorso. Quella notte si prospettava davvero lunga e piena di sorprese.

 

 

Castello di Silverwall - Regno di Nedstar

 

Orion sollevò lo sguardo sulle imponenti mura di Silverwall tirando le redini di Rain per rallentarlo.

Derem al suo fianco lo imitò e per quanto fosse loro possibile nello stretto sentiero le due Principesse cercarono di affiancarli. Orion rabbrividì per il vento freddo e per quella sensazione di gelo e timore che la maestosa fortezza riusciva sempre a suscitare in ogni suo visitatore.

«Non sono propriamente convinto che i Regnanti di Nedstar faranno i salti di gioia per il nostro arrivo non annunciato, soprattutto la Regina Iona.»

«Avanti Orion.»

Derem scosse i riccioli biondi bagnati dalla foschia umida esortandolo con il solito tono scanzonato.

«Non tutti sono ligi alle formalità come te, vedrai che non saranno per nulla seccati.»

«Sarà, ma non…»

«I patti erano chiari, tu ci accompagnavi a Silverwall e noi ti avremmo fatto da spalla nella spedizione alle Cave dei Rock.»

Leine lo redarguì canzonandolo e facendo l'occhiolino a Derem. Orion si mosse a disagio sulla sella, la confidenza di quei due rasentava il limite del decoro e della decenza. Derem doveva capire che nonostante i suoi modi spigliati e sfacciati Leine rimaneva sempre una Principessa di Rusgar e non una ragazza da taverna.

In quella questione però non poteva intervenire suo malgrado. Derem era il suo compagno d'armi più fidato e non poteva certo rimetterlo al suo posto con parole dure e se lo avesse fatto Leine lo avrebbe scuoiato vivo.

Nonostante Vivien avesse ragione riguardo al cambiamento dell'amica, Leine rimaneva sempre la stessa nel suo profondo. L’aveva trovata più controllata certo, in grado ora di gestire il suo potere caotico quasi magistralmente, ma era pur sempre una creatura con un'indole selvaggia e ribelle che ora era diventata più amabile e astuta.

«Una gatta selvatica.» borbottò tra se e se.

«Scusa?»

Leine alzò un sopracciglio interrogativo al suo borbottio.

«Dicevo che non ho chiesto la vostra scorta per la mia missione.»

«Noi sì.»

Vivien intervenne prima che Leine potesse infiammarsi alla sua brusca risposta.

«Avevamo già deciso di passare da qui, ma le parole di Morgan hanno reso questa visita maggiormente importante. Frasier merita di essere messo al corrente del vostro colloquio e chi meglio di te può riportarglielo.»

Orion annuì.

«Certo hai ragione, ma più tardi parleremo della nostra convivenza dei prossimi giorni. Voi due siete fari nella nebbia.»

E lanciando un'ultima occhiata alla folta chioma rossa di Leine esibita senza premure di nasconderla, riportò Rain al passo. Leine lo lasciò passare sorridendo a Derem che sminuì le parole dell'amico con una smorfia, non vista, prima di seguirlo.

«Senti chi parla di fari nella nebbia. Dico Vivien, hai mai visto due tipi più sbalorditivi di quei due? Uno solare come Rastres e uno oscuro come Vifa, ma entrambi fanno girare più teste di un plotone di fusti mezzi nudi.»

Vivien sogghignò alle sue parole affiancando il cavallo al suo.

«Beh un tipo meglio lo conosco, ma su quei due ti do ragione.»

Il suo sguardo corse alle torri del castello che ora intravedeva svettanti sopra le mura.

«E poi Orion si sbaglia sai, se la memoria non m'inganna credo ci sia una Iona in quel castello che lo accoglierà a braccia aperte.»

 

 

Ruhnas - Regno di Lobor

 

La carrozza filava veloce tra le vie frenetiche e caotiche della città porto di Ruhnas.

Hayleen lasciò cadere la tendina riportando l'interno alla penombra.

«Sei nervosa?»

Lanciò un'occhiata a Nami seduta dinnanzi a lei prima di sprofondare di nuovo nel sedile.

«Non saprei dirti. Ancora no, credo.»

Nami le sorrise serena e Hayleen sbuffò.

«Come fai a non essere nervosa?! Stai lasciando Lobor per sempre e vivrai in un luogo così… così... diverso, pieno di persone diverse da te.»

Il viso rilassato della sorella non cambiò espressione, ma i suoi meravigliosi occhi color ghiaccio si incupirono.

«Mi rattrista lasciare Lobor Hayleen, ma non sono nervosa. Addolorata forse, ma non nervosa.»

«Scusami Nami.»

Hayleen si sporse fino a prenderle le mani che teneva poggiate in grembo. Erano terribilmente fredde. Cercò di scacciare la terribile sensazione di sventura che si portava appresso dopo il sogno della notte precedente e le confessò.

«Tu stai per sposare Xavier e trasferirti per sempre ad Avatar e io ti incupisco invece di aiutarti a stare serena.»

Nami tornò a sorridere e lei si alzò per sederle accanto e poggiarle una mano sul viso.

«Il fatto è che credo di essere io più nervosa di te, sia per il matrimonio, sia per il vuoto che lascerai nella mia vita.»

«Hayleen, Avatar non è su un altro pianeta e in nave risulta più vicino di qualsiasi altro regno. Ci vedremo spessissimo vedrai.»

Hayleen annuì e il suono dolce delle parole della sorella le placarono l'animo.

«Xavier ti vuole bene o non avrebbe mosso mari e monti per sposarti. So che non vi conoscete affondo, ma sono sicura che farà di tutto per renderti felice.»

Nami non riuscì a trattenere una risata fresca e argentina.

«Ma tutto questo io lo so già sorellina. Chi stai cercando di nuovo di rassicurare, me o te?»

Hayleen non poté che non darle ragione e si unì alla sua allegria con il cuore più leggero. Stavano ancora ridendo quando la carrozza si fermò sulla battigia per farle scendere, ma la loro gioia fu di breve durata perché il Re degli Elfi le accolse con espressione funerea al loro arrivo.

«Padre?! Cosa è accaduto?»

Re Nathaniel rimase in silenzio cercando le parole adatte dinnanzi alle figlie. Scorse per primo il volto di Hayleen, così duro e bruno se paragonato alla delicatezza dei lineamenti della sua figlia maggiore. La pelle di Nami, resa ancora più lucente e nivea dai capelli argentei e dagli occhi chiari, sembrava ora freddo marmo mentre impallidiva dinnanzi alla sua espressione tetra in un giorno così lieto.

«Padre.»

Hayleen lo esortò nuovamente e il Re prese coraggio e guardò negli occhi Nami dolente di essere lui latore di una così grave notizia.

«Mia cara mi rammarico di doverti comunicare un funesto evento. Re Kolman e la Regina Dacey sono stati coinvolti in un drammatico incidente due notti orsono. Il tetto del locale in cui si trovavano per festeggiare il loro anniversario è crollato improvvisamente, non si è potuto salvarli, la dipartita è stata immediata.»

«Oh no, povero Xavier!»

Nami si coprì le labbra con una mano mentre con l'altra si aggrappava a quella della sorella in cerca di conforto e appoggio.

«Cosa ne sarà del matrimonio?»

Hayleen diede voce ai suoi pensieri e Nami trattenne il respiro in attesa.

«È volere del Principe Xavier che avvenga dopo i funerali reali e i successivi dieci giorni di lutto del Regno. Dopodiché avverrà l'incoronazione e infine il matrimonio.»

«L'incoronazione?»

Nami bisbigliò quella parola come se il solo pronunciarla forte potesse essere un insulto, ma essa entrò nella sua mente in profondità come uno spillo doloroso nelle carni. Sarebbe stata Regina di Avatar. Lei era troppo giovane per essere Regina e anche Xavier per essere Re.

Come avrebbero fatto novelli sposi a prendere in mano assieme le redini di un regno se a malapena si conoscevano? E le giovani Rhiannon e Kyrsen e la piccola Bjorn come avrebbero reagito a tutto quello?

«Che gli Dei ci aiutino.»

Nami vacillò sotto il peso di quell'evento devastante e ad Hayleen, che in cuor suo aveva temuto una sventura imminente, non restò che abbracciarla per confortarla.

 

Regno di Ictar - Palazzo di Lightshadow

 

Il conte Kenric seguì il corridoio semi buio con estrema naturalezza e sicurezza.

Conosceva quella strada a memoria ormai e avrebbe potuto farla anche bendato senza inciampare o sbattere da nessuna parte. Arrivato a circa metà del corridoio si mise in ascolto e quando fu sicuro di essere solo scostò l'arazzo dinnanzi a lui e aprì la porta segreta.

L'oscurità più totale lo avvolse quando la richiuse, ma non se ne curò, pochi passi e un'altra porta lo introdusse nella stanza da lui cercata. Non bussò per farsi annunciare, lei lo stava aspettando.

«Mia signora.»

Kenric si inchinò al cospetto della Regina di Ictar mentre ella abbandonava il suo posto accanto allo scrittoio per farglisi vicino.

«Conte di Aloy puntuale come sempre. Devo congratularmi per la vostra nomina e addolorarmi per la vostra perdita.»

Il giovane le baciò la mano che lei gli aveva porto inchinandosi con il busto poi con un ghigno sardonico si rialzò.

«Grazie vostra altezza, ma entrambi sappiamo che dobbiamo solo gioire della dipartita del mio caro genitore.»

Ilya annuì e andò a sedersi sul divanetto mentre lui si accingeva a servire ad entrambi un calice di vino.

«I nostri piani procedono come previsto senza intoppi.»

Kenric le porse il calice e le si sedette dinanzi.

«Me ne compiaccio Conte, me ne compiaccio. Credete ora di poter convincere il Re come avevamo convenuto? Io dal mio canto ho già tessuto le vostre lodi a mio marito in più di un'occasione, ma voi siete così giovane…»

Kenric rise dei suoi dubbi mentre ella spostava la grossa treccia nera su una spalla facendola ricadere sul seno generoso.

«Giovane sì, ma valoroso. Mi sono distinto già in diverse occasioni mia signora e sono sicuro che il Re accetterà il mio aiuto ora che la sua vecchiaia lo porta a oziare sempre di più. Il mio aiuto risulterà presto indispensabile e il passo ad arrivare a comandare il vostro esercito sarà breve,sopratutto ora che il posto è vacante. Il Principe Tristan me ne sarà solo grato non sembra amare molto il ruolo del cavaliere.»

Ilya mosse una mano a mezz'aria con noncuranza.

«Non pensate nemmeno ai miei figliastri tra non molto non costituiranno più un problema per noi, l'unica a cui dovrete pensare è Joline.»

Kenric parve perplesso.

«Come potrei fare a ingraziarmi la giovane Principessa e a quale scopo?»

«Col tempo lo capirete e il modo non m'interessa, siete un giovane di bell'aspetto non sta a me spiegarvi certe cose.»

Il conte si alzò nervoso.

«Per gli Dei, ma ha solo nove cicli.»

Ilya finì il suo vino e alzandosi con fare mellifluo lo avvicinò.

«Non vi ho detto di sedurla mio caro, fate solo in modo che si abitui alla vostra presenza come a quella di un confidente e amico. Al resto penserò io in seguito.»

Gli accarezzò un braccio con un dito pensierosa poi si riscosse ridendo.

«Non guardatemi con quell'espressione, quel cucciolo spaurito e insipido pregusta di divenire una giovane molto bella e non vi dispiacerà sposarla ve lo assicuro.»

«Sposarla?»

Kenric poggiò il suo calice prima che la sorpresa lo mandasse in frantumi per terra.

«Ma certo sciocco, sposerete la Principessa e ho molte altre gradite sorprese per voi in futuro. So come premiare chi mi è fedele.»

Stordito da tale notizia il giovane conte si inchinò quando lei accennò a congedarlo, con una reverenza adorante.

«E io sarò sempre il più fedele Maestà.»

Ilya gli sfiorò il capo con la punta delle dita.

«Lo so mio caro.»

Quando lui si ritirò la Regina si diresse verso il suo scrittoio e afferrò il suo ventaglio magico che si illuminò. Ilya sorrise soddisfatta.

«Presto tutto si avvierà al raggiungimento dei nostri piani mia potentissima Signora e quel giorno Lésin Rove conoscerà la sua disfatta.»

 

 

 

Regno di Rusgar - Palazzo di Solaire

 

Il cozzante clamore delle spade risuonava nell'arena mentre si avvicinava al campo di addestramento.

Knich si portò a ridosso delle tribune e incrociando le braccia sul petto rimase ad osservare i giovani duellanti. Konrad Batfelse ora si trovava al centro del campo grondante di sudore e coperto di polvere dalla testa ai piedi e cercava di parare i fendenti micidiali del Principe di Rusgar.

Un insolito e raro sorriso gli incurvò le labbra alla vista dell'impegno con cui Ederik si batteva, come se si trovasse dinnanzi il suo peggior nemico invece di uno dei migliori.

Moran Vyrn sedeva sulla staccionata in abiti logori d'addestramento e un sempre impeccabile e sgargiante Willard Weaver faceva bella mostra di sé stesso in una sedia reclinabile dall'aspetto bizzarro al limitare dell'arena. Da molti mesi oramai i quattro giovani erano inseparabili e i loro progressi mirabolanti.

Knich aveva avuto molti giovani scudieri e apprendisti per le mani, ma mai nessuno, escluso i suoi Cavalieri Mistici, gli aveva dato la stessa soddisfazione di Ederik. Anzi, forse nemmeno i suoi Cavalieri.

Non che il Principe fosse loro superiore, questo era impossibile, ma nell'ultimo anno trascorso Ederik si era impegnato anima e corpo in tutte le discipline di combattimento e tecnica di comando, studiando la strategia di pari passo e con la stessa passione della scienza, destreggiandosi con le armi come nello studio dell'etichetta.

Due volte la settimana portava personalmente i suoi saluti ai fittavoli e scendeva al villaggio ogni volta che poteva per constatarne l'andamento e ascoltare i popolani e le loro richieste.

Assisteva il padre ad ogni riunione ufficiale tanto che a volte il Re lasciava al figlio le decisioni minori e le deleghe meno importanti, quando prima non lo avrebbe mai fatto. Nel frattempo diveniva ogni giorno più forte e capace nel combattimento acquistando fiducia e sicurezza.

Konrad e Moran lo seguivano di pari passo senza abbandonarlo mai come due ombre vigili e Willard aveva finalmente scelto la magia neutrale come suo indirizzo. Ederik aveva convocato per lui il miglior maestro di Pargaskor perché lo istruisse al castello. Con un ultimo affondo ben assestato il Principe fece volare via la spada di Konrad che inciampò finendo con il didietro nella polvere e le mani alzate.

Moran saltò con un agile balzo a terra per riconsegnare la tunica al suo signore e Willard batté le mani indolente. Ederik si asciugò la fronte madida e prima di rivestirsi aiutò l'amico a rialzarsi.

Vedendo i suoi occhi così pieni di sicurezza e maturità Knich faticò a riconoscere il ragazzino insicuro e capriccioso che Lady Alyssa aveva ripreso un anno addietro.

«Siete fortunato che il vostro avversario vi sia amico Ederik, un nemico vi avrebbe sconfitto minuti orsono.»

Cancellandosi dal volto qualsiasi espressione soddisfatta, Knich avvicinò i giovani. Ederik colto nell'atto di rivestirsi uscì con il capo dalla tunica pieno di disappunto, ma cercò di mascherare la delusione per quel rimprovero dietro un fintissimo sorriso.

«Knich, ci siete mancato. Come sta vostro fratello Ryin su Ictar.»

«Come un pollo mascherato da pavone, come sempre. Dovrebbe pensare più al suo dovere che al suo aspetto e alla bella vita, non smetterà mai di crearmi problemi.»

Willard si alzò con grazia dalla strana seggiola che sparì non appena lui l'ebbe lasciata vuota.

«Aih aih… chissà perché queste parole mi suonano familiari e mi colpiscono sul vivo.»

Ederik rise rinfrancando l'amico.

«Andiamo Willard, Knich non parlava di te.»

«Certo che no.»

Knich soppesò con occhio critico l'abbigliamento ridicolo del giovane e il cappello ornato di piume multicolore.

«Ciò non toglie che Willard abbia validi motivi per riconoscersi in tale ritratto di fannullone e damerino.»

I tre Cavalieri risero di gusto all'espressione offesa di Willard.

«Si dà il caso mastro Cavaliere che durante la sua assenza ho ricevuto gli elogi del mio maestro per la mia bravura e che i miei progressi con la spada sono davvero notevoli.»

«Sarà mia premura verificarli di persona allora. Che ne dici di domattina?»

Willard assunse un colore vagamente verdastro, maledicendo gli sberleffi di Konrad ed Ederik e la superbia sufficienza di Moran.

«Ma non stavamo parlando delle mancanze del nostro Principe, Sir Valerè?»

L'occhiata inceneritrice di Ederik non tardò a trafiggerlo, ma Willard fece spallucce con finta innocenza. Knich lasciò correre per il momento tornando a rivolgersi all'amico.

«Già, vero.»

Incrociò le braccia sul petto ritornando a fissarlo con severità ed Ederik si ripromise di farla pagare cara a quell'illusionista da quattro soldi.

«Vi lodo altezza perché vi state impegnando veramente a fondo nei vostri allenamenti, ma la vostra tecnica fa acqua da tutte le parti.»

«Non capisco Knich, davvero, mi sembrava di essere migliorato.»

«Certo lo siete, ma a parte una notevole forza e grinta che vi distingue devo a malincuore dire che siete un combattente da manuale.»

«Un combattente da manuale?»

Konrad lo interrogò in quanto nessuno di loro aveva inteso le sue parole.

«Sì, vedervi combattere è stato come assistere ad un ballo di sala, ogni mossa, ogni parata o affondo era talmente tanto preciso e calcolato da risultare ovvio ancor prima che l'azione fosse iniziata. Un avversario più esperto del nostro Konrad vi avrebbe disarmato all'istante.»

«Ho capito.» Ederik si incurvò leggermente abbattuto. «La mia tecnica è troppo prevedibile, troppo semplice. Può andare bene per una giostra o in un’allenamento, ma in un vero combattimento non servirebbe a un granché. Mi ricordo lo scontro con gli Avoral nella foresta, contro di loro mi è andata bene effettivamente ma non sarebbe lo stesso contro un nemico scaltro e veterano.»

«Sì è proprio quello che volevo dire e lo stesso vale per voi due.»

Knich passò in rassegna il volto dei tre giovani per poi ritornare su Ederik.

«Dovete imparare a distinguervi, fare vostra una tecnica base certo, ma da questa poi creare un vostro personale modo di combattere basato sull'attacco o sulla difesa, sulle mosse veloci, sulle acrobazie. Stupite l'avversario con la vostra velocità o con una tecnica particolare sviluppata sulla concentrazione o sulla forza. Scegliete qual è il vostro modo di agire più consono e in esso metteteci il vostro io più profondo. Imparerete a distinguervi e ad essere sempre l'enigma più pericoloso per il vostro nemico. Solo allora sarete praticamente invincibili. Perché avrete il vantaggio della sorpresa e del sapere, perché avrete studiato a fondo ogni tecnica e da essa avrete carpito il meglio per voi e l'avrete fatto vostro.»

«Caspita mastro Knich, ci avete distrutto.»

Konrad abbandonò le braccia lungo i fianchi scoraggiato e Knich lesse lo stesso negli occhi di Ederik. Alzò una mano e l'appoggiò con forza sulla sua spalla.

«Non dovete abbattervi Ederik e nemmeno voi.» guardò Konrad e Moran lanciando un'occhiata significativa anche a Willard.

«Inizieremo subito la vostra specializzazione e vedrete che impegnandovi a fondo supererete quello che ora vi pare un grosso ostacolo con facilità, prima di quanto crediate.»

Gli occhi verdi di Ederik si riaccesero di speranza.

«Avete una forza interiore incredibile Ederik e riuscirete a distinguervi sopra a tutti e porterete questi ragazzi con voi sulla vetta. Ce la farete e allora mi sorprenderete e sarò orgoglioso di esservi stato di aiuto nel cammino che percorrerete verso la gloria, il giorno in cui regnerete con sicurezza e maestria.»

Ederik annuì e Knich seppe di aver detto abbastanza per quel giorno.

«Preparatevi e riposate bene stanotte, domani inizia un duro addestramento.»

I tre giovani gli risposero con entusiasmo e lui si allontanò, ma prima di essere troppo distante per farsi udire si fermò senza però volgersi.

«Anche tu Willard. Ti voglio qui alle sette in punto.»

«Ma… ma…»

Mentre Knich proseguiva e loro scoppiavano a ridere, Ederik passò lo sguardo dallo stupefatto e incredibilmente senza parole Willard alla schiena di Knich che si allontanava.

Quell'uomo era pieno di enigmi e oscuri segreti. Era la persona più importante per lui in quel momento, perché sentiva che grazie a lui e alla sua guida sarebbe riuscito a distinguersi nella vita e avrebbe finalmente trovato la via giusta per arrivare al suo sogno.

«Arriverà quel giorno Knich, sarete fiero di me.»

 

 

 

   
 
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