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Autore: H0sh1    31/07/2020    1 recensioni
Ethan è affetto da schizofrenia, un uomo che non riesce a distinguere la realtà dalla finzione costruita ad arte dalla belva che lo perseguita.
In una notte tranquilla, questa prende il sopravvento su di lui, portandolo ad uccidere Allison, sua moglie.
Dopo l'evento, Ethan viene dichiarato come non in grado di affrontare un processo, per cui viene rinchiuso nel manicomio della città dove il dottor Johnson, psichiatra che lo segue dagli inizi, continua la sua terapia, adoperando metodi drastici e inumani.
Intanto, dopo la morte di Allison, la visione di sua moglie continua a perseguitarlo in quelle mura asettiche, trascinandolo giù, sempre più in basso.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La follia di Ethan

Prologo

 

«Tesoro, che fai lì impalato?»

Per quanto la donna si sforzasse di richiamare l'attenzione del marito, la sua voce sembrò non riuscire a raggiungerlo. L'uomo se ne stava fermo di fronte la grande portafinestra che dava sul giardino, con lo sguardo scuro perso nel vuoto e chiuso nei suoi pensieri, a bisbigliare.

Da quella distanza, Allison non riuscì a comprendere cosa l'uomo stesse farneticando, anche se non le risultava difficile immaginarlo.

La donna fece per avvicinarsi, schermando uno sbadiglio e cercando di fare meno rumore possibile per non farlo spaventare.

«È qui, è venuto a prendermi.» lo sentì sussurrare quando ormai la distanza tra di loro fu minima.

Ethan teneva le braccia abbandonate lungo i fianchi e sembrò che qualcosa, al di fuori, avesse attirato la sua attenzione.

Allison si voltò per vedere cosa stesse guardando, ma non vi era nulla se non una siepe ben curata e un grande porticato, illuminati dalla luce lunare che filtrava attraverso le nuvole scure.

«Ethan, lì non c'è nessuno.» disse la donna in un nuovo sbadiglio, strofinandosi gli occhi bruni pieni di sonno con una mano. «Ti prego, torna a letto.»

Sembrava che la terapia con il dottor Johnson stesse procedendo bene e, per un breve periodo, sembrò essere tornato stabile, ma da qualche settimana a quella parte, in Ethan, si erano presentati nuovi peggioramenti: i suoi deliri e allucinazioni erano tornati a dargli tormento, più forti e insistenti che mai.

«È lì, ci sta fissando.» insistette Ethan, strascicandosi dietro le parole.

Allorché la moglie gli prese con delicatezza il viso tra le mani, provocandogli un sussulto e quello si voltò verso di lei.

«Tesoro, stai delirando, è solo un'allucinazione.» tentò di rassicurarlo lei con tono dolce, accarezzandogli le guance con i pollici, ma tutto ciò che la donna provò a dire fu vano.

«È lì di fronte alla siepe, come fai a non vederlo?» esclamò l'uomo sempre più agitato, ormai preda di una paura cieca che la donna non poteva comprendere appieno.

La spinse con veemenza lontano da sé e prese a grattarsi la testa convulsamente, un gesto dettato dal nervosismo. Allison guardò impotente la sua figura che, voltatasi di nuovo verso la sua visione, prese a tremare.

Era doloroso vederlo ridotto in quello stato. Le si stringeva sempre il cuore vedere come quella sporca malattia lo avesse trasformato, una lurida bestia che lo aveva ridotto a un guscio vuoto e che amava nutrirsi della sua agonia.

La donna sobbalzò e iniziò a sentire la paura serpeggiarle sottopelle quando lo vide sgranare gli occhi, indietreggiando senza smettere di guardare all'esterno.

«Oddio, ha una pistola!» gridò impaurito, preda inerme e senza speranza di una belva di cui non riusciva a sentire la presenza incombente su di sé.

Sotto lo sguardo attonito di Allison, corse verso uno degli sportelli sotto il piano cottura della cucina ed estrasse un coltello da filettatura, impugnandolo con mano tremante.

«Ethan, cosa fai? Ti prego, posalo.» esclamò la donna allarmata, portandosi le mani davanti alla bocca per mascherare lo sconcerto e il timore che dipingeva il suo viso. Si sentì gelare sul posto, non riuscì a imporre alle sue gambe di smettere di tremare.

L'uomo non era mai arrivato a livelli così estremi e stava cominciando seriamente ad averne paura. Sapeva di dover fare qualcosa, ma non riusciva a pensare lucidamente, ne tanto meno a muoversi.

«Vuole uccidermi!» continuò ad urlare lui, il terrore aveva ormai preso pieno controllo del suo corpo e delle sue azioni.

Sferzò l'aria di fronte a sé con il coltello, in un disperato tentativo di difesa contro la minaccia invisibile. Il sudore iniziava a imperlargli la fronte e gli occhi castani, iniettati di sangue, scattavano a destra e sinistra senza sosta. «No, stai indietro!»

«Ethan, ti prego, fermati!» singhiozzò la donna, incapace di controllarsi.

Qualcosa di ignoto la portò a schiodarsi finalmente dalla sua posizione e spingerla incontro al marito. Sembrò aver trovato la forza di abbattere la barriera che voleva fermarla e cercò in tutti i modi di calmarlo, di richiamare disperatamente l'attenzione su di sé.

Non era semplice, non lo era mai stato.

Ethan non poteva essere forte per sé stesso, per cui lei avrebbe dovuto esserlo per entrambi.

Riuscì in qualche modo a cingergli la mano destra che brandiva l'utensile, ma Ethan era più forte di lei.

Con un gran spintone, la fece cadere al suolo ed ella finì col battere con forza la testa sul pavimento.

Riuscì distintamente a sentire il sangue colarle lungo il collo; gli arti smisero di rispondere ai suoi comandi e iniziò a sentire il sapore del ferro scenderle giù per la gola.

Anche con la vista appannata, riuscì a vedere Ethan avventarsi su di lei. Urlò come un ossesso, pugnalandola con furia nel ventre al ritmo delle sue urla agonizzanti. Sempre più debole, cercò di sottrarsi allo scempio a cui la stava sottoponendo, ma la fiacca glielo impedì.

Sentiva ogni singolo colpo infertole penetrarle la carne, lacerarla. Sentiva il sangue copioso che colava lungo i suoi fianchi, depositandosi in una pozza cremisi sul pavimento della cucina, tingendo di rosso la sua camicia da notte.

Lo sentiva salirle su per la gola, fuoriuscire dalla bocca e occluderle le vie respiratorie.

E, anche quando il cuore della povera donna smise di battere, Ethan continuò imperterrito a trafiggerla, urlando tra le lacrime.

Era incurante della bestia che lo teneva prigioniero e che aveva riportato un'altra vittoria. Aveva giocato d'astuzia come solo lei sapeva fare, la donna e l'intruso mossi come marionette guidati dai suoi fili invisibili fino a diventare un tutt'uno.

Allison annessa allo stesso persecutore che, poco prima, stava avanzando verso di lui con una pistola puntata alla sua testa.

   
 
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